FOCUS

LA REVISIONE DEI REATI TRIBUTARI Parte 3

21 luglio 2016

Continuiamo l’esame delle novità intervenute con l’approvazione del cd “decreto sanzioni” nell’ottobre 2015, anche alla luce di importanti fatti nuovi intervenuti

Una annotazione preliminare e sistematica deve essere riservata alla confisca obbligatoria.

Il D.Lgs 158/2015 ha introdotto nel corpo del Decreto Legislativo 74/2000 il nuovo articolo 12‐bis: in caso di condanna (o patteggiamento) per un illecito penale tributario è obbligatoria la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, con esclusione dei beni appartenenti a persona estranea all’illecito.

La disposizione – già contenuta nel comma 143, articolo 1, della legge 244/2007, consente al precetto di valenza espropriativa una collocazione più adeguata, estendendone anche la portata (e dunque eventualmente il prodromico sequestro) anche al reato di occultamento o distruzione di documenti contabili che in precedenza era espressamente escluso.

Novità di rilievo della riforma del sistema sanzionatorio riguarda l’introduzione all’interno del decreto legislativo 74/2000 del nuovo articolo 18‐bis relativo alla custodia giudiziale dei beni sequestrati, nell’ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti tributari.

Tali beni, se diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie (in quest’ultimo caso, rimangono vigenti le disposizioni dell’articolo 61, comma 23, del decreto legge 112/2008 e dell’articolo 2 del decreto legge 143/2008, in materia di affluenza al Fondo Unico Giustizia delle somme di denaro sequestrate e dei proventi derivanti dai beni confiscati), possono ora essere affidati dall’Autorità Giudiziaria in custodia giudiziale agli organi dell’Amministrazione Finanziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative.

E’ utile ora menzionare le novità in tema di cd “regime premiale” in caso di pagamento dell’imposta ritenuta evasa o non versata.

L’articolo 13 del Decreto Legislativo 74 2000, prima delle modifiche introdotte, disponeva che le pene previste per i delitti tributari (tutte le fattispecie) erano diminuite fino ad un terzo e non si applicavano le pene accessorie previste se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti, venivan0 estinti mediante pagamento, anche in applicazione delle procedure conciliative o di adesione all’accertamento.

Il pagamento del debito tributario costituiva perciò una circostanza attenuante e non una causa di estinzione del reato.

La riforma ha ora differenziato la disciplina a seconda dei reati e, pertanto, in casi specifici, il pagamento del debito tributario potrà estinguere il reato.

Per i reati di omesso versamento delle ritenute, dell’Iva (articoli 10‐bis e ter) e per quello di indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10‐quater, comma1), è ora previsto che il contribuente possa beneficiare della non punibilità qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, estingua il debito tributario, comprese sanzioni ed interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti.

Anche per i delitti di dichiarazione infedele (articolo 4) ed omessa (articolo 5) è introdotta una causa di non punibilità mediante il pagamento di quanto dovuto attraverso il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione e sempre che l’autore del reato non abbia avuto conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali nei suoi confronti.

Mentre per alcuni reati è introdotta una vera e propria causa di non punibilità a seguito di pagamento del debito tributario, per gli altri delitti (fatture false, dichiarazione fraudolenta, occultamento scritture contabili, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, indebita compensazione con crediti inesistenti) il pagamento in sede tributaria consentirà solo una diminuzione della pena (nuovo articolo 13‐bis).

In particolare, l’estinzione del debito tributario (sia per quelli per i quali è prevista la non punibilità ma il contribuente non ha versato le somme nei termini previsti, sia per tutti gli altri delitti), anche mediante speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento e prima dell’apertura del dibattimento, comporterà l’abbattimento fino alla metà della pena edittale (nella previgente formulazione l’abbattimento era fino ad un terzo).

Inoltre, non si applicheranno le pene accessorie previste dall’articolo 12 (interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione; interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria; interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria; pubblicazione della sentenza).

E’ stata poi mantenuta la previsione – prima contenuta nell’articolo 13 ed ora trasfusa nel nuovo articolo 13‐bis, comma 2 – per cui il pagamento di quanto contestato, prima dell’udienza dell’apertura dibattimentale, consente al reo di accedere al patteggiamento.

Il quadro di situazione fin qui delineato, necessariamente riepilogativo, offre comunque l’opportunità di percepire le innovazioni introdotte e consente anche di formulare annotazioni utili a più approfonditi esami futuri.

Il primo profilo concerne la decorrenza delle norme sanzionatorie penali: è stata rimossa la norma che regolava la decorrenza temporale del decreto, con la previsione che “le disposizioni recate dal presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2017“.

Come segnalato da più parti, tale scelta normativa appariva una soluzione irrazionale e neppure in linea coi principi e criteri direttivi della legge-delega.

L’auspicio di una sua rimozione – o di una sua l’operatività limitata alla revisione del sistema sanzionatorio amministrativo – è stato accolto con l ‘art. 32 del decreto, contenuto oggi in un titolo a sé stante (Titolo III), con il quale è stato sancito che… “Le disposizioni di cui al Titolo II del presente decreto si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2017“.

In altri termini, nessuna delimitazione nel tempo all’operatività delle novità in materia penale, che decorrono così dal 22 ottobre 2015.

Conseguentemente, le disposizioni di favore contenute nel decreto si applicheranno anche ai fatti già commessi, in conformità alle regole generali di cui all’art. 2 c.p. e al principio costituzionale (art. 25 co. 2 Cost.) e convenzionale (art. 7 Cedu) di retroattività in mitius.

Giova sul punto rammentare non opera più (perchè abrogato dall’art. 24 d.lgs. 507/1999) l’art. 20 della legge 7 gennaio 1929 nr 4 (la famosa “ultrattività” penale tributaria) che per i reati tributari prevedeva l’applicazione della legge in vigore al tempo del fatto, ancorché abrogate o modificate al tempo della loro applicazione.

Tale previsione derogatoria aveva “resistito” al vaglio della Corte Costituzionale che ne aveva riconosciuto la legittimità, in quanto rispondente all’interesse alla riscossione dei tributi di cui all’art. 53 Cost. e all’esigenza di “garantire che la spinta psicologica all’osservanza della legge fiscale non sia sminuita nemmeno dalla speranza di mutamenti di legislazione”.

Altro e non meno importante profilo da esaminare è costituito dalla soggezione dell’intera materia al sindacato di legittimità costituzionale nazionale delle singole norme punitive nonché degli effetti delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla disciplina dei reati tributari.

 Per quanto riguarda il primo aspetto non bisogna dimenticare il recente intervento della Corte Costituzionale (ord. 20 aprile 2016 – depositata il 20 maggio successivo -, n. 116, Pres. Grossi, Rel. Frigo) in tema di ragionevolezza delle soglie di punibilità previste per i reati tributari.

L’eccezione sollevata dai giudici remittenti di Lecce e Palermo è stata per ora “congelata” con la restituzione degli atti agli stessi giudici, invitati ad una nuova valutazione della questione alla luce dello jus superveniens rappresentato dal d.lgs. n. 158/2015.

E’ stata certamente una decisione processuale che sembra però espressiva della volontà della Corte di non liberarsi definitivamente della questione.

Di rilievo è pure l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Varese (Gip. Varese, ord. 30 ottobre 2015, n. 588, giud. Sala) ha rimesso alla Corte di giustizia UE una serie di questioni interpretative relative al d.lgs. 10 marzo 2000, nr 74. Sono chiamate nuovamente in causa le garanzie sottese al principio di legalità ed il ruolo del primato del diritto UE sulle norme penali nazionali, in un ambito, quello della protezione degli interessi finanziari dell’Unione, tradizionalmente caratterizzato dal massimo grado di permeabilità dell’ordinamento interno agli interventi sovranazionali

………………………………..

(segue sul prossimo numero della rivista)

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay