ECONOMIA

Italia: luci e ombre per industria, export, Pil, inflazione e prezzi

Secondo i dati Istat la produzione industriale italiana raggiunge i livelli massimi da 6 anni a questa parte. A dicembre 2016 aumenta di un +1,4% rispetto a novembre e nella media del trimestre ottobre-dicembre la crescita è stata dell’1,3% rispetto al trimestre precedente. In termini tendenziali a dicembre 2016 l’indice è aumentato del 6,6% e nella media del 2016 la produzione è cresciuta dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2015. Su base mensile in aumento tutti i comparti, con aumenti per i beni intermedi (+2%), di consumo (+1,5%), beni strumentali (+1,2%) ed energia (+0,7%). Riguardo ai settori di attività economiche, la maggiore crescita tendenziale nel mese di dicembre 2016 si registra nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+14,9%), della fabbricazione dei mezzi di trasporto (+12,2%) e di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, di misurazione e orologi (+11,9%). Segno meno, invece, per le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-4,1%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-0,6%).

In aumento anche l’indice della produzione nelle costruzioni a dicembre 2016, +1% su base mensile. Per l’Istat gli indici di costo del settore aumentano dello 0,1% per il tronco stradale con tratto in galleria e dello 0,3% per quello senza tratto in galleria. Invariati, invece, gli indici per quanto riguarda il fabbricato residenziale.

Nel 2016 le esportazioni aumentano dell’1,1% in valore e dell’1,2% in volume, mentre calano le importazioni dell’1,4% in valore e aumentano del 3,1% in volume. L’Istat comunica che a dicembre 2016 l’export e l’import sono cresciuti, rispetto a novembre, del 2,3% e del 2,5%. Il surplus commerciale tocca quota 51,6 miliardi di euro, in deciso miglioramento rispetto al 2015 e l’avanzo della bilancia non energetica è di 78 miliardi di euro.

 

Debito pubblico e crediti bancari

Il nostro debito pubblico risulta in aumento anche nel 2016, ma in maniera più moderata (…), secondo la Banca d’Italia. Le stime del debito e del fabbisogno delle PA per il 2016, diffuse a metà febbraio, dicono che al 31 dicembre il debito era di 2.217,7 miliardi, con un aumento del 2,07% rispetto al 2015 quando era di 2.172,7 miliardi (132,3%) del Pil. Nel documento si legge che il debito consolidato delle Amministrazioni centrali è cresciuto a 2.128,4 miliardi (+48,6 miliardi), mentre quello delle Amministrazioni locali è sceso a 89,1 miliardi (-3,6 miliardi, a 89,1. Sostanzialmente stabile il debito degli Enti previdenziali.

Nelle “Previsioni economiche d’inverno” rese note a febbraio, la Commissione europea ha rivisto al rialzo le stime sul Pil dell’Italia a +0,9% nel 2017 e +1,1% nel 2018, ma in peggioramento, invece, le previsioni per i conti pubblici, secondo le quali per il 2017 il rapporto tra debito e Pil salirà al 133,3% prima di scendere, nel 2018, di 0,1 punto percentuale (133,2%). Leggermente in ribasso il rapporto tra debito e Pil del 2016 – 132,8% da 133%. A Bruxelles è stato considerato positivamente il pubblico impegno, assunto dal nostro Governo, “di adottare misure di bilancio aggiuntive pari allo 0,2% del Pil entro il mese di aprile 2017”; lo stesso non si può dire per automobilisti e fumatori, sui quali ricadranno tali misure…

Nel suo ultimo rapporto sull’economia dell’Italia l’Ocse ha ribadito di tenere gli occhi bene aperti sul settore bancario, lanciando un allarme sul gigantesco ammontare di crediti in sofferenza iscritti a bilancio: il 90% del capitale dichiarato nel 2015. E’ necessario, secondo l’Organizzazione, puntare su obiettivi realistici nel brevissimo e medio periodo, 1 e 3 anni, attraverso provvedimenti ad hoc per gestire la ormai smisurata mole di prestiti, difficilmente recuperabili.

In termini di Pil, una notizia positiva arriva dal nostro Mezzogiorno, che per la prima volta cresce più del Nord: un rapporto pubblicato da Ismea e Svimez rende noto che per la prima volta il Pil del Sud Italia registra un +0,8% a fronte del +0,5% del Settentrione. Il risultato è dovuto all’exploit dell’agricoltura, cresciuta del 7,3% rispetto all’1,6% del Centro Nord. A livello regionale i risultati migliori si sono avuti in Calabria, soprattutto per la produzione di olio d’oliva, e in Campania.

 

Allarmi su ripresa e prezzi

Secondo quanto pubblicato dal Centro studi degli industriali (Csc), l’Italia non riesce a raggiungere un ritmo di crescita sufficiente a uscire dalla crisi, si parla di ripresa lenta sulla quale pesa l’incertezza politica e di prospettive poco brillanti per occupazione, investimenti e consumi. Gli economisti di Confindustria stigmatizzano il momento di incertezza politica come un non richiesto gravame sulla crescita economica del Paese, sostenendo che il passo “rimane ben inferiore a quello dell’Eurozona, frenato dall’incertezza, specie politica”, in questo concordando con diverse altre analisi, tra le quali quella dell’agenzia di rating Standar&Poor’s. Secondo il documento del Centro studi l’aumento del Pil italiano sarà rallentato anche nel primo trimestre 2017, dopo il +0,2% nel quarto trimestre e il +0,3% del terzo del 2016. In chiave europea, il Csc parla di uno “scenario mondiale molto favorevole: si è fatta ancor più elevata la dinamica dell’attività produttiva e degli scambi internazionali”, in un contesto politico reso più critico dalle prossime scadenze elettorali in Francia: dall’esito delle urne “può concretizzarsi una combinazione che configuri per la moneta unica europea una decisa svolta, in un senso o nell’altro; campagne in corso e risultati si influenzano reciprocamente”. In Europa, comunque, il passo della crescita è definito “sorprendente”, prossimo al +2% annuo, trainato da Germania e Francia. L’Italia, da parte sua, “sfrutta bene il più robusto traino esterno, ma resta fanalino di coda, con una crescita inadeguata a uscire dalla crisi. Industria ed export trainano il Pil, la domanda interna risente dell’instabilità politica, quando ogni sforzo andrebbe dedicato al rilancio dell’economia e al sostegno dei posti di lavoro; il credito rimane erogato con il contagocce”. Previsioni negative anche per quanto riguarda l’occupazione: in Italia si lavora, in media, ancora un’ora e mezza meno a settimana del periodo precedente la crisi e “finiti gli incentivi alle assunzioni, il naturale riallungamento degli orari smorzerà la creazione di posti di lavoro. Perciò l’intensità del loro recupero perderà slancio nel 2017 (dopo +1,2% nel 2016 e +0,8% nel 2015) e sarà inferiore a quella del Pil, contrariamente a quanto avvenuto nel biennio precedente”. Sul fronte della domanda interna si rilevano segnali di rallentamento sia per gli investimenti sia per i consumi e “Tende ad aumentare la parsimonia nella spesa e ciò comporta un freno alla crescita a inizio 2017”.

Riguardo all’inflazione l’Istat ha rivisto al rialzo le stime preliminari, che dallo 0,9% sono passate all’1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, è aumentato dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell’1% rispetto a gennaio 2016, il che si traduce con i prezzi triplicati in un mese. Nel rapporto dell’Istituto di statistica si legge che “Il rialzo dell’inflazione è dovuto alle componenti merceologiche i cui prezzi presentano maggiore volatilità. Si tratta, in particolare, della netta accelerazione della crescita tendenziale dei beni energetici non regolamentati (+9% da +2,4% del mese precedente) e degli alimentari non lavorati (+5,3%, +1,8% a dicembre), cui si aggiunge il ridimensionamento della flessione dei prezzi degli energetici regolamentati (-2,8%, da -5,8%). A gennaio l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e alimentari freschi, rallenta seppur di poco, portandosi a +0,5%, da +0,6% del mese precedente”. Aumenti importanti si registrano per i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (+1,1% su base mensile e +1,9% su base annua, da +0,6% di dicembre). L’inflazione risulta in accelerazione anche nell’eurozona, come rileva Eurostat: nell’Ue a 28 Paesi il tasso di gennaio è stato dell’1,7% contro l’1,2% del mese precedente. L’inflazione più alta è in Belgio (3,1%), Lettonia e Spagna (2,9%), Germania (1,9%), Francia (1,6%) e Italia (1%); quella più bassa in Irlanda (0,2%).

 

Le liberalizzazioni portano al lavoro domenicale i primi studenti, assunti con apposito contratto, nei supermercati del veneziano Gruppo Pam. Cristina Fregonese, studentessa in Legge, al lavoro alle casse del Pam Store di Spinea, questa mattina 15 aprile 2012. Cristina e' stata assunta dall'azienda per lavorare esclusivamente alla domenica. ANSA/ANDREA MEROLA

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