IMU sempre a carico del proprietario anche se la proprietà è occupata abusivamente
Tributi Locali – IMU – Immobili – Accertamento – Contenzioso – Occupazione abusiva – Diritto – Possesso – Proprietà rurale – Presupposti impositivi
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1596 del 19 gennaio 2022, intervenendo in materia di IMU e sui suoi presupposti applicativi, ha ricordato, sulla scorta di una nutrita giurisprudenza, che per l’imposta municipale il soggetto passivo va individuato nel titolare del diritto di proprietà, essendo peraltro ininfluente il fatto che la proprietà sia oggetto di un’occupazione abusiva da parte di terzi.
Per il pagamento dell’IMU non conta, quindi, la mancata consegna del bene da parte dell’utilizzatore. La disponibilità o meno dell’immobile o del terreno, dunque, non è decisiva come peraltro giudicato anche dai giudici tributari regionali di Milano con la sentenza 1194/2018, nella quale indicavano il possessore del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento come unico soggetto passivo del tributo. In definitiva, resta chiaro che il pagamento dell’imposta è sempre a carico del soggetto che risulti titolare dell’immobile alla Conservatoria dei registri immobiliari. E’ quasi inutile ricordare che l’imposta municipale è dovuta dai contribuenti per anni solari, proporzionalmente alla quota di possesso di diritto e non di fatto.
La tesi dei giudici meneghini è stata ripresa e condivisa anche dalla Cassazione, che con l’ordinanza n. 29868/2021 statuisce infine che è sempre il proprietario che deve provvedere al pagamento dell’imposta comunale, anche quando l’immobile è occupato da terzi in modo abusivo.
Per tali ragioni è da considerarsi allora pienamente legittimo l’accertamento a carico della società contribuente, come avvenuto nel caso odierno, perché l’illecita detenzione in definitiva non esclude la situazione di possesso del bene.
Ricordiamo ancora, a titolo puramente esplicativo, che gli Ermellini anche nella sentenza n. 2858/2021 avevano evidenziato lo stesso ragionamento, asserendo che la temporanea perdita del possesso dell’immobile per occupazione abusiva non costituisce una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento dell’IMU.
Per sintetizzare tali argomentazioni, possiamo concludere ricordando che il possessore dell’immobile è colui che esercita il diritto di proprietà o un diritto reale di godimento. Questa configurazione del profilo soggettivo dell’obbligazione tributaria non si pone in contrasto con la nozione di possesso che si ricava dall’art. 1140 c.c., né è ipotizzabile una ricostruzione della figura del possesso svincolata dalla corrispondenza a un diritto reale.
In ultimo rammentiamo che le imposte locali sugli immobili possono essere pagate anche dal conduttore, se questo obbligo è previsto nel contratto di locazione. L’accordo contrattuale che impone all’affittuario di pagare i tributi locali non si pone in contrasto con il principio di capacità contributiva e non viola la regola sul divieto di traslazione del carico fiscale a un soggetto diverso dal titolare. Fermo restando quanto detto in precedenza, cioè che il soggetto obbligato nei confronti dell’amministrazione comunale rimane sempre il titolare dell’immobile.
E questo conferma ancor di più, semmai ce ne fosse bisogno, che il possesso di fatto da parte dell’occupante non attribuisce allo stesso la soggettività passiva, nonostante la sottoscrizione dell’accordo contrattuale. In caso di mancato pagamento del locatario, la violazione di omesso pagamento dell’imposta deve essere contestata al proprietario, con irrogazione della relativa sanzione.
In buona sostanza, anche l’eventuale accollo del debito d’imposta da parte dell’inquilino non libera dall’obbligo di pagamento il contribuente originario.
Nel tentativo di portare maggiore chiarezza alla questione, che nel tempo è stata piuttosto dibattuta, e con riferimento al danno o al pregiudizio derivante dalla situazione sopra descritta, si rammenta comunque l’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali antitetici. Gli assertori della prima posizione ritengono che il contribuente non è tenuto a pagare l’IMU quando l’immobile è occupato abusivamente.
Secondo questa interpretazione, piuttosto innovativa, la pretesa impositiva risulterebbe contraria al principio di capacità contributiva, perché il pagamento dell’imposta municipale graverebbe su un bene immobile del quale il proprietario non può disporre per cause estranee alla propria volontà.
Questo principio, che però non ha riscosso molte adesioni, è stato affermato dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano con la sentenza 4133/2019.
Il principio enunciato si pone indubbiamente in contrasto con le norme che disciplinano l’imposta locale e con le tesi giurisprudenziali vigenti e, come abbiamo visto, anche con quelle della Cassazione, che, ripetiamo, non riconoscono alcuna rilevanza al possesso di fatto dell’immobile ai fini del pagamento del tributo.
Riportiamo però quanto affermato dalla cennata sentenza di giudici meneghini: “… Ai sensi dell’art. 8, comma 1, dlgs n. 23/2011 l’Imu ha quale presupposto il possesso dei relativi immobili, nel caso di specie mancante in capo alla società, che ne è stata spogliata con clandestinità, senza alcun avere stipulato alcun preventivo contratto, circostanza che, invece, avrebbe consentito al comune di richiedere il pagamento dell’Imu. Appare, inoltre, contrario al principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) il pagamento di un’imposta su un bene non disponibile da parte del proprietario per cause del tutto estranee alla propria volontà e non evitabili con l’ordinaria diligenza”.
Riferendoci invece al secondo orientamento giurisprudenziale, che dopo molte oscillazioni ha finalmente fornito le delucidazioni attese, esso ha l’indubbio pregio di aver chiarito in maniera chiara che il presupposto dell’IMU non è il possesso degli immobili ma la loro proprietà, con i naturali riverberi pratici ai fini del pagamento dell’Imposta municipale unica.
Al riguardo citiamo, fra le molte, anche le ordinanze n. 29658/2021 e 29868/2021, dove la Cassazione ha ribadito recentemente che l’IMU è dovuta anche qualora l’immobile sia occupato abusivamente da un soggetto terzo. Entrambe le pronunce avevano avuto a oggetto l’impugnazione delle statuizioni della CTR Lazio nelle quali, confermando l’orientamento dei giudici di prime cure, era stato ritenuto annullabile l’avviso di accertamento per omesso versamento ICI emesso dal Comune di Roma nei confronti di una società in relazione all’accertata abusività dell’occupazione dell’immobile da parte di un soggetto terzo durante il periodo d’imposta accertato.
La CTR aveva infatti ritenuto che l’abusiva occupazione dell’immobile da parte di terzi escludeva il possesso del proprietario alla quale era ricondotto il presupposto per l’applicazione dell’ICI.
La Cassazione, invece, accogliendo il ricorso del Comune aveva chiarito che l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’imposta, e i giudici concludevano: “In particolare, Cass. n. 7800/2019, con riguardo al tributo ICI, ha già ritenuto che secondo il combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati nell’art. 3 del citato decreto, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione. Ai fini della debenza di tale tributo, ha sostenuto questa Corte, rileva pertanto il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ai sensi dell’art. 1140 c.c., mentre risulta irrilevante la mera detenzione”.
Sul tema si ricorda inoltre anche l’art. 4-ter D.L. 73/2021, il quale prevede, in uno stato di emergenza, l’esenzione dal versamento IMU per le persone fisiche che possiedono un immobile concesso in locazione a uso abitativo che abbiano ottenuto in proprio favore l’emissione di una convalida di sfratto per morosità la cui esecuzione è stata sospesa nel corso del 2021. La previsione legislativa appena citata conferma implicitamente l’orientamento giurisprudenziale sopra commentato. Infatti, il Legislatore ha ritenuto di dover esplicitare in una specifica norma emergenziale la fattispecie esonerata dal versamento del tributo per l’anno in corso. Tale disposizione pone dunque una eccezione alla regola illustrata nelle ordinanze sopra commentate, lasciando intendere infatti che di norma il tributo, in caso di occupazione abusiva dell’immobile, resta dovuto.
La proprietà, in definitiva, costituisce un diritto, mentre il possesso è una situazione di fatto e consiste nel potere sulla cosa corrispondente all’esercizio della proprietà.
Tanto premesso e tornando al caso odierno, una contribuente ricorreva avverso un avviso di accertamento IMU per un terreno che in quell’anno era abusivamente occupato da terzi. I giudici tributari provinciali respingevano il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva l’appello, affermando che l’occupazione abusiva del terreno e quindi il non possesso dello stesso da parte della contribuente, non può essere assoggettato a IMU in quanto privo dell’effettivo possesso dell’immobile, che è il presupposto dell’imposta.
La parte pubblica ricorreva allora in Cassazione puntualizzando, nei motivi del ricorso, che il presupposto per l’applicazione dell’IMU è l’appartenenza giuridica di un diritto reale e non il possesso del diritto reale stesso.
La Suprema Corte ha riconosciuto la validità delle tesi prospettate dall’Ente pubblico affermando che: “…Nel merito il motivo di impugnazione è fondato. Secondo questa Corte, infatti: «secondo il combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati nel cit. decreto, art. 3, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione. Su tali presupposti è stato così affermato che “In tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, comma 1, riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene” (vedi Cass. n. 6064 del 2017), o si è giustificato la ritenuta persistenza del possesso quale presupposto impositivo, allorché vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finché non sia intervenuto il decreto di esproprio (da ultimo Cass. n. 29195 del 2017; n. 21157 e n. 19041 del 2016; Cass. n. 4753 del 2010 e n. 21433 del 2007). La sentenza ha fatto corretta applicazione di tale principio in quanto ha ritenuto sufficiente ad individuare il soggetto passivo dell’imposta la titolarità del diritto di proprietà ed irrilevante che fosse in atto un contenzioso che aveva ad oggetto non la titolarità del diritto reale bensì un’occupazione abusiva del terreno da parte di terzi che su di esso rivendicavano un diritto di pascolo» (Cass. n. 7800 del 2019); in tema di ICI-IMU, va qualificato come diritto personale di godimento – e non come diritto reale d’uso – quello concesso ad una Associazione intercomunale su immobile adibito a “casa vacanze” e limitato all’organizzazione di soggiorni autogestiti per anziani residenti, in forza di convenzione negoziale stipulata tra i Comuni comproprietari e l’Associazione medesima, con conseguente individuazione di soggettività passiva d’imposta in capo al Comune proprietario “pro quota”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 (Cass. n. 166 del 2021); in tema di TARSU, l’art. 63 del d.lgs. n. 507 del 1993, nell’individuare quali soggetti passivi del tributo coloro che “occupano” o “detengono” l’immobile idoneo a produrre rifiuti, contempla nella categoria dei detentori non solo che detengono il bene ai sensi dell’art. 1140, comma 2, c.c., ed il conduttore dell’immobile, assoggettando alla tassa chiunque possa disporre a qualsiasi titolo (proprietà, possesso, detenzione) del bene stesso, quand’anche di fatto non lo occupi (31743 del 2018). La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che nella specie l’occupazione abusiva del terreno e quindi il non possesso dello stesso da parte della contribuente non può essere assoggettato ad IMU in quanto privo dell’effettivo possesso dell’immobile che è il presupposto dell’imposta; difatti il terreno di proprietà della contribuente in realtà è stato abusivamente occupato e recintato da due società proprietarie di terreni confinanti, tanto che la contribuente ha dovuto agire con una azione di rivendicazione – ha erroneamente ritenuto che la parte contribuente non fosse tenuta al pagamento dell’IMU pur essendo proprietaria del terreno”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 19 gennaio 2022, n. 1596
sul ricorso 23435-2020 proposto da:
COMUNE di A., in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO AMILCARE PONCHIELLI 6, presso lo studio LTP PARTNERS, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO APICE;
– ricorrente –
contro P. N., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati FILIPPO VINCIGUERRA, TIZIANA DI CONSOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5364/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO SEZIONE DISTICCATA di LATINA, depositata il 25/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
Rilevato che:
la parte contribuente ricorreva avverso un avviso di accertamento relativo all’IMU per l’anno d’imposta 2012 in ordine ad un terreno che in quell’anno era abusivamente occupato da terzi;
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva l’appello affermando che nella specie l’occupazione abusiva del terreno e quindi il non possesso dello stesso da parte della contribuente non può essere assoggettato ad IMU in quanto privo dell’effettivo possesso dell’immobile che è il presupposto dell’imposta; difatti il terreno di proprietà della contribuente in realtà è stato abusivamente occupato e recintato da due società proprietarie di terreni confinanti, tanto che la contribuente ha dovuto agire con una azione di rivendicazione.
Avverso la suddetta sentenza propone ricorso comune di A., affidato ad un unico motivo di impugnazione e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
Considerato che:
con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., il comune di A. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 21 del 2011 in quanto presupposto per l’applicazione dell’IMU è l’appartenenza giuridica di un diritto reale e non il possesso del diritto reale stesso.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso in Cassazione contenuta nel controricorso, ove si osserva che poiché la sentenza di appello è stata depositata il 25 settembre 2019 mentre il ricorso è stato notificato il 4 settembre 2020 esso sarebbe tardivo, pur tenendo conto dei 31 giorni relativi alla sospensione feriale dei termini e della sospensione straordinaria di cui al D.L. n. 11 del 2020, operante dal 9 marzo 2020 al 12 maggio 2020. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infatti “il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288 cod. proc. civ., ultimo comma, se con essa sono svelati “errores in iudicando” o “in procedendo” evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione” (Cass. n. 6764 del 2020; Cass. n. 8863 del 2018).
Nella specie l’errore consiste nell’aver scritto nel dispositivo accoglie l’appello” anziché “respinge l’appello” e riguarda dunque l’aspetto centrale del provvedimento, determinando un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione ed interferendo quindi con la sostanza del giudicato.
Infatti, pur essendo comprensibile attraverso una lettura della motivazione, risolvendosi in una discrepanza tra il giudizio e la sua espressione, deve purtuttavia considerarsi che la comprensibilità di tale errore richiede per un verso pur sempre una certa professionalità e non è quindi pacificamente percepibile, per un altro verso presuppone comunque appunto una lettura della motivazione che potrebbe non avvenire, potendosi la parte interessata fermarsi alla sola lettura del dispositivo, e per un altro verso ancora, e soprattutto, deve considerarsi che nei procedimenti civili la cancelleria comunica il solo dispositivo della sentenza, il che, se non altro, determina una valutazione completamente diversa non solo circa il contenuto della sentenza stessa ma anche circa l’opportunità o meno di proporre ricorso.
In effetti il dispositivo di un provvedimento giudiziario, nella parte in cui si pronuncia circa l’accoglimento o meno del ricorso, è di una importanza tale che, nell’ipotesi, come quella di specie, di un errore che lo interessi, elementari ragioni di certezza giuridica suggeriscono che non possa farsi affidamento su un diverso contenuto dello stesso fino alla sua avvenuta sicura correzione.
Di conseguenza il termine per l’impugnazione della sentenza impugnata e di cui era stata chiesta la correzione decorre soltanto dalla notificazione della relativa ordinanza e pertanto il ricorso in Cassazione dell’Agenzia delle entrate è tempestivo.
Nel merito il motivo di impugnazione è fondato.
Secondo questa Corte, infatti: «secondo il combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati nel cit. decreto, art. 3, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione. Su tali presupposti è stato così affermato che “In tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, comma 1, riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene” (vedi Cass. n. 6064 del 2017), o si è giustificato la ritenuta persistenza del possesso quale presupposto impositivo, allorché vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finché non sia intervenuto il decreto di esproprio (da ultimo Cass. n. 29195 del 2017; n. 21157 e n. 19041 del 2016; Cass. n. 4753 del 2010 e n. 21433 del 2007).
La sentenza ha fatto corretta applicazione di tale principio in quanto ha ritenuto sufficiente ad individuare il soggetto passivo dell’imposta la titolarità del diritto di proprietà ed irrilevante che fosse in atto un contenzioso che aveva ad oggetto non la titolarità del diritto reale bensì un’occupazione abusiva del terreno da parte di terzi che su di esso rivendicavano un diritto di pascolo» (Cass. n. 7800 del 2019);
in tema di ICI-IMU, va qualificato come diritto personale di godimento – e non come diritto reale d’uso – quello concesso ad una Associazione intercomunale su immobile adibito a “casa vacanze” e limitato all’organizzazione di soggiorni autogestiti per anziani residenti, in forza di convenzione negoziale stipulata tra i Comuni comproprietari e l’Associazione medesima, con conseguente individuazione di soggettività passiva d’imposta in capo al Comune proprietario “pro quota”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 (Cass. n. 166 del 2021); in tema di TARSU, l’art. 63 del d.lgs. n. 507 del 1993, nell’individuare quali soggetti passivi del tributo coloro che “occupano” o “detengono” l’immobile idoneo a produrre rifiuti, contempla nella categoria dei detentori non solo che detengono il bene ai sensi dell’art. 1140, comma 2, c.c., ed il conduttore dell’immobile, assoggettando alla tassa chiunque possa disporre a qualsiasi titolo (proprietà, possesso, detenzione) del bene stesso, quand’anche di fatto non lo occupi (31743 del 2018).
La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che nella specie l’occupazione abusiva del terreno e quindi il non possesso dello stesso da parte della contribuente non può essere assoggettato ad IMU in quanto privo dell’effettivo possesso dell’immobile che è il presupposto dell’imposta; difatti il terreno di proprietà della contribuente in realtà è stato abusivamente occupato e recintato da due società proprietarie di terreni confinanti, tanto che la contribuente ha dovuto agire con una azione di rivendicazione – ha erroneamente ritenuto che la parte contribuente non fosse tenuta al pagamento dell’IMU pur essendo proprietaria del terreno.
Ritenuto dunque fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso nella camera di consiglio del 1° dicembre 2021.