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La tassazione delle cripto-attività

L’art. 67 del TUIR codifica i cosiddetti redditi diversi e stabilisce che è classificabile come cripto-attività la “rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga. Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni”. Le nuove disposizioni, contenute

nella legge di bilancio 2023 (n. 197/2022), prevedono quindi una nuova categoria di redditi diversi, soggetti a tassazione con l’aliquota fiscale del 26% (come le attività finanziarie), a condizione che i redditi non rientrino nell’attività d’impresa, arte, professione o lavoro dipendente: si tratta dei redditi relativi alla detenzione, al rimborso e al trasferimento di valori e diritti tramite tecnologia distribuita (Dlt, “Distributed ledger technologies”), “diversi” ma assimilabili agli strumenti finanziari.

La circolare 30/E

Dai chiarimenti sulle imposte al monitoraggio fiscale, alla regolarizzazione delle cripto-attività e i presupposti della territorialità: l’Agenzia delle entrate ha illustrato le nuove regole operative sulla tassazione delle criptovalute, a seguito di quanto disposto dalla legge 197/2022, nella circolare numero 30/E del 2023.

Nel documento l’Agenzia ha precisato che sono considerate cripto-attività le rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non rientrano tra gli strumenti finanziari, specificando anche la tipologia di prodotti, i beni cripto e in quali casi concorrono alla formazione del reddito imponibile. Ha inoltre puntualizzato, come si è detto, la parificazione tributaria tra le plusvalenze delle cripto-attività e quelle delle altre attività finanziarie – soggette a tassazione con aliquota del 26% – a condizione che i  relativi redditi non siano conseguiti nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente. Le plusvalenze da cripto-attività sono imponibili per gli enti non commerciali (se l’operazione non è effettuata nell’esercizio di impresa commerciale), le società semplici ed equiparate (art. 5 del TUIR) e i soggetti non residenti senza stabile organizzazione, solo se il reddito si considera prodotto nel territorio dello Stato.

La territorialità

Nella circolare sono fornite indicazioni anche in tema di territorialità. Si considerano prodotti in Italia i redditi diversi derivanti da attività svolte e da beni che si trovano nel territorio dello Stato: rientrano quindi nella nuova disciplina anche i redditi realizzati da soggetti non residenti, quando sono relativi a cripto-attività detenute nel nostro Paese presso prestatori di servizi o intermediari residenti in Italia o presso la loro stabile organizzazione, se non residenti.  Sono dunque imponibili le attività come, ad esempio, l’intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, ma soltanto se effettuate in modo abituale e professionale, per cui le società dovranno  assoggettare a imposizione i componenti di reddito derivanti dall’attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di cripto-valute.

Nei casi in cui le chiavi che danno accesso alle cripto-attività sono detenute direttamente dal contribuente tramite supporti di archiviazione, come ad esempio le pennette Usb, e senza l’intervento di intermediari o prestatori di servizi, il reddito si considera prodotto nel territorio dello Stato se il supporto si trova in Italia, ossia se chi detiene il supporto vi è residente nel periodo d’imposta di produzione del reddito: è fatta salva, per il contribuente, produrre la prova contraria di una diversa localizzazione del supporto.

La regolarizzazione delle violazioni

La citata circolare 30/E contiene anche le regole per sanare le eventuali violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale per le cripto-valute detenute entro il 31 dicembre 2021 e/o la omessa indicazione, nel quadro RW della dichiarazione, dei redditi derivanti dalle cripto-attività realizzati entro la stessa data.

La procedura prevede la presentazione di un’apposita istanza di emersione, da parte del contribuente o di un professionista incaricato, e il pagamento della sanzione prevista per l’omessa indicazione: un’imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno, o al momento del realizzo, e un ulteriore 0,5% per ciascun anno a titolo di sanzioni e interessi (provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 7 agosto 2023). Quanti detenevano cripto-attività alla data del 1° gennaio 2023 hanno potuto rideterminarne il costo o il valore di acquisto pagando entro lo scorso 15 novembre, in unica soluzione o per la prima delle tre rate annuali di pari importo, un’imposta sostitutiva del 14%.

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