CASSAZIONE

La donazione simulata deve essere sempre provata dal Fisco

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12316 del 17.05.2017, ha stabilito che la donazione di un terreno edificabile e la sua successiva cessione a terzi, non è confutabile se l’ufficio non è stato in
grado di dimostrare la simulazione.
I Supremi Giudici hanno riaffermato che qualora non siano stati riscontrati elementi certi che indichino la retrocessione del prezzo al donante, la donazione con cui un genitore trasferisce la proprietà di un
terreno edificabile ai figli, che a distanza di pochi mesi lo abbiano poi rivenduto, non è elusiva.
Ricordiamo al riguardo la precedente sentenza interlocutoria della Cassazione, la n. 30497/16, nella quale gli Ermellini hanno esaustivamente statuito sulle ipotesi in cui scatta il reato di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte, precisando che risponde del reato chi vende o dona la proprietà dell’unico immobile dopo che gli è stato notificato l’avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate anche se ancora non sia avviata una procedura di riscossione. Il reato infatti sussiste solo se è stato posto in essere un atto simulato di donazione o vendita dei propri beni, con il fine di realizzare per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi, affermando che: “ … il giudice di appello, che intende confermare la condanna per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nei confronti del contribuente che ha donato un immobile dopo aver ricevuto alcuni mesi prima un accertamento, deve motivare la simulazione della donazione e l’idoneità della stessa a rendere inefficace l’attività di riscossione”. Tornando al caso in esame la vicenda traeva origine da un accertamento fiscale con cui le Entrate di Pistoia presupponeva che il contribuente, al fine di azzerare la plusvalenza da vendita di un terreno edificabile, aveva donato ai due figli il terreno che, a loro volta avevano rivenduto dopo pochi mesi; i donatari, nell’atto di vendita avevano dichiarato lo stesso prezzo della donazione, azzerando così, di
fatto, la plusvalenza in capo al donante. Secondo l’amministrazione finanziaria, l’atto di donazione, seguito a distanza di pochi mesi dalla vendita del terreno donato, costituiva un atto di natura elusiva che consentiva di imputare al donante la plusvalenza a norma dell’articolo 37, comma 3 del Dpr n.600/73.
La Commissione tributaria provinciale di Pistoia, a cui si era rivolto il contribuente impugnando l’accertamento erariale, accoglieva il ricorso. L’appello presentato dall’Agenzia erariale veniva rigettato dalla Commissione regionale della Toscana. Il Collegio regionale aveva ritenuto l’insussistenza di elementi sufficienti a far ritenere simulato l’atto di donazione; i donatari avevano personalmente incassato l’importo della vendita, senza che fosse presente la dimostrazione della retrocessione del prezzo al donante.
La cassazione, confermando la decisione dei gradi di merito, ha rigettato il ricorso affermando che, nel caso di specie, non vi sono elementi di prova, neppure indiziari, tale da legittimare l’affermazione che il
corrispettivo della vendita possa essere stato retrocesso al donante e che la donazione possa essere stata simulata. Gli ermellini non hanno ritenuto sussistenti ulteriori elementi dimostrativi dell’esistenza di
una attività elusiva; aggiungendo che : “ … Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 svolge anche una funzione antielusiva e pertanto comprende anche i casi di interposizione reale, attuata mediante operazioni effettive e non simulate, aventi come scopo l’elusione del pagamento della imposta attraverso l’uso improprio di strumenti negoziali anche collegati tra loro. In tale seconda ipotesi deve trovare applicazione la disciplina probatoria e procedimentale (obbligo di contraddittorio preventivo) stabilita dalla disposizione antielusiva generale prevista dall’art. 37 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (sulla riferibilità dell’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 sia all’interposizione fittizia che all’interposizione reale Sez. 5, Sentenza n. 21794 del 15/10/2014, Rv. 632659 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 15830 del 29/07/2016, Rv. 640621 – 01). Nel caso in esame il giudice di appello ha correttamente interpretato la norma in oggetto, poiché, con motivazione congrua, ha escluso la natura simulata della donazione; ha rilevato che i donatari avevano effettivamente incassato l’importo della successiva vendita del terreno ricevuto in donazione e che non vi era alcun elemento di prova, neppure indiziario, tale da legittimare l’affermazione che il corrispettivo della vendita fosse stato retrocesso al donatario; non ha ritenuto sussistenti altri elementi dimostrativi dell’esistenza di una attività elusiva considerando implicitamente non risolutivo il mero dato della vicinanza temporale (relativa) tra l’atto di donazione e la successiva vendita, avvenuta a distanza di tre mesi.”

 

Corte di Cassazione sentenza n. 12316 del 17 maggio 2017

sul ricorso 5059-2012 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
ricorrentecontro
GUARDUCCI MARIS, elettivamente domiciliata in ROMA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29, presso lo studio dell’avvocato BARBARA PICCINI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ENRICO PANELLI giusta delega in calce;
controricorrente
– avverso la sentenza n. 9/2011 della COMM.TRIB.REG. DELLA TOSCANA, depositata il 10/01/2011;
⁃ udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/2017 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPE LOCATELLI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli atti; udito per il controricorrente l’Avvocato
PICCINI che ha chiesto il rigetto.
Fatti di causa
Con atto pubblico registrato il 25.5.1999 G.M. donava alla coniuge ed ai figli un terreno edificabile del valore di lire 245.000.000. Con atto di vendita del 3.8.1999 la moglie ed i figli cedevano il terreno ricevuto in donazione alla società B.E. snc per il prezzo di euro 245.000.000. L’Agenzia delle Entrate notificava a G.M. un avviso di accertamento con il quale contestava che l’atto di donazione, seguito a distanza di pochi mesi dalla vendita del terreno donato, costituiva un atto di natura elusiva, finalizzato ad azzerare la plusvalenza da vendita di terreno edificabile, mediante l’interposizione dei familiari nella percezione della plusvalenza da riferire invece al contribuente G.M. a norma dell’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600; pertanto, sottoponeva a tassazione la plusvalenza in capo a G.M., applicando l’Irpef di euro 23.408, oltre interessi e sanzioni. Contro l’avviso di accertamento G.M. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Pistoia che lo accoglieva con sentenza n. 195 del 2008.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello rigettato dalla Commissione tributaria regionale con sentenza del 10.1.2011. Il giudice di appello riteneva l’insussistenza di elementi sufficienti a far ritenere simulato l’atto di donazione; osservava che i donatari risultavano avere effettivamente incassato l’importo per la successiva vendita dell’area a favore dell’impresa edile e che non sussisteva alcun elemento presuntivo che potesse legittimare l’affermazione secondo cui le somme erano state stornate a favore di G.M.; escludeva che gli atti posti in essere fossero connotati da intenti elusivi. Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per due motivi. G.M. resiste con controricorso chiedendo di dichiarare inammissibile o infondato il ricorso.
Ragioni della decisione
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, anche in combinato disposto con il principio del divieto di l’abuso del diritto, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non ha rilevato la sussistenza di una fattispecie di abuso del diritto con finalità elusive e di ingiustificato risparmio di imposta; irrilevanza della mancata dimostrazione che il ricavato della vendita sia stato successivamente stornato a favore del donante.
2. Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 comma primo n.5 cod.proc.civ., con riferimento al medesimo punto censurato con il precedente motivo, nella ipotesi che si ritenga frutto di un accertamento di fatto come tale sindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. L’art. 37 comma 3 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 disciplina l’ipotesi di divergenza tra titolare apparente e titolare effettivo di un reddito e riguarda, in primo luogo, l’ipotesi di interposizione fittizia di un soggetto che, attraverso un accordo simulatorio, risulta formalmente possessore di un reddito di cui è titolare effettivo il disponente, a carico del quale è previsto che operi l’imposizione fiscale. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 svolge anche una funzione antielusiva e pertanto comprende anche i casi di interposizione reale, attuata mediante operazioni effettive e non simulate, aventi come scopo l’elusione del pagamento della imposta attraverso l’uso improprio di strumenti negoziali anche collegati tra loro. In tale seconda ipotesi deve trovare applicazione la disciplina probatoria e procedimentale (obbligo di contraddittorio preventivo) stabilita dalla disposizione antielusiva generale prevista dall’art. 37 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (sulla riferibilità dell’art. 37 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 sia all’interposizione fittizia che all’interposizione reale Sez. 5, Sentenza n. 21794 del 15/10/2014, Rv. 632659 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 15830 del 29/07/2016, Rv. 640621 – 01).
Nel caso in esame il giudice di appello ha correttamente interpretato la norma in oggetto, poiché, con motivazione congrua, ha escluso la natura simulata della donazione; ha rilevato che i donatari avevano effettivamente incassato l’importo della successiva vendita del terreno ricevuto in donazione e che non vi era alcun elemento di prova, neppure indiziario, tale da legittimare l’affermazione che il corrispettivo della vendita fosse stato retrocesso al donatario; non ha ritenuto sussistenti altri elementi dimostrativi dell’esistenza di una attività elusiva considerando implicitamente non risolutivo il mero dato della vicinanza temporale (relativa) tra l’atto di donazione e la successiva vendita, avvenuta a distanza di tre mesi.
La natura controversa della questione esaminata giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

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