IRES, la valutazione dei titoli con il criterio del costo ammortizzato
La risoluzione n. 10/E del 29 gennaio 2018 è emanata in risposta al quesito posto da una società che redige il bilancio secondo le disposizioni del codice civile, attiva nel comparto della grande distribuzione commerciale e “nata dalla fusione per unione” con efficacia giuridica e fiscale dal 1° gennaio 2016. La società “possiede – avendoli ereditati dalle società fuse – titoli di debito rientranti nella definizione di cui all’OIC 20, ossia titoli che attribuiscono al possessore il diritto a ricevere un
flusso determinato di liquidità senza attribuire il diritto di partecipazione alla gestione della società che li ha emessi”. Nel primo bilancio dopo la fusione, quello dell’esercizio chiuso al 31/12/2016, l’istante ha adottato il criterio del costo ammortizzato per la rilevazione e la valutazione dei titoli di debito posseduti alla data di prima applicazione (1° gennaio 2016), ai sensi dell’art. 2426, primo comma, nn. 1) e 9), c.c. (come modificato dall’art. 6, comma 8, D.lgs. 139/2015). La società ha deciso di non avvalersi della facoltà prevista dall’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 139 e ha rideterminato al costo ammortizzato il valore di tutti i titoli di debito in suo possesso al 31 dicembre 2016 (quindi, anche i titoli ereditati dalle società fuse).
Alla luce di tale premessa vengono posti due quesiti:
- a) se sia corretto applicare, in relazione ai titoli di debito già posseduti all’1/1/2016 e assoggettati con effetto retroattivo al criterio del costo ammortizzato, le previsioni della disciplina transitoria IRES (art. 13-bis, comma 5, secondo periodo, Dl 244/2016);
- b) in caso di risposta affermativa al primo quesito, quale sia ai fini fiscali il criterio di imputazione/movimentazione dei titoli in questione. In particolare, la società chiede “in relazione ai propri titoli di debito fungibili”, secondo quale criterio logico le vendite di parte di tali titoli, effettuate dopo l’acquisto di identici titoli a partire dall’1/1/2016, debbano essere imputate al magazzino dei titoli cui si applica la disciplina fiscale transitoria piuttosto che al magazzino dei titoli cui si applica il principio di derivazione rafforzata, per comprendere quale sia la giacenza finale dei titoli dell’uno e dell’altro comparto fiscale e, di conseguenza, il regime IRES applicabile.
La soluzione secondo l’istante
Riguardo ai quesiti posti, la società ritiene che:
1) l’applicazione retroattiva del criterio del costo ammortizzato ai fini della rilevazione/valutazione contabile dei titoli di debito citati comporta l’applicazione della disciplina transitoria, con la conseguente necessità di gestirli in doppio binario, in quanto l’applicazione retroattiva ai titoli stessi del criterio del costo ammortizzato (che trova pieno riconoscimento fiscale dal periodo d’imposta 2016, stante l’entrata in vigore del principio di derivazione rafforzata) può implicare una doppia tassazione delle componenti reddituali dei medesimi titoli che sono state già assoggettate a tassazione nei periodi d’imposta precedenti all’1/1/2016, a causa della differente rilevazione contabile;
2) in caso di risposta positiva al primo quesito, sia necessario costituire in via extracontabile due differenti magazzini fiscali (che opererebbero autonomamente rispetto all’unico magazzino contabile rilevato al costo ammortizzato con applicazione retroattiva a tutti i titoli), ossia da un lato, dei titoli di debito acquistati prima dell’1/1/2016 (e ancora in possesso della Società negli esercizi successivi), i cui effetti reddituali e patrimoniali continuano a subire la disciplina fiscale previgente e dall’altro, dei titoli di debito acquistati a partire da tale data, per i quali si applicano, ai fini fiscali, le risultanze di bilancio secondo i principio di derivazione rafforzata. Per individuare quali titoli siano stati venduti, secondo l’istante si può ricorrere, in assenza di specifica una norma presuntiva, a un criterio di imputazione/movimentazione di tipo proporzionale che permetta di imputare le operazioni di vendita effettuate dall’esercizio 2016 ai due magazzini fiscali sopra citati pro quota; ossia, in base al rapporto tra l’ammontare dei titoli della stessa specie giacenti in ciascun dei due magazzini fiscali e l’ammontare complessivo degli stessi titoli posseduti dalla Società. Questo, per evitare possibili ipotesi di arbitraggio e in coerenza con i contenuti delle risoluzioni 55/E del 2004 e 127/E del 2006 “in fattispecie assimilabili in via di principio alla presente”.
La risposta dell’Agenzia
In base alle nuove modalità di contabilizzazione introdotte dal 1° gennaio 2016 con il D.lgs. 139/2015 i titoli – sia che costituiscono o meno immobilizzazioni – sono rilevati in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, al posto del precedente criterio del costo di acquisto, il che comporta che “i costi di transazione, le eventuali commissioni attive e passive e ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza sono inclusi nel calcolo del costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo, che implica che essi siano ammortizzati lungo la durata attesa del titolo. Il loro ammortamento integra o rettifica gli interessi attivi calcolati al tasso nominale (seguendone la medesima classificazione nel conto economico), di modo che il tasso di interesse effettivo possa rimanere un tasso di interesse costante lungo la durata del titolo da applicarsi al suo valore contabile”. In sostanza, i costi di transazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza del titolo – che prima del 2016 erano contabilizzati lungo la vita utile del rapporto di finanziamento – con il criterio del costo ammortizzato sono sommati algebricamente al valore del titolo per calcolare il tasso di interesse effettivo, che quindi, è “il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del credito, che rende uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal titolo di debito e il suo valore di rilevazione iniziale”. In pratica, in ogni esercizio gli interessi sono calcolati moltiplicando il tasso di interesse effettivo per il valore contabile inziale del titolo. Il nuovo criterio del costo ammortizzato “può non essere applicato alle componenti delle voci riferite a operazioni che non hanno ancora esaurito i loro effetti in bilancio” (D.lgs. 139/2015, art. 12, comma 2). Tale possibilità, rileva l’Amministrazione finanziaria, non è stata applicata dalla società, che ha utilizzato il nuovo criterio del costo ammortizzato nella valutazione dei titoli di debito acquistati dal 2016 ma anche per i titoli acquisiti prima del 2016 dalle società fuse, con riferimento ai quali ha provveduto:
– a rilevare contabilmente tra gli utili (perdite) portati a nuovo del patrimonio netto del bilancio 2016 gli effetti derivanti dalla differenza tra il valore dei titoli iscritti nel bilancio dell’esercizio 2015 e il valore dei titoli calcolato al costo ammortizzato alla data di prima applicazione, ossia al 1° gennaio 2016;
– a rilevarli con il criterio del costo ammortizzato, a partire dal 2016.
Da un punto di vista fiscale, l’art. 13-bis del Dl 244/2016 ha modificato l’art. 83 del TUIR, prevedendo che “per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (…) e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili”. Poiché la modifica all’art. 83 del TUIR introduce, per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile, “regole di determinazione del reddito coerenti con le nuove modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter”, ne consegue che assume rilievo, per la determinazione del reddito d’impresa, la rappresentazione contabile (qualificazione, classificazione e imputazione temporale) come regolamentata dai principi contabili nazionali.
Stante la nuova formulazione del citato art. 83, quindi, la nuova rappresentazione contabile di rilevazione dei titoli basata sul costo ammortizzato assume rilevanza fiscale. In particolare, il comma 5 dell’art. 13 bis, Dl 244/2016, stabilisce che le novità fiscali in esame e, quindi, anche il recepimento del nuovo criterio del costo ammortizzato, “hanno efficacia con riguardo ai componenti reddituali e patrimoniali rilevati in bilancio a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”. Lo stesso comma 5 stabilisce che “continuano a essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali sul bilancio del predetto esercizio e di quelli successivi delle operazioni che risultino diversamente qualificate, classificate, valutate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alle qualificazioni, classificazioni, valutazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015”.
In pratica, con scelta analoga a quella adottata al momento dell’entrata in vigore del principio di derivazione rafforzata per i soggetti IAS/IFRS adopter, si prevede che gli effetti reddituali e patrimoniali delle operazioni già avviate e che si protraggono per i periodi d’imposta successivi alla prima adozione delle nuove regole contabili dovranno essere assoggettate alla disciplina fiscale previgente, al fine di evitare fenomeni di tassazione anomala derivanti dall’applicazione di regole fiscali differenti alla stessa operazione che si protrae per più periodi d’imposta.
Rientrano nella disciplina fiscale previgente, in linea con quanto già affermato per i soggetti IAS/IFRS (circolare n. 33/E del 2009), le operazioni che si caratterizzano per la contemporaneità dei seguenti tre requisiti:
– risultano qualificate, classificate, valutate, imputate temporalmente nel bilancio relativo al periodo d’imposta in corso al 31/12/2015 in modo differente rispetto alla qualificazione, classificazione, valutazione e imputazione temporale previste dalla normativa fiscale vigente al momento in cui le medesime operazioni sono state realizzate;
– continuano a produrre effetti reddituali e patrimoniali fiscalmente rilevanti nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31/12/2015;
– i predetti effetti reddituali e patrimoniali, qualora rilevati fiscalmente secondo le “nuove disposizioni”, determinano fenomeni di tassazione anomala (doppia/nessuna deduzione ovvero doppia/nessuna tassazione).
Si tratta, dunque, di operazioni che nel passaggio al nuovo sistema di tassazione basato sulla “derivazione rafforzata” sarebbero assoggettate a regole fiscali in conflitto con quelle del precedente regime del “doppio binario” e si vuole evitare che il passaggio dalle vecchie alle nuove regole possa determinare salti o duplicazioni d’imposta.
Nel caso in questione, prosegue l’Agenzia nella risoluzione in commento, si ritiene che l’applicazione retroattiva del criterio del costo ammortizzato operata dalla società sui titoli di debito determini l’applicazione della disciplina fiscale previgente, considerata la coesistenza dei tre requisiti appena elencati. In altre parole, l’adozione del criterio del costo ammortizzato anche ai titoli acquisiti ante 2016 determinerebbe una tassazione anomala delle componenti reddituali degli stessi titoli che hanno già avuto rilevanza fiscale nei periodi d’imposta precedenti, a causa della differente rilevazione contabile.
In relazione al primo quesito l’Agenzia concorda con la soluzione proposta dalla società: ne consegue che in presenza di un magazzino valutato contabilmente in maniera univoca con il criterio del costo ammortizzato, ai fini fiscali gli effetti reddituali e patrimoniali sono assoggettati a due differenti regimi:
1) la disciplina fiscale previgente, per i titoli acquisiti prima del 1° gennaio 2016 e ancora in possesso della Società negli esercizi successivi;
2) il recepimento del criterio del costo ammortizzato, per i titoli acquisiti dal 1° gennaio 2016.
In tale situazione è necessario individuare a quale “magazzino fiscale” – ossia ai titoli acquisiti prima o a quelli dopo il 2016 – imputare le operazioni di vendita dei titoli con le stesse caratteristiche effettuate a partire dal 2016.
Nel documento di prassi viene inoltre evidenziato che le norme in esame non indicano una modalità con cui imputare la riduzione dei titoli in magazzino al momento della loro vendita: non viene specificato, cioè, se tale riduzione debba essere riferita ai titoli acquisiti dal 2016 (per i quali, come si è detto, assume rilevanza fiscale il criterio del costo ammortizzato) o a quelli acquisiti prima dell’1/1/2016 (per i quali si applica il previgente regime fiscale) o riferita parzialmente a entrambi. Per la risposta al problema prospettato bisogna comunque considerare che le vendite dei titoli fungibili aventi le stesse caratteristiche possono essere state effettuate sia utilizzando i titoli acquisiti dal 2016 sia quelli acquisiti prima: in tale contesto secondo l’Agenzia è ragionevole adottare un criterio proporzionale che permette di evitare una scelta arbitraria, in coerenza con quanto già affermato per situazioni con la stessa necessità di quella emersa dal caso in esame, ossia individuare un criterio fiscale da applicare alla problematica.
In conclusione, viene condivisa la soluzione interpretativa proposta dall’istante, che permette di attribuire, in ciascun periodo d’imposta, la vendita dei titoli in base al rapporto tra l’ammontare dei titoli della stessa specie giacenti in ciascun dei due “magazzini fiscali” e l’ammontare complessivo dei medesimi titoli posseduti dalla società.