CASSAZIONE

La tassa di concessione governativa per i telefoni cellulari la pagano anche i Comuni

Tributi – Tassa di concessione governativa sull’utilizzo degli apparecchi di telefonia mobile – Applicazione ai servizi di radiofonia mobile – Sussiste

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5671/2016, ha chiarito che anche gli Enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari. I giudici hanno ritenuto che non è possibile estendere alle altre amministrazioni pubbliche l’esenzione riconosciuta dalla legge a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, pur riconoscendo l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone però una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa.

La tassa sulla concessione governativa (conosciuta anche con l’acronimo TCG) è la tassa da corrispondere allo Stato italiano dai beneficiari di determinati provvedimenti amministrativi e altri atti, come ad esempio autorizzazioni, concessioni, licenze, ai sensi del DPR 26 ottobre 1972, n. 641 sulla ” Disciplina delle tasse sulle concessioni governative”.

La TCG è a carico di chi è titolare di un abbonamento di telefonia mobile ed è richiesta dallo Stato per l’uso in licenza delle frequenze telefoniche. Sono tenuti a pagarla tutti i titolari di un abbonamento, mentre non riguarda i possessori di una SIM ricaricabile o i contratti che hanno ad oggetto solo il traffico dati. Sono esenti dalla tassa anche le persone alle quali è stata riconosciuta l’invalidità civile, le persone cieche assolute, sorde o sordomute.

La tassa è stata introdotta nel 1995, all’inizio dell’era della telefonia mobile. Della sua legittimità si è a lungo discusso e la sentenza n. 9560 del 2 maggio 2014 delle sezioni unite civili della Cassazione avevano accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, dando risposta negativa alla domanda “ se agli enti locali spetti l’esenzione dalle tasse di concessione governativa“, rispondendo che ” l’esenzione non è specificamente prevista dal DPR 641 del 1972 e che quindi anche gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari”, affermando anche che in tema di radiofonia mobile, l’abrogazione dell’art. 318 del DPR n. 156/1973 ad opera dell’art. 218 del d.lgs. n. 259/2003, non ha fatto venire meno l’assoggettabilità del telefono cellulare alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al DPR n. 641/1972 in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259/03.

Dopo che ormai la giurisprudenza si è pronunciata sulla legittimità della tassa di concessione governativa sull’uso dei telefoni cellulari, la questione ora si ripropone sulla disparità di trattamento che viene a crearsi tra gli intestatari di un abbonamento tra le Amministrazioni dello Stato (esenti) e le altre Amministrazioni pubbliche, come gli enti locali, che sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13-bis, comma 1, DPR n. 641/1972, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa – ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 – l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa.

TELEFONIA RICARICHE SENZA TASSA DI TRAFFICO - Fotografo: AZZARI EMMEVI PHOTO

Il fatto in esame trae origine dal contenzioso instaurato tra un Comune e l’Agenzia delle Entrate, nello specifico dell’eccezione riguardante il presunto esonero degli enti locali, la tesi sostenuta dai ricorrenti è che i Comuni possono essere annoverati tra le Amministrazioni dello Stato e, quindi, non sono tenuti al pagamento della tassa in questione. La CTR, riformando la decisione di primo grado, ha ritenuto dovuta la tassa di concessione governativa per l’impiego di telefoni cellulari utilizzati dal Comune contribuente in base ad abbonamenti con l’erogatore del servizio di telefonia mobile.

La Corte di Cassazione accogliendo la tesi dei giudici tributari, ha respinto il ricorso del Comune. Sostenendo che “… I motivi di ricorso meritano un esame congiunto stante la loro stretta connessione. Va detto che le questioni sollevate dalla parte ricorrente sono state affrontate in via definitiva dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 9560/2014 ove si è affermato che in tema di radiofonia mobile, l’abrogazione dell’art 318 del D.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia.

Va ancora evidenziato che in epoca successiva la Corte di Giustizia- Corte giust. 17 settembre 2015, causa C-416/14, Fratelli De Pra spa e altri- investita da un giudice tributario di merito della questione relativa alla compatibilità del sistema interno con il quadro comunitario pertinente- dir. 1999/5/CE, 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE – ha ritenuto che la disciplina UE va interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una licenza nonché al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per sé la licenza o l’autorizzazione generale e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al riguardo. In tale contesto è stato poi aggiunto che l’articolo 20 della direttiva 2002/22/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE, e l’articolo 8 della direttiva 1999/5/CEE vanno interpretati nel senso che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione di cui è stato oggetto.

Inoltre, secondo la Corte europea il quadro comunitario anzidetto, unitamente all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, va interpretato nel senso che non osta a un trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come quella che istituisce la tassa di concessione governativa”.

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