La Cassazione conferma le norme per il calcolo degli interessi sui rimborsi di imposte in relazione al dies a quo e alla loro maturazione
Tributi – IRES – IRAP – Art. 44, DPR 602/1973 – Art. 6, Dl 185/2008 – Interessi e loro decorrenza – Rimborso delle imposte sul reddito – Natura compensativa e non moratoria degli interessi – Deducibilità forfettaria – Dies a quo – Rigetto
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9696 del 14 aprile 2025, intervenendo in materia di interessi da rimborso IRES – è stabilito che il tasso di interesse dei rimborsi fiscali è del 2% annuo, calcolato all’1%
semestrale, escluso il primo e l’ultimo semestre dell’ordinativo di pagamento – ha riconfermato in toto quanto precedentemente stabilito dalla stessa Suprema Corte con la pronuncia n. 11189/2023, nella quale veniva statuito che: “… In tema di rimborso delle imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 – che non presuppongono la mora dell’Amministrazione e mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro già versata al fisco oggetto di restituzione – maturano, indipendentemente dalla buona o mala fede dell’”accipiens”, al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento (non già della domanda) e fino a quella dell’ordinativo di pagamento”. (v. Cass. T., n. 11189/2023).
In sostanza, l’orientamento della Suprema Corte si è indirizzato costantemente ad affermare che gli interessi di cui all’articolo 44 del DPR 602/1973 non hanno natura sanzionatoria o moratoria, riconoscendo la natura compensativa e non moratoria degli interessi che mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente a causa di un pagamento indebito, prescindendo da una condotta colposa o ritardataria dell’Amministrazione e decorrendo dal giorno stesso del versamento.
Tale interpretazione garantisce una tutela effettiva del contribuente e ripristina l’equilibrio patrimoniale alterato dall’esborso non dovuto, come peraltro più volte chiarito dalla giurisprudenza vigente della Cassazione (v. Sent. n. 27711/2022; Sent. n. 28493/2023; Sent. n. 11189/2023; Sent. n. 13332/2023; Ordinanza n. 7819/2025), dove questi interessi assolvono una funzione specifica di reintegrazione patrimoniale a favore del contribuente che ha subito un esborso fiscale indebito per un periodo di tempo.
Proprio in virtù della loro natura compensativa, la corresponsione di tali interessi non presuppone una situazione di mora o un comportamento colposo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Il diritto agli interessi sorge automaticamente al verificarsi del presupposto del rimborso, indipendentemente dai tempi impiegati dall’ufficio per provvedere. La ratio sottesa alla previsione di tali interessi è quella di reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente a causa dell’esborso non dovuto e viene compensato per il mancato godimento di tale liquidità.
La giurisprudenza di legittimità ha inoltre precisato che gli interessi compensativi decorrono dal giorno del pagamento indebito e non dalla data della richiesta di rimborso o da un eventuale atto di accertamento dell’indebito versamento, il che sottolinea ulteriormente la loro funzione di ristoro per la indisponibilità del denaro sin dal momento dell’esborso.
Gli Ermellini hanno così chiaramente delimitato la disciplina di questi interessi da quella relativa agli interessi moratori previsti in altri contesti tributari, evidenziando la diversità dei presupposti e della ratio, che appare coerente con la finalità di garantire la piena reintegrazione patrimoniale del contribuente, poiché riconoscendo la natura compensativa di tali interessi, svincolandola dal concetto di mora dell’Amministrazione, tutela il contribuente dal pregiudizio economico subito per effetto di un versamento rivelatosi indebito.
La decorrenza degli interessi dal giorno del pagamento sottolinea l’importanza di ristorare il contribuente per l’intero periodo di indisponibilità delle somme. si basa sul principio di equità e sulla necessità di ripristinare la situazione patrimoniale antecedente al pagamento non dovuto.
Un aspetto di particolare interesse potrebbe risiedere nella maturazione degli interessi sui rimborsi di imposte dirette, che ai sensi del citato articolo 44 del DPR 602/1973 maturano per ogni semestre intero successivo alla data del versamento (escluso il primo semestre) e fino alla data dell’ordinativo di pagamento (Cass. nn. 25684/2016 e n. 36180/2023).
Inoltre, ricordano i supremi Giudici, gli interessi vanno calcolati al tasso legale vigente al momento della scadenza di ciascun semestre (Cass. n. 25684/2016): il tasso legale può variare nel tempo in base ai decreti ministeriali e, attualmente, il tasso ordinario è fissato annualmente.
Per i rimborsi si applica il tasso semestrale previsto (attualmente 1% semestrale, ovvero 2% annuo, come da DM 21 maggio 2009). La Cassazione ha ulteriormente chiarito (n. 26054/2025) che gli interessi sui rimborsi non possono essere calcolati sugli eventuali interessi che erano stati richiesti al contribuente in fase di accertamento.
La chiara distinzione operata dalla Cassazione rispetto agli interessi moratori potrebbe, quindi, scongiurare qualche confusione applicativa e potrebbe garantire che la disciplina dell’articolo 44, DPR 602/1973 possa essere interpretata in linea con la sua specifica ratio compensativa.
Infine, rammentiamo sia la sentenza n. 13332/2023, sia l’Ordinanza n. 8034/2025, che si concentrano sul termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso e che hanno rinnovato la portata generale dell’articolo 38 del citato DPR n. 602, secondo cui il termine di decadenza di quarantotto mesi decorre dalla data del versamento.
In sintesi, la giurisprudenza della Cassazione mira a garantire che il contribuente che ha versato imposte non dovute sia integralmente ristorato del pregiudizio finanziario subito attraverso un meccanismo di calcolo degli interessi che tiene conto del momento effettivo del pagamento e della durata del mancato godimento delle somme.
La natura compensativa degli interessi è un principio cardine che guida l’interpretazione delle norme in materia.
Tanto premesso e tornando alla vicenda oggi esaminata, essa riguarda un ricorso dell’Agenzia delle entrate in relazione a un cospicuo rimborso ottenuto nei gradi di merito da un importante istituto di credito a titolo di IRES, indebitamente assolta per alcuni anni d’imposta, per non aver dedotto la quota deducibile del 10% dell’IRAP complessivamente versata in tali annualità. Intervenuta la giustizia tributaria, la CTP ha ritenuto, come prospettato dalla parte privata, ai sensi dell’art. 44, DPR 602/1973, che il dies a quo dovesse individuarsi nella data di versamento delle imposte e non, come prospettato dalla parte pubblica, nella data di emissione dell’ordinativo di pagamento. L’Amministrazione finanziaria impugnava la sentenza dinanzi alla CTR, che rigettava l’appello. Avverso tale sentenza ricorreva l’Avvocatura erariale, affidandosi a un unico motivo di ricorso, nel quale veniva essenzialmente rappresentato che l’introduzione dell’articolo 6, Dl 185/2008, che legittima la deducibilità forfettaria del 10% dalla data di entrata in vigore della novella normativa, dovrebbe condurre a considerare la corretta decorrenza degli interessi dal momento in cui sorge per il contribuente il presupposto per ottenere il rimborso, presupposto coincidente con l’entrata in vigore dell’art. 6 del citato decreto-legge. Tale ultima disposizione, di natura sostanziale, sarebbe volta all’eliminazione di un presupposto impositivo, e per l’effetto non indica il dies a quo di maturazione degli interessi, dovendosi avere riguardo, sotto tale profilo, ai principi generali in materia di rimborso e restituzione di indebito, così come prospettati dall’art. 44, DPR 602/1973. La Suprema Corte ha dissentito dalla predetta prospettazione, precisando ulteriormente che: “…. Orbene, in materia di rimborsi, l’art. 44 del D.P.R. n. 602/1973 dispone (va) che: “II contribuente che abbia effettuato versamenti diretti o sia stato iscritto a ruolo per un ammontare di imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del uno per cento per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento o della scadenza dell’ultima rata del ruolo in cui è stata iscritta la maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso dall’intendente di finanza o dell’elenco di rimborso.” 1.3. Sul punto è stato affermato che in tema di deducibilità forfettaria dell’IRAP ai fini del rimborso delle imposte sul reddito – prevista dall’art. 2, comma 1-quater, del D.L. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, anche per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31/12/2012, per i quali alla data del 2/3/2012 non è maturato il termine decadenziale di cui all’art 38 del D.P.R. n. 602 del 1973 – gli interessi sulla sorte da rimborsare sono diretti a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro oggetto di restituzione e maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento (Cass. T, n. 13755/2024, cfr. altresì n. 30639/2023).Più precisamente, si è specificato che in tema di rimborso delle imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 del D.P.R. n. 602 del 1973 – che non presuppongono la mora dell’Amministrazione e mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro già versata al fisco oggetto di restituzione – maturano, indipendentemente dalla buona o mala fede dell’”accipiens”, al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento (non già della domanda) e fino a quella dell’ordinativo di pagamento (cfr. Cass. T., n. 11189/2023). Ed ancora, si è ribadito che in tema di rimborso d’imposte, gli interessi dovuti dall’erario al contribuente per la ritardata restituzione sono soggetti alla disciplina dei rimborsi semestrali, ai sensi degli artt. 38 e 44 del D.P.R. n. 602 del 1973, sicché maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda, ma del versamento e fino a quella dell’ordinativo del pagamento, e vanno calcolati al tasso legale vigente al momento della scadenza di ciascun semestre (Cfr. Cass. V, n. 25684/2016). 2. Non può essere quindi fatto riferimento alla data della domanda, ma a quella del versamento dell’indebito e fino alla data del provvedimento di liquidazione o mandato di pagamento che è comunicato in un termine ragionevolmente breve al creditore. In conclusione, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 14 aprile 2025, n. 9696
sul ricorso iscritto al n.11740/2019 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro B. M. P.SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIUSEPPE ZANARDELLI 34, presso lo studio dell’avvocato MENICHETTI SARA, rappresentato e difeso dagli avvocati PADOVANI FRANCESCO, RUSSO PASQUALE
– controricorrente –
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 2353/2018 depositata il 20/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Co:MARCELLO MARIA FRACANZANI.
Fatti di causa
B.M.P.S. presentava istanza di rimborso ex art. 6, comma 3, D.L. n. 185 del 29 novembre 2008, richiedendo, per il periodo 01.01.2004 – 31.12.2004, l’erogazione della somma di Euro 2.385.241,00 a titolo Ires, indebitamente assolta per i suddetti anni di imposta, per non aver dedotto la quota deducibile del 10% dell’Irap complessivamente versata in tale annualità.
La società contribuente presentava al contempo istanza di rimborso per le annualità 2006 e 2007 (e segnatamente, per il periodo 01.01.2006 – 31.12.2006 la somma di Euro 9.996.828,00, e, per il periodo 01.01.2007 – 31.12.2007 la somma di Euro 2.556.995,00).
Risultata soddisfatta la domanda di rimborso in linea capitale, come presentata dalla parte, la società insisteva nella richiesta di corresponsione degli interessi da versare sugli importi rimborsati, da calcolarsi dalla data dell’effettuato versamento.
La CTP di Firenze incardinata si pronunciava con due sentenze.
In particolare, con sentenza n. 233/03/2016 (anni di imposta 2006 e 2007) e con sentenza n. 383/02/2017 (anno di imposta 2004), la CTP di Firenze dichiarava da un lato – e conformemente alla richiesta delle parti – cessata la materia del contendere in relazione al rimborso in linea capitale, e, dall’altro lato, accoglieva il ricorso della società in relazione alla corresponsione degli interessi.
La CTP riteneva difatti che, come prospettato dalla parte privata, ai sensi dell’art. 44 D.P.R. n. 602 del 1973, il dies a quo dovesse individuarsi nella data di versamento delle imposte e non, come prospettato dalla parte pubblica, nella data di emissione dell’ordinativo di pagamento.
L’Amministrazione finanziaria impugnava entrambe le sentenze dinanzi alla CTR della Toscana che, riunite le cause, le decideva unitariamente con la sentenza n. 2353/2018 rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
Avverso tale sentenza ricorre il Patrono erariale, affidandosi ad un unico motivo di ricorso, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso, illustrato con memoria in prossimità dell’adunanza.
Considerato che
1. Viene proposto unico motivo di ricorso, con il quale si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 44 del D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, dell’articolo 2033 cod. civ., nonché dell’articolo 6 del D.L. n. 158 del 20 ottobre 2008. (ndr articolo 6 del D.L. n. 185 del 29 novembre 2008).
1.1 Nello specifico, si contesta l’applicazione letterale dell’articolo 44 cit. che non dà rilievo alla asserita peculiarità della fattispecie genetica del diritto al rimborso, relativa non ad un indebito originario (configurantesi nel diverso caso di imposta ab origine non dovuta), bensì alla introduzione dell’articolo 6 del D.L. n. 185/2008, che legittima la deducibilità forfettaria del 10% dalla data di entrata in vigore della novella normativa.
Il combinato disposto delle norme che governano la materia difatti, dovrebbe condurre, secondo la prospettazione dell’Ufficio, a considerare la corretta decorrenza degli interessi dal momento in cui sorge per il contribuente il presupposto per ottenere il rimborso, presupposto coincidente con l’entrata in vigore dell’art. 6 del D.L. cit. Tale ultima disposizione, di natura sostanziale, è volta all’eliminazione di un presupposto impositivo, e per l’effetto non indica il dies a quo di maturazione degli interessi, dovendosi avere riguardo sotto tale profilo ai principi generali in materia di rimborso e restituzione di indebito, così come prospettati dall’art. 44 D.P.R. n. 602/1973.
1.2. Orbene, in materia di rimborsi, l’art. 44 del D.P.R. n. 602/1973 dispone (va) che: “II contribuente che abbia effettuato versamenti diretti o sia stato iscritto a ruolo per un ammontare di imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del uno per cento per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento o della scadenza dell’ultima rata del ruolo in cui è stata iscritta la maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso dall’intendente di finanza o dell’elenco di rimborso.”
1.3. Sul punto è stato affermato che in tema di deducibilità forfettaria dell’IRAP ai fini del rimborso delle imposte sul reddito – prevista dall’art. 2, comma 1-quater, del D.L. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, anche per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31/12/2012, per i quali alla data del 2/3/2012 non è maturato il termine decadenziale di cui all’art 38 del D.P.R. n. 602 del 1973 – gli interessi sulla sorte da rimborsare sono diretti a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro oggetto di restituzione e maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento (Cass. T, n. 13755/2024, cfr. altresì n. 30639/2023).
Più precisamente, si è specificato che in tema di rimborso delle imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 del D.P.R. n. 602 del 1973 – che non presuppongono la mora dell’Amministrazione e mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro già versata al fisco oggetto di restituzione – maturano, indipendentemente dalla buona o mala fede dell’”accipiens”, al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento (non già della domanda) e fino a quella dell’ordinativo di pagamento (cfr. Cass. T., n. 11189/2023).
Ed ancora, si è ribadito che in tema di rimborso d’imposte, gli interessi dovuti dall’erario al contribuente per la ritardata restituzione sono soggetti alla disciplina dei rimborsi semestrali, ai sensi degli artt. 38 e 44 del D.P.R. n. 602 del 1973, sicché maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda, ma del versamento e fino a quella dell’ordinativo del pagamento, e vanno calcolati al tasso legale vigente al momento della scadenza di ciascun semestre (Cfr. Cass. V, n. 25684/2016).
2. Non può essere quindi fatto riferimento alla data della domanda, ma a quella del versamento dell’indebito e fino alla data del provvedimento di liquidazione o mandato di pagamento che è comunicato in un termine ragionevolmente breve al creditore.
In conclusione, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro diecimiladuecento/00, per compensi, oltre ad Euro duecento/00 per esborsi, rimborso in misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge. Così deciso in Roma, il 19/03/2025