CASSAZIONE

La notifica di un atto alla moglie è valida

La Corte di Cassazione ha stabilito con una sentenza la legittimità della notifica effettuata nei confronti di una persona che si era qualificata come la moglie dell’intestatario.

Una Commissione Tributaria Regionale, accogliendo parzialmente l’appello di un contribuente proposto contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva respinto il ricorso relativo a cartelle di pagamento per IVA, IRPEF, IRAP e addizionali comunali, dichiarava nulla l’iscrizione a ruolo, confermando invece gli altri oggetto del giudizio.

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La CTR ha motivato la propria decisione sostenendo che dalla documentazione depositata agli atti era risultato che gli avvisi di accertamento presupposti rispetto al ruolo risultavano notificati a una signora “che si era dichiarata moglie capace e convivente e che aveva sottoscritto la notifica”, considerandola soggetto del tutto estraneo al rapporto tributario, peraltro residente in un altro Comune rispetto a quello del destinatario della notifica e rispetto al quale la signora non risultava essere “in rapporto né familiare, né di vicinanza né di coniugio”.

Essendo quindi risultata inesistente la notifica dell’atto, di conseguenza anche il ruolo e la cartella di pagamento risultavano viziati. L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso per cassazione affidandolo a due motivi, mentre il contribuente non svolgeva attività difensiva.

La sentenza

Con il primo motivo di impugnazione – fondato sulla violazione dell’art. 2700 del codice civile – la parte ricorrente sostiene che il giudice del merito aveva negato la validità, sulla base della documentazione risultante agli atti, della “fede privilegiata della relata di notifica”, dalla quale risultava che il soggetto al quale era stato consegnato l’atto si era qualificato come moglie convivente al momento di ricevere la notifica e di sottoscriverla,

Secondo gli Ermellini, “Il giudice del merito ha dato prevalenza alla documentazione depositata in giudizio e dalla quale risultava che la F. non fosse in rapporto di coniugio né convivente con lo S., senza curarsi del fatto che la F. medesima (con dichiarazione resa all’ufficiale che aveva curato la notifica, e perciò dotata di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c.) si era qualificata moglie convivente e aveva accettato di ricevere la notifica. Di tanto il giudice del merito avrebbe dovuto contentarsi per ritenere efficace e valida la notifica, alla luce della confermata giurisprudenza di questa Corte”.

A sostegno di tale tesi nella sentenza in commento viene citata “per tutte (senza che il riferimento a diversa figura soggettiva alteri la correttezza del principio e la sua applicabilità al caso qui in esame)” una pronuncia del 2007 (la n. 239 del 10 gennaio), nella quale si legge che in caso di notificazione effettuata a norma dell’art. 139, comma 2, del codice di procedura civile, consegnando l’atto a una persona qualificatasi – secondo le dichiarazioni rese all’ufficiale giudiziario e dallo stesso riportate nella relata di notifica – come dipendente del destinatario o addetta all’azienda, all’ufficio o al suo studio, la effettiva autenticità di tali dichiarazioni e la validità della notificazione “non possono essere contestate sulla base del solo difetto di un rapporto di lavoro subordinato tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto”.

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Queste presunzioni, di conseguenza, non possono essere superate dalla circostanza, provata in un secondo tempo, che la persona che aveva firmato l’avviso di ricevimento lavorava, “sia pure nella predetta sede, alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell’interesse del destinatario”.

Per queste ragioni la Suprema Corte ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza e che, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, possa decidere la controversia anche nel merito, respingendo integralmente il ricorso contro le cartelle di pagamento impugnate.


Codice civile

Art. 2700 – Efficacia dell’atto pubblico

L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso (Cod. Proc. Civ. 221 e seguenti; Cod. Pen. 476) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formata, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

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