In caso di dubbio la cartella di pagamento è nulla senza l’avviso bonario
Tributi – Controllo automatizzato della dichiarazione – Art. 36-bis DPR n. 600/1973 e art. 54-bis DPR n. 633/1974 – Cartella di pagamento – Dubbi sulla corretta liquidazione dell’imposta – Mancato invio preventiva comunicazione d’irregolarità – Nullità della cartella – Sussiste
La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 5394 del 18 marzo 2016 ha chiarito che il contraddittorio preventivo con il contribuente è vincolante tutte le volte in cui sussistano incertezze sugli aspetti più rilevanti della dichiarazione dei redditi.
Gli Ermellini, intervenendo in un caso di notifica di una cartella esattoriale ad una società derivante dalla liquidazione automatizzata della dichiarazione (omesso versamento IVA), hanno ritenuto nulla la cartella di pagamento di Equitalia perché, prima dell’iscrizione a ruolo del tributo, l’Agenzia delle Entrate non ha inviato al contribuente nessuna comunicazione utile o l’avviso bonario, che è fondamentale per consentire al contribuente di presentare memorie a propria difesa.
Gli avvisi bonari e le comunicazioni derivanti dai controlli automatici e dai controlli formali delle dichiarazioni, informano il contribuente degli eventuali errori riscontrati, offrendogli la possibilità di sanare le irregolarità evidenziate con il pagamento di una sanzione ridotta. L’avviso bonario riguarda l’esito della liquidazione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate e dalle dichiarazioni Iva presentate. Le comunicazioni riguardano l’esito del controllo automatico effettuato sulle dichiarazioni presentate e provengono direttamente dall’Agenzia delle Entrate ed evidenziano o la correttezza della dichiarazione (comunicazione di regolarità) o l’eventuale presenza di errori (richiesta di chiarimenti). Le comunicazioni riguardano anche l’esito del controllo formale delle dichiarazioni dei contribuenti e dei sostituti di imposta presentate. Tale controllo è finalizzato a verificare la conformità dei dati esposti in dichiarazione alla documentazione conservata dal contribuente e ai dati desunti dal contenuto delle dichiarazioni presentate da altri soggetti e forniti da enti previdenziali ed assistenziali, banche ed imprese assicuratrici. L’avviso bonario va notificato al contribuente prima dell’iscrizione a ruolo dell’imposta nel caso in cui la dichiarazione dei redditi contenga delle irregolarità. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con la Sentenza n. 11429 del 6 luglio 2012, ha fatto chiarezza sulla notifica degli avvisi bonari.
Riprendendo vecchi principi, la sezione tributaria ha affermato che “… l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli arti. 36-bis, collima 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di tributi diretti) e 54-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di IVA) non è condizionata 5 dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi”.
Inoltre ricordiamo che la cartella di pagamento, emessa a seguito di irregolarità riscontrate in questo caso all’esito di un controllo automatizzato ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, è nulla laddove non sia preceduta dall’invio di un avviso bonario recante la comunicazione al contribuente dell’irregolarità riscontrata: infatti, salvo che l’errore sia rilevabile ‘ictu oculi’ attraverso un mero riscontro cartolare, è necessario un atto d’accertamento esplicitamente motivato che consenta al contribuente di conoscere il processo logico-giuridico dell’amministrazione nella diversa determinazione dell’imponibile, in modo da potersi adeguatamente difendere. Lo stabilì la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 545 del 14 gennaio 2014, rigettando il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che aveva dato ragione al contribuente annullando la cartella di pagamento per l’omesso invio della preventiva informale comunicazione dei motivi per i quali non era stato riconosciuto il credito d’imposta alla società contribuente (in violazione dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, comma 3, confermando che: “… Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali”. Inoltre con l’Ordinanza n. 22035 del 28 ottobre 2010, la Corte di Cassazione aveva peraltro stabilito che l’Amministrazione finanziaria non è sempre obbligata dallo Statuto del contribuente a comunicare l’esito della liquidazione, ma solo nel caso che emerga dai controlli automatici un risultato diverso rispetto a quanto indicato in dichiarazione. Esiste, oppure no, in capo all’Amministrazione finanziaria, un obbligo di preventivo contraddittorio prima dell’emissione di qualsiasi atto pregiudizievole per il contribuente? La domanda non appare retorica e si potrebbe affermare che l’eventuale avviso di accertamento emesso in violazione del presunto obbligo sarebbe del tutto nullo. La questione dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo è nota e dibattuta con alterne interpretazioni in seno alla Cassazione e il livello di attenzione sul tema è stato posto in primo piano dopo che le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 19667/2014, hanno affermato, in relazione alla possibilità di iscrizione di ipoteca, che qualsiasi atto pregiudizievole per il contribuente dovesse essere preceduto da un contraddittorio preventivo. In difetto, la pretesa diverrebbe sostanzialmente nulla. Per contro sempre la Cassazione (ordinanza 527/2015) ha dichiarato che le conclusioni raggiunte nel precedente citato delle Sezioni Unite non potessero essere condivise, determinandosi, nei fatti, la paralisi dell’attività dell’amministrazione finanziaria, oltre che dimostrandosi del tutto inutile, il contraddittorio, in alcune fattispecie. Poi con la sentenza 24823 dello 8 dicembre 2015, le Sezioni Unite hanno finalmente sciolto il dubbio, con una decisione assolutamente “corposa” che ricostruisce l’intera vicenda, coinvolgendo i precedenti orientamenti e cercando di trovare una soluzione che fosse compatibile con lo stato dell’arte e giuridicamente sostenibile affermando il seguente principio di diritto : “… Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.
I supremi giudici riprendendo nella sostanza tali precedenti della giurisprudenza hanno così accolto la tesi della contribuente che aveva lamentato il mancato invio della comunicazione d’irregolarità dando piena applicazione all’art.6 co. 5 dello Statuto del Contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212), il quale “… non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, ma soltanto «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (v. Cass. n. 7536/2011; n. 795/2011; n. 26316/2010, diffusamente 25 maggio 2012, n. 8342): se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso. In questa cornice, al cospetto di «un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione», il comma 3 e dell’articolo 36- bis del D.P.R. 600/73 e dell’articolo 54-bis del D.P.R. 633/72, prevede l’invio di un’apposita comunicazione al contribuente. Non vi è, dunque, identità delle due fattispecie, la seconda delle quali, ossia quella disciplinata dagli artt. 36-bis del D.P.R. 600/73 e 54-bis del D.P.R. 633/72, è di rilevanza minore rispetto alla prima.
In buona sostanza, spiegano gli Ermellini, bisogna attivare quello che viene definito “contraddittorio preventivo”, ossia una sottofase del procedimento amministrativo di accertamento fiscale, volta a convocare l’interessato e garantirgli la possibilità di presentare proprie difese, anche scritte, prima della decisione finale.
La Cassazione precisa nella sentenza in esame anche che l’invio dell’avviso bonario e l’invito al contraddittorio preventivo non sono obbligatori nella generalità dei casi. Non perché si è ricevuta una cartella esattoriale, quindi, si deve anche pretendere il previo invito, da parte dell’Agenzia delle Entrate, a fornire chiarimenti e difese. Del resto, in caso di controllo automatizzato della dichiarazione il contribuente può comunque pagare la sanzione ridotta per estinguere la pretesa fiscale quando non gli è stata inviata la comunicazione d’irregolarità appunto per consentirgli di beneficiare della decurtazione: riduzione delle sanzioni che ammonta a un terzo: 10% in luogo dell’ordinario 30% anche in presenza di cartella.
Però tutte le volte in cui ci siano “dubbi” sulla dichiarazione presentata dal contribuente. Più precisamente, lo Statuto del Contribuente prevede l’obbligo dell’avviso bonario e del contraddittorio preventivo, prima dell’invio della cartella di pagamento, solo in presenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione dei redditi. Pertanto scatta la nullità della successiva cartella esclusivamente nelle ipotesi in cui, pur dinanzi a una “rilevante incertezza”, l’Agenzia delle Entrate ometta l’attivazione del contraddittorio. La nullità della cartella non può discendere dal mancato invio dell’avviso bonario, ma dall’omessa attivazione del contraddittorio solo nei casi di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Stop, dunque, alla cartella di pagamento per l’omesso versamento delle imposte, emessa all’esito del controllo automatizzato, se l’amministrazione non dà all’interessato la comunicazione dell’irregolarità. E ciò perché il contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale nell’esercizio della potestà impositiva e la mancata instaurazione viola lo statuto del contribuente, e, come afferma la Suprema corte:” … È, allora, errata la statuizione in diritto, secondo la quale l’omessa instaurazione del contraddittorio in queste ipotesi non sarebbe causa di nullità. Espressamente il 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente stabilisce, come visto, la nullità dei «provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma». La norma è con ogni evidenza posta a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale, come ha già sottolineato la corte, costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., sez.un., 29 luglio 2013, n. 18184; valorizzano la necessità di rispetto del contraddittorio procedimentale anche Sez. un., 19 settembre 2014, n. 19667; discorre inoltre di nullità in caso di violazione del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000 Cass. 14 gennaio 2011, n. 795).
Corte di Cassazione
Sentenza 18 marzo 2016, n. 5394
Fatto
La società ricevette, in esito a liquidazione automatizzata della dichiarazione modello unico, ex art. 36-bis del d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 54-bis del d.P.r. 26 ottobre 1972, n. 633, una cartella di pagamento concernente omesse ritenute alla fonte e relativi interessi nonché interessi e sanzioni concernenti l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno d’imposta 2000.
La Commissione tributaria provinciale respinse il relativo ricorso proposto dalla contribuente e quella regionale ne ha rigettato l’appello.
Al riguardo, pur riferendo, nel richiamare sul punto la ricostruzione dei giudici di primo grado, della sussistenza di «alquanta confusione in ordine agli elementi fattuali», il giudice d’appello ha osservalo che l’omissione della comunicazione d’irregolarità non è sanzionata con la nullità, rimarcando altresì la piena consapevolezza della società dell’inadempimento dell’obbligo di versare l’imposta nel mese di maggio 2000 e l’inadempimento dell’onere, gravante sulla contribuente, di provare che nel maggio 2000 fosse maturato un credito iva da compensare col debito relativo a quel mese.
Avverso questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, che illustra con memoria a norma dell’art. 378 c.p.c. cui il solo agente per la riscossione reagisce con controricorso, mentre l’Agenzia non replica.
Diritto
1 – Col primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c., la società si duole della violazione degli artt. 54-bis, comma 3, del D.P.R. 633 del 1972 e dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, in relazione agli artt. 5 e 6, comma 2, della legge n. 212 del 2000. Sostiene sul punto la contribuente che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, i provvedimenti impositivi emessi in violazione dell’obbligo di comunicazione di irregolarità vanno sanzionati con la nullità, espressamente stabilita dal 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente.
Il motivo è fondato.
Il comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, ma soltanto «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (v. Cass. n. 7536/2011; n. 795/2011; n. 26316/2010, diffusamente 25 maggio 2012, n. 8342): se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso.
1.1 – In questa cornice, al cospetto di «un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione», il comma 3 e dell’articolo 36- bis del D.P.R. 600/73 e dell’articolo 54-bis del D.P.R. 633/72, prevede l’invio di un’apposita comunicazione al contribuente.
Non vi è, dunque, identità delle due fattispecie, la seconda delle quali, ossia quella disciplinata dagli artt. 36-bis del D.P.R. 600/73 e 54-bis del D.P.R. 633/72, è di rilevanza minore rispetto alla prima. La distinzione è d’altronde evidente anche sul piano lessicale, essendo volta, l’instaurazione del contraddittorio preventivo contemplata dall’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente, a consentire a quest’ultimo di fornire «i chiarimenti necessari», la dove la comunicazione prevista dagli artt. 36-bis e 54-bis è indirizzata al fine di «…evitare la reiterazione di errori e …consentire la regolarizzazione degli aspetti formali».
Coerentemente, il legislatore, pur avendo ben presente la sanzione di nullità, espressamente comminata dall’art. 6, comma 5, legge n. 212/2000, allorquando è nuovamente intervenuto a novellare, nel 2005, gli artt. 36-bis e 54-bis, non l’ha prevista in caso di violazione delle prescrizioni di queste norme; il che induce a ritenere che si sia inteso limitare la grave sanzione di invalidità dell’atto impositivo esclusivamente alla ipolesi di “rilevante incertezza” sui dati esposti nella dichiarazione considerata dalla norma dello statuto dei diritti del contribuente (espressamente in termini, Cass. 22 aprile 2015, n. 8154).
1.2 – L’omesso invio della comunicazione d’irregolarità, incide, invece, sull’applicazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, la quale richiede che:
a) – ci si trovi al cospetto di controllo automatizzato di dichiarazione;
b) – sussistano i presupposti per la comunicazione d’irregolarità;
c) – vi sia un pagamento entro trenta giorni dalla comunicazione delle somme che risultino dovute.
In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute c ridotto ad un terzo.
Là dove, va precisato, la statuizione della Corte (Cass. 12 febbraio 2013, n. 3366), secondo la quale l’interessato può comunque pagare.
Per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notificazione della cartella, si riferisce con evidenza all’ipotesi, in cui, pur sussistendo i presupposti per la comunicazione d’irregolarità, essa non sia stata inviata al contribuente, al fine di consentirgli di fruire della riduzione.
2 – Il punto è, tuttavia, che, nel caso in esame, il giudice d’appello non mostra di dubitare che sussistesse il presupposto di fatto per l’insorgenza dell’obbligo dell’amministrazione di «…invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari…entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta», ossia la sussistenza di «…incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», a norma del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000: la Commissione, difatti, per un verso, riporla la «alquanta confusione» degli elementi di fatto e, per altro verso, insiste sulla circostanza che la comunicazione sarebbe stata spedita e che, in definitiva, il contraddittorio preventivo sarebbe stato instaurato.
3 – È, allora, errata la statuizione in diritto, secondo la quale l’omessa instaurazione del contraddittorio in queste ipotesi non sarebbe causa di nullità.
Espressamente il 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente stabilisce, come visto, la nullità dei «provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma».
La norma è con ogni evidenza posta a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale, come ha già sottolineato la corte, costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., Sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184; valorizzano la necessità di rispetto del contraddittorio procedimentale anche Sez. un., 19 settembre 2014, n. 19667; discorre inoltre di nullità in caso di violazione del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000 Cass. 14 gennaio 2011, n. 795).
4 – L’accoglimento della censura in diritto comporta la necessità della verifica in fatto, mancante in sentenza e rappresentata dalla contribuente col terzo motivo di ricorso, che censura il relativo vizio di motivazione, della circostanza, sul fatto controverso e senz’altro decisivo della spedizione della comunicazione preventiva, che la società, facendo leva sul contenuto del documento che riproduce in ricorso, assume di non aver ricevuto e, in relazione alla quale, il giudice d’appello si limita a riferire che la cartella impugnata ne conteneva menzione.
5 – Anche questo motivo va in conseguenza accolto, con assorbimento dei restanti, determinando la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, anche per la regolazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.