FISCALITA

L’anno che verrà….

di Sergio Scibetta

Ma io sono convinto che noi faremo del nostro Paese un Paese nel quale non sia possibile vivere civilmente, onestamente, da uomini liberi, se non sapremo mettere ordine in questa casa tributaria nella quale ora purtroppo manca l’ordine e manca l’equilibrio”.

Questa dichiarazione è stata fatta nel 1951 da Ezio Vanoni, economista e politico italiano, Ministro delle Finanze e del Bilancio in diversi Governi De Gasperi. Nella biografia pubblicata nel sito della Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze (a lui intitolata) si legge, tra l’altro, che Appena giunto al Governo, iniziò a lavorare alla riforma tributaria prefiggendosi l’obiettivo di raggiungere una giustizia fiscale, che era anche uno dei presupposti di una democrazia autentica. Ma, prima di una riforma in ambito di ordinamento legislativo, era necessaria, innanzitutto, una rivoluzione morale. Bisognava cambiare le coscienze e convincere gli italiani riguardo ai loro obblighi nei confronti del fisco, in virtù di un dovere sociale che era anche un dovere morale”.

Il 2018 sarà l’anno della svolta, della rivoluzione morale auspicata da Vanoni oltre sessant’anni fa? La ripresa si consoliderà, famiglie e imprese pagheranno meno tasse?

E’ quello che si augurano (da troppo tempo) tutti gli Italiani onesti, che pagano le tasse, in massima parte lavoratori dipendenti e pensionati, il nucleo di quello che una volta era considerato il ceto medio e che oggi, nonostante timidi segnali di ripresa, risulta ancora gravato dalla crisi economica che ha pesantemente caratterizzato gli ultimi anni.

L’inizio del nuovo anno sarà sicuramente contraddistinto dalle consuete inquietudini politiche ricche di spaccature, litigi, accuse reciproche, con l’intero arco costituzionale impegnato nelle rituali scaramucce preelettorali. E intanto i conti della previdenza fanno sempre fatica a quadrare, mettendo così a rischio il diritto alla pensione per le future generazioni, con grandi problemi anche per gli attuali pensionati.

Sul fronte fiscale, peraltro, si confermano le altrettanto consuete problematiche: una tassazione invasiva per cittadini e imprese, una pletora di adempimenti e scadenze, un rapporto tra Fisco e contribuenti che per certi versi – troppi – ricalca ancora quello tra sovrano e sudditi. Viviamo in un Paese in cui, da una parte, l’art. 53 della Costituzione recita cheTutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, mentre dall’altra c’è un’evasione spaventosa e una pressione fiscale tra le più elevate del mondo.

Non si può non parlare del sempre più grave fenomeno dell’evasione fiscale, che ha raggiunto e determina effetti smisurati e devastanti, e che le ultime rilevazioni, relative al 2015, danno intorno ai 110 miliardi di euro … La Corte dei conti ha di recente confermato i numeri già quantificati da Confartigianato, in base ai quali un’impresa di medie dimensioni è oppressa da un carico fiscale complessivo del 64,8%, superiore di quasi 25 punti alla media europea, che è del 40,6%. Il problema è una realtà ormai patologica, che ha raggiunto dimensioni mostruose, che non è solo un fattore di iniquità ma anche di distorsione della concorrenza. E per quanto riguarda l’IVA, in ottobre Bruxelles ha certificato che l’Italia è il Paese europeo che detiene il record dell’evasione, che è appena al di sotto del 30%. L’evasione in Italia deve assolutamente rientrare nei limiti fisiologici che presenta negli altri Paesi europei, e lo stesso dicasi per l’entità del prelievo fiscale. Recuperare l’evasione fiscale dovrebbe essere il primo imperativo di ogni Governo, non soltanto una filastrocca da declamare nel corso delle campagne elettorali.

E poi c’è la questione delle riscossioni: nel 2009 uno studio dell’Agenzia delle Entrate evidenziava il notevole scostamento tra la maggiore imposta accertata e quella effettivamente riscossa: su 100 euro di maggiore imposta accertata se ne riscuotevano meno del 10%, percentuale che al netto dei costi di gestione scendeva al 5,4%.

E la macchina dell’Amministrazione finanziaria? E’ riuscita a conseguire un livello di grande efficienza e le entrate funzionano e affluiscono nelle casse erariali, ma anche per merito degli intermediari, Caf, commercialisti, ragionieri.

Ma non siamo ancora arrivati a un linguaggio ed a comportamenti che si possono definire “della trasparenza e della sincerità”, nonostante in materia di strumenti di colloquio con l’utenza, l’Agenzia delle Entrate sia senz’altro all’avanguardia e al passo con i tempi, anche grazie alla presenza sul territorio e l’utilizzo di Internet.

Nel non lontano 2014 uno studio della Banca d’Italia presentato nel corso di un’audizione al Senato su “Organismi della fiscalità e rapporto tra contribuenti e fisco”, delineava l’identikit dell’evasore fiscale italiano, che di fatto decide a che livello evadere sulla base di tre elementi: la probabilità percepita di subire un accertamento fiscale, il vantaggio ricavato e il peso della eventuale sanzione.

Ci troviamo ancora qui ad auspicare una riforma del sistema fiscale improntata su un salto di qualità nei rapporti tra Amministrazione e contribuenti perché troppe volte, ancora, persiste una rigidità nel prelievo che presenta aspetti vessatori in caso di accertamenti o sequestri, facendo prevalere l’impressione di un accanimento fiscale.

Risulta emblematica, in tal senso, una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che ha condannato l’Amministrazione finanziaria, e nel caso in questione l’Agenzia delle Entrate, per “lite temeraria”: i giudici tributari, oltre a rifarsi all’articolo 2043 del codice civile in materia di risarcimento materiale del danno, hanno riconosciuto alla malcapitata contribuente anche un danno morale derivante dal “patema d’animo e dallo stress” causati dalla ostinata resistenza dell’Agenzia delle Entrate. Una pronuncia in qualche modo “rivoluzionaria”, nella quale si afferma che il contribuente va risarcito, soprattutto se il danno è causato dalla negligenza dell’ufficio tributario: secondo la CTP si sono delineati chiari profili di danno erariale, tali da disporre la comunicazione della sentenza alla Procura regionale della Corte dei Conti ai fini delle valutazioni di competenza. Una sentenza dai risvolti davvero rilevanti, nel contesto del risarcimento del danno morale per quanto riguarda il contenzioso tributario, che peraltro registra un unico precedente, rinvenibile in una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano del 2007.

E’ per questi e per tanti altri motivi che sarebbe giunta l’ora, dopo oltre 230 anni (!), di poter controbattere quanto affermava lo scrittore tedesco Goethe nel 1783, dopo aver vissuto qualche anno in Italia: L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé.

 

 

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