CASSAZIONE

Imposta di registro: l’iscrizione a ruolo non interrompe la prescrizione

Tributi – Imposta di registro – Prescrizione – Iscrizione a ruolo prima del termine di prescrizione – Efficacia interruttiva – Lodo arbitrale – Cartella di pagamento notificata

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 11605 del 4 maggio 2021, intervenendo in tema di imposta di registro ha accolto alcuni motivi del ricorso della parte contribuente, ricordando che la vigente giurisprudenza crede che il decorso del termine prescrizionale decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata non può ritenersi interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria, ma soltanto dalla notifica della relativa cartella di pagamento. In altre parole, non è sufficiente l’iscrizione a ruolo in quanto atto meramente interno, cioè quell’atto posto in essere dall’autorità amministrativa nei confronti di sé stessa, che possa interrompere il termine decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata, ma è indispensabile un atto con carattere recettizio, cioè quell’atto che deve essere portato a conoscenza del destinatario perché il negozio possa produrre i suoi effetti nella sfera del terzo, che sono quelli in cui la produzione degli effetti si verifica quando sono portati a conoscenza dell’altra parte che metta in mora il debitore. 

In definitiva, solo la prova della notificazione della cartella esattoriale è atto idoneo a interrompere la prescrizione del credito tributario perché atto recettizio, in linea con l’art. 2943, co. 2, c.c. che prevede che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore.

Cardine di questa interpretazione la rinveniamo, ad esempio, nell’ordinanza n. 2014 del 2019, che ha statuito l’importante riferimento in merito all’interruzione della prescrizione ricordando inizialmente che la semplice iscrizione a ruolo non è atto sufficiente a interrompere la prescrizione (prevista da qualsiasi norma). Inoltre, continuano gli Ermellini, il termine decadenziale entro il quale – obbligatoriamente – deve essere notificata la cartella (nella fattispecie indicate dalla Regione), è “il terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento”. Inoltre, la Cassazione precisa che con il Dl 106/2005 (come conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale del 2005), ora sono previsti 3 termini per la notifica della cartella.

Tali termini sono distinti a seconda dell’attività che ha originato la cartella (attività di liquidazione automatica o formale; o da attività di accertamento).

Quindi, a oggi non rileva più la data (o il momento) dell’iscrizione a ruolo, ma solo la natura della precedente attività propedeutica della formazione della cartella.

La Suprema Corte ha infine ricordato che la semplice iscrizione a ruolo del debito del contribuente non è sufficiente a interrompere il trascorrere del termine di prescrizione previsto ex lege.

In particolare, si afferma che: “ … la procedura seguita dalla Regione Emilia Romagna non è idonea ad evitare l’estinzione del diritto di agire per la riscossione del tributo che, a mente del d.l. 953 del 1982, art. 5 (…), in quanto la maturazione di detto termine non può certo considerarsi evitata per effetto della notificazione (in epoca successiva alla scadenza del termine medesimo) di una cartella di pagamento non tempestivamente preceduta dall’atto prodromico necessario a mettere al corrente il destinatario della pretesa dell’ente pubblico, idoneo cioè a generare l’interruzione del decorso del termine prescrizionale”. Sul punto si ricorda in senso conforme anche Cass. 315/2014, secondo la quale in tema di riscossione della tassa automobilistica, ai fini del rispetto del termine triennale previsto per la riscossione di cui all’art. 5, Dl 953/1982, convertito dalla legge 53/1983, non è sufficiente che l’ente impositore abbia provveduto nei termini all’iscrizione a ruolo del tributo. 

Secondo gli Ermellini il decorso del termine di prescrizione triennale per la sua riscossione, previsto dall’art. 5, comma 51, del citato Dl 953/1982, non è interrotto dalla sola iscrizione a ruolo del tributo da parte dell’Amministrazione finanziaria, in quanto tale procedura si sviluppa tutta all’interno di quest’ultima e pertanto – producendosi l’effetto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, cod. civ. solo in forza di un atto che valga a costituire in mora il debitore – è inidonea a essere percepita e produrre effetti nella sfera giuridica del destinatario della pretesa.(Cass. Ord. n. 315 del 9 gennaio 2014).

Infine appare utile citare anche il principio affermato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 17 novembre 2016 n. 23397, che ha reputato che solo il diritto di credito contenuto in una sentenza passata in giudicato si prescrive in 10 anni, mentre la mancata impugnazione di un qualunque atto impositivo non comporta l’allungamento del termine prescrizionale. Tale pronunzia era molto attesa, nella speranza che ponesse fine alla dibattuta questione della prescrizione delle cartelle esattoriali notificate dagli agenti della riscossione, e più in particolare sul punto dolens riguardante il recupero coattivo dei contributi previdenziali: sinteticamente, è possibile confermare che l’annoso problema riguardasse proprio il termine prescrizionale da applicarsi alle cartelle i cui tributi o crediti sottesi fossero assoggettati a “prescrizione breve” (cioè inferiore ai dieci anni) in forza di disposizioni speciali derogatorie dell’art. 2946 c.c.

In buona sostanza, è da ritenersi nullo l’atto di intimazione di pagamento o qualsiasi atto della fase riscossiva notificato oltre il termine di prescrizione decennale.

La sola formazione del ruolo non vale a interrompere la prescrizione, come ricordano altri arresti dei Supremi giudici di legittimità, come ad esempio la sentenza n. 741/2017 in cui la Corte tornava a pronunciarsi sulla questione della prescrizione delle obbligazioni di natura erariale e contributiva, rimarcando il principio secondo cui il decorso del termine di prescrizione giammai potrà esser interrotto dalla sola iscrizione a ruolo del tributo/contributo posta in essere dall’Amministrazione finanziaria o dall’ente previdenziale, trattandosi di mero atto interno inidoneo a produrre gli effetti interruttivi invero propri, ex art. 2943, co. 3 c.c., esclusivamente degli atti recettizi.

Anche con una successiva ordinanza, la n. 6245/2020, veniva confermato che il decorso del termine prescrizionale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata non può essere interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria. In effetti, la prescrizione dei diritti è interrotta solo da un atto recettizio, che valga a costituire in mora il debitore. Il ruolo, al contrario, costituisce un atto interno dell’Amministrazione e come tale di per sé privo di rilevanza esterna. Con gli accertamenti esecutivi non c’è più il ruolo, per questo diventa importante procedere con le misure cautelari o effettuare l’intimazione di pagamento ai sensi dell’art. 50 del DPR 602/1973. 

Appare comunque utile ricordare che, secondo quanto affermato dall’art. 37, comma 1, del DPR 131/1986, l’Agenzia delle entrate decade dal diritto di richiedere le somme relative all’imposta di registro su una sentenza (o altro atto dell’autorità giudiziaria) se non ne richiede il pagamento, nel termine di 5 anni dal giorno in cui doveva essere richiesta la registrazione della sentenza. La registrazione deve avvenire da parte dei cancellieri e/o segretari entro 5 giorni dalla pubblicazione della sentenza.

Nel caso in cui il Fisco notifica avviso di liquidazione nei suddetti 5 anni e detto avviso non viene impugnato nei termini di legge, il diritto dell’Amministrazione finanziaria di riscuotere le somme si prescrive in 10 anni. In relazione, invece, al rimborso dell’imposta di registro, il contribuente deve presentare richiesta entro 3 anni dal giorno del pagamento o dalla nascita del diritto alla restituzione, pena la decadenza.

Tanto premesso e tornando al caso concreto, esso trae origine dal ricorso avverso una cartella di pagamento notificata dalla società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. per somme dovute a titolo di registro, con cui il contribuente ha eccepito la prescrizione della pretesa tributaria.

Il ricorso è stato respinto sia dalla Commissione tributaria provinciale, sia dalla Regionale, sul rilievo che il termine prescrizionale decennale era stato interrotto dalla notifica dell’avviso di liquidazione, nel termine triennale prescritto dall’art. 76 del DPR 131/86, con la conseguente reiezione dell’eccezione di decadenza sollevata dal contribuente. A questo si opponeva in Cassazione la parte contribuente, che si lagnava per non avere la CTR considerato che al momento della notifica della cartella di pagamento il termine di prescrizione decennale era già spirato. 

Sul punto si è espressa la Suprema Corte accogliendo i relativi motivi di doglianza della contribuente ricordando che “ … Come ribadito dalle S.U. n. 23397/2016 richiamate dalla medesima ricorrente, ‘la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c. d. conversione del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato’; è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”. Nel caso in esame, il termine prescrizionale previsto per l’imposta di registro è quello decennale di cui all’art. 78 d.P.R. n. 131/86.

In tema IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 c.c., non potendosi applicarsi il termine quinquennale previsto dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi( Cass. n.12740/2020; n. 33266 del 2019; n. 32308 del 2019).

In particolare, poi, questa Corte ha ribadito che in tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l’avviso di rettifica e liquidazione per mancata impugnazione, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 78, non trovando applicazione né il termine triennale di decadenza previsto dall’art. 76 di detto decreto, concernente l’esercizio del potere impositivo, né il termine di decadenza contemplato dal d.p.r. n. 602 del 1973, art. 25, in quanto l’imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999, art. 23 (che ha esteso le disposizioni di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, art. 15, c. 1, quanto all’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, e art. 25, c. 1, quanto ai termini di decadenza, solo all’IVA; v. Cass. n. 27698/2020; Cass., 11 maggio 2018, n. 11555; Cass., 30 giugno 2016, n. 13418; Cass., 24 settembre 2014, n. 20153; Cass., 9 luglio 2014, n. 15619; Cass., 6 giugno 2014, n. 12748; Cass., 2 dicembre 2013, n. 27028) Accertata la definitività dell’avviso di liquidazione, alcuna rilevanza può assumere l’eventuale notifica del primo atto tributario oltre il termine triennale prescritto dall’art. 76 cit., doglianza che avrebbe dovuto essere proposta con l’impugnazione dell’atto medesimo.   Meritano accoglimento le ultime due censure. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte “In tema di imposta di registro, il decorso del termine prescrizionale decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata, previsto dall’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, non può ritenersi interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria, atteso che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2943 cod. civ., la prescrizione dei diritti è interrotta solo da un atto che valga a costituire in mora il debitore e,, quindi, avente carattere recettizio, mentre l’iscrizione a ruolo di un tributo resta un atto interno dell’amministrazione( , Cass. n. 14301/2009; sulla natura della iscrizione a ruolo v. Cass. n. 315/2014; n. 23261/2020). Anche Cass. sez. V, n. 17248 del 2017, non ha mancato di specificare che, in materia di riscossione delle imposte, la prova della notificazione della cartella esattoriale è atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito tributario. L’art. 2943 co. 2 c.c. prevede che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore: per effetto dell’interruzione, decorre un ulteriore periodo di prescrizione; dunque, la notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo o di altri atti emessi sia dall’ente creditore che dall’Agente della riscossione, ove si intima il pagamento degli importi, interrompono la prescrizione. Pertanto, nella fattispecie, la prescrizione – già interrotta dalla notifica dell’avviso di liquidazione – decorre dalla data in cui l’avviso è stato notificato. Il nuovo atto interruttivo da considerare non è certamente l’iscrizione a ruolo, bensì la consegna della cartella all’ufficiale postale per la notifica, data che né dal ricorso né dalla sentenza impugnata è dato evincere All’accoglimento del secondo e del terzo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia (in particolare, per accertare l’eventuale estinzione del credito alla luce dell’eccepita prescrizione, considerando il dies a quo ed il dies a quem indicati in sentenza)”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 4 maggio 2021, n. 11605

sul ricorso 2340-2017 proposto da:

D. V . M. R., elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata e difesa dall’avvocato ALFREDO LUPO;

– ricorrente –

contro EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, elettivamente 2021 domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 91, presso lo 461 studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMODIO;

– -controricorrente –

nonché contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5474/2016 della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA, depositata il 13/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

FATTI DI CAUSA

1. Maria Rosaria Del Vecchio impugnava la cartella di pagamento notificata dalla società Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. per somme dovute a titolo di registro relativo al provvedimento su lodo arbitrale emesso dal tribunale di Napoli nell’anno 2001, eccependo la prescrizione della pretesa tributaria.

La CTP di Napoli respingeva il ricorso. Proposto appello dalla contribuente, la CTR della Campania lo respingeva sul rilievo che intervenuta che il termine prescrizionale decennale era stato interrotto dalla notifica dell’avviso di liquidazione del 15 ottobre 2003, nel termine triennale prescritto dall’art. 76 del D.P.R. n. 131/86 con la conseguente reiezione dell’eccezione di decadenza pure sollevata dalla contribuente. In particolare, la CTR affermava che:

– l’avviso di liquidazione non era stato impugnato rendendo così definitiva la pretesa tributaria;

– che dalla data del 6 dicembre 2003, ovvero decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica del predetto atto, iniziava a decorrere la prescrizione decennale ex art. 78 del d.P.R. cit.;

– che l’ufficio aveva effettuato l’iscrizione a ruolo in data 17 ottobre 2013 che aveva nuovamente interrotto il termine prescrizionale;

– che divenuto definitivo l’avviso prodromico, la successiva cartella non costituisce nuovo atto impositivo per cui è sindacabile solo per vizi propri che, nella specie, non erano stati eccepiti, avendo la ricorrente opposto l’atto solo censurando l’esercizio della potestà accertativa.

M. R. D. V. chiede sulla base di tre motivi, illustrati nelle memorie difensive, la cassazione della sentenza n. 5474/2016/depositata il 13 giugno 2016.

La società concessionaria e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 78 del T.U. Registro d.P.R. n. 131/86, nonché dell’art. 2953 c.c., per avere la CTR ritenuto applicabile alla fattispecie il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 78 citato in rubrica, ancorché questa Corte a sezioni unite – con la sentenza n. 23397/2016 – abbia statuito che la mancata contestazione del titolo determina la decadenza dalla possibilità di proporre l’impugnazione, producendo l’effetto della irretrattabilità del credito senza determinare anche l’effetto della c. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario.

Assume al riguardo che il disposto di cui al cit. art. 78 stabilisce che il termine prescrizionale decennale riguarda solo le imposte definitivamente accertate, il che implica che il termine lungo si applica solo per effetto del conseguente accertamento in via definitiva dell’imposta, attraverso l’adozione di un provvedimento giurisdizionale che ne abbia accertato in via definitiva la legittimità dell’atto impositivo.

2. Con la seconda e terza censura, si deduce la violazione dell’art.2943 c.c. in relazione all’art 79 del d.P.R. n. 131/86, laddove la CTR della Campania ha ritenuto che l’iscrizione a ruolo della cartella produca l’effetto di interrompere i termini di prescrizione, individuando il dies a quo del primo termine prescrizionale in quello di scadenza del sessantesimo giorno per l’impugnazione dell’avviso di liquidazione e non in quello di notifica del primo atto (15.10.2003).

Sostenendo altresì che la CTR avrebbe dovuto considerare il giorno della notifica della cartella (4.02.2014) e non quello della sua iscrizione a ruolo, ai fini del calcolo del termine decennale, decorrente, ad avviso della contribuente, dalla data della notifica dell’avviso di liquidazione (15.10.2003) con la conseguenza che nemmeno l’iscrizione a ruolo della cartella avrebbe interrotto il termine prescrizionale ormai compiuto.

5. La prima censura è destituita di fondamento.

Come ribadito dalle S.U. n. 23397/2016 richiamate dalla medesima ricorrente, “la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c. d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato”; è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”. Nel caso in esame, il termine prescrizionale previsto per l’imposta di registro è quello decennale di cui all’art. 78 d.P.R. n. 131/86.

In tema IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 c.c., non potendosi applicarsi il termine quinquennale previsto dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi( Cass. n.12740/2020; n. 33266 del 2019; n. 32308 del 2019).

In particolare, poi, questa Corte ha ribadito che in tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l’avviso di rettifica e liquidazione per mancata impugnazione, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 78, non trovando applicazione né il termine triennale di decadenza previsto dall’art. 76 di detto decreto, concernente l’esercizio del potere impositivo, né il termine di decadenza contemplato dal d.p.r. n. 602 del 1973, art. 25, in quanto l’imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999, art. 23 (che ha esteso le disposizioni di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, art. 15, c. 1, quanto all’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, e art. 25, c. 1, quanto ai termini di decadenza, solo all’IVA; v. Cass. n. 27698/2020; Cass., 11 maggio 2018, n. 11555; Cass., 30 giugno 2016, n. 13418; Cass., 24 settembre 2014, n. 20153; Cass., 9 luglio 2014, n. 15619; Cass., 6 giugno 2014, n. 12748; Cass., 2 dicembre 2013, n. 27028) Accertata la definitività dell’avviso di liquidazione, alcuna rilevanza può assumere l’eventuale notifica del primo atto tributario oltre il termine triennale prescritto dall’art. 76 cit., doglianza che avrebbe dovuto essere proposta con l’impugnazione dell’atto medesimo.

6. Meritano accoglimento le ultime due censure.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte “In tema di imposta di registro, il decorso del termine prescrizionale decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata, previsto dall’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, non può ritenersi interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria, atteso che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2943 cod. civ., la prescrizione dei diritti è interrotta solo da un atto che valga a costituire in mora il debitore e,, quindi, avente carattere recettizio, mentre l’iscrizione a ruolo di un tributo resta un atto interno dell’amministrazione( , Cass. n. 14301/2009; sulla natura della iscrizione a ruolo v. Cass. n. 315/2014; n. 23261/2020). Anche Cass. sez. V, n. 17248 del 2017, non ha mancato di specificare che, in materia di riscossione delle imposte, la prova della notificazione della cartella esattoriale è atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito tributario. L’art. 2943 co. 2 c.c. prevede che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore: per effetto dell’interruzione, decorre un ulteriore periodo di prescrizione; dunque, la notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo o di altri atti emessi sia dall’ente creditore che dall’Agente della riscossione, ove si intima il pagamento degli importi, interrompono la prescrizione. Pertanto, nella fattispecie, la prescrizione – già interrotta dalla notifica dell’avviso di liquidazione – decorre dalla data in cui l’avviso è stato notificato. Il nuovo atto interruttivo da considerare non è certamente l’iscrizione a ruolo, bensì la consegna della cartella all’ufficiale postale per la notifica, data che né dal ricorso né dalla sentenza impugnata è dato evincere All’accoglimento del secondo e del terzo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia (in particolare, per accertare l’eventuale estinzione del credito alla luce dell’eccepita prescrizione, considerando il dies a quo ed il dies a quem indicati in sentenza).

P.Q.M

Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e rimette gli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile Corte di Cassazione in ROMA il 21gennaio 2021, tenuta da remoto.

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