CASSAZIONE

La Cassazione interviene sull’esonero dalla tassa rifiuti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10548 del 28 aprile 2017, intervenendo in tema superfici tassabili ai fini della TARSU, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui il Comune aveva ripreso a tassazione una parte delle aree di un’attività di cantieristica e rimessaggio per imbarcazioni, in applicazione del regolamento comunale che, ai sensi dell’art. 62, comma 3, D.Lgs. 507/1993, individua categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale forfettaria di riduzione. Ricordiamo, tuttavia, che la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, istituita e regolata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993, può essere ridotta o addirittura azzerata in alcune tassative ipotesi previste dall’articolo 62 del decreto.

Nello specifico, gli Ermellini hanno puntualizzato su come l’applicazione della riduzione in oggetto – intorno al 30% – sia subordinata, come stabilito nel regolamento stesso, al fatto che “… risulti difficile determinare la superficie in cui si producono rifiuti speciali”, per cui si doveva applicare l’esenzione piena alle aree produttive di rifiuti speciali per le quali il contribuente aveva specificatamente dimostrato la formazione di rifiuti speciali e in quale modo provvedeva allo smaltimento diretto degli stessi.

La vicenda ha interessato una società di cantieristica e rimessaggio per imbarcazioni che, a seguito di accertamento emesso per la tassa smaltimento rifiuti solidi urbani notificatogli dal Comune, proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale ritenendo che le aree destinate all’esercizio della propria attività dovessero essere escluse dal pagamento della tassa in questione.

I giudici di prime cure accoglievano le doglianze del ricorrente e annullavano l’atto impositivo.

Difatti, il decreto legislativo n. 507, all’art. 62, comma 3, dispone che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti.

Atteso il tenore della disposizione in esame – e dovendo escludersi che l’esenzione possa essere stata prevista anche per chi smaltisce rifiuti speciali in discariche abusive o nei cassonetti dei rifiuti urbani – la norma deve essere interpretata nel senso che l’esenzione dalla Tarsu per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese.

Pertanto, l’onere della prova della sussistenza di entrambi i suddetti presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione, in quanto, se e’ vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’Amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 4766/2004).

Il Comune impugnava comunque la decisione di primo grado con ricorso prodotto alla Commissione Tributaria Regionale, i cui giudici confermavano la sentenza della CTP escludendo le aree nelle quali la società aveva provato che si formavano i rifiuti speciali, che provvedeva allo smaltimento diretto e in quale modo e di aver reso di tutto ciò edotta l’amministrazione comunale; munita di informazioni specifiche e dettagliate, quest’ultima non poteva applicare la disposizione regolamentare a forfait.

Il Comune proponeva allora ricorso per cassazione, che gli Ermellini rigettavano evidenziando che l’esonero da tassazione previsto dall’art. 62, comma 3, D.Lgs. 507/1993 per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra un’eccezione, i cui presupposti spetta quindi al contribuente allegare e provare ( Cass. 14 gennaio 2011, n. 775; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235) , sentenziando che: “…Vero che l’esonero da tassazione previsto dall’art. 62, comma 3, d.lgs. 507/1993 per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra un’eccezione, i cui presupposti spetta quindi al contribuente allegare e provare (Cass. 9 marzo 2004, n. 4766, Rv. 570897; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775, Rv. 616349; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235, Rv.636107). Vero altresì che l’art. 62, comma 3, d.lgs. 507/1993 attribuisce ai Comuni la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà la quale esige tuttavia uno specifico esercizio regolamentare, in difetto restando le superfici esenti da tassazione (Cass., sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581, Rv. 607450; Cass. 13 giugno 2012, n. 9630, Rv. 622870). Ciò premesso, nella specie la riduzione del 30% è prevista dal regolamento comunale in via forfetaria e come tale è stata applicata alle superfici di che trattasi («non essendo agevolmente identificabile quella ove venivano prodotti i rifiuti speciali»: pag. 3 di ricorso); invero, l’art. 10, comma 4, reg. comunale TARSU indica una precisa condizione della detassazione a percentuale fissa («ove risulti difficile determinare la superficie in cui si producono rifiuti speciali …»: pag. 10 di controricorso). Con motivazione non censurata, la sentenza d’appello dichiara che E.C. ha provato in quali aree si formano i rifiuti speciali, in quale modo provvede allo smaltimento diretto e di aver reso di tutto ciò edotta l’amministrazione comunale; munita di informazioni specifiche e dettagliate, quest’ultima non poteva applicare la disposizione regolamentare à forfait. Quindi, la sentenza d’appello è immune da violazione di legge, denunciando la quale il Comune tende a ottenere un’inammissibile riedizione del giudizio di fatto”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 28 aprile 2017, n. 10548

Fatti di causa

In rigetto dell’appello del Comune di Portoferraio, la Commissione tributaria regionale della Toscana confermava l’annullamento di primo grado dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di E.C. s.p.a. per la tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, annualità 2001, relativa alle superfici di esercizio dell’attività di cantieristica e rimessaggio per imbarcazioni.

Il giudice d’appello ribadiva la detassazione piena – invece di quella parziale concessa dal Comune – per le aree che la società aveva provato essere luoghi di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio.

Il Comune di Portoferraio ricorre per cassazione sulla base di unico motivo.

La società E.C. resiste mediante controricorso, illustrato da memoria.

Ragioni della decisione

  1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 3, e 68, comma 3, d.lgs. 507/1993, per aver il giudice d’appello ritenuto spettante la detassazione totale delle superfici di formazione dei rifiuti speciali nonostante il regolamento comunale prevedesse per la categoria di attività soltanto una riduzione del 30%.
  2. Il ricorso è inammissibile.

Vero che l’esonero da tassazione previsto dall’art. 62, comma 3, d.lgs. 507/1993 per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra un’eccezione, i cui presupposti spetta quindi al contribuente allegare e provare (Cass. 9 marzo 2004, n. 4766, Rv. 570897; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775, Rv. 616349; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235, Rv.636107).

Vero altresì che l’art. 62, comma 3, d.lgs. 507/1993 attribuisce ai Comuni la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà la quale esige tuttavia uno specifico esercizio regolamentare, in difetto restando le superfici esenti da tassazione (Cass., sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581, Rv. 607450; Cass. 13 giugno 2012, n. 9630, Rv. 622870).

Ciò premesso, nella specie la riduzione del 30% è prevista dal regolamento comunale in via forfetaria e come tale è stata applicata alle superfici di che trattasi («non essendo agevolmente identificabile quella ove venivano prodotti i rifiuti speciali»: pag. 3 di ricorso); invero, l’art. 10, comma 4, reg. comunale TARSU indica una precisa condizione della detassazione a percentuale fissa («ove risulti difficile determinare la superficie in cui si producono rifiuti speciali …»: pag. 10 di controricorso).

Con motivazione non censurata, la sentenza d’appello dichiara che E.C. ha provato in quali aree si formano i rifiuti speciali, in quale modo provvede allo smaltimento diretto e di aver reso di tutto ciò edotta l’amministrazione comunale; munita di informazioni specifiche e dettagliate, quest’ultima non poteva applicare la disposizione regolamentare à forfait.

Quindi, la sentenza d’appello è immune da violazione di legge, denunciando la quale il Comune tende a ottenere un’inammissibile riedizione del giudizio di fatto.

  1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, con aggravio di spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.200,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Dichiara che il ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.

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