FISCALITA LAVORO

La guida fiscale per gli Italiani che lavorano all’estero

Si fa un gran parlare, di recente dei cittadini italiani, che per allentare la morsa del Fisco si trasferiscono all’estero: generalmente si tratta di pensionati, che dopo aver versato contributi per decine di anni, vanno a “svernare” in Paesi come il Portogallo, ad esempio, dove la pensione non viene tassata come in Italia e possono vivere in maniera forse più dignitosa ( il che ha già provocato un qualche allarme, alla luce di alcune dichiarazioni del Presidente INPS, Boeri).

Ma il problema della tassazione si pone non soltanto per chi è in quiescenza, ma, a maggior ragione, per quanti lavorano all’estero, e in proposito risulta utile la guida fiscale pubblicata dall’Agenzia delle Entrate e dedicata, appunto, ai lavoratori italiani all’estero, nella quale si spiega come evitare la doppia imposizione e continuare a beneficiare delle detrazioni fiscali previste dalla normativa tributaria. Tutti i cittadini italiani che lavorano in un paese straniero e che non sono iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) sono fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi, ovunque questi siano prodotti; ai sensi dell’art. 165, comma 8, del TUIR (DPR 917/1986), in caso di omessa presentazione della dichiarazione, o di indicazione dei redditi prodotti all’estero, non spetta la detrazione delle imposte pagate nello Stato estero.

Si può quindi dire che: a) chi lavora all’estero ed è iscritto all’AIRE dichiara il reddito e paga le tasse nel Paese in cui risiede e lavora; b) chi non è iscritto deve presentare la dichiarazione dei redditi e versare le relative imposte in Italia.

Come indicato nell’art. 2 del TUIR, per le imposte sui redditi si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che:

  • per la maggior parte del periodo d’imposta e cioè, per almeno 183 giorni all’anno, sono iscritte nelle Anagrafi comunali della popolazione residente in Italia;
  • hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza;
  • si sono trasferiti in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata (salvo prova contraria).

Il cittadino italiano che trasferisce la propria residenza da un Comune italiano all’estero, anche se in un Paese dell’Unione europea, entro 90 giorni deve iscriversi all’AIRE (l’iscrizione è gratuita) e viene automaticamente cancellato dall’Anagrafe del Comune di provenienza.

Iscrivendosi all’AIRE si può fruire di alcuni servizi forniti direttamente dal Consolato italiano all’estero, come il rilascio di certificati anagrafici e di residenza, il rinnovo del passaporto e della patente per chi risiede in paesi extraeuropei, ecc.; si può inoltre esercitare il diritto di voto per corrispondenza, tramite il Consolato competente, mentre si perde il diritto all’assistenza sanitaria di base in Italia (è garantita solo l’assistenza sanitaria urgente).

Informazioni su procedura di iscrizione, aggiornamento dati e cancellazione si trovano sul sito del Ministero degli Esteri (http://www.esteri.it/mae/it/italiani_nel_mondo/serviziconsolari/aire.html) o sul sito del Ministero dell’Interno: (http://servizidemografici.interno.it/it/Aire/Informazioni).

 

La tassazione mondiale e le Convenzioni contro le doppie imposizioni

Sono diversi e complessi gli aspetti e le regole da considerare, anche in base alle singole situazioni personali, a cominciare dall’esistenza o meno di una Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e il Paese estero nel quale si lavora, dal periodo di permanenza all’estero, dell’iscrizione o meno all’AIRE, ecc. Nella Guida delle Entrate si legge che in linea generale, per stabilire dove un cittadino è tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti si deve prendere in considerazione il concetto di residenza fiscale.

Il sistema fiscale di molti Paesi europei, che è stato adottato anche in Italia, si basa sul principio della tassazione mondiale – World Wide Taxation Principle – secondo cui il cittadino che lavora all’estero mantenendo la residenza italiana, è comunque obbligato a pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi esteri in cui si lavora possono comunque essere detratte da quelle italiane, sotto forma di credito d’imposta, nei limiti stabiliti dall’articolo 165 del Tuir, che recita: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”. La dichiarazione dei redditi, quindi, va comunque presentata in Italia anche se le tasse sono state pagate all’estero, dopo di che si applica la previsione del TUIR o l’eventuale Convenzione stipulata con lo Stato estero per le detrazioni, così da evitare la doppia imposizione.

 

La voluntary per rimediare

I cittadini italiani che, per vari motivi non si sono iscritti all’ARE e non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, in caso di accertamento perdono il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero (art. 165, comma 8, TUIR). Per non perdere il diritto al riconoscimento delle imposte pagate all’estero, la legge di conversione del Dl 50/2017, nell’ambito della procedura della “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure), per la quale è stata disposta la riapertura dei termini di adesione al 30 settembre 2017, permette di superare il divieto disposto dal comma 8 dell’art. 165. Questa procedura permette, tra l’altro, di regolarizzare le violazioni degli obblighi dichiarativi commesse in materia di imposte sui redditi, usufruendo di benefici sul piano sanzionatorio. In pratica, presentando istanza di collaborazione volontaria e indicandovi i redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo non dichiarati in Italia, viene riconosciuto il credito per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo.

La disposizione agevolativa si applica anche agli atti non ancora definiti al 24 giugno 2017, data di entrata in vigore della legge 96/2017, di conversione del Dl 50/2017, emanati in relazione alla precedente edizione della procedura di voluntary.

In ogni caso, non è previsto il rimborso delle imposte già pagate.

Nel caso in cui i cittadini italiani non iscritti all’AIRE abbiano presentato la dichiarazione dei redditi in Italia senza indicare i redditi prodotti all’estero, per non perdere il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero possono presentare una dichiarazione integrativa (art. 2, comma 8, DPR 322/1998): in questo caso, infatti, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi comunque dichiarato e di conseguenza al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.

 

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