CASSAZIONE

La tipologia di cumulo dipende dalla natura della violazione

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 4458 del 21 febbraio 2017, intervenendo in merito alla natura dei reati tributari continuati, ha decretato che non è possibile procedere al cumulo materiale delle sanzioni (piuttosto che a quello giuridico ex art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997) qualora vi siano, come nel caso di specie, diversi files di trasmissione tardiva della dichiarazione. L’applicazione del concorso materiale è esclusa quando le violazioni abbiano natura sostanziale.

La norma citata (art. 12, D.Lgs. n. 472/97) ha certamente riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva l’art. 8, della precedente legge sulle sanzioni tributarie, n. 4/29), e ha considerato specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni (Cass. n. 7163 del 2002).

In termini strutturali il reato continuato rappresenta un particolare figura di concorso materiale di reati, unificati dal “medesimo disegno criminoso” che sta alla base della loro commissione. L’art. 81, comma secondo, cod. pen., stabilisce per il reato continuato il cumulo giuridico delle pene in deroga al regime del cumulo materiale previsto per il concorso materiale di reati.

Secondo la prevalente giurisprudenza la ratio di questo più mite trattamento sanzionatorio risiede proprio nella minore deplorevolezza complessiva dell’agente – che cede ai motivi a delinquere una sola volta, quando concepisce il disegno criminoso – e nella necessità di mitigare l’effetto del cumulo delle pene, al quale viene sostituito un cumulo giuridico.

Questa funzione dell’istituto è stata resa ancor più evidente dalla novella dell’art. 81 cod. pen. ad opera del drcreto legge 11 aprile 1974, n. 99, convertito dalla legge 7 giugno 1974, n. 220, che nel consentire l’applicazione della continuazione anche in presenza di violazioni di norme incriminatrici sanzionate con pene eterogenee, si colloca in una linea di tendenza contraria all’automatismo repressivo, propria del sistema del cumulo materiale e favorevole, invece, a un’accentuazione del carattere personale della responsabilità penale, con un’esaltazione del ruolo e del senso di responsabilità del giudice nell’adeguamento della pena alla personalità del reo.

Tenuto conto dell’evoluzione normativa, dei ripetuti interventi della Corte Costituzionale e della complessa elaborazione giurisprudenziale che ha avuto significativi approdi in decisioni delle Sezioni Unite, è possibile ritenere ormai superata la concezione unitaria del reato continuato in favore dell’autonomia giuridica delle singole violazioni che confluiscono nel reato continuato, tranne che per gli effetti espressamente previsti dalla legge.

I reati legati dal vincolo della continuazione devono, quindi, considerarsi come una vera e propria pluralità di reati autonomi e diversi in funzione del carattere più o meno favorevole degli effetti che ne discendono. In tal modo è possibile garantire, conformemente alla natura dell’istituto, quel trattamento privilegiato che è imposto dalla sua minore riprovevolezza complessiva

La considerazione fondante contro il cumulo materiale e a favore del cumulo giuridico è che chi compie più reati con una sola azione, anche omissiva, attua una sola risoluzione criminosa e perciò dimostra una minore pericolosità sociale.

Vogliamo infine rammentare, per completezza, che il D.Lgs. n. 158/2015 – di revisione del sistema sanzionatorio – restringe, per la conciliazione giudiziale e la mediazione tributaria, l’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni. Quest’ultimo risulta importantissimo nella determinazione delle penalità; l’applicazione dell’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997, prevede un principio secondo cui, qualora il contribuente, attraverso un’unica azione o omissione, commetta ripetute violazioni, anche relative a tributi diversi o ripetute violazioni formali della medesima disposizione, o qualora commetta ripetute violazioni relative sia a tributi che a periodi di imposta diversi, l’Ufficio applica la sanzione per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, anziché sommare le singole sanzioni per ciascuna violazione. Tornando al caso in esame, i Giudici della Corte hanno rigettato il ricorso proveniente dall’Agenzia delle Entrate per aver questa dissentito in merito alle decisioni prese nei gradi precedenti: in particolare, gli Ermellini ricordano che l’Amministrazione aveva irrogato tante sanzioni quanti erano i files di trasmissione tardiva della dichiarazione e, a sostegno della tesi del cumulo materiale, sosteneva il precedente filone interpretativo enunciato dalla Corte con la sentenza n. 23123/2013, che testualmente recitava: “Le violazioni formali previste dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 sono quelle che, pur non incidendo sulla base imponibile, sono idonee ad ostacolare l’attività di controllo e. con riguardo a tali violazioni, l’applicazione del concorso materiale è esclusa quando le violazioni abbiano natura sostanziale. Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 1, disciplina l’ipotesi del concorso e della continuazione, istituti che consentono, in presenza di più violazione commessa dallo stesso soggetto, di applicare un trattamento sanzionatorio più mite (cumulo giuridico) rispetto a quello ordinario che prevede una sanzione per ogni violazione commessa (cumulo materiale).Si è in presenza di un concorso formale quando con una sola azione od omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione normativa (concorso formale omogeneo), oppure quando con una sola azione o omissione vengono violate disposizioni diverse anche relative a tributi diversi (concorso formale eterogeneo).Ricorre, invece il concorso materiale quando con più azioni o omissioni si commettono diverse violazioni della stessa disposizione di legge”.

I Giudici del Palazzaccio respingono le motivazioni e le citazioni addotte dalle Entrate, ricordando solo che “l’amministrazione ricorrente cita, a sostegno della tesi del cumulo materiale, il precedente di Cass. n. 23123/13, che però è rimasto isolato, prevalendo il contrario orientamento favorevole, in ipotesi del genere, al cumulo giuridico in forza del principio del favor rei (Cass. nn. 12682/15, 11742/15, 11741/15, 21570/16 e 13237/16, quest’ultima con specifico riferimento alla distinzione tra violazioni formali e non formali anche nei confronti dell’intermediario”.

foto tribunale

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 21 febbraio 2017, n. 4458

Rilevato che

  1. il giudizio concerne l’impugnazione — accolta dai giudici di entrambi i gradi di giudizio di merito — di un avviso con cui sono state irrogate ad un intermediario ex art. 3, d.P.R. n. 322/98, tante sanzioni ex art. 7-bis, d. lgs. n. 241/97, quanti erano i files di trasmissione tardiva della dichiarazione, con applicazione del cumulo materiale e non giuridico ex art. 12, d. lgs. n. 472/97;
  2. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Considerato che

  1. l’amministrazione ricorrente cita, a sostegno della tesi del cumulo materiale, il precedente di Cass. n. 23123/13, che però è rimasto isolato, prevalendo il contrario orientamento favorevole, in ipotesi del genere, al cumulo giuridico in forza del principio del favor rei (Cass. nn. 12682/15, 11742/15, 11741/15, 21570/16 e 13237/16, quest’ultima con specifico riferimento alla distinzione tra violazioni formali e non formali anche nei confronti dell’intermediario);
  2. la mancata costituzione dell’intimato esclude la necessità di una pronuncia sulle spese, che restano a carico della parte ricorrente soccombente;
  3. risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. S.U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. IV-L, ord. n. 1778/16 e VI-T, ord. n. 18893/16).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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