CASSAZIONE

L’autoriciclaggio si configura anche come reato permanente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40890 del 7 settembre 2017, intervenendo in tema di autoriciclaggio, ha affermato il principio che tale delitto, di cui all’art. 648-ter.1 c.p., pur non essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e progressive. I giudici di legittimità hanno così applicato alla fattispecie di autoriciclaggio, il principio costantemente espresso in giurisprudenza con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 648-bis c.p., secondo cui “ qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, e dunque anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito, assume autonoma rilevanza penale, non potendo essere considerato come post factum non punibile” (Cass. pen., Sez. II. 29611/2016; Cass. pen., sez. VI, 13085/2013).

Ricordiamo che in data 1 gennaio 2015 è entrata in vigore la legge n.186/2014 che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di autoriciclaggio, ex art. 648 ter – 1 cod. pen, estendendo al nuovo delitto l’ambito operativo della confisca per equivalente e della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs 231/2001. La legge 15 dicembre 2014, n. 186, che si occupa sia della c.d. voluntary disclosure in materia di evasione fiscale che, per l’appunto, dell’introduzione del delitto di autoriciclaggio, ha, sotto quest’ultimo profilo, risposto alle indicazioni internazionali in materia, provenienti sia dalla Comunità Europea, che anche dalla Convenzione O.N.U. del 2000. Peraltro è ben noto che la Convenzione 198/2005 del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, sulla ricerca, sul sequestro e sulla confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, si pone su analoga falsariga della Convenzione O.N.U. del 2000, lasciando quindi soltanto intuire che la regola auspicata sia quella della punibilità del c.d. autoriciclaggio. La successiva risoluzione del Parlamento Europeo del 2011 si muove, invece, decisamente più avanti, chiedendo infatti agli Stati membri “ di inserire come obbligatoria[…] la penalizzazione del c.d. autoriciclaggio, ovvero il riciclaggio di denaro di provenienza illecita compiuto dallo stesso soggetto che ha ottenuto tale denaro in maniera illecita”. Sul piano della normativa nazionale ricordiamo che l’analisi della complessa fenomenologia del riciclaggio (e di come essa sia mutata nel tempo), è stata costantemente oggetto di attenzione del nostro legislatore sin dal 1978, anno del primo intervento legislativo in materia, con il quale si introduce nell’ordinamento italiano, in anticipo rispetto al panorama europeo ed internazionale, la fattispecie di “Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”, germinata dai traumatici eventi degli “anni di piombo”, e, non a caso, connotata da alcuni tratti che permettono di ricondurla alla legislazione emergenziale. Tale intervento sarà seguito da una prima modifica nel 1990, di cui si tenta di mettere in luce le principali caratteristiche, fino all’attuale formulazione contenuta nell’articolo 648-bis, risalente al 1993, ultimo restyling della norma e punto di arrivo di una tendenza espansiva della fattispecie, manifestata dal legislatore.

La trentennale vigenza della norma, tuttavia, non ha prodotto risultati proficui sul piano applicativo e ha in compenso generato un intenso dibattito in merito alla clausola contenuta nell’incipit della disposizione, secondo la quale si esclude la punibilità di chi abbia commesso o concorso a commettere il delitto presupposto, generatore di beni, denaro o altre utilità sottoposte alla successiva condotta riciclatoria.

Tale clausola, dunque, vero e proprio punctum dolens della disciplina del riciclaggio, ha innescato una discussione, tradottasi in molteplici progetti di legge, talvolta generati dall’intenso lavoro di Commissioni a tal fine costituite, fino all’introduzione della legge 186/2014, disciplinante la nuova fattispecie di autoriciclaggio, nonché una procedura di voluntary disclosure per la riemersione di capitali illeciti dall’estero; abbinamento, quest’ultimo, apparso ai commentatori non casuale.

La legge n.186/2014, evidentemente concepita per favorire il “potenziamento della lotta all’evasione fiscale”, rispecchia la volontà del legislatore di vanificare gli effetti economici del reato presupposto a quello del riciclaggio, come pure di contrastare le condotte illecite poste in essere mediante la interposizione di una persona giuridica. Mediante l’introduzione di quest’ultima fattispecie incriminatrice si è superato il cd “privilegio di immunità per l’autoriciclaggio”, in virtù del quale i reati di cui agli artt. 648 bis (riciclaggio) e 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) c.p. non potevano essere attribuiti agli autori o concorrenti nel reato presupposto, alla luce del chiaro dato normativo.

La stessa giurisprudenza di legittimità, dal canto suo, ha costantemente affermato il medesimo principio di non punibilità, ricordando ad esempio la pronuncia a SS.UU. n. 25191 del 2014 sulla questione del concorso tra i delitti di cui agli artt. 648 bis c.p. o 648 ter c.p. ed il delitto ex art. 416 bis c.p. nei casi in cui la contestazione riguardi beni o utilità provenienti dal delitto di associazione mafiosa, hanno ribadito che l’unica ipotesi di “autoriciclaggio” al tempo configurabile fosse quella prevista dall’art. 12-quinquies d.l. 306/1992, conv. dalla l. 7 agosto 1992 n. 356.

Tanto premesso e tornando al caso in questione, gli Ermellini hanno confermato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore accusato per il reato di autoriciclaggio commesso in qualità di amministratore unico e socio al 95% della A. S.R.L. di amministratore unico e socio al 5% di B.M. S.r.l., e di amministratore unico e socio al 1% si A.I. S.r.l. Il delitto presupposto sarebbe quello della bancarotta fraudolenta per distrazione ex artt. 216, comma 1, e 223, comma 1, l., fall. Inoltre l’imputato avrebbe gestito somme di provenienza delittuosa, ostacolando l’accertamento della loro origine mediante complesse operazioni societarie e articolati movimenti bancari. In particolare, nel mirino della polizia giudiziaria era finita la collocazione sul mercato di azioni di una società quotata controllata e la destinazione del “ricavato” alla controllante, trattandosi pertanto di una operazione chiaramente estranea all’oggetto sociale e ad ogni criterio di gestione infragruppo, con l’evidente finalità di svuotare il patrimonio della controllata.

Il reimpiego delle citate somme, sia pure attraverso di articolati meccanismi infragruppo hanno fatto propendere nella imputazione del delitto di Autoriciclaggio, il cui reato presupposto è derivato dalla bancarotta per distrazione. Inoltre la Corte evidenzia che le vicende esaminate e gli intrecci societari disposti dall’indagato, hanno disperso in diversi passaggi, e dilatato nel tempo, il reimpiego delle somme derivanti dalla vendita delle azioni e che detta frammentazione avrebbe potuto non solo ostacolare le indagini, ma la stessa configurabilità dell’autoriciclaggio ex art. 648-ter c.p, e secondo la Corte, attuata in maniera frammentata e progressiva, anche se i proventi illeciti erano stati reinvestiti e non reimpiegati per fini personali. Sotto esame dei giudici, in particolare, alcune specifiche condotte dell’amministratore, per cui, dopo aver collocato sul mercato le azioni di una società quotata controllata, ne aveva destinato i ricavi alla controllante, con operazioni che apparivano del tutto estranee a qualsiasi criterio di corretta gestione infragruppo, visto che l’immediata conseguenza era stata la totale depatrimonializzazione della controllata.

Concludono così i supremi giudici: “… Anche in ordine al requisito della “concretezza” delle condotte di auto riciclaggio in contestazione, cioè della loro effettiva idoneità ad occultare la provenienza delle somme impiegate dal Siclari nelle varie operazioni finanziarie o imprenditoriali sottolineate dall’accusa, le deduzioni difensive si rivelano infondate. Va premesso al riguardo, che le valutazioni del caso debbono essere orientate da un criterio ex ante; è persino ovvio, infatti, che nel momento in cui in qualunque contesto di indagine sia identificata un’operazione finanziaria o imprenditoriale sospetta, si abbia remersione” dell’ attività di occultamento, senza tuttavia che ciò possa escludere, a posteriori, il requisito della concretezza, a meno di non voler ritenere che l’art. 648 ter I cod. pen. prefiguri un’incriminazione impossibile. Nella specie, va sottolineato che gli scopi delle spregiudicate manovre finanziarie del Siclari sono state rivelate anche da fonti dichiarative; che gli intrecci societari posti in essere dall’indagato hanno disperso in parecchi rivoli il contestato reimpiego delle somme provenienti dalla vendita delle azioni AICON;,e, infine, che la stessa diversificazione e frammentazione dei reimpieghi era idonea ad ostacolare le indagini. Tanto hanno in sostanza correttamente ritenuto i giudici territoriali con la dettagliata sottolineatura delle varie operazioni finanziarie e dell’apparente assenza di causale di alcuni giroconti bancari. Quanto al profilo “intertemporale”, va rilevato che il delitto di cui all’art. 648 ter I cod. pen, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e progressive. Tali principi sono stati affermati dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento all’analoga fattispecie di cui al reato di cui all’art. 648 bis cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29611 del 27/04/2016 Cc. ; vedi anche Cass. Sez. 6, Sentenza n. 13085 del 03/10/2013 Ud. (dep. 20/03/2014) Rv. 259487 dove la precisazione che qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, e dunque anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito, assume autonoma rilevanza penale, non potendo essere considerato come “post factum” non punibile); ma sono sicuramente applicabili anche al reato di auto riciclaggio. Basta per il resto aggiungere che numerose operazioni finanziarie e bancarie sono state poste in essere dal Siclari dopo l’entrata in vigore della nuova norma incriminatrice. Alla luce della solida base teorico-fattuale dell’ordinanza impugnata vanno valutate tutte le altre deduzioni difensive; contrariamente a quanto sostiene la difesa, i giudici territoriali hanno espressamente considerato la posizione del dr. Philippe Vanderhoven, relegandola in una dimensione di assoluta marginalità rispetto all’indubbio protagonismo “effettivo” del Siclari (vedi pag.6 dell’ordinanza impugnata); come hanno espressamente considerato l’intervento della DIC S.r.l. nel finanziamento dell’operazione immobiliare Borgo Musolino, rilevando che si trattò di un intervento “concorrente” e non esclusivo; la questione del difetto, in capo al Siclari della qualificazione professionale per operare sul conto DGPA è posta dalla difesa in modo alquanto confuso (oltre che assertivo), dal momento che detta qualificazione è riconosciuta alla AIRON S.r.l., di cui il Siclari era amministratore, essendo peraltro ovvio che altro sarebbe la “legittimazione” ad operare, altro l’effettivo operare, magari incorrendo nella violazione di divieti di legge; non è comprensibile la rilevanza del presunto errore in cui sarebbero incorsi i giudici territoriali nel quantificare l’importo complessivo degli originari investimenti nel fondo DGPA ; La somma di € 6000, su cui la difesa appunta il rilievo della sua sproporzione per difetto a fronte —sembrerebbe di capire – dell’intrinseca dimensione economica del reato di auto riciclaggio, è solo una voce del ben maggiore importo complessivo delle operazioni in contestazione, e la relativa operazione si inserisce peraltro coerentemente nell’ipotesi accusatoria della multipla frammentazione dei reimpieghi; la questione del saldo attivo AIRON è, infine, altrettanto sfuggente e, inoltre, risulta formulata in modo non del tutto corrispondente alle valutazioni del Tribunale (pag. 9 in fine) che se ne occupa più che altro per escludere che la somma di provenienza illecita fosse stata interamente consumata per saldare i debiti di Airon Italia S.p.A.”.

 

Corte di Cassazione Sentenza n. 40890 depositata il 7 settembre 2017

 

Presidente: FUMU GIACOMO

Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

Data Udienza: 18/07/2017

sul ricorso proposto da:

SICLARI PASQUALE nato il 19/09/1960 a MESSINA avverso l’ordinanza del 13/03/2017 del TRIB. LIBERTA di MESSINA sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO PRESTIPINO;

lette/sentite le conclusioni del PG CARMINE STABILE

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità

Udito il difensore

I difensori presenti insistono per l’accoglimento dei motivi di ricorso, riportandosi anche alle memorie depositate.

Ritenuto in fatto

  1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale della libertà di Messina ha confermato l’ordinanza del gip del Tribunale di Pozzo di Gotto applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti nei confronti di Siclari Pasquale per il reato di cui all’art. 648 ter I cod. pen.

2.11 reato di auto riciclaggio era stato contestato al Siclari nella qualità di amministratore unico e socio al 95% della Airon s.r.l. (già Airon S.A.), di amministratore unico e socio al 5% della soc. Borgo Musolino s.r.I.,e di amministratore unico e socio all’I.% della soc. Airon Italia s.r.I..

Attraverso complesse operazioni societarie e articolati movimenti bancari, l’imputato avrebbe gestito somme di provenienza delittuosa, ostacolando l’accertamento della loro origine.

  1. Secondo l’accusa, il delitto presupposto sarebbe quello di bancarotta fraudolenta .per distrazione di cui agli artt. 216 co 1 e 223co 1 R.D. 267/1942, commesso dal Siclari nella qualità di amministratore unico della Alcon s.p.a., partecipata come socio di maggioranza dalla Airon s.r.I., e dichiarata fallita il 17 gennaio 2013.

Nell’aprile del 2007, ricordano i giudici territoriali, ii Siclari aveva infatti trasferito sul c/c acceso presso UBS SA di Lugano intestato all’allora Airon S.A. (oggi Airon S.r.l.) circa 124 milioni di euro derivanti dalla quotazione in borsa di Aicon S.p.a.; il giudizio di gravità indiziaria sui reato presupposto, risulterebbe coperto, secondo il Tribunale, da giudicato cautelare, essendosi lo stesso tribunale già pronunciato sulla richiesta di riesame del Siclari avente ad oggetto la misura restrittiva adottata nei suoi confronti anche in ordine alla bancarotta AICON.

3.1. In sostanza, l’indagato avrebbe successivamente trasferito il ricavato della quotazione in borsa della fallita alle società Airon s.r.I., Airon Italia s.r.I., e Borgo Musolino s.r.I., tutte in un modo o nell’altro da lui “controllate”.

3.1.1. Tanto sarebbe emerso, ricordano i giudici territoriali, anzitutto dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori del Siclarì nell’ambito del procedimento relativo al fallimento Aicon S.p,a., in particolare dal consulente fiscale del Siclari al tempo della quotazione in borsa di Aicon S.p.a., che aveva rivelato i primi intrecci societari dichiarando che le somme di danaro provento della collocazione delle azioni AICON sul mercato erano rientrate in Italia attraverso il rimpatrio della holding (l’Airon S.A., italianizzata con la veste di società a responsabilità limitata). In questa operazione avrebbe avuto un ruolo di rilievo la Goldinox, società già facente capo alla Airon SA..

3.1.2. Il tribunale riteneva poi che anche successivamente il Siclari avesse movimento somme provenienti dalla bancarotta AICON, effettuando operazioni bancarie a volte senza causale apparente, ed effettuando investimenti immobiliari attraverso una società appositamente costituita, la Borgo Musolino s.r.I..

3.1.3. In particolare, Le indagini avevano consentito di accertare:

– che il Siclari, attraverso la Airon Sri e la Goldinox (Consultoria, altra società del gruppo Aicon, partecipata da Airon S.r.l.), aveva acquistato, a partire dai 2009, quote (per un valore di 5 milioni di euro) nel fondo chiuso DGPA Capital. I versamenti nel fondo erano stati eseguiti dopo la quotazione di Aicon S.p.a. e prima del fallimento della medesima società (21.1.2013).

– che il trasferimento del danaro derivante dalla quotazione in borsa di Aicon S.p.a. era avvenuto in due tranche, il 19.3.2007 e il 10.4,2007;

– che la Goldinox aveva effettuato il primo versamento nel fondo il 6.12.2007, continuando í versamenti fino al 4.8.2008; il 3.11.2008 Airon S.A veniva italianizzata, divenendo Airon S.r.l.;

– che il 20.7,2009 Airon S.r.l. aveva effettuato un primo versamento nel fondo, continuando i versamenti fino al 15. 10.2012;

– che il 25.6.2016 il Siclari aveva effettuato personalmente un versamento di circa 326 mila euro;

– che 1.8.2014 e il 4.8.2015 sui conti correnti dì Airon S.r.l. erano stati accreditati, a titolo di rimborso di investimenti effettuati nel fondo chiuso DGPA, rispettivamente euro 228.104,45 ed euro 270.347,38.

– che quest’ultimo importo era stato accreditato, lo stesso giorno 4 agosto 2015, sul c/c intestato ad Airon S.r.l. acceso presso la banca Cariparma e contestualmente era stata prelevata la somma di euro 265.000,00 accreditata a titolo di “apporto capitale nuovi investimenti” sul c/c Cariparma di Milano di Airon Italia S.r.l.;

– che il 23.10.2015 veniva costituita la società Borgo Musolino S.r.l. ove il Siclari rivestiva il ruolo di amministratore unico e legale rappresentante. Il 12.11.2015 Borgo Musolino S.r.l. concludeva un contratto preliminare di acquisto – ad effetti anticipati – di un compendio immobiliare per il prezzo di euro 750.000,00.

– che La Borgo Musolino, .infine, era stata dotata delle risorse finanziarie necessarie per l’avvio dell’investimento immobiliare attraverso articolate movimentazioni bancarie provenienti dalle altre società controllate dal Siclari.

4.In punto di esigenze cautelari, il Tribunale esclude il pericolo di fuga, ma rileva, sotto il profilo social preventivo, che la vicenda processuale appare espressione di particolare pervicacia criminale, a partire da quanto emerso sul conto del Siclari nel separato procedimento per bancarotta. I giudici territoriali richiamano al riguardo, le proprie precedenti ordinanze, ove si era già messo in evidenza come l’indagato avesse creato “una vera e propria galassia dì imprese, dimostrando un’elevatissima capacità di gestione delle stesse nel suo personale interesse ed una altrettanto elevata capacità di manovrare gli amministratori formali e i collaboratori per i propri fini illeciti. La sistematicità, la spregiudicatezza e la capacità mostrate dal Siclari nel depauperare le società Aicon S.p.A. e Aicon Yachts S.p.A. rivelavano “la negativa personalità dell’indagato, e convincono circa la sussistenza di un attuale e concreto pericolo di reiterazione criminosa specifica, sotto il profilo della capacità a delinquere. In questo senso sono certamente pregnanti le vicende concernenti la quotazione in borsa di Aicon S.p,A, e il successivo trasferimento dei proventi all’estero”, cui ha fatto seguito, come è stato accertato nel presente procedimento, una attività di auto riciclaggio”: “l’escalation criminale sopra rappresentata dunque – scrivono i giudici territoriali-, rende concreto e attuale il pericolo di reiterazione criminosa, essendo altamente probabile che il Siclari, ove non sottoposto ad intervento cautelare, possa proseguire nella sua attività di ripulitura attraverso l’investimento di ulteriori somme di provenienza delittuosa” (e qui compare il riferimento ad una oscura vicenda di rimborsi I.V.A. a favore della soc. DIC S.r.l. compresa nella galassia societaria gestita dal Siclari e oggetto di separate indagini).

4.1.Peraltro, in relazione ai paventati ulteriori interventi di ripulitura, sarebbe ravvisabile anche il pericolo di inquinamento probatorio, esteso al prevedibile sviluppo delle indagini. Osserva a quest’ultimo proposito, il Tribunale, che il Siclari in occasione del colloquio carcerario con i familiari del giorno 28.2.201, aveva portato dei fogli manoscritti da consegnare ai suoi interlocutori, contenenti, tra l’altro, degli “appunti “ concretanti delle vere e proprie istruzioni operative relative alla gestione delle sue attività: “amministratore DIC S.r.l., credito DIC; pag. carta credito personale; pagamenti Airon Italia S.r.l.” ed altro; il materiale era stato sottoposto a sequestro dalla Guardia di Finanza con verbale del 28.2.2017. Le precedenti considerazioni guidano i giudici del riesame anche nella conferma dell’esclusiva idoneità della più severa misura custodiale a garantire le esigenze social preventive e probatorie tutelate dall’art. 274, lett. a) e c). “È di tutta evidenza- si legge nell’ordinanza impugnata- come il comportamento tenuto dal Siclari in costanza di misura inframuraria denoti I allarmante e concreto pericolo che lo stesso, ove sottoposto a misura domiciliare, sicuramente potrebbe continuare a gestire i propri interessi, anche tramite i familiari, così concretizzandosi i pericoli che intervento cautelare intende scongiurare.

Ritiene il Collegio che misura adeguata a contenere siffatti pericoli sia quella in atto, l’unica in grado di impedire al Siclari di reiterare condotte volte ad approfondire l’offesa al bene giuridico che sì intende tutelare e ad evitare una interferenza, anche tramite terzi, nell’ attività di acquisizione delle prove.

L’ applicazione della misura degli arresti domiciliari, anche con il cd. braccialetto elettronico -il quale vale a segnalare unicamente la violazione del divieto di allontanamento dal domicilio – non impedirebbe al Siclari, anche tramite i familiari ove fosse disposto il divieto di comunicazione, con qualsiasi mezzo, con soggetti diversi da quelli che con lui coabitano – di proseguire nella propria attività illecita.

  1. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’indagato, avv.ti Nino Parisi e Gaetano Barresi, deducendo, nel complesso, i seguenti motivi, la cui formulazione è preceduta da una dettagliata rassegna dei momenti salienti delle indagini preliminari e da un altrettanto ampio riepilogo delle varie vicende societarie considerate dall’accusa:
  2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 648 ter 1 cod. pen. Il Tribunale del riesame avrebbe sviluppato un percorso argomentativo illogico e lacunoso nell’indagine sulla ritenuta sussistenza dei presupposti della norma incriminatrice, e cioè:

-la provenienza delle ricchezze impiegate, sostituite o trasferite nelle varie operazioni societarie, fosse realmente riconducibile ad una precedente condotta antigiuridica (specifica);

-L’identità tra il soggetto agente nel reato presupposto e, corrispettivamente, in quello di auto riciclaggio;

– la destinazione dei presunti proventi illeciti in attività economiche finanziarie, imprenditoriali e speculative anziché alla mera utilizzazione o godimento personali;

– la concreta idoneità della condotta di auto riciclaggio ad ostacolare l’accertamento della provenienza illecita delle risorse impiegate.

L’analisi dei singoli elementi costitutivi “positivi” e “negativi”, della norma incriminatrice, è approfondita nelle pagine 17 e seguenti del ricorso. La conclusione, esplicitata all’inizio di pag. 23, è che il Tribunale del riesame non avrebbe effettivamente chiarito “quale condotta realizzata da Siclari, nella qualità di legale rappresentante della Borgo Musolino S.r.l., possa essere annoverata tra quelle volte alla sostituzione e/o trasformazione di denaro di provenienza illecita.

1.1. Da pag. 23 in poi del ricorso a firma dell’avv. Barresi, l’estensore si impegna quindi nell’indagine sul presunto reato presupposto, cioè la bancarotta per distrazione oggetto di procedimento separato a carico del Siclari in margine al fallimento della soc. Aicon S.p.a. E’ vero, riconosce la difesa, che il Siclari è stato tratto a giudizio per lo stesso reato, con riferimento alla presunta distrazione delle somme ricavate dalla vendita delle azioni Aicon S.p.a., ma, in realtà nessuna condotta distrattiva sarebbe ravvisabile a carico del ricorrente, essendo giuridicamente non contestabile che il ricavato dovesse confluire nelle casse della società venditrice, identificabile nell’allora Airon SA , che peraltro all’epoca dei fatti sarebbe stata amministrata da un altro soggetto, il dr. Philippe Vanderhoven . Queste valutazioni sarebbero state sottoposte all’attenzione del Tribunale della Libertà che aveva deciso sull’incidente cautelare relativo al procedimento per bancarotta, e sarebbero rimaste, “sostanzialmente”, non disattese dai giudici del riesame, talché sarebbe improprio invocare, sul punto, il giudicato cautelare.

1.2. Anche riguardo alla vicenda del fondo di investimento DGPA il provvedimento impugnato non. avrebbe individuato chiaramente le condotte concretamente ostative all’accertamento della provenienza delittuosa dell’importo speso per le operazioni che avevano interessato il fondo. La difesa sottolinea che il primo versamento risale al 2006, epoca incompatibile con l’ipotesi delle provenienza delle somme dalla distrazione di risorse della fallita AICO S.p.a.; che l’investimento era stato curato dal sunnominato dr. Vanderhoven, amministratore dell’Airon SA daI2006 al 2008; che il Siclari non avrebbe potuto operare sul fondo, non possedendo la necessaria qualifica di investitore qualificato, tanto che tutti i pagamenti erano stati eseguiti dalla Airon S.r.l;

L’operazione integrante, secondo l’accusa, un atto di riciclaggio, sarebbe stata posta in essere anteriormente all’introduzione della fattispecie di cui all’art. 648 ter cod. pen.; il disinvestimento del fndo DGPA, infine, non sarebbe stato richiesto dal Siclari, essendo provato dalla produzione documentale difensiva che l’operazione di distribuzione degli utili ai soci era stata curata dalla Style Capital. Sarebbe incongruo, poi, già alla stregua della logica comune, come sembra affermare la difesa (pag. 27 in fine ricorso Barresi)), identificare un fatto di auto riciclaggio nel trasferimento finale della modesta somma di € 6000 dal conto corrente di Banca Antonello da Messina intestato alla Airon S.r.l., al conto corrente intestato alla Borgo Musolíno S.r.l.

Ancora una volta, non sarebbe possibile rilevare l’effetto “ostruzionistico” dell’operazione rispetto all’identificazione della provenienza delle somme; e il tribunale non avrebbe inoltre considerato che la Borgo Musolino s.r.I., non aveva nemmeno acquisito la proprietà del complesso immobiliare trattato con la soc. Sicilgraden, e non avrebbe considerato la rilevanza dell’intervento economico della DIC S.r.l., socio di maggioranza della Borgo Musolino s.r.l.

  1. violazione e falsa applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen. Le deduzioni difensive procedono dalla citazione di cass. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000 Cc. (dep. 02/05/2000 ) Rv. 215828, Audino, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ‘ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate.

2.1. Ne deriverebbe l’estensione del controllo di legittimità anche agli elementi fattuali, quando debba ritenersi che la ricostruzione dei fatti operata dal giudice del riesame sia inficiata da documentati travisamenti.

Tanto premesso, la difesa rileva che il Tribunale avrebbe ignorato la documentazione prodotta dalla difesa a sostegno delle ragioni del ricorrente, dalla quale si evincerebbe, tra l’altro, l’erroneità dell’attribuzione alla AIRON ITALIA s.r.l. del ruolo di testa di ponte tra l’AIRON s.r.l. e la Borgo Musolino s.r.l. (vedi amplius, pagg. 29 e 30 del ricorso); così come avrebbe ignorato la produzione documentale della difesa relativa all’impiego delle somme versate. –in occasione del rimborso del fondo DGPA- da AIRON s.r.I ad AIRON ITALIA s.r.l. per il pagamento dei creditori “diretti” di quest’ultima società. In sostanza, deduce la difesa, dalle evidenziate movimentazioni bancarie si ricaverebbe una situazione di assoluta incertezza in ordine al fatto che le somme giro contate nel Gennaio 2016 da AIRON ITALIA S.r.l. dal conto Cariparma al Conto Banca Antonello da Messina, fossero effettivamente quelle provenienti dal disinvestimento del fondo DGPA. Peraltro, il Tribunale avrebbe errato nel quantificare in € 5.000.000,00 l’imporro complessivo degli originari investimenti nel fondo, ammontante, piuttosto ad € 2.000.000,00 come chiarito dal Siclari nel corso del suo interrogatorio di garanzia.

2.2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 274 comma 1, lett. a) e c), in relazione alla valutazione della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari. In sostanza, le valutazioni del tribunale di discosterebbero dalle indicazioni normative legate alla recente riforma operata dal legislatore in materia di misure cautelari personali con la L. 47/2015. La difesa cita Cass. Sez. 2, Sentenza n. 50343 del 03/12/2015 Cc. (dep. 22/12/2015 ) Rv. 265395 secondo cui In tema di esigenze cautelari, l’art. 274, lett.C), cod.proc.pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n.47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti debba essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie di quello per il quale si procede.; e Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016 ) Rv. 265618 P della quale è trascritto il seguente passaggio motivazionale: la ratio dell’intervento legislativo….è da ricercare nella necessità di chiedere al giudice un maggiore e più compiuto sforzo motivazionale quanto all’individuazione delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. Pen., in ordine alle quali, pertanto, non risulta più sufficiente uno specifico vaglio circa il requisito della concretezza, ma se ne impone anche un altro, di pari spessore argomentativo, in merito al connesso profilo dell’attualità. Di talché, in relazione alla valutazione del pericolo di reiterazione, si rende imprescindibile un giudizio prognostico basato su dati concreti necessariamente considerati nell’attualità, dal momento che i parametri individuati dalla norma hanno la specifica funzione di evitare che la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari possa essere correlata, astrattamente, al solo titolo del reato contestato.

2.1.21. D’altra parte, osserva la difesa, la valutazione delle esigenze cautelari non può derivare dalla sovrapposizione della gravità indiziaria al periculum libertatis. In concreto, l’attualità delle esigenze cautelari sarebbe stata tratta dal Tribunale del riesame da alcune annotazioni scritte del ricorrente contenenti indicazioni ai familiari per la gestione della società, ma, osserva la difesa, tali annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal Siclari altro non sarebbe che “la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto”.

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 274 comma 1, lett. a) e c), in relazione alla valutazione della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari. In sostanza, le valutazioni del tribunale si discosterebbero dalle indicazioni normative legate alla recente riforma operata dal legislatore in materia di misure cautelari personali con la L. 47/2015. La difesa cita Cass. Sez.2, Sentenza n. 50343 del 03/12/2015 Cc. (dep. 22/12/2015) Rv. 265395 l’art.274, lett.), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n.47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie di quello per il quale si procede; e Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016) Rv. 265618. della quale è trascritto il seguente passaggio motivazionale: la ratio dell’intervento legislativo…, è da ricercare nella necessità di chiedere al giudice un maggiore e più compiuto sforzo motivazionale quanto all’individuazione delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., in ordine alle quali, pertanto, non risulta più sufficiente uno specifico vaglio circa il requisito della concretezza, ma se ne impone anche un altro, di pari spessore argomentativo, in merito al connesso profilo dell’attualità. Di talché, in relazione alla valutazione del pericolo di reiterazione, si rende imprescindibile un giudizio prognostico basato su dati concreti necessariamente considerati nell’attualità, dal momento che i parametri individuati dalla norma hanno la specifica funzione di evitare che la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari possa essere correlata, astrattamente, al solo titolo del reato contestato.

3.1. D’altra parte, osserva la difesa, la valutazione delle esigenze cautelari non può derivare dalla sovrapposizione della gravità indiziaria al periculum libertatís. In concreto, l’attualità delle esigenze cautelari sarebbe stata tratta dal Tribunale del riesame da alcune annotazioni scritte del ricorrente contenenti indicazioni ai familiari per la gestione della società, ma, osserva la difesa, tali annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal Siclari altro non sarebbe che “la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto”.

  1. violazione dell’art. 275 commi 1 e 2, cod. proc. Pen., in relazione al principio di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari. Non si comprenderebbe, secondo la difesa, come, nel caso di specie, il tribunale di Messina “abbia potuto ravvisare la concreta proporzionalità tra i fatti di reato contestati al Siclari e la misura custodiale in carcere stante la totale assenza di gravi indizi di colpevolezza e di elementi in grado di comprovare la proclività a commettere reati e la sistematicità della condotta delittuosa. Il Tribunale avrebbe inoltre trascurato le gravi conseguenze che potrebbero derivare al figlio minore del ricorrente per il prolungarsi dello stato di detenzione carceraria del padre. Il bambino soffrirebbe, infatti, di un disturbo dello spettro autistico ad elevato funzionamento cognitivo e disprassia evolutiva, che si sarebbe notevolmente aggravato dall’inizio dell’esperienza carceraria del ricorrente.
  2. Ai ricorsi principali ha fatto seguito il deposito di motivi aggiunti, corredati di copiosa documentazione sulle vicende societarie di interesse.

Considerato in diritto

1.Vanno preliminarmente disattese le deduzioni difensive dirette ad insidiare la tenuta logico-giuridica del provvedimento impugnato sotto il profilo dell’apprezzamento della sussistenza del reato presupposto, la bancarotta fraudolenta contestata al Siclari in relazione al fallimento della soc. AICON S.p.A. E’ pacifico, infatti, che in ordine alla gravità indiziaria si sia formato, relativamente allo stesso reato, il giudicato cautelare; non è comprensibile, invece, come al giudicato possa essere sfuggita la considerazione difensiva secondo cui il provento della vendita delle azioni AICON sarebbe in definitiva legittimamente confluito nelle casse della società venditrice, dal momento che proprio questa era la condotta distrattiva oggetto di contestazione. Il giudicato, cautelare o meno, inoltre, si forma non sui singoli argomenti proposti dalle parti, ma sul nucleo centrale dell’accusa, assorbite tutte le questioni difensive incompatibili con il contenuto della decisione, e nella specie esso ha sancito una fraudolenta distrazione patrimoniale ai danni dei creditori della fallita.

1.1. Senza dire che le valutazioni difensive, inutilmente supportate dalla produzione documentale allegata ai motivi aggiunti, dovrebbero fare i conti con il principio secondo cui nell’ipotesi di pluralità di società collegate ovvero controllate da un’unica società “holding”, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti (Sez. 1, Sentenza n. 23344 del 18/11/2010 (Rv. 614736 – 01) con la conseguenza che operazioni infragruppo che incidano sull’equilibrio economico della singola società compromettendo la garanzia patrimoniale dei suoi creditori non possono essere considerate lecite in una malintesa logica “di gruppo”, a meno che non siano ravvisabili vantaggi compensativi per la società interessata.(cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16206 del 02/03/2017 Ud. (dep. 31/03/2017 ) Rv. 269702, proprio in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, secondo cui la natura distrattiva di un’operazione infra – gruppo può essere esclusa solo in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali; Sez. 5, Sentenza n. 46689 del 30/06/2016 Ud. (dep. 08/11/2016 ) Rv. 268675, dove la precisazione che per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata).

1.1.1. Ed è persino superfluo aggiungere che la collocazione sul mercato di azioni di una società quotata “controllata”, e la destinazione del ricavato alla società controllante, non sembrano affatto rispondere ad accettabili criteri di gestione infragruppo, derivandone una de-patrimonializzazione immediata ed originaria della controllata; ma tanto può bastare, considerando l’incidentalità dell’incursione sul tema della gravità indiziaria per il reato presupposto a fronte della specifica preclusione processuale.

  1. Tanto premesso sul reato presupposto, va rilevato che le censure difensive che fanno leva sui tratti distintivi del delitto di auto riciclaggio, sono in parte generiche ed astratte, in parte non pertinenti. A quest’ultimo riguardo non si comprende, invero, il richiamo difensivo alla necessaria identità del soggetto responsabile del reato presupposto e dell’autore delle condotte di autoriciclaggio, dal momento che, nella specie, l’accusa attribuisce tutte le condotte al ricorrente; non si comprende nemmeno la sottolineatura della condizione “negativa” dell’incriminazione ex art. 648-ter cod. pen., cioè che i beni, il denaro o le utilità oggetto della condotta punibile non siano destinati alla mera utilizzazione o godimento personale dell’agente, considerando che, secondo l’ipotesi accusatoria, il provento della distrazione del ricavato della vendita delle azioni AICON è stato impiegato in operazioni societarie inequivocabilmente speculative, imprenditoriali o finanziarie (le più rilevanti, la smobilizzazione del fondo DGPA e l’investimento immobiliare attraverso la Borgo Musolino S.r.l.) , non per la soddisfazione delle esigenze personali del Siclari.

2.1. Anche in ordine al requisito della “concretezza” delle condotte di auto riciclaggio in contestazione, cioè della loro effettiva idoneità ad occultare la provenienza delle somme impiegate dal Siclari nelle varie operazioni finanziarie o imprenditoriali sottolineate dall’accusa, le deduzioni difensive si rivelano infondate. Va premesso al riguardo, che le valutazioni del caso debbono essere orientate da un criterio ex ante; è persino ovvio, infatti, che nel momento in cui in qualunque contesto di indagine sia identificata un’operazione finanziaria o imprenditoriale sospetta, si abbia remersione” dell’ attività di occultamento, senza tuttavia che ciò possa escludere, a posteriori, il requisito della concretezza, a meno di non voler ritenere che l’art. 648 ter I cod. pen. prefiguri un’incriminazione impossibile.

2.1.1. Nella specie, va sottolineato che gli scopi delle spregiudicate manovre finanziarie del Siclari sono state rivelate anche da fonti dichiarative; che gli intrecci societari posti in essere dall’indagato hanno disperso in parecchi rivoli il contestato reimpiego delle somme provenienti dalla vendita delle azioni AICON;,e, infine, che la stessa diversificazione e frammentazione dei reimpieghi era idonea ad ostacolare le indagini. Tanto hanno in sostanza correttamente ritenuto i giudici territoriali con la dettagliata sottolineatura delle varie operazioni finanziarie e dell’apparente assenza di causale di alcuni giroconti bancari.

  1. Quanto al profilo “intertemporale”, va rilevato che il delitto di cui all’art. 648 ter I cod. pen, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e progressive. Tali principi sono stati affermati dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento all’analoga fattispecie di cui al reato di cui all’art. 648 bis cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29611 del 27/04/2016 Cc. ; vedi anche Cass. Sez. 6, Sentenza n. 13085 del 03/10/2013 Ud. (dep. 20/03/2014) Rv. 259487 dove la precisazione che qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, e dunque anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito, assume autonoma rilevanza penale, non potendo essere considerato come “post factum” non punibile); ma sono sicuramente applicabili anche al reato di auto riciclaggio. Basta per il resto aggiungere che numerose operazioni finanziarie e bancarie sono state poste in essere dal Siclari dopo l’entrata in vigore della nuova norma incriminatrice.
  2. Alla luce della solida base teorico-fattuale dell’ordinanza impugnata vanno valutate tutte le altre deduzioni difensive; contrariamente a quanto sostiene la difesa, i giudici territoriali hanno espressamente considerato la posizione del dr. Philippe Vanderhoven, relegandola in una dimensione di assoluta marginalità rispetto all’indubbio protagonismo “effettivo” del Siclari (vedi pag.6 dell’ordinanza impugnata); come hanno espressamente considerato l’intervento della DIC s.r.l. nel finanziamento dell’operazione immobiliare Borgo Musolino, rilevando che si trattò di un intervento “concorrente” e non esclusivo; la questione del difetto, in capo al Siclari della qualificazione professionale per operare sul conto DGPA è posta dalla difesa in modo alquanto confuso (oltre che assertivo), dal momento che detta qualificazione è riconosciuta alla AIRON s.r.I., di cui il Siclari era amministratore, essendo peraltro ovvio che altro sarebbe la “legittimazione” ad operare, altro l’effettivo operare, magari incorrendo nella violazione di divieti di legge; non è comprensibile la rilevanza del presunto errore in cui sarebbero incorsi i giudici territoriali nel quantificare l’importo complessivo degli originari investimenti nel fondo DGPA ; La somma di € 6000, su cui la difesa appunta il rilievo della sua sproporzione per difetto a fronte —sembrerebbe di capire – dell’intrinseca dimensione economica del reato di auto riciclaggio, è solo una voce del ben maggiore importo complessivo delle operazioni in contestazione, e la relativa operazione si inserisce peraltro coerentemente nell’ipotesi accusatoria della multipla frammentazione dei reimpieghi; la questione del saldo attivo AIRON è, infine, altrettanto sfuggente e, inoltre, risulta formulata in modo non del tutto corrispondente alle valutazioni del Tribunale (pag. 9 in fine) che se ne occupa più che altro per escludere che la somma di provenienza illecita fosse stata interamente consumata per saldare i debiti di Airon Italia S.p.A.

4.1. Ma è vero anche, più in generale, a quest’ultimo riguardo, che la questione della destinazione delle somme gestite dal Siclari, una volta esclusi l’utilizzazione o il godimento personale, assume ben poco rilievo rispetto al tema centrale della loro provenienza. E’ del tutto ovvio, infatti, che gli impieghi previsti dall’art. 648-ter cod. pen. siano in sé leciti, trattandosi nulla più che di attività di investimento finanziario, speculativo o imprenditoriale; ed è altrettanto ovvio, che l’intrinseca neutralità degli impieghi sia , anzi, funzionale all’occultamento. Sotto questo profilo, vanno valutati il rimborso dei conferimenti al fondo DGPA, o l’operazione immobiliare fondo Musolino, e sotto questo profilo si trae conferma della gravità indiziaria per il delitto di auto riciclaggio, una volta che debba ritenersi, ovviamente in ottica cautelare, che in entrambi i casi furono impiegate risorse illecitamente sottratte al fallimento AICON.

  1. Non migliore considerazione meritano le censure difensive relative alla valutazione delle esigenze cautelari. La difesa si impegna, più che altro, nella ricostruzione dogmatica del sistema delineato dalla novella del 2015, con citazioni giurisprudenziali non sempre realmente confacenti allo scopo e a volte oggetto di una lettura alquanto parziale e comunque quasi mai rapportata in concreto al costrutto argomentativo dell’ordinanza impugnata.

5.1. Sotto il primo aspetto, va rilevato che si sta ormai consolidando un indirizzo di legittimità (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11511 del 14/12/2016 Cc.), secondo cui in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare; si tratta di un arresto che corregge l’indirizzo eccessivamente rigoroso, al quale sembra riferirsi la difesa, che vorrebbe individuare il requisito dell’attualità in un’occasione immediata e prossima di ricaduta nel crimine

5.1.1.Non diversamente può desumersi, però, da Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016 ) Rv. 265618, fortemente sottolineata dalla difesa, che nella parte “trascurata” dai ricorsi ribadisce che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta invece ad indicare .1a continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare.

5.2. Sotto il secondo aspetto, dell’”attacco” ai concreti elementi del periculum libertatis sottolineati dal Tribunale, si registrano rilievi difensivi in generale alquanto deboli e volte di lettura decisamente problematica, com’è a dire di quello secondo cui le istruzioni scritte sulla gestione delle varie società che il Siclari aveva cercato di veicolare ai congiunti in occasione di un colloquio carcerario, sarebbero irrilevanti perché “le annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal Siclari altro non sarebbe che “la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto”.

5.3.Non solo, ma dopo aver infondatamente rimproverato al Tribunale di avere sovrapposto il profilo della gravità indiziaria a quello delle esigenze cautelari, la difesa rileva, contraddittoriamente, nella parte dedicata all’adeguatezza e alla proporzionalità della misura carceraria, che non si comprenderebbe come nel caso di specie il Tribunale di Messina abbia potuto ravvisare la sussistenza di tali requisiti – “stante la totale assenza di gravi indizi di colpevolezza” (che implicherebbe non una questione di scelta, ma di inesistenza in radice dei presupposti applicativi di qualunque misura restrittiva, non potendo la questione della sovrapposizione essere oggetto di valutazioni opposte a seconda di questo o quell’angolo visuale ).

  1. La verità è che le valutazioni del Tribunale sul tema del periculum libertatis, quali si sono diffusamente ricordate ai punti 4 e 4.1. del ritenuto in fatto, sono particolarmente ‘incisive e approfondite, e perfettamente adeguate al più stringente obbligo di motivazione imposto in materia dalla recente novella, non lasciando molto spazio alla difesa.

6.1. E’ vero poi che il Tribunale non indugia sulle negative ripercussioni, per il figlio del ricorrente, dello stato di detenzione carceraria del padre, ma a parte che la decisa sottolineatura, da parte dei giudici territoriali, di pressanti esigenze cautelari, assorbirebbe comunque ogni altro profilo di valutazione (specie se non incidente, per sé, sul quadro cautelare, non essendovi ovviamente alcun rapporto tra i problemi del minore e la pericolosità dell’indagato), non sembrano nemmeno individuabili, alla stregua delle deduzioni difensive, le specifiche situazioni familiari normativamente incidenti sul regime cautelare.

Alla stregua delle precedenti considerazioni va pronunciato il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art 94, co. 1 ter, disp. att. Cod. proc. pen.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda ai sensi dell’art. 94.1 ter disp. att. Cod. proc. Pen.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18/07/2017.

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