CASSAZIONE LEGGI E SENTENZE

La falsa dichiarazione patrimoniale annulla il concordato omologato

Fallimento ed altre procedure concorsuali – Concordato preventivo omologato – Revoca – Accertamento di evasione fiscale mediante l’uso dì fatture per operazioni inesistenti – Ipotesi di dolosa esagerazione del passivo, di omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero di sottrazione o di dissimulazione dell’attivo

La Prima sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18090/2016, depositata il 14 settembre 2016, si è pronunciata in materia di concordato preventivo fornendo alcune precisazioni, con particolare riferimento all’annullamento del relativo provvedimento omologato, ritenendo che il concordato preventivo omologato può essere annullato, ex art. 186 l. fall., quando l’approvazione dei creditori si sia fondata su un’indotta rappresentazione erronea riguardo alla sua fattibilità e convenienza. Infatti, l’annullamento è disposto quando l’errore dei creditori è da ricondurre a un’alterazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società debitrice, realizzata da quest’ultima non solo attraverso le condotte citate dall’art. 138, comma 1, l. fall., ma anche tramite qualsiasi atto di frode posto in essere a tal fine.

Ricordiamo che laddove il concordato sia approvato dai creditori con la relativa maggioranza di cui si è fatto cenno, si apre la fase di omologazione (prevista dall’articolo 180 l. fall.), la quale deve terminare entro sei mesi dalla presentazione della domanda di concordato. Infatti, in assenza di opposizioni, il tribunale, una volta accertato l’esito della votazione e la regolarità della procedura omologa la proposta di concordato con decreto non soggetto a reclamo.

Si procede così al soddisfacimento dei creditori sulla base dei requisiti risultanti dalla proposta, all’eventuale liquidazione di parte dei beni da parte dei liquidatori nominati dal tribunale (nel caso di concordato con cessione di beni) e all’accertamento di eventuali crediti contestati.

Con l’omologazione, che chiude tutto il procedimento riguardante il concordato preventivo, l’imprenditore insolvente può nuovamente disporre di tutti i suoi beni. Contestualmente, gli organi intervenuti nel concordato sono chiamati a svolgere solo compiti di vigilanza sulla procedura stessa, in quanto decadono dalle loro funzioni precedentemente illustrate.

Il concordato omologato spiega i propri effetti nei confronti di tutti i creditori risultanti precedentemente all’ammissione della procedura da parte del tribunale. Per quanto riguarda, invece, gli effetti dello stesso concordato nell’ambito delle società, a detta dell’articolo 184, II comma, l.fall., esso trova applicazione – salvo diversa disposizione statutaria – solo ed esclusivamente nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Nel caso in cui uno o più creditori dissenzienti si oppongono al concordato, il tribunale fallimentare in sede di omologazione effettua un controllo circa la convenienza della proposta di concordato per il creditore rispetto alle altre procedure praticabili.

L’omologazione è soggetta anche a pubblicità. Tutti i creditori, ognuno nella rispettiva posizione, hanno la facoltà di chiedere la risoluzione del concordato per mancata costituzione delle garanzie promesse o per inadempimento entro il termine di cui all’articolo 186, l. fall. Fa eccezione a questa formulazione normativa il caso in cui gli obblighi concordatari facciano capo a un assuntore, ipotesi nella quale i creditori, in base alle previsioni degli articoli 137 e 186, potranno aggredire solo ed esclusivamente il patrimonio di quest’ultimo.

Inoltre, una novità introdotta dal decreto del 12 settembre 2007 n.169 prevede che “il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza” (articolo 186, l. fall.).

Il concordato preventivo, così come quello fallimentare, può essere annullato su istanza di un creditore o nel caso in cui risulti che il debitore abbia sottratto dolosamente una parte considerevole dell’attivo, o esposto passività inesistenti. Tale domanda, a differenza di quanto accade nel caso succitato, va proposta con ricorso entro il termine perentorio di sei mesi dalla conoscenza del dolo oppure secondo la previsione di cui all’articolo 137, l. fall.

Nel dettaglio, la Suprema Corte ha voluto rimarcare che l’annullamento del concordato preventivo omologato costituisce un rimedio concesso ai creditori nelle ipotesi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società proponente – sulla base della quale il concordato è stato ossia approvato dai creditori ed omologato dal tribunale – sia risultata falsata.

Questo per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento o di altri atti di frode idonei a indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto.

La Corte ha così sottolineato che deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: “L’annullamento del concordato preventivo omologato, ex art.186 l.f., nel testo novellato dal d.lgs. 169/2007, è un rimedio concesso ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto”.

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 14 settembre 2016, n. 18090

Svolgimento del processo

Con sentenza del 6-20/3/2015, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento del reclamo di C. s.r.l. in liquidazione, ha revocato il decreto di annullamento del concordato preventivo depositato dal Tribunale di Napoli il 10/11/2014 e la sentenza di fallimento del 7/11/04, ed ha compensato le spese tra le parti.

La Corte di merito, nello specifico e per quanto ancora rileva, ha ritenuto la mancanza dei presupposti per la pronuncia di annullamento del concordato, possibile, ex art. 138 l.f., richiamato dall’art.186 l.f., solo ed esclusivamente nelle ipotesi di dolosa esagerazione del passivo, ovvero di sottrazione o dissimulazione dell’attivo, ma non nel caso della dolosa sotto esposizione del passivo o di esposizione di attivo inesistente; ha rilevato che, nel caso, il sequestro penale dell’immobile sociale del 7/1/2014, all’interno di un procedimento per l’uso dì fatture per operazioni inesistenti con la conseguente evasione di imposte, a fronte dell’omologazione del concordato col decreto del 30/10/2013, si palesava come un atto successivo, e comunque non rientrante nella tipologia di atto della parte; che nessun occultamento di poste attive era riscontrabile nei comportamenti che avevano dato causa al sequestro; che la dichiarazione di credito iva inesistente non dava causa ad occultamento dell’attivo o ad esagerazione dello stesso, così come l’avere nascosto i comportamenti evidenziati nei verbali di constatazione della Guardia di Finanza, relativi alla emissione ed all’uso di fatture per operazioni inesistenti, avvenuti negli anni dal 2009 al 2012.

Secondo la Corte d’appello, inoltre, mancava la prova del requisito soggettivo del dolo, né era riscontrabile la dolosa sottrazione di parte rilevante dell’attivo, costituita dal “credito risarcitorio della società nei confronti dei propri amministratori per i danni derivati dagli illeciti oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate”, trattandosi di credito subordinato all’esito delle vicende giudiziarie in corso, instaurate dopo l’omologazione del concordato, e comunque di una posta neutra, essendo il credito risarcitorio verso gli amministratori pari all’ammontare delle ulteriori passività.

Ricorre il Fallimento C. s.r.l. in liquidazione, sulla base di un unico motivo di ricorso.

Si difende con controricorso la società.

La controricorrente ha depositato, fuori termine, memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1.1. – Con l’unico motivo di ricorso, il Fallimento si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 186 e 138 l.f.

Secondo il Fallimento, è erronea l’affermazione della Corte d’appello che il provvedimento di sequestro, nell’ambito del procedimento per l’uso di fatture per operazioni inesistenti e conseguente evasione di imposte, non potesse integrare la fattispecie dì dolosa sottrazione o dissimulazione dell’attivo, ed a riguardo obietta che, alla data di presentazione della domanda di concordato, detto provvedimento era assolutamente prevedibile. Quanto ai comportamenti che hanno determinato il sequestro, gli stessi non sono stati dichiarati, così dolosamente orientandosi il consenso dei creditori e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti o ha sottratto attivo, se c’è stato il pagamento, o, in caso contrario, ha dolosamente esagerato il passivo.

Secondo la parte, vi sarebbe stato occultamento dell’attivo, in relazione al credito risarcitorio nei confronti dei propri amministratori e il dolo è in re ipsa, avuto riguardo all’entità delle risorse sottratte.

In linea generale, infine, il ricorrente prospetta che l’azione di annullamento del concordato si pone come una proiezione post omologazione della revoca dell’ammissione ex art. 173 l.f., da cui la possibilità di fare ricorso all’annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall’art. 138 l.f.

2.1. – Il motivo va accolto, per le ragioni di seguito esposte. L’art. 186 l.f., nel prevedere la risoluzione e l’annullamento del concordato preventivo, all’ultimo comma dispone: “Si applicano le disposizioni degli articoli 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.”

L’art. 138 l.f., che disciplina l’annullamento del concordato fallimentare, al primo comma dispone: “Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell’articolo 137.”

La Corte del merito, nella sentenza impugnata, ha ritenuto di revocare il decreto di annullamento del concordato preventivo, non rientrando l’attività fraudolenta posta in essere dagli amministratori della società, che aveva determinato un incremento del passivo, nella tipologia esattamente tipizzata dal legislatore come “dolosa esagerazione del passivo” o “dolosa sottrazione o dissimulazione rilevante dell’attivo”.

A tale interpretazione, che assegna natura tassativa alla indicazione delle fattispecie la cui ricorrenza rende ammissibile l’annullamento del concordato preventivo, e che è anche seguita da parte della dottrina, non può prestarsi adesione.

La stessa formulazione letterale del rinvio agli artt. 137 e 138 l.f., nei limiti della compatibilità, è indice della sensibilità del legislatore del correttivo della non adeguatezza di un rinvio “secco” alla disciplina di un procedimento, il concordato fallimentare, diverso da quello regolato, e comunque deve richiamare l’interprete all’esigenza di privilegiare ed applicare i principi propri dell’istituto disciplinato.

Ciò posto, nell’ottica di ricostruire e valorizzare la disciplina propria del concordato preventivo, va evidenziato che l’art. 173 l.f., nel prevedere le fattispecie la cui ricorrenza comporta la revoca dell’ammissione al concordato, fa riferimento all’occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, alla dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, all’ esposizione di passività insussistenti o “altri atti di frode”; detta norma è stata interpretata nel senso che gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purché siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non è necessaria la dolosa preordinazione(così la pronuncia 17191 del 2014, in senso conforme alla precedente 9050/2014).

Ora, è di chiara evidenza come sussista l’eadem ratio tra le fattispecie legittimanti la revoca dell’ammissione al concordato e quelle che determinano l’annullamento dell’ omologazione del concordato; e, sul piano dei fatti, sarebbe davvero di difficile comprensione come determinate condotte, unificate dall’essere atti di frode aventi valenza decettiva, possano assumere una diversa rilevanza, a seconda del momento in cui vengano ad emersione. Proprio nell’ ottica unificatrice della disciplina del concordato preventivo nella ricorrenza degli arti dì frode di portata decettiva, la giurisprudenza di questa Corte si è espressa nel senso di ritenere che, nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, dell’assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione, da ciò conseguendo che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall’art. 173 l.f., il tribunale deve respingere la domanda di omologazione nonostante la mancata apertura del relativo procedimento (così la pronuncia 10778/2014).

A tale visione unificatrice sì allinea pertanto l’esegesi qui proposta della normativa ex art. 186 l.f., proprio nella individuazione della identità della ratio, dall’iniziale revoca dell’ammissione al concordato, alla reiezione della omologazione sino all’annullamento del concordato omologato.

Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: “L’annullamento del concordato preventivo omologato, ex art.186 l.f., nel testo novellato dal d.lgs. 169/2007, è un rimedio concesso ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto.”

Va infine evidenziato che la diversa prospettiva interpretativa qui accolta incide necessariamente anche sulla valutazione dell’elemento soggettivo, sì che anche sotto profilo va accolta la censura svolta nel motivo.

3.1. – Conclusivamente, va accolto il ricorso e, cassata la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che si atterrà a quanto sopra rilevato, ed alla quale si demanda anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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