CASSAZIONE

Incontestabile la validità del Pvc sottoscritto dal professionista, anche se fuori dall’azienda

Tributi – IVA- Infedele presentazione della dichiarazione I- Processo Verbale di Constatazione – Avviso di accertamento – Sottoscrizione da parte del professionista – Validità – Art.52, c. 6, D.P.R. 633/1972

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31620 del 4 novembre 2021, intervenendo sul tema della sottoscrizione del Pvc ai fini IVA in sede di ispezione accesso nei locali aziendali, ha specificato, con un valido principio di diritto che: “… In tema di accesso nei locali aziendali ai fini IV., la sottoscrizione del processo verbale da parte del contribuente o da chi lo rappresenta ai fini dell’art. 52, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, può ben provenire dal professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili, ed essere da questi apposta sul verbale anche al di fuori dei locali aziendali, in quanto egli è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborare con l’Ente verificatore”.

Dunque i Supremi Giudici hanno ritenuto legittimo l’accertamento fiscale basato sul verbale che è stato firmato, in sede di ispezione, dal professionista che tiene la contabilità, e non direttamente dal contribuente, anche al di fuori dei locali aziendali, in quanto egli è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborare con l’Ente verificatore.

Com’è daltronde noto, l’ultimo atto delle indagini fiscali è rappresentato dal Processo Verbale di Constatazione (il c.d. Pvc), redatto dai funzionari verbalizzanti a conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche documentali (finanziarie, bancarie o postali) compiuti dall’Agenzia delle entrate o dalla Guardia di Finanza presso il contribuente.

La verifica fiscale è disciplinata da alcuni puntuali disposti normativi, che fanno capo all’art. 52 e all’art. 63del DPR n. 633 del 26/10/1972 e successive modifiche e integrazioni, e al rinvio di cui all’art. 33, comma 1, del DPR n. 600 del 29/09/1973, oltre che all’art. 12 della legge n. 212/2000, il c.d. Statuto dei diritti del contribuente.

La verifica, intesa come attività di tipo meramente accertativo, è giustificata da effettive esigenze di indagine e di controllo, e la sua applicazione è volta a rilevare e reprimere gli eventuali inadempimenti fiscali del contribuente.

L’attività può distinguersi in una fase d’accesso, in una ispettiva e in una finale.

Quest’ultima si concretizza obbligatoriamente nella redazione del Pvc, che riporta ciò che viene constatato e accertato dall’Amministrazione, tra cui i rilievi di natura formale e sostanziale e le contestazioni mosse al contribuente. Con il Pvc, la cui mancata redazione rende nullo l’accertamento, si concludono le operazioni di verifica e si formalizzano le contestazioni.

Sul piano giuridico, il Pvc è un atto pubblico di natura endoprocedimentale in quanto parte integrante di un più ampio procedimento accertativo, distinto normalmente in due parti.

Una, “narrativa”, che riassume le fasi della verifica (accesso, acquisizione documentaria, dichiarazioni di rito, richieste fatte al contribuente e risposte ricevute e tutte le altre azioni utili al processo accertativo), e una “valutativa”, in cui si rappresenta l’elaborazione dei dati raccolti e si rilevano le irregolarità nell’adempimento degli obblighi fiscali e le violazioni normative riscontrate. Nella parte conclusiva sono esposte le osservazioni e i rilievi del contribuente e del professionista che lo assiste, ex art. 12 comma 4 dello Statuto del contribuente.

L’indaginefiscale può quindi essere eseguita nei confronti di qualunque persona fisica, giuridica, società di persone o ente, che abbia posto in essere attività in relazione alle quali le norme tributarie pongono obblighi o divieti la cui inosservanza è sanzionata in via amministrativa e/o penale; rappresenta, senza dubbio, lo strumento di controllo più invasivo e incisivo di cui dispone l’Amministrazione finanziaria ed è il momento durante il quale, nel tentativo di ricostruire la capacità contributiva del contribuente, si mette quest’ultimo in uno status di soggezione psicologica tale da poterlo far incorrere in errori.

È per questo che occorre, in via preliminare, rendere sempre edotto il contribuente su come comportarsi durante le ispezioni fiscali e su come evitare tutti quegli errori banali che di per sé, in un’eventuale e successiva fase contenziosa, potrebbero diventare rilevanti e decisivi per la decisione finale che la Commissione Tributaria sarà tenuta a prendere.

È di primaria importanza dunque, che il contribuente sia a conoscenza dei propri diritti e doveri nel rapporto con l’Amministrazione finanziaria, nonché delle norme che regolano l’operato degli accertatori.

In merito la Corte di Cassazione, con la Pronuncia n. 18751/2014, sottolineò proprio che è dovere del giudice tributario valutare la legittimità non solo degli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma anche delle varie fasi in cui il procedimento si realizza e che portano all’adozione e alla redazione degli atti istruttori.

Inoltre l’art. 52, sesto comma, del DPR 633/1972, nel testo vigente ratione temporis, recita che di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute.

Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia. Nell’ambito dei poteri di controllo attribuiti all’Amministrazione finanziaria l’accesso consiste in linea generale nella possibilità di entrare nei luoghi dove il contribuente esercita la propria attività al fine di procedere ad ispezioni documentali, verifiche e ricerche utili per accertare violazioni alla normativa fiscale. Per quanto riguarda il luogo di accesso, la Corte di Cassazione ha chiarito che i verbalizzanti ben possono effettuare l’accesso presso luoghi diversi dalla sede del contribuente, ad esempio presso l’ufficio del professionista incaricato di tenere le scritture contabili, in quanto la norma non richiede particolari formalità per l’esecuzione di accessi presso il consulente.

Oltre a ciò, da quanto si può ricavare dalla recente giurisprudenza, giova sottolineare che i giudici di vertice hanno ritenuto opportuno sottolineare che l’articolo 52, comma 6, DPR 633/1972 è interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che i verbalizzanti possono effettuare l’accesso anche presso lo studio del professionista incaricato di tenere le scritture contabili e, quindi, non presso la sede del contribuente (cfr., Cass. ord. n. 14707/2018).

La Corte ha poi evidenziato che il primo comma della norma suddetta non prescrive particolari formalità per l’esecuzione di accessi presso il consulente detentore di scritture contabili e che, peraltro, il decimo comma della medesima sanziona (con l’inutilizzabilità in favore del contribuente) la mancata esibizione dell’attestazione del detentore delle scritture e l’opposizione all’accesso o il rifiuto di esibizione di esse da parte di quest’ultimo (cfr., Cass. sent. n. 8539/2014).

Sulla base di tali argomentazioni, dunque, è stato affermato che la ratio legis della disposizione citata è quella di consentire l’accesso alle scritture anche al di fuori della sede aziendale presso i locali del consulente depositario e senza particolari formalità, dal momento che questi è un mandatario del contribuente (cfr., Cass. sent. 15/01/2019, n. 702).

Tanto premesso e tornando alla vicenda esaminata, essa ha inizio dalla notifica di un avviso di accertamento ai fini IVA, emesso all’esito di un’operazione di verifica presso la sede legale di una S.n.c. In particolare, il relativo processo verbale di constatazione, con cui si rilevavano l’omesso versamento IVA e l’infedele presentazione della dichiarazione IVA, veniva sottoscritto dal tenutario delle scritture contabili al di fuori dei locali aziendali. L’atto veniva impugnato dinanzi giudici tributari provinciali, i quali accettavano parzialmente il ricorso, mentre in secondo grado l’atto veniva integralmente annullato con la notazione per la quale l’accesso e il Pvc non fossero stati ritualmente eseguiti nei confronti di detta società e, quindi, che l’atto fosse privo di motivazione poiché farebbe riferimento ad uno non portato a conoscenza della società e dei suoi soci.

L’Agenzia delle entrate, con un unico motivo di ricorso, ha impugnato la decisione d’appello denunziando violazione degli artt. 52, DPR 633/1972 e 12 della L. 212/2000 da parte della CTR, nella parte in cui ha erroneamente statuito che l’avviso di accertamento impugnato sarebbe privo di motivazione in quanto farebbe riferimento ad un atto nullo o che non è stato portato a conoscenza della società e dei suoi soci. In altre parole, l’Agenzia non contestava, infatti, che il Pvc non fosse stato consegnato, notificato o sottoscrittodal legale rappresentante della stessa o da soggetto da questi delegato, bensì ricordava la validità della notifica sottoscritta dal ragioniere addetto alla tenuta delle scritture contabili, anche se al di fuori della sede sociale.

La tesi della difesa erariale ha convinto i Giudici del Palazzaccio che ne hanno accolto le motivazioni affermando che: “… Questa Corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14707 del 2018) ha già interpretato il disposto dell’art.52 del decreto citato nel senso che i verbalizzanti ben possono anche effettuare l’accesso non presso la sede del contribuente, ma presso l’ufficio del professionista incaricato di tenere le scritture contabili.  Infatti, non solo l’art. 52, primo comma, del decreto menzionato non richiede particolari formalità per l’esecuzione di accessi presso il consulente detentore delle scritture contabili, ma il decimo comma del medesimo articolo pure sanziona (richiamando il quinto comma) con la inutilizzabilità in favore del contribuente, anche in sede contenziosa, la mancata esibizione dell’attestazione del detentore delle scritture e l’opposizione all’accesso o il rifiuto di esibizione di esse da parte di quest’ultimo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8539 del 2014). Pertanto, la ratio legis è chiaramente nel senso di consentire l’accesso alle scritture anche al di fuori della sede aziendale presso i locali del consulente depositario senza particolari formalità, in quanto questi è un mandatario del contribuente, e pone a carico del contribuente un onere di collaborare con l’Ente verificatore in quest’ultima ipotesi (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 702 del 2019). A maggior ragione, quando, come nel caso di specie, l’accesso è avvenuto presso i locali aziendali, ben può l’Agenzia utilmente comunicare il processo verbale di constatazione al tenutario delle scritture contabili, e farlo anche al di fuori della sede della contribuente, senza che nella successiva fase processuale debba essere dall’Agenzia dimostrata in capo al ricevente la qualità di legale rappresentante o di persona espressamente delegata dal legale rappresentante a tal fine, in quanto egli per fatto stesso di essere incaricato tenutario delle scritture è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborazione con í verbalizzanti. Dev’essere così formulato il seguente principio di diritto: ‘In tema di accesso nei locali aziendali ai fini I.V.A., la sottoscrizione del processo verbale da parte del contribuente o da chi lo rappresenta ai fini dell’art. 52, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, può ben provenire dal professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili, ed essere da questi apposta sul verbale anche al di fuori dei locali aziendali, in quanto egli è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborare con l’Ente verificatore’ ”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 4 novembre 2021, n. 31620

sul ricorso iscritto al n. 6723/2015 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

— ricorrente —

contro V. S.R.L., già V. S.N.0 DI P. B. & C, in persona del legale rappresentante p.t., P. B., rappresentati e difesi dall’Avv. Andrea Mancini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie n.22,

– controricorrenti –

nonché A. S. I M (alias A. S.);

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, n.1572/26/2014 depositata il 13 ottobre 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 giugno 2021 dal consigliere Pierpaolo Gori.

Rilevato che

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, veniva accolto l’appello proposto dalla società V. S.n.c. di P. B. & C (oggi S.r.l.) e dai soci P. B. e A. S. I M (alias A. S.) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia n.127/13/2013 la quale, a sua volta, aveva parzialmente accolto il ricorso dei contribuenti avverso l’avviso di accertamento IVA 2006.

2. In particolare, le riprese traevano origine dal controllo in relazione alla costituzione del plafond IVA nell’anno oggetto di ripresa ed utilizzato nell’anno successivo, con atto impositivo adottato dopo operazioni di verifica presso la sede legale della società e comunicazione di processo verbale di constatazione di omesso versamento IVA e infedele presentazione della dichiarazione per quadro VC erroneamente compilato.

Il giudice d’appello annullava integralmente l’atto impugnato ritenendo che l’accesso e il pvc, cui l’atto impositivo in motivazione faceva riferimento, non fossero stati ritualmente eseguiti nei confronti della società, con assorbimento delle questioni di merito.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi, cui resistono la società e B. P. con controricorso che illustrano con memoria; A. S. I M (alias A. S.) non ha svolto difese.

Considerato che

4. Preliminarmente dev’essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità dell’intero ricorso articolata dai controricorrenti ai sensi dell’art.366 cod. proc. civ. per omessa indicazione o produzione degli atti processuali e dei documenti sui quali esso si fonda oltre che omessa riproduzione dei punti della sentenza censurati, che secondo i contribuenti sono stati richiamati approssimativamente e in modo fuorviante.

L’eccezione non può trovare ingresso, alla luce della dettagliata esposizione, contenuta nelle prime sei pagine del ricorso, del fatto e dei principali snodi processuali, inclusa la citazione testuale, a pag. 6, della statuizione della CTR oggetto di censura.

5. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -, l’Agenzia deduce la violazione degli artt.52 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 12 della I. n.212 del 2000 da parte della CTR nella parte in cui ha erroneamente statuito che l’avviso di accertamento impugnato sarebbe privo di motivazione in quanto farebbe riferimento ad un atto nullo o che non è stato portato a conoscenza della società e dei suoi soci perché il p.v.c. non sarebbe stato consegnato o notificato e sottoscritto dal legale rappresentante o soggetto da questi delegato, bensì dal dipendente rag. A.N., tenutario delle scritture contabili, al di fuori della sede sociale.

6. In via preliminare, il Collegio dà atto del fatto che i contribuenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso e in particolare del primo motivo ex art.360 bis cod. proc. civ. perché il giudice d’appello avrebbe deciso in modo conforme alla giurisprudenza della S.C., eccezione destituita di fondamento dal momento che il motivo va accolto alla luce dell’analisi della giurisprudenza di legittimità. L’art.52, sesto comma, del d.P.R. n.633 del 1972 nel testo vigente alla data di comunicazione del p.v.c. recita: «Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia.». Questa Corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14707 del 2018) ha già interpretato il disposto dell’art.52 del decreto citato nel senso che i verbalizzanti ben possono anche effettuare l’accesso non presso la sede del contribuente, ma presso l’ufficio del professionista incaricato di tenere le scritture contabili.

7. Infatti, non solo l’art. 52, primo comma, del decreto menzionato non richiede particolari formalità per l’esecuzione di accessi presso il consulente detentore delle scritture contabili, ma il decimo comma del medesimo articolo pure sanziona (richiamando il quinto comma) con la inutilizzabilità in favore del contribuente, anche in sede contenziosa, la mancata esibizione dell’attestazione del detentore delle scritture e l’opposizione all’accesso o il rifiuto di esibizione di esse da parte di quest’ultimo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8539 del 2014).

Pertanto, la ratio legis è chiaramente nel senso di consentire l’accesso alle scritture anche al di fuori della sede aziendale presso i locali del consulente depositario senza particolari formalità, in quanto questi è un mandatario del contribuente, e pone a carico del contribuente un onere di collaborare con l’Ente verificatore in quest’ultima ipotesi (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 702 del 2019).

8. A maggior ragione, quando, come nel caso di specie, l’accesso è avvenuto presso i locali aziendali, ben può l’Agenzia utilmente comunicare il processo verbale di constatazione al tenutario delle scritture contabili, e farlo anche al di fuori della sede della contribuente, senza che nella successiva fase processuale debba essere dall’Agenzia dimostrata in capo al ricevente la qualità di legale rappresentante o di persona espressamente delegata dal legale rappresentante a tal fine, in quanto egli per fatto stesso di essere incaricato tenutario delle scritture è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborazione con í verbalizzanti. Dev’essere così formulato il seguente principio di diritto: «In tema di accesso nei locali aziendali ai fini I.V.A., la sottoscrizione del processo verbale da parte del contribuente o da chi lo rappresenta ai fini dell’art. 52, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, può ben provenire dal professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili, ed essere da questi apposta sul verbale anche al di fuori dei locali aziendali, in quanto egli è mandatario del contribuente investito di un onere di collaborare con l’Ente verificatore.».

9. Orbene, la statuizione della CTR contenuta alle pagg.3 e 4 della sentenza secondo la quale «gli accessi e i conseguenti pvc (rectius, al singolare, ndr) non sono avvenuti secondo le modalità espressamente previste dal succitato art.52 e conseguentemente l’avviso impugnato appare privo di motivazione facendo riferimento ad un atto nullo o che non è stato portato alla conoscenza della società e dei suoi soci» non è conforme al principio di diritto che precede e, per l’effetto, accolto il primo motivo ed assorbito il secondo articolato in via subordinata sulle medesime circostanze oggetto della prima censura, la sentenza impugnata dev’essere cassata e rinviata alla CTR del Veneto, in diversa composizione, in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Veneto, in composizione, in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma il 24 giugno 2021

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