CASSAZIONE

La residenza della persona fisica è determinata dai legami personali

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26638 del 10 novembre 2017, ha stabilito che la residenza di una persona fisica, che comporta determinati adempimenti dichiarativi, si individua in base al luogo ove si trovano gli affetti e le relazioni personali, poco rilevando la proprietà di un immobile nello Stato estero e la permanenza in tale Paese di più di 183 giorni. E’ noto che per quanto riguarda il concetto di domicilio, ai fini civilistici è contraddistinto da caratteri oggettivi rappresentati dalla concentrazione di affari e interessi in un determinato luogo e dall’elemento soggettivo, consistente nell’intenzione di operare tale concentrazione da parte della persona fisica.

Diversamente, in ambito tributario ciò che rileva è esclusivamente l’aspetto oggettivo, pertanto, qualora il centro degli affari e degli interessi di un soggetto fosse oggettivamente riscontrabile in un determinato luogo, non avrebbe alcun rilievo l’aspetto soggettivo e si realizzerebbe la presunzione assoluta di residenza fiscale di cui all’art. 2, comma 2, TUIR.

In particolare, si evidenzia inoltre che il concetto di residenza fiscale è particolarmente significativo nelle convenzioni contro le doppie imposizioni. In via generale le norme convenzionali prevalgono sulle norme interne: esse, però, devono essere interpretate operando un rinvio alle leggi interne dello Stato contraente. Per tali motivi, stabilire la propria residenza fiscale non sempre è scontato, soprattutto nel caso in cui quella fisica sia stata presa in un Paese estero: per evitare la doppia imposizione è dunque necessario determinare con certezza la residenza fiscale del contribuente.

A far luce sui casi più controversi è stata una sentenza (n. 87/1/12) della Commissione Tributaria Regionale della Liguria. Per determinare la residenza fiscale di un individuo è necessario far riferimento ai suoi legami personali, prima che agli interessi economici, pur ribadendo la necessità di effettuare un esame cumulativo di tutti gli elementi. In sintesi il diritto convenzionale, ispirandosi all’art. 4 del modello OCSE, applica “a cascata” una serie di regole cosiddette tie breaker rules, compreso il possesso di una abitazione permanente e il domicilio quale centro di affari e interessi.

Ci sono poi le direttive Ue, ove queste possano essere applicabili. In questi casi intervengono le direttive del Consiglio 83/182/CEE e 83/183/CEE, volte a favorire la libera circolazione dei privati residenti comunitari, all’interno della allora Comunità, eliminando gli scogli fiscali che esistevano precedentemente. Queste forniscono una definizione della residenza normale di un individuo, intesa come il luogo dove si permane per almeno 185 giorni all’anno, in considerazione dei legami personali e professionali.

Per quanto riguarda l’Italia, si rileva che l’art. 4 di quasi tutte le convenzioni ratificate in Italia è conforme al modello Ocse di convenzione per evitare le doppie imposizioni: tale articolo, al paragrafo 2, cerca di risolvere il conflitto impositivo in merito alla residenza fiscale della persona fisica avvalendosi si quattro criteri (tie-breaker rules).

Le quattro tie-breaker rules trovano l’applicazione secondo un preciso ordine di priorità, che attribuisce prioritariamente il potere esclusivo di tassazione sul reddito mondiale dello Stato in cui il soggetto ha a sua disposizione una abitazione permanente (permanent home), in subordine a quello in cui il soggetto ha il proprio centro di interessi vitali (centre of vital interests), a quello in cui lo stesso ha una dimora abituale (habitual abode) e, infine, a quello di cui la persona fisica possiede la nazionalità. Pertanto, nel caso in cui un soggetto risulti, in base alla legislazione degli Stati contraenti, residente in entrambi gli Stati, si applica l’art. 4, paragrafo 2, del Trattato per risolvere il conflitto fra i due ordinamenti e stabilire lo Stato di effettiva residenza.

L’applicazione delle tie-breaker rules esclude automaticamente la normativa nazionale, attuandone la subordinazione rispetto alla lex superior di fonte convenzionale; né potrebbe, il legislatore, incidere su questa situazione con una normativa di fonte interna che, pur salvaguardando il concetto di residenza applicabile ai sensi dell’art. 4, paragrafo 2 del Modello Ocse, prevedesse diverse modalità relativamente all’accertamento della situazione sostanziale.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate contestava a un cittadino russo, mediante notifica di atto di irrogazione sanzioni, l’omessa presentazione del modulo RW relativamente a ingenti investimenti esteri, ritenendolo residente fiscalmente in Italia e considerando irrilevanti la presenza per oltre 183 giorni in territorio estero e la proprietà di un immobile in Russia.

Il cittadino russo impugnava l’atto di irrogazione delle sanzioni presso la competente CTP evidenziando, in estrema sintesi, che non essendo residente in Italia non aveva alcun obbligo dichiarativo, incombente al contrario sui residenti nel nostro Paese. In base alla convenzione tra l’Italia e la Federazione russa contro le doppie imposizioni, un soggetto si ritiene residente nello Stato nel quale ha un’abitazione permanente.

Le Commissioni tributarie adite confermavano entrambe la validità delle ragioni addotte dal contribuente, ma l’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione obiettando che i giudici di merito avevano interpretato erroneamente la normativa applicabile.

I giudici di legittimità hanno allora rivisto e posto al vaglio il concetto di “abitazione permanente”, che avrebbe determinato nella specie il luogo di residenza, dando però ragione al Fisco in quanto il contribuente risiedeva dal 7 maggio 2002 a Milano presso l’abitazione di proprietà della convivente: di conseguenza, tenuto conto del rilievo che assumeva già nel 2002 la convivenza di fatto – ora riconosciuta e disciplinata dalla legge 20 maggio 2016 n. 76 – si deve ritenere che il contribuente disponesse di una abitazione permanente in Italia.

Secondo la Suprema Corte, dalla lettura del modello di convenzione Ocse occorre far riferimento concreto a un alloggio di cui il contribuente può disporre stabilmente a qualsiasi titolo. Ne consegue che: “… Secondo il modello di convenzione OCSE, dunque, la persona fisica è considerata residente nello stato se in esso ha a disposizione una abitazione permanente da intendersi come una situazione di fatto, considerato che all’espressione “… a permanent home available to him” non può essere attribuito altro significato se non quello di un alloggio di cui il contribuente può disporre stabilmente a qualsivoglia titolo, non potendo la caratteristica della permanenza identificarsi nella proprietà di essa ma nel fatto che il soggetto ne può disporre a suo piacimento per periodi temporali indeterminati. Ritiene, perciò, questo collegio che l’espressione utilizzata dagli stati contraenti e ratificata nella legge di conversione numero 372/1997, laddove menziona l’abitazione permanente quale criterio per individuare lo stato ove il contribuente ha la residenza, vada interpretata al lume del tenore letterale del modello OCSE di riferimento cui si sono ispirati le parti contraenti e, dunque, avuto riguardo alla situazione di fatto che determina la stabile disponibilità di fatto di una abitazione in capo al contribuente. Ora, nel caso che occupa non è contestato che il M. risiedeva dal 7.5.2002 a Milano alla Via P.E. presso l’abitazione di proprietà della convivente O.G. sicché, tenuto conto del rilievo che assumeva già nel 2002 la convivenza di fatto, ora riconosciuta e disciplinata dalla legge 20 maggio 2016 n. 76, si deve ritenere che il contribuente disponesse di una abitazione permanente in Italia. Ne consegue che la CTR, al fine di accertare se il M. dovesse essere assoggettato ad imposta nello Stato italiano, avrebbe dovuto applicare il secondo criterio previsto dall’art. 4, lett. a), della Convenzione citata, secondo cui quando la persona dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente nello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette”.

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 10 novembre 2017, n. 26638

Esposizione dei fatti di causa

  1. M.A.M.O. impugnava l’atto di irrogazione di sanzioni relativo alla violazione di cui all’articolo 5 del decreto-legge numero 167/1990 per non aver dichiarato nel modulo RW del modello unico 2003 investimenti esteri per euro 5.024.280,00 con riferimento al periodo di imposta 2002. La commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia sul rilievo che l’articolo 4 della convenzione tra Italia e Federazione Russa contro le doppie imposizioni prevede quale primo dei criteri risolutivi, al fine di risolvere il conflitto di residenza, quello secondo cui, quando una persona fisica è considerata residente in entrambi gli Stati contraenti, detta persona è considerata residente nello Stato contraente nel quale ha una abitazione permanente. Ne derivava che, avendo il contribuente dimostrato di essere proprietario nel territorio russo di una casa di civile abitazione sita in Mosca e di essere stato presente nel territorio russo nel corso dell’anno 2002 per 183 giorni, mentre non risultava che in Italia egli possedesse ad alcun titolo una casa di abitazione, si doveva ritenere che egli avesse in Russia, e non già in Italia, una abitazione permanente, sicché doveva essere considerato un soggetto convenzionalmente residente in Russia.
  2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a 2 motivi. Si è costituito in giudizio con controricorso il contribuente.
  3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 4, comma 2, lettera a), della convenzione Italia-Russia contro le doppie imposizioni, ratificata con legge numero 372/1997. Sostiene che la CTR ha erroneamente ritenuto che l’abitazione permanente vada identificata facendo riferimento alla proprietà o ad altro titolo giuridico in forza del quale il soggetto detiene o possiede l’abitazione. Ciò in quanto la disposizione convenzionale, nel fare riferimento alla natura permanente o meno dell’abitazione, contempla un estremo di fatto e non di diritto poiché deve considerarsi permanente l’abitazione in cui un soggetto sia di fatto in grado di risiedere stabilmente, a prescindere dall’esistenza e dalla qualità del titolo giuridico da cui tale situazione è determinata. Nel caso di specie il contribuente risiedeva a Milano nell’abitazione di proprietà della signora O.G. con la quale aveva una stabile relazione affettiva, come da lui dichiarato nelle risposte ai questionari inviati, e versava regolarmente somme di denaro di importo anche rilevante a favore della signora stessa per il suo mantenimento. Inoltre il contribuente aveva dichiarato al Comune di Milano la residenza presso l’abitazione della signora G.. Perciò la corretta applicazione dell’articolo 4, lett. a), della convenzione avrebbe dovuto condurre la CTR a concludere che il contribuente disponeva di un’abitazione permanente sia a Milano che a Mosca e che, quindi, doveva applicarsi non la prima parte all’articolo 4, comma 2, lettera a), della convenzione stessa bensì la seconda parte, secondo cui quando una persona dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti va considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette. Nel caso che occupa il M. aveva svolto in Italia attività lavorativa continuativa di consulenza commerciale dal 2 maggio 2002, come risultava dalle fatture emesse, aveva presentato dall’anno d’imposta 2002 dichiarazioni dei redditi, deteneva una partecipazione del 45% del capitale sociale della società M.I. Srl ed aveva finanziato l’acquisto dell’azienda nonché le spese di ristrutturazione del negozio gestito dalla società con un investimento di € 3.500.000,00. Si doveva ritenere, quindi, che il contribuente avesse in Italia più strette relazioni personali ed economiche rispetto alla Russia.
  4. Con il secondo motivo deduce omessa ed insufficiente motivazione su punti di fatto decisivi, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., poiché la CTR ha risolto il problema del conflitto della residenza basandosi unicamente sulla comprovata proprietà di un appartamento a Mosca ma ha del tutto ignorato le circostanze di fatto dedotte dall’Ufficio appellante da cui si evinceva che il contribuente risiedeva anche a Milano perché così egli stesso aveva dichiarato all’anagrafe, avendo altresì affermato che l’appartamento era intestato alla signora G. la quale lo aveva acquistato con denaro da lui stesso fornito.

Esposizione delle ragioni della decisione

  1. Osserva la Corte che entrambi i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi sono ammissibili in quanto non sottendono una diversa valutazione del fatto controverso ma concernono la corretta interpretazione di norme giuridiche.

L’articolo 4, comma 2, della convenzione Italia-Russia contro le doppie imposizioni, ratificata con legge numero 372/1997, prevede che:

  1. 1. Ai fini della presente Convenzione, l’espressione “residente di uno Stato Contraente” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, luogo di costituzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in detto Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato.
  2. Quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati Contraenti, la sua situazione è determinata nel seguente modo: a) detta persona è considerata residente dello Stato Contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente dello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali); (seguono altri criteri elencati per ordine gerarchico).

La questione che si pone è se per “abitazione permanente” debba intendersi un fabbricato in proprietà od in uso in base ad altro titolo giuridico oppure un fabbricato di cui il contribuente possa comunque disporre.

Al fine di pervenire alla corretta interpretazione della norma di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a, della convenzione Italia-Russia contro le doppie imposizioni occorre analizzare il testo del modello di Convenzione elaborato in sede OCSE – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sulla base del quale sono stati elaborati i testi dei trattati internazionali per evitare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti.

Il modello di convenzione OCSE per evitare le doppie imposizioni in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali prevede, all’art. 4: “ For the purposes of this Convention, the term “resident of a Contracting State” means any person who, under the laws of that State, is liable to tax therein by reason of his domicile, residence, place of management or any other criterion of a similar nature, and also includes that State and any political subdivision or local authority thereof. This term, however, does not include any person who is liable to tax in that State in respect only of income from sources in that State or capital situated therein. Where by reason of the provisions of paragraph 1 an individual is a resident of both Contracting States, then his status shall be determined as follows: a) he shall be deemed to be a resident only of the State in which he has a permanent home available to him; if he has a permanent home available to him in both States, he shall be deemed to be a resident only of the State with which his personal and economic relations are closer (centre of vital interests); “.

Secondo il modello di convenzione OCSE, dunque, la persona fisica è considerata residente nello stato se in esso ha a disposizione una abitazione permanente da intendersi come una situazione di fatto, considerato che all’espressione “… a permanent home available to him” non può essere attribuito altro significato se non quello di un alloggio di cui il contribuente può disporre stabilmente a qualsivoglia titolo, non potendo la caratteristica della permanenza identificarsi nella proprietà di essa ma nel fatto che il soggetto ne può disporre a suo piacimento per periodi temporali indeterminati.

Ritiene, perciò, questo collegio che l’espressione utilizzata dagli stati contraenti e ratificata nella legge di conversione numero 372/1997, laddove menziona l’abitazione permanente quale criterio per individuare lo stato ove il contribuente ha la residenza, vada interpretata al lume del tenore letterale del modello OCSE di riferimento cui si sono ispirati le parti contraenti e, dunque, avuto riguardo alla situazione di fatto che determina la stabile disponibilità di fatto di una abitazione in capo al contribuente.

Ora, nel caso che occupa non è contestato che il M. risiedeva dal 7.5.2002 a Milano alla Via P.E. presso l’abitazione di proprietà della convivente O.G. sicché, tenuto conto del rilievo che assumeva già nel 2002 la convivenza di fatto, ora riconosciuta e disciplinata dalla legge 20 maggio 2016 n. 76, si deve ritenere che il contribuente disponesse di una abitazione permanente in Italia. Ne consegue che la CTR, al fine di accertare se il M. dovesse essere assoggettato ad imposta nello Stato italiano, avrebbe dovuto applicare il secondo criterio previsto dall’art. 4, lett. a), della Convenzione citata, secondo cui quando la persona dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente nello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette.

  1. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione

 

 

 

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