LAVORO LEGGE

La legge di riforma del fallimento

Dopo l’approvazione in via definitiva da parte del Senato, entra in vigore la legge 19/10/2017, n. 155 – “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” –che intanto cambia nome al fallimento facendolo diventare una “procedura di liquidazione giudiziale dei beni”. Il Governo avrà 12 mesi di tempo per adottare uno o più decreti legislativi volti a semplificare l’accesso alle procedure di gestione della crisi d’impresa, incentivando la collaborazione tra l’imprenditore titolare dell’impresa in crisi e gli Organi preposti.

Tra le misure fondamentali, nuovo concordato preventivo, strumenti per prevenire le crisi d’impresa, procedure anche processuali più snelle, sostegno alle imprese per l’accesso al credito.

Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, parla di riforma epocale di una norma che “risale al 1942, con un meccanismo distorto che ha macinato in questi anni molte risorse sia imprenditoriali sia di beni materiali”. Obiettivo dichiarato della riforma del fallimento è facilitare una composizione concordataria della crisi con l’introduzione di una fase preventiva di allerta attivabile direttamente dall’imprenditore, dagli Enti pubblici o d’ufficio dal Tribunale, su segnalazione dei creditori, che affida la composizione della crisi a un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio con 6 mesi di tempo per arrivare a una soluzione concordata con i creditori.

Il concordato preventivo

E’ uno strumento regolato dalla Legge fallimentare (Regio Decreto 16/2/1972, n. 267) messo a disposizione dell’imprenditore che si trovi in crisi o in stato di insolvenza, con l’obiettivo di prevenire la più grave procedura fallimentare attraverso un accordo destinato a condurre a una soddisfazione, anche parziale, delle ragioni creditorie. Si tratta, quindi, di uno strumento che tutela sia l’imprenditore, poiché ne favorisce il risanamento e la prosecuzione dell’attività, sia i creditori, per i quali riduce l’attesa per la riscossione del credito rispetto alla più complessa procedura fallimentare. Il nuovo concordato preventivo viene rimodellato approvando, insieme a quello in continuità, anche il concordato che punta alla liquidazione dell’azienda se in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari.

La delega prevede la riforma dell’istituto attraverso una serie di punti basilari, tra i quali:

– l’ammissibilità di concordati liquidatori, se ritenuti necessari per soddisfare in modo apprezzabile i creditori e che, comunque, assicurino il pagamento del 20% dei crediti chirografari;

– la ridefinizione di nuove modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali riportati nel piano e della sua fattibilità;

– l’entità massima dei compensi dei professionisti incaricati dal debitore, che sarà correlata all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura;

– la prededucibilità dei crediti dei professionisti sorti a seguito della procedura di concordato solo se la procedura è dichiarata aperta dal Tribunale;

– definizione dei casi in cui sarà obbligatoria la divisione in classi in base alla posizione giuridica e all’omogeneità degli interessi economici dei creditori;

– la determinazione dei poteri del Tribunale sulla verifica della fattibilità del piano;

– l’eliminazione dell’adunanza dei creditori con la definizione di modalità telematiche per permettere ai creditori di discutere ed esprimere il voto sulle proposte; inoltre, quando un solo creditore è titolare di crediti pari alla maggioranza degli ammessi al voto, si dovrà consentire il calcolo delle maggioranze “per teste”, disciplinando il conflitto di interessi;

– un regime dettagliato per il concordato preventivo delle società.

Le altre novità

L’istituto della dichiarazione di fallimento d’ufficio dalla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi viene abrogato.

E’ previsto il riordino del regime dei finanziamenti alle imprese in crisi e della disciplina del credito da IVA secondo la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue, che con la sentenza C-546/14 del 7/2016 ha affermato la compatibilità della procedura del concordato preventivo anche in caso di pagamento solo parziale del debito IVA da parte dell’imprenditore, purché un esperto indipendente attesti che il Fisco non otterrebbe un pagamento maggiore in caso di fallimento.

Nella liquidazione giudiziale poteri decisamente rafforzati saranno attribuiti al curatore, che avrà un accesso facilitato alle banche dati della Pubblica amministrazione, potrà avviare le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali; sarà inoltre affidata a lui, invece che al giudice delegato, la fase di suddivisione dell’attivo tra i creditori.

Viene introdotta una fase preventiva di allerta, attivabile direttamente dal debitore o d’ufficio dal tribunale su segnalazione dei creditori pubblici, che sarà obbligatoria per INPS e Fisco. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori; in caso di procedura d’ufficio il giudice convocherà immediatamente il debitore, in maniera riservata e confidenziale, e affiderà a un esperto l’incarico di risolvere la crisi trovando un accordo con i creditori entro 6 mesi. Dalla procedura d’allerta sono escluse le società quotate e le grandi imprese.

Per le procedure di maggiori dimensioni la competenza resta ai Tribunali delle imprese, mentre le altre procedure di insolvenza saranno suddivise tra un numero ridotto di Tribunali con una idonea pianta organica e scelti secondo parametri oggettivi.

 

 

 

 

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