La Corte dei Conti sulla lotta all’evasione: nel 2015 in calo controlli e risultati
La Relazione della Corte dei Conti sul Rendiconto generale dello Stato è rivolta a offrire, in primo luogo al Parlamento, una lettura ragionata delle risultanze della gestione 2015, relativamente sia alle categorie economiche di entrate e spese, sia ai risultati conseguiti dalle Amministrazioni nell’attuazione delle missioni e dei programmi loro affidati.
Nel 2015 la gestione delle entrate dello Stato è stata contraddistinta, in senso positivo, dal livello delle risorse affluite, che hanno beneficiato di interventi legislativi che hanno impresso un’accelerazione del gettito. L’accertato finale, pari a circa 570 miliardi, ha segnato un rilevante +3,5% rispetto al 2014, ma ancora meglio si è fatto con la riscossione, che con oltre 549 miliardi registra un +4,5%, confermando in tal modo un percorso che dal 2011 ha visto salire il gettito di oltre il 14%. Le entrate da accertamenti e controlli – poco oltre 66 miliardi – risultano in diminuzione rispetto al 2014 e tornano ai livelli di inizio decennio. Un risultato negativo ma che comunque non snatura una tendenza in cui l’attività di controllo ricopre un aspetto preminente nella dinamica del gettito, che risulta comunque palese alla luce delle entrate effettivamente affluite: il corposo aumento registrato nel 2015 per le riscossioni e i versamenti di competenza, avvicina al 20% l’accelerazione registrata nell’ultimo quinquennio su entrambi i versanti.
La flessione dei controlli
Dalla Relazione emerge che “L’attività di contrasto all’evasione fiscale si caratterizza nel 2015 per il progressivo indebolimento che coinvolge sia il numero dei controlli sia i risultati finanziari conseguiti”: i poco più di 621.000 interventi eseguiti parlano di una diminuzione di quasi oltre il 4% rispetto al 2014 e di oltre il 16% rispetto al 2012 “(quando il numero di controlli risultò superiore di 120mila unità)”. Di conseguenza, dalla flessione dell’attività sono derivati i cali della maggiore imposta accertata (-17,7%) e dei risultati finanziari conseguiti (-3,9% rispetto al 2014), numeri certamente collegati – e dipendenti – con la progressiva riduzione delle risorse umane destinate all’attività di accertamento e controllo (-6,5% nell’arco degli ultimi cinque anni), situazione che nel 2015 è stata appesantita dalle conseguenze della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime le norme che consentivano l’attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari della Terza area.
La distribuzione degli accertamenti fra le diverse categorie di contribuenti evidenzia la marcata riduzione del 2015, numerica e in termini di maggiore imposta accertata, di quelli relativi ai grandi contribuenti (rispettivamente -12,2% e -38,2%). In calo anche gli accertamenti per le imprese di medie dimensioni e i professionisti: complessivamente, il numero dei controlli sostanziali del 2015 nei confronti dei soggetti compresi negli studi di settore ha coinvolto il 2,4% del totale dei soggetti considerati. La Relazione rileva poi, in relazione ai vari tipi di attività di accertamento, la lontananza dagli obiettivi – fissati dai DL n. 112/2008 e n. 78/2010 – per l’accertamento sintetico dei redditi delle persone fisiche ai fini dell’IRPEF (redditometro), in termini numerici (-47,5% rispetto al 2014) e di ricadute finanziarie (quasi il 30% in meno).
In picchiata anche il numero delle indagini finanziarie autorizzate nel 2015, la metà rispetto al 2014 e ridotto a circa un quarto nell’ultimo quinquennio, il che non fa che confermare il progressivo indebolimento dell’attività di controllo fiscale, “anche alla luce dell’enorme potenziale informativo assicurato dall’anagrafe dei rapporti finanziari”.
L’apporto fornito nel 2015 dai Comuni all’attività di accertamento risulta marginale, con una riduzione numerica del 27% rispetto al 2014 e del 43% negli ultimi quattro anni, a fronte di un ammontare complessivamente riconosciuto ai Comuni in aumento di oltre il 22,7% (da 17,7 a 21,7 milioni).
Meno omogenea la dinamica registrata nel 2015 dall’attività di controllo fiscale svolta dalla Guardia di Finanza: rispetto a una sostanziale stabilità del valore complessivo di produzione destinato al contrasto dell’evasione, risultano in calo le verifiche e i controlli strumentali, mentre segnano un aumento i “controlli” e le “altre verifiche e controlli”. Per le indagini finanziarie eseguite, anche per le Fiamme Gialle affiora un ricorso limitato e complessivamente in diminuzione rispetto al 2014.
Un risulta in controtendenza è quello dell’attività di controllo dell’Agenzia delle Dogane, con un aumento complessivo del 5%, ascrivibile all’incremento dei controlli sulle importazioni “e ad un più intenso utilizzo della modalità di controllo tramite scanner”.
In aumento le rateazioni
In sensibile aumento, invece, le imposte dichiarate ma non versate, desunte anche dal consistente e crescente numero dei pagamenti dilazionati. Alla fine del 2015 sono state richieste in rateazione oltre 105 miliardi, con quasi 22 miliardi in più rispetto al 2014 (+26,4%). I dati delle rateazioni mettono in evidenza due elementi: “l’anomalo ruolo ormai assunto da Equitalia quale Ente di concessione di credito e, dall’altro, l’elevata probabile inesigibilità di buona parte delle dilazioni attive, considerata l’assenza di garanzie e i limiti frapposti alle procedure di riscossione coattiva”.
L’anomalia dei giochi
Una crescita rilevante rispetto all’anno precedente (6%) l’hanno fatta registrare le entrate da giochi che son tornate, dopo cinque anni di continue flessioni, al massimo livello di gettito, raggiunto nel 2009 (8,8 miliardi). Ma, per quanto positivo, “il risultato del 2015 ripropone anche un fenomeno apparentemente paradossale”: nell’ultimo quinquennio, a fronte di una crescita delle giocate di 27 miliardi (+44%), l’utile erariale ha segnato un calo di 300 milioni (-4%). Inoltre, nel lungo periodo 2004-2015, per avere un aumento di 1,15 miliardi del gettito da giochi (+15%), il valore delle giocate è dovuto crescere di 63,5 miliardi (+256”). Si tratta, rileva la Corte dei Conti, “di andamenti che riflettono un progressivo mutamento nelle scelte dei consumatori”, che si orientano di più verso giochi che assicurano un’alta percentuale di redistribuzione ai giocatori della raccolta lorda (c.d. payout) e con un tempo breve tra la giocata e il corrispondente evento/partita: è il caso dei cosiddetti apparecchi da intrattenimento (new slot e video lottery), “verso i quali si concentra ormai il 54,9% della spesa complessiva dei giocatori (nel 2004 era stato il 18%) e il 51,7% delle entrate erariali (nel 2004 era stato il 7%)”.
La frequenza dei controlli
Nella annuale relazione della Corte conti viene analizzata anche la media degli accertamenti fiscali effettuati dall’Amministrazione finanziaria in base alle singole categorie con partita IVA, dunque professionisti, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. Dalla frequenza degli accertamenti fiscali per categorie, dati statistici alla mano, emerge che chi ha ricevuto nell’arco della vita di imprenditore o professionista una verifica fiscale, ha pochissime probabilità (quasi nessuna) che l’Agenzia delle Entrate possa nuovamente sottoporlo al controllo.
Tra gli esempi citati si rileva una differenza tra professionisti e commercianti.
I commercianti risultano maggiormente esposti alle attenzioni degli uffici finanziari: ad esempio, il gestore di un piccolo esercizio commerciale, come può essere un bar o una gelateria, può aspettarsi una verifica ogni 30 anni, ristoranti e imprese edili, rispettivamente, ogni 24 e 26 anni.
I medici hanno la possibilità di essere sorteggiati per le verifiche fiscali una volta ogni 91 anni, gli avvocati ogni 77 anni, i commercialisti e i consulenti del lavoro ogni 71 anni.
I dati esposti nella Relazione dicono che in pratica, per i 6 milioni di contribuenti sottoposti agli studi di settore, tra piccole imprese e lavoratori autonomi, la probabilità di subire un accertamento fiscale è del 2,4%.
Viene però anche segnalato che l’Agenzia delle Entrate sta puntando a una nuova strategia – dettata anche dalle limitate risorse umane a disposizione – basata più sulla qualità che sulla quantità dei controlli: si effettua una prima valutazione “a tavolino”, si analizza il rischio evasione e si punta solo dove questo è ritenuto più elevato. Secondo la Corte dei Conti, “… L’enorme intervallo temporale tra una verifica e l’altra per le partite IVA comporta che il rischio di un accertamento fiscale non sortisca alcun deterrente a regolarizzarsi, tenuto anche conto della sostanziale tenuità delle sanzioni concretamente applicabili in caso di violazioni”.