CASSAZIONE FISCALITA

La compensazione delle accise: precisazioni in due sentenze gemelle della Cassazione

Tributi – Accise – Energia elettrica – Omessa dichiarazione di consumo e omesso pagamento – Compensazione dei debiti e dei crediti da accise a livello nazionale – Sanzioni

 La Corte di Cassazione con due sentenze gemelle, la n. 23159 e la n. 23160, entrambe del 22 ottobre 2020, intervenendo in merito alla corretta procedura della compensazione dei tributi in generale, e con particolare riguardo alle accise, ha ribadito un importante punto affermando che:“ … E’ principio consolidato in materia tributaria che la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione di rimborso, ed ogni deduzione, sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato in virtù della legge 27 luglio 2000 n. 212, articolo 8, comma 1, (cosiddetto Statuto dei diritti del contribuente), il quale nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25977 del 15 ottobre 2019, aveva già evidenziato tale principio, negando peraltro la tesi del contribuente che richiamava l’esistenza di due sentenze della Corte di Cassazione (n. 23787 del 2010 e n. 22872 del 2006) che, a suo dire, costituivano un orientamento di legittimità consolidato, in contrasto con l’interpretazione della norma offerta dall’Agenzia delle dogane e Monopoli (ADM).

Questi principi sono stati statuiti anche dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma, che con sentenza n. 288/2007 e in linea con la cennata sentenza n. 22872/2006 della Cassazione, ribadiva che “…in difetto di una specifica disciplina normativa fiscale devono applicarsi i principi dettati dal codice civile (articolo 1241 e seguenti)”, poiché l’esercizio del potere regolamentare in materia di compensazione, previsto dall’art. 8 della legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente) non può considerarsi condizione necessaria per l’operatività della compensazione; i regolamenti in questione, ancora non emanati, rappresentano solo il modo per una migliore applicazione della compensazione nel settore tributario”.

Tali sentenze, secondo la richiamata pronunzia Cass. n. 25977/19, non costituiscono però un orientamento consolidato, anche in considerazione che le sentenze seguenti sono state poi tutte conformi all’attuale interpretazione maggioritaria, laddove, Cass. Ordinanza n. 17001 del 9 luglio 2013, ha confermato testualmente tale principio interpretativo, avvalorato anche in Cass. Sent. n. 10207 del 18 maggio 2016 e n. 5131 del 28 febbraio 2017.

In buona sostanza, e secondo la dottrina prevalente, l’obbligazione tributaria si sostanzia in un’obbligazione pubblicistica di natura legale, avente a oggetto una prestazione pecuniaria. Tale obbligazione, presentando un’identità di struttura con quella civilistica, consente di far riferimento, ai fini della sua disciplina, anche alla normativa dettata dal codice civile. Sino all’introduzione dell’art. 8 della L. n. 212/2000, dottrina e giurisprudenza si sono sostanzialmente limitate a rilevare l’inesistenza di una norma che prevedesse l’ammissibilità della compensazione nel diritto tributario, quindi è solo dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente che la compensazione è divenuta una modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria.

In particolare, l’art. 8 della L. n. 212/2000 al primo comma prevede: “L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”, ma per una corretta valutazione del principio in esame è fondamentale esaminare la disposizione dell’art. 17 del D.lgs. n.241 del 1997, che per la prima volta ha ammesso in modo sistematico che il contribuente potesse compensare i propri debiti tributari e previdenziali. Tale disposizione si colloca nell’ambito di riforma della legge delega del 23 dicembre 1996 n. 662 e dei decreti attuativi dei principi da questa introdotti.

Il provvedimento di riforma ha coinvolto diversi settori del diritto tributario, e in particolar modo il D.lgs. n. 241 del 1997 è intervenuto nell’ambito del sistema di riscossione, attuando in questo settore le istanze di semplificazione e razionalizzazione del sistema dei versamenti diretti delle imposte e dei contributi. Giova peraltro ricordare che l’interpretazione di parte della giurisprudenza di legittimità riteneva che la compensazione veniva esclusa stante il divieto sancito ex art. 1246, c. 3, c.c. che esclude l’istituto in ipotesi di credito impignorabile.  In opposizione un’altra interpretazione, divenuta obbiettivamente maggioritaria, trovava forza nell’affermare che l’inammissibilità dell’istituto trovava la piena giustificazione nell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

Ricordiamo anche che l’estinzione del debito tributario per compensazione ex art. 8, comma 1, della L. n. 212/2000, richiede la prova, a cura del contribuente che la eccepisce, della volontà espressa nella sede idonea (dichiarazione annuale) di volersi avvalere del credito d’imposta al fine della compensazione anziché del rimborso.

Secondo un orientamento più recente, in assenza di un’apposita norma di legge, deve escludersi una posizione di disparità tra parte pubblica e privata del rapporto obbligatorio.  In tal caso – parità tra le parti – anche il privato sarebbe legittimato a opporre la compensazione alla A.F. A sostegno di tale impostazione si segnala la valutazione dell’Avvocatura generale dello Stato n. 25676/99, secondo la quale va riconosciuta sostanziale parità tra le parti dell’obbligazione tributaria, con conseguente possibilità per il privato di opporre la compensazione alla A.F. ai sensi dell’art. 23, c. 2, D.lgs. n. 472/97, che contempla una misura di tutela delle ragioni creditorie del Fisco dal momento che viene attribuito esclusivamente a quest’ultimo il potere unilaterale di esercitare la compensazione.

Tanto premesso, e tornando al caso che ha implicato l’intervento della S.C., un cliente grossista nel mercato dell’energia elettrica impugnava con separati ricorsi due atti di contestazione e irrogazione di sanzioni amministrative emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli per omessi o ritardati versamenti di addizionali provinciali e per presentazione tardiva, e irregolare compilazione delle dichiarazioni di consumo degli anni 2005 e 2006. I giudici tributari di prime cure ritenevano dovute le sanzioni, esclusa la somma di euro 14.670,54 compensata con altro credito di imposta.

La CTR accoglieva l’appello principale, rilevando “… che, nelle more del giudizio, era stato accertato che A. vantata a livello nazionale crediti a titolo di rimborso di accise superiori ai debiti derivanti dai mancati versamenti, e che l’Ufficio Centrale dell’Agenzia aveva accolto l’istanza di compensazione avanzata dalla società, sicché le sanzioni dovevano ritenersi illegittime”.

L’Agenzia ricorreva per la cassazione della sentenza, con atto affidato a tre motivi, lamentando essenzialmente che la CTR sarebbe incorsa in errore per aver ritenuto che gli obblighi di dichiarazione e di versamento dell’imposta, previsti dalla legge per ciascuna provincia in cui opera il contribuente, e la cui omissione è stata sanzionata, fossero venuti meno a seguito della compensazione autorizzata a livello nazionale con espressa esclusione delle sanzioni: tale accordo non potrebbe infatti essere equiparato a una compensazione di tipo civilistico, con l’effetto estintivo di cui all’ art.1242 cod. civ., atteso che in materia tributaria la compensazione è ammissibile solo nei casi espressamente previsti dalla legge, fra i quali non rientra quello di specie.

La Suprema Corte, in entrambe le sentenze, ha accolto il ricorso proposto dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso alla decisione dei giudici tributari regionali, ricordando nello specifico, nella Sentenza n.23159/20, che: “… In particolare, la disciplina delle accise sull’energia elettrica stabilisce, quale unica forma di compensazione attuabile ex lege, che le somme che risultino eventualmente versate in più dal debitore all’esito del conguaglio annuale sono detratte dai successivi versamenti in acconto (art. 56 TUA). Ne consegue che l’estinzione dei debiti di imposta di A.I. non può farsi risalire a data anteriore a quella del provvedimento attuativo della compensazione “anomala” autorizzata su base nazionale dal Direttore dell’Area Centrale dell’Agenzia il 17 luglio 2009 in accoglimento dell’istanza in tal senso avanzata dalla società, e non può aver avuto effetto sanante retroattivo delle violazioni, da ritardato o omesso pagamento, dalla stessa commesse”.

Specificando inoltre nella Sentenza gemella, la n. 23160/20, che: “… La CTR ha infatti, in primo luogo, erroneamente ritenuto che l’avvenuta definizione contabile fra le parti, a livello nazionale, delle reciproche poste di dare e avere, sopravvenuta alle violazioni accertate, avesse estinto l’obbligazione tributaria ai sensi dell’art. 1242 c.c., dal momento che la norma civilistica, secondo cui la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza, non può trovare applicazione in materia. Invero, come già rilevato da questa Corte (Cass. Sez, V, 7 marzo 2019 n. 6645) con decisione dalla quale non vi è motivo di discostarsi, «è principio consolidato in materia tributaria che la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione di rimborso, ed ogni deduzione, sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio, per costante giurisprudenza di questa Corte, non può considerarsi superato in virtù della legge 27 luglio 2000 n. 212, articolo 8, comma 1, (cosiddetto Statuto dei diritti del contribuente), il quale nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002 (cfr. Cass., 05/07/2017 n. 16532; Cass. 09/07/2013 n. 17001, Rv. 627180-01; Cass., 25/05/2007 n. 12262)». In particolare, la disciplina delle accise sull’energia elettrica stabilisce, quale unica forma di compensazione attuabile ex lege, che le somme che risultino eventualmente versate in più dal debitore all’esito dei conguaglio annuale sono detratte dai successivi versamenti in acconto (art. 56 TUA). Ne consegue che l’estinzione dei debiti di imposta di A. I. non può farsi risalire a data anteriore a quella del provvedimento del 5.8.2010 della Direzione regionale della Liguria, attuativo (peraltro solo parzialmente) della compensazione “anomala” autorizzata su base nazionale dal Direttore dell’Area Centrale dell’Agenzia il 17 luglio 2009 in accoglimento dell’istanza in tal senso avanzata dalla società, e non può aver avuto effetto sanante retroattivo delle violazioni dalla stessa commesse”. 

Corte di Cassazione – Sentenza 22 ottobre 2020, n. 23160

sul ricorso iscritto al n. 18418/2017 R.G. proposto della Agenzia delle dogane e dei monopoli

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro A- I. s.p.a. (già E. I. S.p.a.) con sede in Genova, via Enrico Albareto n. 21, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Puri, Nicola Lucariello e Alberto Mula, giusta procura a margine del ricorso, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma via XXIV maggio n. 43

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 797/22/2016, depositata il 15 giugno 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 aprile 2019 dal Cons. Marco Dinapoli.

Udito il Pubblico Ministero, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Uditi gli l’Avv.ti delle parti costituite che hanno concluso riportandosi alle richieste scritte di cui ai rispettivi atti.

FATTI DI CAUSA

E. I. s.p.a. (poi divenuta A. I. s.p.a.), cliente grossista nel mercato dell’ energia elettrica, in quanto tale soggetto passivo dell’Imposta di consumo, impugnò con separati ricorsi due atti di contestazione ed irrogazione di sanzioni amministrative, rispettivamente n. 314100-139-2008 del 31 gennaio 2008 e n. 314100-164-2008 del 4 febbraio 2008, emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli – ufficio di Torino, ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 471/97 e 59, commi 1 e 5, d.lgs. n. 504/95, per omessi o ritardati versamenti di addizionali provinciali e per presentazione tardiva, ed irregolare compilazione, delle dichiarazioni di consumo degli anni 2005 e 2006.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 139/5/2013, riteneva dovute le sanzioni, esclusa la somma di euro 14.670,54 compensata con altro credito di imposta.

Avverso tale decisione proponevano appello in via principale A. I. s.p.a. ed in via incidentale Agenzia delle dogane.

La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con sentenza n. 797/22/2016 depositata il 15 giugno 2016, non notificata, accoglieva l’appello principale, rilevando: che, nelle more del giudizio, era stato accertato che A. vantata a livello nazionale crediti a titolo di rimborso di accise superiori ai debiti derivanti dai mancati versamenti, e che l’Ufficio Centrale dell’Agenzia aveva accolto l’istanza di compensazione avanzata dalla società, sicché le sanzioni dovevano ritenersi illegittime, non potendo configurarsi omessi versamenti di imposta; che neppure era dovuta la sanzione di cui all’art., 59, 1° comma, lett. c) TUA in mancanza dì dolo specifico della contribuente.

L’ Agenzia ricorre per la cassazione della sentenza, con atto affidato a tre motivi. A. I. s.p.a. resiste con controricorso con il quale eccepisce l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 366, 10 comma, nn. 3 e 6 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 56 del d.lgs. n. 504/1995, 1242 e 1246 cod. civ. L. n. 212/2000, 59, comma 1 lett. c del d.lgs. n. 504/1995, 13 del d.lgs. n. 471/1997.

Secondo la ricorrente la CTR sarebbe incorsa in errore per aver ritenuto che gli obblighi di dichiarazione e di versamento dell’imposta, previsti dalla legge per ciascuna provincia in cui opera il contribuente, e la cui omissione è stata sanzionata, siano venuti meno a seguito della compensazione autorizzata a livello nazionale fra tutte le reciproche poste di credito e di debito delle parti, peraltro con espressa esclusione delle sanzioni: tale accordo non potrebbe infatti essere equiparato ad una compensazione di tipo civilistico, con l’ effetto estintivo di cui all’ art.1242 cod. civ., atteso che in materia tributaria la compensazione è ammissibile solo nei casi espressamente previsti dalla legge, fra i quali non rientra quello di specie;

inoltre, anche volendo ritenere applicabile la norma codicistica, l’effetto estintivo non potrebbe essersi prodotto, in difetto dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del crediti opposti in compensazione, atteso che dai conteggi effettuati era emerso che il debito di A. per le addizionali (ivi compreso quello relativo alla provincia di Torino) era superiore al credito vantato dalla società per il medesimo titolo, tanto che la società aveva provveduto a versare la differenza dovuta, maggiorata degli interessi e delle indennità di mora.

La CTR avrebbe, infine, erroneamente desunto dalla sopravvenuta estinzione del debito relativo ai tributi la mancanza dell’elemento soggettivo richiesto ai fini dell’erogazione della diversa sanzione di cui all’art. 59 lett. c) del d.lgs. TUA.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso di pronunziare in merito alla eccezione di inammissibilità del motivo d’appello di A.I. con il quale la società, pur riconoscendo che all’esito della procedura di compensazione era risultata una sua posizione a debito per le addizionali provinciali, aveva opposto l’esistenza di suoi ulteriori crediti da rimborso per tale titolo, benché accertati con sentenze non ancora passate in giudicato.

3. Con il terzo motivo Agenzia denuncia violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4) e 36 del d.lgs. n. 546/1992, lamentando omissione e perplessità della motivazione che sorregge la Sentenza impugnata.

4. L’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da A. I., da esaminare in relazione a ciascun motivo, è infondata con riguardo al primo mezzo di censura, che attiene a questioni di mero diritto, la cui soluzione non richiede la consultazione degli atti di causa.

5. Ciò premesso, il motivo deve essere accolto sotto entrambi i profili dedotti.

5.1. La CTR ha infatti, in primo luogo, erroneamente ritenuto che l’avvenuta definizione contabile fra le parti, a livello nazionale, delle reciproche poste di dare e avere, sopravvenuta alle violazioni accertate, avesse estinto l’obbligazione tributaria ai sensi dell’art. 1242 c.c., dal momento che la norma civilistica, secondo cui la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza, non può trovare applicazione in materia.

Invero, come già rilevato da questa Corte (Cass. Sez. V, 7 marzo 2019 n. 6645) con decisione dalla quale non vi è motivo di discostarsi, «è principio consolidato in materia tributaria che la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione di rimborso, ed ogni deduzione, sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio, per costante giurisprudenza di questa Corte, non può considerarsi superato in virtù della legge 27 luglio 2000 n. 212, articolo 8, comma 1, (cosiddetto Statuto dei diritti del contribuente), il quale nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002 (cfr. Cass., 05/07/2017 n. 16532; Cass. 09/07/2013 n. 17001, Rv. 627180-01; Cass.25/05/2007 n. 12262)».

In particolare, la disciplina delle accise sull’energia elettrica stabilisce, quale unica forma di compensazione attuabile ex lege, che le somme che risultino eventualmente versate in più dal debitore all’esito dei conguaglio annuale sono detratte dai successivi versamenti in acconto (art. 56 TUA).

Ne consegue che l’estinzione dei debiti di imposta di A. I. non può farsi risalire a data anteriore a quella del provvedimento del 5.8.2010 della Direzione regionale della Liguria, attuativo (peraltro solo parzialmente) della compensazione “anomala” autorizzata su base nazionale dal Direttore dell’Area Centrale dell’Agenzia il 17 luglio 2009 in accoglimento dell’istanza in tal senso avanzata dalla società, e non può aver avuto effetto sanante retroattivo delle violazioni dalla stessa commesse.

5.2.Quanto alla doglianza concernente la violazione dell’art. 59, comma 1, lett. c) TUA, la CTR ha erroneamente ritenuto che la norma richieda, per l’applicazione della sanzione, la sussistenza del dolo specifico di evasione.

Infatti, come già deciso da questa Corte (Cass. Sez. V, 4 giugno 2019 n. 15200) «Decisivo ai fini della interpretazione della suddetta disposizione è l’incipit costituito dall’avverbio «indipendentemente», che denota l’applicazione della suddetta sanzione a prescindere dalla sussistenza di fatti costituenti reato di cui agli artt. 40 e ss. TUA, come la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa su prodotti energetici mediante omissione di presentazione della dichiarazione annuale riepilogativa. Ciò che la norma richiede è il mero verificarsi di comportamenti (o anche solo di fatti), che prescindono in quanto tali da condotte assistite da dolo generico o specifico, quali … la redazione incompleta delle dichiarazioni di cui all’art. 55, commi 1 e 3 TUA, o la tenuta irregolare delle registrazioni di cui all’art. 55, comma 9 TUA pro tempore vigente, o la mancata presentazione della documentazione di cui all’art. 58, commi 3 e 4 TUA. Lo stesso riferimento alle somme evase o che si è tentato di evadere non appare dirimente, in quanto l’evasione va intesa quale sinonimo di inadempimento dell’obbligazione tributaria».

6. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono assorbiti.

7. All’accoglimento del primo motivo conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Commissione Tributaria del Piemonte, in diversa composizione, che verificherà in concreto la ricorrenza dei presupposti per l’irrogazione di ciascuna sanzione e valuterà se, tenuto conto delle circostanze del caso, l’ammontare delle sanzioni irrogate per la tardiva e/o irregolare presentazione delle dichiarazioni di consumo 2005/2006 risulti congruo, alla luce del principio di proporzionalità della sanzione, applicabile anche d’ufficio, costantemente enunciato dalla Corte di Giustizia in tema di tributi armonizzati (C.Giust. 22.12.2010, C-438/09 Dankowski, par. 37; C.Giust. 12.7.2012, C-284/11, EMS -Bulgaria Transport, par. 67 e 75; C. Giust. 17.7.2014, C. 272/13 Equoland; cfr. anche Cass. n.1830/019, nonché Cass. n. 2998/017).

Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese dì questo giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma il 18 aprile 2019.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a) del d.p.c.m. 8 marzo 2020.

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