EUROPA

La Stabilità sotto la lente di ingrandimento: via libera Ue con riserva

Secondo il processo decisionale europeo in materia di finanza pubblica, i Paesi dell’area euro sottopongono entro metà ottobre i loro Documenti programmatici di bilancio (Dpb)all’esame della Commissione europea, che ne deve valutare la conformità rispetto agli obiettivi

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di medio termine necessari per la sostenibilità dei conti pubblici. In sostanza, per i Paesi non pienamente conformi questi obiettivi comportano un percorso temporale di deficit e debito pubblici che viene dichiarato nel Piano di stabilità di ogni Stato e che le politiche fiscali contenute nei Dbp dovrebbero conseguire. In una prima fase la Commissione analizza i Dpb e per ciascun Paese formula le proprie previsioni su una serie di variabili macroeconomiche, tra le quali la crescita economica e l’inflazione, i rapporti deficit/Pil e debito/Pil.

Partendo da queste previsioni la Commissione effettua la valutazione complessiva ed emette il giudizio di conformità, tenendo conto da un lato degli squilibri di partenza del Paese e dall’altro del contesto macroeconomico, di situazioni eccezionali (nel nostro caso la crisi dei migranti) e del costo delle eventuali riforme strutturali.

Se gli squilibri di partenza risultano molto accentuati, il Paese viene inserito in quello che si chiama il “braccio correttivo” ed è sottoposto ad un controllo più rigoroso sul rispetto quantitativo e qualitativo degli interventi correttivi concordati: in questo braccio correttivo si trovano tutti gli Stati nei confronti dei quali è stata aperta una procedura per i disavanzi eccessivi.

La procedura scatta quando il deficit risulta superiore al 3% del Pil e/o il suo debito non si avvicina in modo sufficientemente rapido verso la soglia del 60%. Fino all’anno in corso la procedura si è attivata soltanto con lo sforamento del 3% da parte del deficit/Pil: l’Italia presenta un debito in crescita da otto anni ma non è nel braccio correttivo.

Se gli squilibri di partenza sono meno elevati il Paese entra nel “braccio preventivo”, dove vengono concessi maggiori margini di libertà e l‘Italia ne fa parte, anche se il suo debito pubblico molto alto e in crescita la mette a rischio di procedura per disavanzi eccessivi. Gli Stati in linea con tutte le norme economiche europee, invece, come ad esempio il Lussemburgo, vengono considerati in equilibrio e possono adottare le politiche fiscali preferite, a condizione che rimangano entro i limiti fissati dal Trattato di Maastricht, cioè un deficit minore del 3% e un debito superiore al 60%.

Rimandata ad aprile

486296196 copiaA Bruxelles, arrivato il testo della manovra da 27-30 miliardi, confermano la sensazione arrivata anche a Roma su un’intesa informale tra Governo e Unione europea sulla Legge di stabilità: insomma, la volontà politica di promuovere la nostra Legge di stabilità c’è, a condizione che i conti tornino.

I tecnici del Commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, hanno vagliato con molta attenzione i 5 miliardi di spending review per verificare quanto siano dettagliati, strutturali e affidabili. Un alto funzionario europeo che lavora direttamente sulla manovra spiega che “La Finanziaria è in linea con le nostre aspettative, ora però dobbiamo fare i calcoli e vedere se tutto torna”: sotto la lente di ingrandimento ci sono le due principali coperture della manovra, spending, appunto, e aumento della crescita.

La sensazione è che l’Ue non abbia nemmeno deciso i criteri di valutazione dei Paesi che potranno aumentare il deficit per compensare i costi sostenuti per la gestione dell’emergenza migranti.

Il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, in linea di massima ha confermato le previsioni di crescita del Governo, ma sono altre le preoccupazioni: il percorso di rientro su deficit e debito è ancora lontano dagli impegni presi con il Patto di stabilità: ciò renderebbe possibile una richiesta di correzione da 0,1-0,2 punti di Pil, con la conseguenza che l’Italia sarebbe rimandata al 2016 per un’altra verifica e l’aumento delle difficoltà di contare sulle stesse concessioni per il biennio 2017-2018.

La circostanza che la Commissione abbia concordato con la stima del Pil effettuata dal Governo non significa certo che all’Italia non sarà chiesto un intervento correttivo visto che, nello stesso documento, la Ue conferma in peggio lo sforamento degli obiettivi di deficit e debito concordati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita.

Queste le ragioni alla base dell’ok con riserva da parte della Commissione: inserendo la Legge di stabilità tra quelle “a rischio di non conformità” con il Patto di stabilità e crescita, e riservandosi una nuova valutazione in primavera, richiede “necessarie misure” per assicurare il rispetto dei target di bilancio. Rimandata quindi ad aprile la valutazione della flessibilità richiesta dall’Italia per far fronte alla crisi dei migranti – “in parte ammissibile”, secondo il Commissario Moscovici – quando la Ue valuterà se le deviazioni richieste sono usate effettivamente per aumentare investimenti, se esiste un piano credibile di aggiustamento verso il pareggio e i progressi sulle riforme.

Slitta, quindi, il via libera a far calare il deficit dal 2,6 al 2,2%, una grossa deroga rispetto all’1,4% originariamente previsto.

In ogni caso, meglio un rinvio del giudizio Ue, come già avvenuto nel 2015, che una bocciatura o un commissariamento tramite procedura su deficit e debito.

 

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