CASSAZIONE

La voltura catastale completa l’accettazione tacita dell’eredità

Successione – accettazione eredità – Modi – Tacita – Comportamento del successibile – Necessità – Voltura catastale – Conseguenze

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12259 del 14 aprile 2022, si è nuovamente pronunciata sulla questione relativa alla configurabilità o meno dell’accettazione tacita dell’eredità, riaffermando un principio consolidato che ritiene che la voltura rileva non solo da un punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche per l’accertamento della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi.

In buona sostanza, chi dispone la voltura catastale diventa erede a tutti gli effetti e quindi risponde anche dei debiti del defunto. Egli, infatti, nel fare la voltura, acquisisce la proprietà dell’immobile e, così, si obbliga anche nei confronti dei creditori del de cuius, dovendone pagare i debiti in proporzione alla propria quota. Perché ricorra l’accettazione tacita dell’eredità occorrono essenzialmente due requisiti: il primo riguarda un comportamento giuridicamente rilevante e il secondo attiene alla consapevolezza in chi lo compie della propria delazione, indipendentemente dalla sussistenza o meno della volontà di accettare l’eredità stessa.

Appare opportuno chiarire come il nostro ordinamento non preveda l’acquisto automatico dell’eredità in capo ai chiamati, ma, ai sensi dell’articolo 459 c.c., che l’eredità si acquisti con l’accettazione.

Sotto il profilo della volontà del chiamato all’eredità, l’accettazione potrà essere espressa o tacita o, ancora, presunta. Non si può nascondere come a volte si ignori tale aspetto e si consideri erede per il solo decesso del de cuius, con la convinzione di dover esclusivamente adempiere a quelli che, in realtà, sono obblighi di carattere fiscale per completare i complessi sistemi burocratici necessari per divenire erede. Al riguardo e per maggiore chiarezza sono intervenute, nell’ambito delle dispute relative alle modalità di accettazione dell’eredità, diverse pronunzie della Suprema Corte di Cassazione, tra le quali è possibile far riferimento alla recente pronunzia n. 11478/2021, nella quale si statuiva che: “Costituisce orientamento consolidato che l’accettazione tacita dell’eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, inidonea di per sé a comprovare un’accettazione tacita dell’eredità (Cass. n. 178/1996; n. 5463/1988; n.5688/1988), ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale. Infatti, in tal caso l’atto (voltura catastale) rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. Soltanto chi intenda accettare l’eredità, in effetti, assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso (Cass. n. 7075/1999; n. 5226/2002; n. 10796/2009)”.

Il principio della valenza della richiesta della voltura catastale relativa ai beni immobili compresi nell’eredità quale accettazione della stessa è stato primariamente affermato con la pronunzia della Suprema Corte n. 6574/2005 e appare oggi un indiscusso principio consolidato, che conferma che gli effetti della voltura quale atto di accettazione tacita si producono solo in favore di chi vi provveda (v. Cass. 3270/2018 e 8990/2017).

Ricordiamo anche che all’interno del rinnovato quadro del sistema catastale ordinario, le mutazioni relative ai soggetti riguardano principalmente le domande di variazione per il cambiamento degli intestatari in catasto (domande di voltura), presentate da coloro che sono tenuti alla registrazione degli atti civili o giudiziali che danno luogo al trasferimento di diritti censiti in catasto (notai, pubblici ufficiali roganti, cancellieri dei tribunali, ecc.). Parimenti, chi ha l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione deve provvedere alla presentazione delle domande di voltura in conseguenza di trasferimenti per causa di morte. Per tale adempimento è disponibile anche la procedura informatizzata denominata VOLTURA, che consente la redazione in formato digitale delle domande di voltura derivanti, di norma, da trasferimenti per causa di morte (successioni, riunioni di usufrutto, ecc.), per favorire l’immediata acquisizione a sistema delle variazioni dei soggetti e conseguire il diretto e puntuale aggiornamento della banca dati catastale.

Riassumendo quanto in sostanza detta oggi la S.C., costituisce un orientamento ormai consolidato quello di ritenere che l’accettazione tacita dell’eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato, che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, inidonea di per sé a comprovare un’accettazione tacita dell’eredità (Cass. n. 178/1996; n. 5463/1988; n.5688/1988), ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come è, appunto, la voltura catastale, Come stabilito nel tempo dalle pronunzie Cass. n. 7075/1999; n. 5226/2002; n. 10796/2009: tutte riaffermavano il principio che soltanto chi intenda accettare l’eredità, in effetti, assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso.

C’è da premettere anche che la Corte è salda nella convinzione che l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita si risolva in un accertamento di fatto, condotto dal giudice di merito caso per caso, e non è censurabile in sede di legittimità purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto, riaffermando ancora una volta il riconoscimento della voltura catastale come atto comportante accettazione tacita dell’eredità sulla base dell’assunto che “soltanto chi intenda accettare l’eredità assume l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso” (v. Cass. Sent. n. 10796/2009; Cass. 10796/2019; Cass. 22317/2014; Cass. 11478/2021).

Nel tempo, però, abbiamo assistito al levarsi di voci diverse e dissonanti all’odierna interpretazione oggi maggioritaria della S.C.

La giurisprudenza più ripensante della Cassazione aveva negato che la voltura catastale potesse integrare l’accettazione tacita di eredità. L’atteggiamento cambiò solo dai primi anni ‘90, affermando l’idoneità delle volture catastali a rappresentare un valido atto di accettazione tacita, poiché trattasi di “atti al contempo fiscali e civili che rilevano non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto di vista civile per l’accertamento legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi”.

Più recentemente sono però nuovamente emerse pronunce di segno opposto, che hanno messo in dubbio l’idoneità della voltura a fondare un valido atto di accettazione tacita: per comprendere la ratio dei diversi orientamenti é opportuno approfondire il contesto generale in cui gli stessi si collocano.  

La posizione “tradizionale” della Cassazione non è stata nel tempo condivisa, dalla dottrina e da alcuni pronunciamenti di merito della stessa Suprema Corte, come la sentenza n. 32270/2018, nella quale veniva ragionato un diverso convincimento: “Questa Corte spiega da tempo che l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto (cfr. Cass. 17.11.1999, n. 12753). Evidentemente, su tale scorta, l’esperito motivo di ricorso si qualifica in rapporto alla previsione dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Invero occorre tener conto, da un lato, che le ricorrenti sostanzialmente censurano il giudizio ‘di fatto’ cui la corte di merito ha atteso (‘l’accettazione tacita dell’eredità può (…) essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato all’eredità’: così ricorso, pag. 9; ‘il giudice di secondo grado (…) sostiene erroneamente che nella valutazione della condotta complessiva delle chiamate debba tenersi conto (…)’: così ricorso, pag. 9); dall’altro, che e’ propriamente la previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499). […] In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito risulta assolutamente congruo ed esaustivo ed in toto ineccepibile sula piano della correttezza giuridica. A tal ultimo riguardo si rappresenta, da un canto, che l’elaborazione di questa Corte di legittimità ha puntualizzato che la voltura catastale non integra incondizionatamente gli estremi di un’accettazione tacita dell’eredità efficace ad ampio spettro soggettivo (cfr. Cass. (ord.) 6.4.2017, n. 8980, secondo cui l’accettazione tacita di eredità – pur potendo avvenire attraverso ‘negotiorum gestio’, cui segua la successiva ratifica del chiamato, o per mezzo del conferimento di una delega o dello svolgimento di attività procuratoria – può tuttavia desumersi soltanto da un comportamento del successibile e non di altri, sicché non ricorre ove solo l’altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali desumere il conferimento di una delega o la successiva ratifica del suo operato, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del de cuius); dall’altro, che è indubitabile che la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non importano accettazione tacita dell’eredità (cfr. Cass. 28.2.2007, n. 4783)”.

Diversamente ragionando, portiamo a esempio la coeva pronuncia n. 17970/2018, nella quale i Giudici di piazza Cavour ribadivano invece il medesimo principio oggi ritenuto consolidato, con riferimento specifico ai debiti di natura tributaria e che, in particolare, ha posto l’accento sulla distribuzione dell’onere della prova circa l’avvenuta accettazione dell’eredità, ritenendo che “… la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante ‘aditio’ oppure per effetto di ‘pro herede gestio’ oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.” (Cass. n. 6479/2002; n. 11634/1991; n. 1885/1988; 2489/1987; n. 4520/1984; n. 125/1983)”.

In buona sostanza  la Suprema Corte, sempre sulla scia di precedenti decisioni su casi analoghi, ha ribadito che la prova dell’avvenuta accettazione incombe sull’Amministrazione finanziaria, in quanto ”spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius” l’onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell’art. 2697 c.c, che “l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede” (Cass. n. 6479/2002; n. 2849/1992; n. 1885/1988; n. 2489/1987; n. 5105/1985; n. 4520/1984; n. 125/1983).

Da notare infine la circostanza che questa interpretazione prevede che l’Amministrazione finanziaria sia tenuta, come i privati cittadini, a dimostrare i presupposti delle proprie pretese.

Tanto premesso e tornando alla vicenda sottoposta all’esame della Suprema Corte, essa ha inizio da un decreto ingiuntivo ottenuto sulla scorta di una scrittura privata da un creditore di un soggetto deceduto nei confronti dei suoi eredi, i quali presentavano opposizione deducendo di non essere gli eredi del debitore originario ma solo chiamati all’eredità, contestando la validità e l’efficacia della scrittura privata posta a base dell’ingiunzione. Il collegio giudicante, all’esito dell’istruttoria svoltasi, revocava il decreto ingiuntivo solo nei confronti della madre del defunto, confermando quindi la validità del decreto nei confronti degli altri ingiunti. Di contrario avviso la Corte di Appello, la quale, chiamata a pronunciarsi sul gravame interposto da due degli ingiunti sul presupposto che era onere dell’attore fornire la prova circa la qualità di eredi dei convenuti, ha dato ragione a questi ultimi. Pertanto, la questione giungeva all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dall’originario creditore, il quale deduceva essenzialmente di aver depositato in appello la loro denuncia di successione con la relativa voltura catastale. Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione, che nell’accoglierlo con rinvio alla Corte di Appello di provenienza, ha ribadito che “In particolare, il ricorrente assume di aver depositato in appello, e di averlo fatto solo in quel grado di giudizio poiché prima non era possibile per fatto imputabile ai convenuti, la loro denuncia di successione con relativa voltura catastale. Il ricorrente, a pagina 15 del ricorso, osserva come il punto era stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto nella comparsa di costituzione in appello la voltura catastale era stata invocata a dimostrazione dell’accettazione implicita o tacita di eredità, e viceversa, nella comparsa conclusionale, gli appellanti oggi controricorrenti avevano obiettato che quell’atto non era idoneo a dimostrare la avvenuta accettazione della eredità. Osserva altresì il ricorrente che la produzione in appello di quell’atto era comunque ammissibile in quanto atto venuto ad esistenza dopo la pronuncia della decisione in primo grado, e quindi producibile solo in appello. Il motivo è fondato. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza, fatta dai controricorrenti, i quali eccepiscono che il ricorrente non ha riportato il contenuto dell’atto che assume essere decisivo per il giudizio, in quanto, a parte la circostanza che egli lo ha allegato e ne indica la collocazione- si tratta del documento 2 dell’atto di appello- è sufficiente che egli abbia indicato di cosa si tratta, cioè della voltura catastale di beni immobili a favore degli eredi perché si possa valutare la rilevanza dell’atto ai fini della decisione: invero si tratta di atto che ha un contenuto prestabilito, ad effetto legale, e dunque non occorre riportarne il contenuto per decidere della sua rilevanza.  Risulta altresì che la rilevanza di tale documento ai fini del decidere era stata oggetto di discussione tra le parti, come riportato a pagina 15 del ricorso, e risulta pure, dall’esame della sentenza impugnata, che i giudici d’appello, nell’escludere la qualità di eredi, meglio la prova della qualità di eredi dei convenuti, non hanno preso in alcuna considerazione tale documento. La rilevanza, peraltro, ai fini del decidere della voltura catastale è affermata costantemente da questa Corte, secondo cui, a differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale ha invece rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed atto idoneo ad integrare un’accettazione tacita dell’eredità (Cass. 10796/ 2019; Cass. 22317/ 2014; Cass. 11478/ 2021). Con la conseguenza che risulta omesso l’esame di un fatto controverso e rilevante, ossia se vi sia stata accettazione tacita dell’eredità attraverso la voltura catastale di beni del de cuius a proprio favore, fatto che deve essere dunque esaminato nella sua fondatezza. Quanto al rilievo dei resistenti, ribadito nella memoria, nel senso che il documento prodotto in appello avrebbe potuto prodursi in primo grado, pur dopo le preclusioni istruttorie ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c. si osserva che e sufficiente invocare in primo luogo Cass., Sez. Un., n. 8203 del 2006 e, quindi, , Cass., Sez. Un., n. 10790 del 2017; nel caso di specie, peraltro, gli stessi resistenti concedono di avere solo nella conclusionale contestato esplicitamente la loro qualità e, fermo che a mio avviso, se sono vere le considerazioni svolte sul primo motivo, tale attività non poteva svolgersi, perché tardiva, avendo il primo giudice ritenuto la qualità di eredi e dedotto come motivo di appello il preteso errore o resistenti, la produzione della documentazione, dapprima non necessaria, era più che legittima”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 14 aprile 2022, n. 12259

sul ricorso iscritto al n. 27623/ 2019 R.G. proposto

da E. F., domiciliato in Roma, via Panama 52, presso lo studio dell’avv. Beatrice De Siervo, e rappresentato e difeso dall’avv. Diano Bastianello ;

– ricorrente –

contro A. M. C. e T. C., domiciliate in via Mestre, via Allegri, 30 presso lo studio dell’avv. Sandro Fattoretto, che le rappresenta e difende;

– controricorrenti –

Avverso la sentenza 652/ 2019, della Corte di Appello di Venezia, depositata il 25.2.2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4.2.2022, dal Consigliere dott. Giuseppe Cricenti

Ritenuto che

1. E. F. era creditore di Guido C., cui aveva fornito una partita di legname per un complessivo importo di 74314112 lire.

Il C. aveva sottoscritto una dichiarazione, datata 25 Marzo 2001, con cui confermava di essere debitore del suddetto importo.

Essendo però Guido C. deceduto il 26 agosto del 2002, E. F. ha ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti degli eredi legittimi, vale a dire i genitori E. D. F. e R. C. ed i fratelli A.M., A., A., M. L. e T. C., i quali, con atti distinti, hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo dando luogo a procedimenti separati che sono stati poi riuniti tutti al più risalente di essi.

2. Il Tribunale di Padova ha disposto consulenza calligrafica, ed ha istruito la causa, all’esito della quale ha ritenuto che la dichiarazione di debito fosse autentica; che gli opponenti non avevano contestato tempestivamente e specificamente la loro qualità di eredi; che dunque la loro opposizione era infondata, salvo che quella di E. D. F., madre del debitore nei cui confronti veniva invece revocato il decreto ingiuntivo.

3. Avverso tale decisione hanno proposto appello soltanto T. C. e A. M. C. ed hanno contestato sia la loro qualità di eredi, essendo essi semplicemente chiamati all’eredità, sia la validità e l’efficacia della scrittura privata posta a base della ingiunzione.  Il giudice d’appello ha ritenuto che la regola sulla mancata contestazione, di cui all’articolo 115 c.p.c, non si poteva applicare ratione temporis; che comunque spettava all’attore di provare la qualità di eredi dei soggetti convenuti; che infine, trattandosi un’eccezione in senso lato, era nella disponibilità del giudice prenderla in considerazione a prescindere dalla sua tardività.

4. Ricorre E. F. con due motivi, che sono oggetto di contestazione da parte di A.M. e Tiziano C. costituitisi con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Considerato che

5. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 115 del codice di procedura civile e si ritiene che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto che il Tribunale ha posto in primo grado a base della sua decisione il principio di non contestazione, come contenuto in tale norma, e che quindi lo abbia fatto erroneamente, dovendosi l’articolo in questione applicare solo ai giudizi introdotti dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della modifica.

Invece, secondo il ricorrente, il Tribunale ha affermato che la qualità di erede non era stata né tempestivamente né specificamente contestata e che, oltre a ciò, vi era il comportamento processuale dei convenuti che faceva intendere come essi fossero eredi ed agissero in tale qualità. Il motivo è fondato. In realtà, i giudici di merito del tutto erroneamente hanno reputato che l’essersi costituiti i resistenti limitandosi a rilevare di essere stati convenuti nell’asserita qualità di eredi avesse integrato un’attività di contestazione. Invero, il prendere atto di essere stati convenuti nella qualità senza espressamente (come imponeva l’art. 167 c.p.c.) contestarla, non equivale a contestazione. Ne segue che il fatto della loro qualità di eredi non poteva reputarsi contestato e non doveva essere provato.

La contestazione poteva svolgersi fino al momento della preclusione delle allegazioni con le memorie di cui all’art. 183, che si applicava nel testo anteriore alla riforma di cui al d.l. n. 35 del 2005, convertito nella I. n. 80 del 2005 e, quindi, modificato dalla I. n. 263 del 2005.  D’altra parte, chi conviene qualcuno immediatamente dopo la morte del de cuius, certamente è tenuto alla prova della qualità, ma l’allegazione dev’essere combattuta con un’attività che si risolva nella negazione di quella qualità ed il dire “asserita qualità” è circostanza che non integra atteggiamento di contestazione. Infatti, come regolato da questa Corte, “l’onere di specifica contestazione, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 167 cod. proc. civ., deve essere inteso nel senso che, qualora i fatti costitutivi del diritto azionato siano individuati dalla legge, il convenuto ha l’onere di contestarli specificamente e non, genericamente, con una clausola di stile, per evitare che gli stessi siano ritenuti incontestati; solo in presenza di tale condizione, l’attore ha l’onere di provarli, restando così assicurato il principio del contradditorio” (ex multis: Cass. 10860/ 2011; Cass. 22701/ 2017)

6. Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto controverso e rilevante.

In particolare, il ricorrente assume di aver depositato in appello, e di averlo fatto solo in quel grado di giudizio poiché prima non era possibile per fatto imputabile ai convenuti, la loro denuncia di successione con relativa voltura catastale. Il ricorrente, a pagina 15 del ricorso, osserva come il punto era stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto nella comparsa di costituzione in appello la voltura catastale era stata invocata a dimostrazione dell’accettazione implicita o tacita di eredità, e viceversa, nella comparsa conclusionale, gli appellanti oggi controricorrenti avevano obiettato che quell’atto non era idoneo a dimostrare la avvenuta accettazione della eredità.

Osserva altresì il ricorrente che la produzione in appello di quell’atto era comunque ammissibile in quanto atto venuto ad esistenza dopo la pronuncia della decisione in primo grado, e quindi producibile solo in appello.

Il motivo è fondato.

Va disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza, fatta dai controricorrenti, i quali eccepiscono che il ricorrente non ha riportato il contenuto dell’atto che assume essere decisivo per il giudizio, in quanto, a parte la circostanza che egli lo ha allegato e ne indica la collocazione- si tratta del documento 2 dell’atto di appello- è sufficiente che egli abbia indicato di cosa si tratta, cioè della voltura catastale di beni immobili a favore degli eredi perché si possa valutare la rilevanza dell’atto ai fini della decisione: invero si tratta di atto che ha un contenuto prestabilito, ad effetto legale, e dunque non occorre riportarne il contenuto per decidere della sua rilevanza.

Risulta altresì che la rilevanza di tale documento ai fini del decidere era stata oggetto di discussione tra le parti, come riportato a pagina 15 del ricorso, e risulta pure, dall’esame della sentenza impugnata, che i giudici d’appello, nell’escludere la qualità di eredi, meglio la prova della qualità di eredi dei convenuti, non hanno preso in alcuna considerazione tale documento.

La rilevanza, peraltro, ai fini del decidere della voltura catastale è affermata costantemente da questa Corte, secondo cui, a differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale ha invece rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed atto idoneo ad integrare un’accettazione tacita dell’eredità (Cass. 10796/ 2019; Cass. 22317/ 2014; Cass. 11478/ 2021).

Con la conseguenza che risulta omesso l’esame di un fatto controverso e rilevante, ossia se vi sia stata accettazione tacita dell’eredità attraverso la voltura catastale di beni del de cuius a proprio favore, fatto che deve essere dunque esaminato nella sua fondatezza.

Quanto al rilievo dei resistenti, ribadito nella memoria, nel senso che il documento prodotto in appello avrebbe potuto prodursi in primo grado, pur dopo le preclusioni istruttorie ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c. si osserva che e sufficiente invocare in primo luogo Cass., Sez. Un., n. 8203 del 2006 e, quindi, , Cass., Sez. Un., n. 10790 del 2017; nel caso di specie, peraltro, gli stessi resistenti concedono di avere solo nella conclusionale contestato esplicitamente la loro qualità e, fermo che a mio avviso, se sono vere le considerazioni svolte sul primo motivo, tale attività non poteva svolgersi, perché tardiva, avendo il primo giudice ritenuto la qualità di eredi e dedotto come motivo di appello il preteso errore o resistenti, la produzione della documentazione, dapprima non necessaria, era più che legittima.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 4 febbraio 2022 nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile

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