CASSAZIONE

La Cassazione: non sono validi gli atti firmati senza delega

I giudici della Suprema Corte, con tre distinte sentenze del 9 novembre 2015, interrompono una questione che è stata oggetto di numerosi ricorsi presentati negli ultimi mesi dinanzi ai giudici tributari e che ha generato disorganiche interpretazioni da parte delle Commissioni tributarie.

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La Suprema Corte afferma inizialmente che il principio che la nullità degli atti deve in ogni caso essere previsto per legge.

Nello specifico, la Corte Costituzionale lo scorso marzo, con la sentenza 37/2015, aveva dichiarato nulle le nomine di 767 dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che erano stati assunti senza concorso. Ora la Corte di Cassazione, intervenendo sul tema con tre sentenze collegate, tutte depositate il 9/11/2015 (nn. 22800, 22803, 22810), ha essenzialmente ritenuto che gli atti dell’Agenzia delle Entrate sono validi se sottoscritti da chi ricopriva la funzione di capoufficio o da funzionari della carriera direttiva che avevano ricevuto una delega di firma.

La delega di firma al funzionario incaricato, che quindi non ha sostenuto un concorso da dirigente, non è di per sé motivo di nullità dell’atto. Ma ciò non vuol dire che tutti gli avvisi siano validi. Gli Ermellini hanno quindi ritenuto che la sottoscrizione degli accertamenti o degli atri atti non è condizionata dalla validità o meno dalla qualifica dirigenziale attribuita in base alla disposizione dichiarata incostituzionale. Di fatto la Corte ha posto di certo un solido fermo alle preoccupazioni nate dalla prevedibile moltiplicazione del contenzioso per far valere l’illegittimità degli avvisi sottoscritti dai decaduti.

La Suprema Corte entra così nel merito della questione, mettendo in chiaro almeno tre punti fondamentali ma tutti convergenti sull’unico presupposto che gli atti non sono automaticamente nulli.

Sinteticamente è possibile rilevare i punti salienti delle richiamate pronunce:

– Sentenza 22800/2015: afferma che l’avviso di accertamento è nullo senza la firma del capo ufficio o di un altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato. Qualora poi sia il contribuente a contestare la legittimazione alla firma, è onere del fisco provare il possesso dei requisiti previsti dalla legge;

– Sentenza 22803/2015: decreta che la delega in bianco, priva del nome del soggetto delegato va considerata nulla, in quanto il contribuente non può facilmente appurare se il delegatario ha il potere di sottoscrivere l’atto. La sentenza ricorda, anche, che quando il contribuente eccepisce la potenziale illegittimità della sottoscrizione, l’onere della prova circa la legittimità della stessa spetta all’ente impositore. In questo caso qualche apertura per il contribuente potrebbe ancora esserci, presupposto che l’eventuale illegittimità sia stata sollevata nel primo ricorso e non durante il contenzioso;

– Sentenza 22810/2015: dichiara che non occorre che i funzionari delegati possiedano qualifiche dirigenziali affinché gli avvisi siano legittimi.

Atti validi, quindi, ma nell’ambito di criteri ben precisi, ricordando infine, nella pronuncia n.22810, che: “Possono in conclusione essere affermati nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ., i seguenti principi di diritto: “In ordine agli avvisi di accertamento in rettifica e agli accertamenti d’ufficio, il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, impone sotto pena di nullità che l’atto sia sottoscritto dal “capo dell’ufficio” o “da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”, senza richiedere che il capo dell’ufficio o il funzionario delegato abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale; ciò ancorché una simile qualifica sia eventualmente richiesta da altre disposizioni. In esito alla evoluzione legislativa e ordinamentale, sono impiegati della carriera direttiva, ai sensi della norma appena evocata, i “funzionari di area terza” di cui al contratto del comparto agenzie fiscali fissato per il quadriennio 2002-2005. In questo senso la norma sopra citata individua l’agente capace di manifestare la volontà della amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna, identificando quale debba essere la professionalità per legge idonea a emettere quegli atti. Essendo la materia tributaria governata dal principio di tassatività delle cause di nullità degli atti fiscali, e non occorrendo, ai meri fini della validità di tali atti, che i funzionari (delegati o deleganti) possiedano qualifiche dirigenziali, ne consegue che la sorte degli atti impositivi formati anteriormente alla sentenza n. 37 del 2015 della corte costituzionale, sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell’ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui art. 8, 24° comma, del d.l. n. 16 del 2012”.calendar-657x245


 

CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 9 novembre 2015, n. 22800

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione deducendo due motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto-Mestre del 13/12/2013 n. 115/29/13 che accoglieva l’appello del sig. G.Q. e dichiarava la nullità di avvisi di accertamento dei redditi emessi nei di lui confronti.

La Commissione riteneva che tali avvisi fossero nulli in quanto emessi senza una adeguato preventivo contraddittorio e sottoscritti da funzionario non legittimato.

Il contribuente non si è costituito in giudizio. La Avvocatura di Stato ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Appare opportuno esaminare, in primo luogo, il secondo motivo di ricorso, relativo alla legittimazione del funzionario che ha sottoscritto gli atti impositivi, su delega del capo dell’ufficio. E dal momento che la sentenza impugnata ha affrontato un articolato complesso di problemi, che formano oggetto del ricorso erariale, il Collegio ritiene opportuno esaminare funditus la questione pronunciandosi ex art. 363 c.p.c. su tutti i profili , ancorché —come risulterà in prosieguo- nel caso di specie il motivo di ricorso debba essere rigettato per considerazioni specifiche…. continua per leggere la sentenza completa

Corte di Cassazione
Sentenza 9 novembre 2015, n. 22803

 Fatto

Con sentenza depositata il 30.5.2014 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia rigettava l’appello proposto dalla M.S. s.r.l. e dai soci F.C. e L.M. avverso la sentenza della CTP di Modena n. 186/2/13 che aveva confermato la legittimità degli avvisi di accertamento Iva e Irap, per l’anno 2005, con cui venivano ricostruiti indirettamente i ricavi e le operazioni imponibili ai fini Iva.

Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, confermando quanto affermato già nella sentenza di primo grado, con riferimento alla mancata sottoscrizione degli atti impugnati dal capo dell’ufficio o da altro impiegato direttivo da lui delegato che l’atto di accertamento di impugnazione risulta sottoscritto, su delega del direttore provinciale, dal capo area abilitato da ordini di servizio.

Ritiene trattarsi di delega “di firma” e non ” di funzioni” che consente al funzionario delegato di sottoscrivere l’avviso di accertamento “per il direttore”, non potendo, comunque, parlarsi di illegittimità in quanto il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato… continua per leggere la sentenza completa

Corte di Cassazione
Sentenza 9 novembre 2015, n. 22810

 Svolgimento del processo

Alla P&P di P. F. e S. s.n.c. venivano notificati in sequenza tre avvisi di accertamento, rispettivamente relativi agli anni 2005, 2006 e 2007, in quanto la società aveva assunto, attingendo a liste di mobilità, quattro dipendenti precedentemente licenziati da altra società collegata (la PN di P. Nevio & c. s.n.c.).

Secondo l’assunto dell’ufficio, vi era stata in tal modo l’indebita fruizione di agevolazioni contributive ex l. n. 223 del 1991, con conseguente omessa registrazione di proventi illeciti (in violazione dell’art. 14, 4° comma, della l. n. 537 del 1993) ed esposizione di costi indeducibili ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della l. cit.

In forza di simili rilievi, puntualmente tratti da un verbale di constatazione della guardia di finanza, l’ufficio recuperava a tassazione maggiori redditi d’impresa che, con separati avvisi di accertamento, venivano imputati, ai fini dell’lrpef, alle due socie F. e S. P..

A queste veniva infine notificata l’iscrizione a ruolo dell’lrpef, con relative addizionali, interessi e sanzioni.

Sia la società che le socie impugnavano gli avvisi di accertamento.… continua a leggere per la sentenza completa

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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