IMU: cumulabili le agevolazioni per fabbricati con vincolo storico-artistico e inagibili
Tributi – ICI – IMU – Accertamento – Tassazione diretta e indiretta immobili di interesse storico artistico e dichiarato inagibile o inabitabile – Cumulabilità – Agevolazioni IMU – Vincoli – Art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del D.lgs. n. 504/1992 e dell’art. 13, commi 4 e 5, del Dl n. 201/2011
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6266 del 2 marzo 2023 è intervenuta nuovamente su un particolare aspetto della normativa IMU, riguardante l’applicazione dell’imposta sui fabbricati possessori di un vincolo storico artistico, per affermare il seguente principio di diritto: “… In tema di IMU, la base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del D.L. 30 dicembre 1992, n. 504, e dell’art. 13, commi 4 e 5, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e di un ulteriore 50% (con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, essendo le due agevolazioni fiscali cumulabili, data la differente finalità che perseguono”.
Questo il principio di diritto con il quale la Suprema Corte fornisce una interessante lettura del metodo di applicazione delle agevolazioni tributarie nel caso esse si possano cumulare tra loro.
La Corte ha ritenuto che le agevolazioni fiscali suppliscono veri e propri finanziamenti pubblici, che possono essere proficuamente “attribuiti” piegando la via tributaria a fini extrafiscali, in linea con le moderne concezioni dello Stato interventista e della finanza funzionale.
Con l’agevolazione IMU sugli immobili di interesse storico e artistico, il legislatore cerca di sgravarne i proprietari dagli ingenti costi di ristrutturazione ai quali sono soggetti. Viceversa, con quella concernente i fabbricati inagibili o inabitabili intende venire incontro ai proprietari che, per cause a loro non imputabili, non possono utilizzarli per il periodo dell’anno nel quale tale impossibilità sussiste.
In altre parole la Corte di Cassazione, che ha affrontato il controverso tema della cumulabilità delle agevolazioni fiscali IMU, autorizza oggi la cumulabilità di quelle previste per i fabbricati di interesse storico o artistico con quelle relative agli immobili dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
Per comprendere l’importanza di questo passaggio è necessaria una breve ricognizione nella passata giurisprudenza, rammentando che nella sentenza n. 6636/2019 la Cassazione aveva chiarito che l’agevolazione prevista dall’art. 2, comma 5, del Dl 16/1993, per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 3 della legge 1089/1939, persegue l’obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati. In questo senso la ratio dell’agevolazione va individuata in una esigenza di equità fiscale, derivante dalla considerazione della minore utilità economica che presentano i beni immobili di interesse storico o artistico in conseguenza del complesso di vincoli e limiti cui la loro proprietà è sottoposta.
Interessante al riguardo è la pronunzia n. 20131/2020, nella quale gli Ermellini si erano soffermati sulla definizione di patrimonio culturale immobiliare, specificando la previsione di un sistema di tutela che può definirsi reale in quanto vige una presunzione di interesse storico e artistico ai sensi del D.lgs. 42/2004, art. 12, comma 1, il quale prevede che siano da considerarsi beni culturali ai fini del godimento della tutela codicistica le cose mobili o immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché a ogni altro ente o istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici, che presentino un semplice “interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico”.
Peraltro, ricordiamo che sul piano delle agevolazioni previste per gli immobili inagibili le ipotesi di esenzione o riduzione dal pagamento delle imposte locali vengono poste in rilievo dal D.lgs. 16/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44/2012, che ha disposto una integrazione all’articolo 13, comma 3, del Dl 201/2011, convertito con modificazioni dalla legge 214/2011: in base a tale norma si prevede la riduzione della base imponibile del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.
Già dalla rapida analisi delle finalità perseguite con le due riduzioni fiscali si evince che le stesse non sono sovrapponibili e inoltre il legislatore, quando ha inteso escludere la cumulabilità, lo ha fatto espressamente.
Per dirimere la questione, rimasta aperta per molto tempo, gli stessi giudici della Cassazione, con sentenza n. 14279/2020, hanno affrontato la possibilità di cumulare le due tipologie di esenzione, affermando che “…questa Corte già in passato aveva affermato che, in assenza di un espresso dettato normativo, non può affermarsi la sussistenza di un principio generale nel senso della esclusione della cumulabilità di benefici fiscali analoghi fruiti in tempi diversi, e ciò in quanto le misure di agevolazione fiscale rispondono ad esigenze finanziarie contingenti, apprezzate di volta in volta dal legislatore in rapporto alle mutevoli emergenze (Sez. 1, Sentenza n. 4309 del 29/04/1999). D’altra parte, una interpretazione difforme porterebbe a trattare in modo uguale due situazioni differenti. In particolare, porrebbe sullo stesso piano i soggetti proprietari di immobili vincolati ed inagibili e quelli proprietari di immobili inagibili, ma non vincolati. Una interpretazione di tal fatta si rivelerebbe in contrasto sia con l’art. 3 (che vieta di trattare in modo uguali situazioni diverse) sia con l’art. 53, Cost. (che impone di porre a carico dei contribuenti il concorso alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva). Alla stregua delle considerazioni che precedono, va enunciato, ai sensi del primo comma dell’art. 384 c.p.c., il seguente principio di diritto, trattandosi di una questione di diritto di particolare importanza: “… In tema di determinazione dell’IMU, la base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del d.lgs. n. 504/1992 e dell’art. 13, commi 4 e 5, del d.l. n. 201/2011, è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e di un ulteriore 50% (con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, essendo le due agevolazioni fiscali cumulabili, data la differente finalità che perseguono”.
Tanto premesso e tornando alla vicenda de quo, una società contribuente era risultata soccombente, nei gradi di merito, per una controversia avente a oggetto l’impugnazione di un avviso di rettifica con liquidazione della maggiore IMU notificato dalle competenti autorità comunali. Il giudice di appello, in particolare, aveva confermato la decisione di prime cure sul rilievo che il contribuente non potesse beneficiare del cumulo delle riduzioni dell’IMU per la soggezione a vincolo storico-artistico e per lo stato di inagibilità. La società contribuente proponeva allora ricorso per cassazione, formulato su due motivi, in cui essenzialmente si doleva per essere stata erroneamente ritenuta dal giudice di secondo grado che le riduzioni dell’IMU per la soggezione a vincolo storico-artistico e per lo stato di inagibilità dell’immobile non fossero cumulabili tra loro, traducendosi altrimenti in una totale esenzione che non era stata prevista dal legislatore. I Supremi Giudici hanno riconosciuto le ragioni della parte contribuente, affermando che “… Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’efficacia espansiva del giudicato esterno, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2011, n. 20029; Cass. , Sez. 5^, 29 gennaio 2014, n. 1837; Cass., Sez. 5^, 4 ottobre 2018, n. 24293; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8138; Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 22 novembre 2021, n. 36021; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, n. 37936). Pertanto, in termini generali, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente, mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass., Sez. 5^, 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., Sez. 5^, 10 ottobre 2019, n. 25516). Il giudicato in materia tributaria fa stato soltanto in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2019, n. 7417; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2020, n. 29079; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8407). Dunque, il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva la controversia sotto il profilo formale dell’atto opposto non può precludere l’esame del merito delle controversie che attengono alla medesima questione, riferita ad annualità di imposta diverse. Ciò in quanto solo l’accertamento su questioni di fatto e di diritto definito con sentenza passata in giudicato può precludere il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (da ultime, in materia di ICI: Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34499). 1.2 Orbene, non è revocabile in dubbio che, essendovi identità di parti tra i due giudizi (Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2015, n. 3187; Cass. Sez. 1^, 26 ottobre 2018, n. 27304; Cass., Sez. 3^, 15 maggio 2018, n. 11754, quest’ultima proprio con riferimento ad una questione di puro diritto, come quella in esame), la questione avente ad oggetto la cumulabilità delle due agevolazioni previste dall’art. 13, comma 3, lett . a) e b), del d.l.6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, rappresentasse il punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, in tal guisa precludendo il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto. 2.Il secondo motivo è fondato. 2.1. L’art. 13, comma3, lett. a) e b), del d.l.6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, stabilisce che: «La base imponibile dell’imposta municipale propria è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo. La base imponibile è ridotta del 50 per cento: a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.» Comunemente, si ritiene che le agevolazioni fiscali si traducano in deroghe, favorevoli per il contribuente, alle regole di determinazione e applicazione dei tributi. Ciò, però, è poco significativo, dal momento che quelle che vengono definite deroghe servono anche ad adeguare il prelievo alla capacità contributiva sottostante (così, ad esempio, sono da intendere molte deduzioni e detrazioni nel campo delle imposte sui redditi) o ad eventuali altri interessi coinvolti nell’azione amministrativa (in presenza di funzioni discrezionali); e, comunque, non sempre corrisponde al vero, come accade, ad esempio, nei crediti d’imposta, che spesso hanno genesi e itinerari extrafiscali ed entrano nei circuiti tributari solo al momento del versamento, elidendo in tutto o in parte il relativo obbligo. Piuttosto, appare preferibile dare rilievo ai fini che le varie agevolazioni fiscali perseguono, da individuare in quelli propri della spesa pubblica e dell’intervento diretto dello Stato nell’economia e nella società. Le agevolazioni fiscali, così, surrogano veri e propri finanziamenti pubblici, i quali appunto possono essere proficuamente “attribuiti” piegando la via tributaria a fini extrafiscali, in linea con le moderne concezioni dello Stato interventista e della finanza funzionale. Naturalmente, nel dovere di contribuzione dei consociati vengono in rilievo vari interessi economici e sociali di rilievo costituzionale, i quali, però, se realizzano la ragionevole discriminazione dei contribuenti, che sta alla base della capacità contributiva individuale, o consentono un migliore esercizio delle funzioni amministrative in cui si articola il prelievo, attengono pur sempre al riparto delle spese pubbliche, ossia alla sfera delle entrate pubbliche, e quindi non danno vita ad agevolazioni fiscali, le quali invece sono spese, più esattamente “spese fiscali”. 2.2. Con la riduzione per l’IMU sugli immobili di interesse storico ed artistico il legislatore cerca di sgravare i proprietari di questi dagli ingenti costi di ristrutturazione a cui sono soggetti. Viceversa, con quella concernente i fabbricati inagibili o inabitabili intende venire incontro ai proprietari che, per cause ad essi non imputabili, non possono utilizzarli, e per il periodo dell’anno nel quale tale impossibilità sussiste. Orbene, già dalla rapida analisi delle finalità perseguite con le due riduzioni fiscali si evince che le stesse non sono sovrapponibili. Inoltre, il legislatore, quando ha inteso escludere la cumulabilità, lo ha fatto espressamente. Basti pensare, a titolo esemplificativo, all’art. 3, comma 91, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il quale preclude al beneficiario di una delle agevolazioni previste dai precedenti commi da 85 a 93 di cumularle con ulteriori agevolazioni di qualsivoglia tipo, previste dalla medesima disposizione o da qualsiasi altra norma, con l’unica esclusione che riguarda le agevolazioni concesse con riferimento alle attività di ricerca (in tal senso: Cass., Sez. 5 ^, 18 febbraio 2011, n . 3949). Parimenti, gli atti d’acquisto di immobili ad uso abitativo compiuti e registrati nel vigore del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, non godono del cumulo di agevolazioni “interno”, dipendente cioè dalla stessa legge, imponendo espressamente l’art. 2, comma2, all’acquirente di dichiarare, a pena di decadenza, «di non aver già usufruito delle agevolazioni previste» dalla stessa disposizione (Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2003, n. 2981). Nel solco di tale impostazione, questa Corte già in passato aveva affermato che, in assenza di un espresso dettato normativo, non può affermarsi la sussistenza di un principio generale nel senso della esclusione della cumulabilità di benefici fiscali analoghi fruiti in tempi diversi, e ciò in quanto le misure di agevolazione fiscale rispondono ad esigenze finanziarie contingenti, apprezzate di volta in volta dal legislatore in rapporto alle mutevoli emergenze (Cass., Sez. 1^, 29 aprile 1999, n. 4309). D’altra parte, una interpretazione difforme porterebbe a trattare in modo uguale due situazioni differenti. In particolare, porrebbe sullo stesso piano i soggetti proprietari di immobili vincolati ed inagibili e quelli proprietari di immobili inagibili, ma non vincolati. Una interpretazione di tal fatta si rivelerebbe in contrasto sia con l’art. 3 (che vieta di trattare in modo uguale situazioni diverse) sia con l’art. 53 (che impone di porre a carico dei contribuenti il concorso alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva) Cost. Alla stregua delle considerazioni che precedono, in conclusione, va confermato e ribadito (in adesione ad un precedente arresto di questa Corte: Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2020, n. 14279), ai sensi dell’art. 384, comma primo, cod. proc. civ., il seguente principio di diritto: «In tema di IMU , la base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del d.l. 30 dicembre 1992, n. 504 , e dell’art. 13, commi 4 e 5, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,n. 214, è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e di un ulteriore 50% (con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, essendo le due agevolazioni fiscali cumulabili, data la differente finalità che perseguono»”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 2 marzo 2023, n. 6266
sul ricorso iscritto al n. 14646/2020 R.G., proposto DA
la “S.A.C.S. S.r.l.” con sede in Napoli, in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Carmine Paudice con studio in Napoli , ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per le comunicazioni: avvcarminepaudice@pec.it),e comunque presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
ED il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Fabio Maria Ferrari e dall’Avv. Anna Amoretti, entrambi con studio in Napoli, elettivamente domiciliato presso l’Avv. Luca Leone, con studio in Roma, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 7 gennaio 2020, n. 31/22/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del d.l. 28 ottobre 2020 , n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020,n. 176, in virtù della proroga disposta dall’art.8, comma 8, del d.l. 29 dicembre 2022,n. 198, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 17febbraio 2023 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo;
RILEVATO CHE
1. La “S.A.C.S. S.r.l.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 7 gennaio 2020, n. 31/22/2020, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di rettifica con liquidazione della maggiore IMU relativa all’anno 2014 con riguardo alla proprietà di un fabbricato sito in Napoli alla Piazza Italia n. 13 (con la denominazione di “Sferisterio”), ha rigettato l’appello proposto dal la medesima nei confronti del Comune di Napoli avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 13 giugno 2018, n. 6302/36/2018.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul rilievo che il contribuente non potesse beneficiare del cumulo delle riduzioni dell’IMU per la soggezione a vincolo storico-artistico e per lo stato di inagibilità. Il Comune di Napoli si è costituito con controricorso.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma , n. 3 , cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il giudicato formatosi sulla sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 16 maggio 2017, n. 8995/ 17/ 2017, con riguardo all’IMU relativa all’anno 2012, non potesse estendersi al caso di specie, essendo attinente alla sola interpretazione di norme giuridiche.
2.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 13, comma 3, lett. a) e b), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ. per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che le riduzioni dell’IMU per la soggezione a vincolo storico-artistico e per lo stato di inagibilità dell’immobile non fossero cumulabili tra loro, traducendosi altrimenti in una totale esenzione che non era stata prevista dal legislatore.
RITENUTO CHE
1.Il primo motivo è fondato.
1.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’efficacia espansiva del giudicato esterno, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2011, n. 20029; Cass. , Sez. 5^, 29 gennaio 2014, n. 1837; Cass., Sez. 5^, 4 ottobre 2018, n. 24293; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8138; Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 22 novembre 2021, n. 36021; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, n. 37936).
Pertanto, in termini generali, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente, mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass., Sez. 5^, 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., Sez. 5^, 10 ottobre 2019, n. 25516).
Il giudicato in materia tributaria fa stato soltanto in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2019, n. 7417; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2020, n. 29079; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8407).
Dunque, il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva la controversia sotto il profilo formale dell’atto opposto non può precludere l’esame del merito delle controversie che attengono alla medesima questione, riferita ad annualità di imposta diverse. Ciò in quanto solo l’accertamento su questioni di fatto e di diritto definito con sentenza passata in giudicato può precludere il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (da ultime, in materia di ICI: Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34499). 1.2 Orbene, non è revocabile in dubbio che, essendovi identità di parti tra i due giudizi (Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2015, n. 3187; Cass. Sez. 1^, 26 ottobre 2018, n. 27304; Cass., Sez. 3^, 15 maggio 2018, n. 11754, quest’ultima proprio con riferimento ad una questione di puro diritto, come quella in esame), la questione avente ad oggetto la cumulabilità delle due agevolazioni previste dall’art. 13, comma 3, lett. a) e b), del d.l.6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, rappresentasse il punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, in tal guisa precludendo il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto. 2.Il secondo motivo è fondato. 2.1. L’art. 13, comma3, lett. a) e b), del d.l.6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, stabilisce che: «La base imponibile dell’imposta municipale propria è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo.
La base imponibile è ridotta del 50 per cento:
a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.
L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente.
Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.» Comunemente, si ritiene che le agevolazioni fiscali si traducano in deroghe, favorevoli per il contribuente, alle regole di determinazione e applicazione dei tributi.
Ciò, però, è poco significativo, dal momento che quelle che vengono definite deroghe servono anche ad adeguare il prelievo alla capacità contributiva sottostante (così, ad esempio, sono da intendere molte deduzioni e detrazioni nel campo delle imposte sui redditi) o ad eventuali altri interessi coinvolti nell’azione amministrativa (in presenza di funzioni discrezionali); e, comunque, non sempre corrisponde al vero, come accade, ad esempio, nei crediti d’imposta, che spesso hanno genesi e itinerari extrafiscali ed entrano nei circuiti tributari solo al momento del versamento, elidendo in tutto o in parte il relativo obbligo. Piuttosto, appare preferibile dare rilievo ai fini che le varie agevolazioni fiscali perseguono, da individuare in quelli propri della spesa pubblica e dell’intervento diretto dello Stato nell’economia e nella società.
Le agevolazioni fiscali, così, surrogano veri e propri finanziamenti pubblici, i quali appunto possono essere proficuamente “attribuiti” piegando la via tributaria a fini extrafiscali, in linea con le moderne concezioni dello Stato interventista e della finanza funzionale.
Naturalmente, nel dovere di contribuzione dei consociati vengono in rilievo vari interessi economici e sociali di rilievo costituzionale, i quali, però, se realizzano la ragionevole discriminazione dei contribuenti, che sta alla base della capacità contributiva individuale, o consentono un migliore esercizio delle funzioni amministrative in cui si articola il prelievo, attengono pur sempre al riparto delle spese pubbliche, ossia alla sfera delle entrate pubbliche, e quindi non danno vita ad agevolazioni fiscali, le quali invece sono spese, più esattamente “spese fiscali”.
2.2. Con la riduzione per l’IMU sugli immobili di interesse storico ed artistico il legislatore cerca di sgravare i proprietari di questi dagli ingenti costi di ristrutturazione a cui sono soggetti.
Viceversa, con quella concernente i fabbricati inagibili o inabitabili intende venire incontro ai proprietari che, per cause ad essi non imputabili, non possono utilizzarli, e per il periodo dell’anno nel quale tale impossibilità sussiste. Orbene, già dalla rapida analisi delle finalità perseguite con le due riduzioni fiscali si evince che le stesse non sono sovrapponibili. Inoltre, il legislatore, quando ha inteso escludere la cumulabilità, lo ha fatto espressamente. Basti pensare, a titolo esemplificativo, all’art. 3, comma 91, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il quale preclude al beneficiario di una delle agevolazioni previste dai precedenti commi da 85 a 93 di cumularle con ulteriori agevolazioni di qualsivoglia tipo, previste dalla medesima disposizione o da qualsiasi altra norma, con l’unica esclusione che riguarda le agevolazioni concesse con riferimento alle attività di ricerca (in tal senso: Cass., Sez. 5 ^, 18 febbraio 2011, n . 3949). Parimenti, gli atti d’acquisto di immobili ad uso abitativo compiuti e registrati nel vigore del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, non godono del cumulo di agevolazioni “interno”, dipendente cioè dalla stessa legge, imponendo espressamente l’art. 2, comma2, all’acquirente di dichiarare, a pena di decadenza, «di non aver già usufruito delle agevolazioni previste» dalla stessa disposizione (Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2003, n. 2981).
Nel solco di tale impostazione, questa Corte già in passato aveva affermato che, in assenza di un espresso dettato normativo, non può affermarsi la sussistenza di un principio generale nel senso della esclusione della cumulabilità di benefici fiscali analoghi fruiti in tempi diversi, e ciò in quanto le misure di agevolazione fiscale rispondono ad esigenze finanziarie contingenti, apprezzate di volta in volta dal legislatore in rapporto alle mutevoli emergenze (Cass., Sez. 1^, 29 aprile 1999, n. 4309). D’altra parte, una interpretazione difforme porterebbe a trattare in modo uguale due situazioni differenti. In particolare, porrebbe sullo stesso piano i soggetti proprietari di immobili vincolati ed inagibili e quelli proprietari di immobili inagibili, ma non vincolati. Una interpretazione di tal fatta si rivelerebbe in contrasto sia con l’art. 3 (che vieta di trattare in modo uguale situazioni diverse) sia con l’art. 53 (che impone di porre a carico dei contribuenti il concorso alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva) Cost.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in conclusione, va confermato e ribadito (in adesione ad un precedente arresto di questa Corte: Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2020, n. 14279), ai sensi dell’art. 384, comma primo, cod. proc. civ., il seguente principio di diritto: «In tema di IMU , la base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del d.l. 30 dicembre 1992, n. 504 , e dell’art. 13, commi 4 e 5, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,n. 214, è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e di un ulteriore 50% (con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, essendo le due agevolazioni fiscali cumulabili, data la differente finalità che perseguono».
3.In definitiva, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con l’accoglimento del ricorso originario della contribuente.
4.La recente formazione di un indirizzo giurisprudenziale sulla questione scrutinata giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso a Roma nella camera di consiglio da remoto del 17 febbraio 2023