La rendita catastale IMU rideterminata con sentenza passata in giudicato è retroattiva
Tributi locali – ICI – IMU – Rendita catastale – Impianto di produzione di energia elettrica – Sentenza passata in giudicato – Rideterminazione – Decorrenza
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18637 del 9 giugno 2022 è tornata a occuparsi delle variazioni di rendita catastale derivanti da sentenze tributarie per emanare il seguente principio di diritto: “…In tema di ICI la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, in quanto, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, essa costituisce l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, comma 2, fin dal momento dell’attribuzione della rendita impugnata, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. Ne consegue che per l’annualità in cui interviene il giudicato, ove si accerti che a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento, la base imponibile è quella determinata con il provvedimento giudiziale”.
Quindi, in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza passata in giudicato rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, dovendosi ritenere che a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo essa costituisca l’unica rendita valida ed efficace, ai fini dell’applicazione dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 504/1992, fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, calcolando che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. Questo in ragione del fatto che nel nostro ordinamento vige il principio generale per cui gli effetti di un provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento.
In sostanza, citando anche quanto affermato dai Supremi Giudici con la sentenza. n. 6322/1983, la rendita catastale così determinata trova applicazione dallo stesso momento dell’attribuzione della rendita impugnata, e non soltanto da quello dell’annotazione della stessa negli atti catastali: ne consegue che per l’annualità in cui interviene il giudicato, ove si accerti che a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento, la base imponibile è quella determinata con il provvedimento giudiziale.
È stato così affermato dalla giurisprudenza, con orientamento del tutto condiviso nell’odierna pronuncia (v. Cass. n. 11904/2008), proprio in tema di ICI che “… qualora il contribuente abbia impugnato la classificazione catastale e la rendita determinate dall’Ufficio, la rendita catastale stabilita in via definitiva dal giudice tributario opera, in virtù degli effetti retroattivi propri delle statuizioni giudiziali, fin dal momento dell’efficacia delle maggiori rendite contenute nell’atto impugnato”. È stato, altresì chiarito che “la determinazione del giudice passata in cosa giudicata costituisce l’unica rendita valida ed efficace a partire dall’attribuzione e, quindi la sola sulla quale deve e può essere calcolata l’imposta effettiva dovendosi considerare la rendita giudizialmente determinata come quella ‘messa in atti’ sin dal momento della determinazione da parte dell’Ufficio erariale”.
Del resto, ai fini della definizione dei presupposti dell’ICI è indubbiamente il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, che l’art. 5, c. 2, D.lgs. 504/1992 statuisce chiaramente che “…Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’ultimo comma dell’art. 52, D.P.R. n. 131/1986”.
Anche l’Amministrazione finanziaria aveva da tempo considerato positivamente che la variazione delle rendite catastali, determinata da una sentenza definitiva emessa dal giudice tributario, valutando l’efficacia retroattiva, che doveva necessariamente far riferimento alla data di decorrenza del classamento originario, poi rivelatosi errato, rettificato dall’intervento giurisprudenziale. Tale precisazione è stata oggetto di un’apposita risoluzione, la n. 1/T del 27 marzo 2007, resa dall’Agenzia del territorio per rispondere alle numerose richieste di chiarimenti in ordine all’efficacia temporale delle variazioni di rendita catastale derivanti da sentenze tributarie. La stessa Agenzia aveva peraltro affrontato da tempo lo scottante tema della decorrenza delle variazioni di classamento operate d’ufficio, come pure a seguito di apposite istanze avanzate dai contribuenti. Sempre in passato, la circolare 11/T del 26 ottobre 2005 aveva preliminarmente svolto una breve ma efficace analisi dei principi generali dettati in materia di autotutela degli atti dell’Amministrazione finanziaria affrontando, fra l’altro, il delicato tema dell’esercizio dell’attività di riesame nel settore catastale, nel quale si avverte con maggiore pregnanza la necessità di “una preliminare valutazione e comparazione tra l’interesse pubblico all’annullamento e gli altri interessi secondari pubblici e privati eventualmente coinvolti, con particolare riferimento all’eventuale consolidamento di situazioni o posizioni giuridiche sorte sulla base dell’atto (provvedimento) oggetto di riesame che possono rendere totalmente o parzialmente inattuabile il provvedimento emesso in sede di autotutela”.
In conformità al parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato (nota n. 67615 del 14 maggio 2005), l’Agenzia del territorio ha ritenuto di attribuire efficacia retroattiva solo alle fattispecie descritte sub 1), laddove l’annullamento in autotutela dell’accertamento non può che avere effetto ex tunc, vale a dire dalla data di decorrenza del classamento rivelatosi errato e, per tale motivo, successivamente rettificato. L’organo legale aveva invece escluso dall’ambito concettuale dell’autotutela “tutte le fattispecie riconducibili all’intervento di nuovi elementi afferenti la partita catastale (rectius: classamento) che possono giustificare una revisione in relazione al mutamento degli stessi elementi rilevanti”.
In relazione a dette fattispecie – sinteticamente indicate al sub 2) – il provvedimento di riesame non può avere efficacia retroattiva, perché si fonda e discende da elementi sopravvenuti, non disponibili al momento dell’originaria classificazione. In altre parole, il riesame operato su istanza della parte e sulla base dei nuovi elementi offerti alla valutazione dell’ufficio, determina “una sorta di effetto sostitutivo del nuovo classamento (quello cioè risultante dall’attività di riesame), rispetto al classamento originario (oggetto di riesame)”. Da ultimo rammentiamo che la risoluzione n. 1/T prende le mosse dalla sentenza della Cassazione n. 6206/2005, con la quale l’Organo di legittimità aveva precisato che “l’efficacia della rendita catastale modificata con sentenza tributaria passata in giudicato non può non coinvolgere anche il periodo ricompreso tra la data di proposizione del ricorso e la data della sentenza”. Diversamente ragionando si potrebbe invocare un palese contrasto con i principi costituzionali dettati in tema di capacità contributiva (articolo 53, comma 1, della Costituzione) e di riserva di legge (articolo 23 della Costituzione), ai quali necessariamente deve uniformarsi la disciplina del prelievo fiscale. Come rammenta la risoluzione in commento, tale qualificato orientamento giurisprudenziale ha poi trovato ulteriore conferma nella sentenza della stessa Cassazione, n. 13069 del 1° giugno 2006, anch’essa relativa all’ICI, con la quale i giudici di piazza Cavour si sono richiamati al principio generale secondo cui “gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se… a tale momento, esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento” (Cass. n. 6322/1983).
Dopo aver acquisito il parere dell’Avvocatura generale dello Stato (n. 15373 del 15 febbraio 2007), in considerazione della delicatezza della problematica e dell’incidenza della stessa sul piano dei rapporti fra Fisco e contribuente, l’Agenzia del territorio osservò che la variazione di rendita conseguente alla decisione del giudice tributario non poteva qualificarsi come atto modificativo della rendita, quanto piuttosto come atto “… tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento (l’atto attributivo o modificativo della rendita oggetto di impugnazione) errato sin dall’origine, cioè fin dalla sua emanazione”. Sotto questo profilo, la sentenza tributaria passata in giudicato che determina una variazione nel classamento dell’immobile può essere equiparata, quanto ai suoi effetti, alla variazione del classamento attuata dall’ufficio in conseguenza del provvedimento di autotutela e al quale, con la circolare n. 11/2005, l’Agenzia del territorio ha riconosciuto efficacia retroattiva. In altre parole, l’intervento di prassi ha inteso parificare – agli effetti dell’efficacia temporale delle variazioni dei classamenti – l’intervento in autotutela dell’ufficio, di cui alla circolare n. 11/T del 2005, con l’intervenuto giudicato, considerato a tali fini come un ripristino della legalità violata da parte dell’autorità giurisdizionale e, pertanto, con ovvia efficacia ex tunc.
Tanto premesso e tornando alla vicenda oggi in discussione, una società contribuente, ricevuto un avviso di liquidazione per il pagamento dell’IMU relativamente a un impianto di produzione di energia elettrica, ricorreva alla giustizia tributaria che ne rideterminava l’importo. La CTP, con sentenza passata in giudicato, ha rideterminato la rendita catastale in riduzione sul presupposto che doveva tenersi conto dell’obsolescenza e vetustà dell’impianto. L’autorità comunale notificava in seguito alla ricorrente l’avviso di accertamento relativo al periodo intercorrente fra la decisione e il periodo passato in giudicato, oltre a irrogare sanzioni e interessi. La parte contribuente si rivolgeva in Cassazione con un motivo di ricorso, dove lamentava, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in relazione al D.lgs. 504/1992, art. 5, comma 2. La Suprema Corte ha riconosciuto valido quanto asserito dalla parte contribuente, che riteneva l’effetto retroattivo della rideterminazione della rendita, operata giudizialmente e che quindi doveva riguardare anche il periodo compreso tra la data di efficacia della rendita catastale impugnata e quella del passaggio in giudicato della sentenza, affermando di conseguenza che: “… Oggetto del presente giudizio è la questione se la rendita catastale risultante da sentenza passata in giudicato abbia efficacia retroattiva sin dalla data di attribuzione della rendita errata o, quantomeno, dalla data dell’introduzione del giudizio di opposizione, oppure abbia efficacia soltanto dalla data di passaggio in giudicato della sentenza stessa con conseguente messa in atti. Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, “Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, u.c., primo periodo”. Nel nostro ordinamento vige il principio generale per cui gli effetti di un provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento (Cass., Sez. 1, n. 6322/1983, Rv. 431070 – 01). E’ stato, così, affermato, proprio in tema di ICI che “qualora il contribuente abbia impugnato la classificazione catastale e la rendita determinate dall’Ufficio, la rendita catastale stabilita in via definitiva dal giudice tributario opera, in virtù degli effetti retroattivi propri delle statuizioni giudiziali, fin dal momento dell’efficacia delle maggiori rendite contenute nell’atto impugnato” (Cass. n. 11904/2008, Rv. 603491-01). E’ stato, altresì chiarito che “la determinazione del giudice passata in cosa giudicata costituisce l’unica rendita valida ed efficace a partire dall’attribuzione e, quindi la sola sulla quale deve e può essere calcolata l’imposta effettiva dovendosi considerare la rendita giudizialmente determinata come quella “messa in atti” sin dal momento della determinazione da parte dell’Ufficio erariale” (Cass. Sez. 5, n. 13069/2006, Rv. 590435 – 01). In senso del tutto conforme la S.C. ha ribadito che “in tema d’imposta comunale sugl’immobili, in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza che ne determina la misura, ancorché passata in giudicato nel corso del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente, rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, dovendosi ritenere, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, che essa costituisca l’unica rendita valida ed efficace, ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, comma 2, fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda” (Cass. Sez. 5, n. 4334/2015, Rv. 634679 – 01). Con riguardo alla decorrenza degli effetti dell’annullamento giurisdizionale degli atti di attribuzione della rendita catastale la S.C. ha precisato che esso “comporta la caducazione degli avvisi di accertamento e di liquidazione dell’imposta, emessi sulla base delle rendite medesime, in quanto l’annullamento dell’atto implica il venir meno degli effetti medio tempore prodottisi, salvo il limite dell’impossibilità, perché se così non fosse il successo dell’azione giudiziaria sarebbe sostanzialmente inutile. Non osta a tale conclusione il riferimento alle rendite catastali “vigenti”, contenuto nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, riferimento che va inteso correttamente come operato alle rendite “legittimamente” vigenti” (Cass. Sez. 5, n. 11439/2010, Rv. 613460 – 01). Tale orientamento è del tutto condivisibile e fornisce la chiave per la soluzione della questione sorta nella presente fattispecie in cui è stato accertato giudizialmente in modo definitivo l’importo della rendita catastale, ma l’Ufficio del Territorio, ai fini del pagamento dell’ICI, ha ritenuto di fare decorrere l’efficacia di tale provvedimento solo dall’annotazione della stessa negli atti catastali, ritenendo, invece, di potere applicare per la prima parte dell’annualità 2013 la maggiore imposta, come originariamente rettificata, prescindendo dalla pronuncia passata in giudicato che ne riduceva la misura. La CTP con la sentenza impugnata, ritenendo corretta tale impostazione, è andata contro il principio per cui gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento. Nel caso in esame non c’è dubbio che al gennaio del 2013 sussistessero tutte le condizioni di vetustà e di obsolescenza dell’impianto oggetto del presente giudizio. Può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: “In tema di ICI la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, in quanto, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, essa costituisce l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, comma 2, fin dal momento dell’attribuzione della rendita impugnata, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. Ne consegue che per l’annualità in cui interviene il giudicato, ove si accerti che a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento, la base imponibile è quella determinata con il provvedimento giudiziale”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 9 giugno 2022, n. 18637
sul ricorso iscritto al n. 25830/2019 R.G. proposto da:
E. PRODUZIONE S.P.A., in persona del procuratore speciale, rappresentata e difesa dagli Avv. Enrico Pauletti e Rosamaria Nicastro, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, via Crescenzio n. 14;
– ricorrente –
contro COMUNE DI T. (SO), in persona del sindaco p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Regionale Tributaria della Lombardia n. 597/13/2019 depositata il 7 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella udienza dell’11 maggio 2022 dal Consigliere Stefania Billi
Ritenuto che:
– la contribuente propone un unico motivo di impugnazione avverso la sentenza in epigrafe indicata che, confermando la pronuncia di primo grado, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione solo nella parte in cui ha preso come base imponibile per il pagamento dell’IMU per l’anno 2013, l’importo determinato dalla sentenza n. 50/3/2012, ma a decorrere dal suo passaggio in giudicato, avvenuto il 13 maggio 2013, con esclusione delle sanzioni per difetto del requisito soggettivo;
– la vicenda trae origine dalla presentazione di una procedura cd DOCFA da parte della ricorrente relativamente ad un impianto di produzione di energia elettrica che proponeva la rendita catastale in Euro 83.740,00;
– nel 2011 l’Agenzia del Territorio rettificava tale rendita, nel superiore importo di Euro 129.269,65;
. la CTP di Sondrio, adita dalla ricorrente, con sentenza n. 50/3/2012, passata in giudicato il 13 maggio 2013, rideterminava in riduzione la rendita attribuita dall’Ufficio, il quale provvedeva, quindi, all’annotazione negli archivi catastali di un importo pari ad Euro 104.224,06;
– il comune di T. nel 2016 notificava alla ricorrente l’avviso di accertamento, oggetto del presente giudizio, accertando una maggiore imposta per il 2013, nel periodo da gennaio a giugno sulla base della rendita catastale pari ad Euro 129.269,65, come rettificata nel 2011, oltre ad irrogare sanzioni e interessi;
– la CTR, nel respingere l’appello, ha esposto che:
– il principio generale, secondo cui le rettifiche finalizzate a correggere errori hanno effetto retroattivo vale solo nelle ipotesi in cui la correzione riguarda errori di fatto, evidenti e incontestabili da parte dell’Ufficio e da questi riconosciuti; ove, invece, l’errore è stato compiuto dal contribuente la nuova rendita rettificata esplica la sua efficacia a decorrere dalla data in cui questa viene notificata al contribuente; nella specie non si tratta di errore attribuibile all’Ufficio, ma di un riesame della rendita proposta dalla contribuente; a ciò si aggiunge che la visura storica della rendita catastale riporta la variazione della rendita alla data del 14 giugno 2013;
– il comune è rimasto intimato.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso la contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in relazione al D.Lgs. 26 ottobre 1992, n. 504, art. 5, comma 2.
Espone in proposito che: la CTP di Sondrio con sentenza passata in giudicato ha rideterminato la rendita catastale in riduzione, sul presupposto che doveva tenersi conto dell’obsolescenza e vetustà dell’impianto; la rideterminazione della rendita, operata giudizialmente, ha effetto retroattivo e deve riguardare anche il periodo compreso tra la data di efficacia della rendita catastale impugnata e quella del passaggio in giudicato della sentenza.
2. Il motivo è fondato.
Oggetto del presente giudizio è la questione se la rendita catastale risultante da sentenza passata in giudicato abbia efficacia retroattiva sin dalla data di attribuzione della rendita errata o, quantomeno, dalla data dell’introduzione del giudizio di opposizione, oppure abbia efficacia soltanto dalla data di passaggio in giudicato della sentenza stessa con conseguente messa in atti.Ai sensi del D.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, “Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, u.c., primo periodo”.
Nel nostro ordinamento vige il principio generale per cui gli effetti di un provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento (Cass., Sez. 1, n. 6322/1983, Rv. 431070 – 01).
E’ stato, così, affermato, proprio in tema di ICI che “qualora il contribuente abbia impugnato la classificazione catastale e la rendita determinate dall’Ufficio, la rendita catastale stabilita in via definitiva dal giudice tributario opera, in virtù degli effetti retroattivi propri delle statuizioni giudiziali, fin dal momento dell’efficacia delle maggiori rendite contenute nell’atto impugnato” (Cass. n. 11904/2008, Rv. 603491-01).
E’ stato, altresì chiarito che “la determinazione del giudice passata in cosa giudicata costituisce l’unica rendita valida ed efficace a partire dall’attribuzione e, quindi la sola sulla quale deve e può essere calcolata l’imposta effettiva dovendosi considerare la rendita giudizialmente determinata come quella “messa in atti” sin dal momento della determinazione da parte dell’Ufficio erariale” (Cass. Sez. 5, n. 13069/2006, Rv. 590435 – 01).
In senso del tutto conforme la S.C. ha ribadito che “in tema d’imposta comunale sugl’immobili, in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza che ne determina la misura, ancorché passata in giudicato nel corso del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente, rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, dovendosi ritenere, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, che essa costituisca l’unica rendita valida ed efficace, ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, comma 2, fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda” (Cass. Sez. 5, n. 4334/2015, Rv. 634679 – 01).
Con riguardo alla decorrenza degli effetti dell’annullamento giurisdizionale degli atti di attribuzione della rendita catastale la S.C. ha precisato che esso “comporta la caducazione degli avvisi di accertamento e di liquidazione dell’imposta, emessi sulla base delle rendite medesime, in quanto l’annullamento dell’atto implica il venir meno degli effetti medio tempore prodottisi, salvo il limite dell’impossibilità, perché se così non fosse il successo dell’azione giudiziaria sarebbe sostanzialmente inutile. Non osta a tale conclusione il riferimento alle rendite catastali “vigenti”, contenuto nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, riferimento che va inteso correttamente come operato alle rendite “legittimamente” vigenti” (Cass. Sez. 5, n. 11439/2010, Rv. 613460 – 01).
3. Tale orientamento è del tutto condivisibile e fornisce la chiave per la soluzione della questione sorta nella presente fattispecie in cui è stato accertato giudizialmente in modo definitivo l’importo della rendita catastale, ma l’Ufficio del Territorio, ai fini del pagamento dell’ICI, ha ritenuto di fare decorrere l’efficacia di tale provvedimento solo dall’annotazione della stessa negli atti catastali, ritenendo, invece, di potere applicare per la prima parte dell’annualità 2013 la maggiore imposta, come originariamente rettificata, prescindendo dalla pronuncia passata in giudicato che ne riduceva la misura.
4. La CTP con la sentenza impugnata, ritenendo corretta tale impostazione, è andata contro il principio per cui gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento. Nel caso in esame non c’è dubbio che al gennaio del 2013 sussistessero tutte le condizioni di vetustà e di obsolescenza dell’impianto oggetto del presente giudizio.
5. Può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: “In tema di ICI la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, in quanto, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, essa costituisce l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, comma 2, fin dal momento dell’attribuzione della rendita impugnata, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. Ne consegue che per l’annualità in cui interviene il giudicato, ove si accerti che a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento, la base imponibile è quella determinata con il provvedimento giudiziale”.
6. Alla luce di quanto esposto il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ne consegue l’accoglimento dell’originario ricorso.
7. Le spese, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso introduttivo.
Condanna il Comune di T. a pagare ad E. Produzione s.p.a. le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di Euro 1.400,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché rimborso forfettario e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2022.