Imponibilità delle borse di studio estere per attività di ricerca
Importanti indicazioni e chiarimenti sul regime di imponibilità fiscale delle borse di studio per attività di ricerca sono stati forniti dall’Agenzia delle entrate con due recenti risposte a istanze di interpello, e in questa sede ci occupiamo della Risposta n. 173 del 9 giugno 2020.
Oggetto del dubbio interpretativo è il regime di tassazione applicabile a una borsa di studio erogata da un’organizzazione intergovernativa a un soggetto residente in Italia (art. 50, comma 1, lettera c, del TUIR).
L’Università Usa e i titoli richiesti
Un cittadino fiscalmente residente in Italia è risultato vincitore di una borsa di studio, della durata di 12 mesi estendili a 24 su richiesta dell’ateneo ospitante e per un certo importo mensile, presso una università degli Stati Uniti d’America, che ha deciso di aggiungere un ulteriore importo lordo, sempre in dollari, per adeguare il trattamento economico a quello degli omologhi colleghi americani.
Il contribuente ha inoltre evidenziato di non essere legato da alcun rapporto di lavoro con il soggetto che finanzia la borsa di studio, che è un’organizzazione intergovernativa che intende, in questo modo, rafforzare la cooperazione e la mobilità internazionale tra i ricercatori nel campo della biologia molecolare. I destinatari sono selezionati fra quanti sono in possesso dei seguenti titoli: a) un dottorato di ricerca prima dell’inizio della borsa; b) almeno una pubblicazione, da non più di due anni come primo autore, in una rivista scientifica internazionale di rilievo al momento della candidatura.
Si chiede di conoscere il corretto inquadramento fiscale della borsa studio e, in particolare, se possa rientrare in uno dei seguenti casi di esenzione dall’IRPEF:
– borsa di studio per la mobilità internazionale – programma Erasmus Plus (art. 1, comma 50, legge di Stabilità del 2016);
– borsa di studio corrisposta da università e istituti di istruzione universitaria per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per attività di ricerca post-laurea e post-dottorato e per i corsi di perfezionamento all’estero (art. 6, legge 398/1989 e art. 4, legge 210/1998);
– borsa di studio corrisposta dalle Regioni a statuto ordinario e dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano agli studenti universitari (art. 4, legge 476/1984);
– borse finanziate dalla Comunità europea ed erogate dall’università a cittadini stranieri rientranti nel programma di cooperazione internazionale “Erasmus mundus”.
Si chiede, inoltre, se sia applicabile l’art. 132 del Regolamento CE n. 1303/2013 in materia di regimi di favore, nell’ambito di azioni promosse dagli organismi che intervengono nel trasferimento dei contributi comunitari per conto dell’Unione europea.
La soluzione di parte
Secondo l’istante la borsa di studio, che costituisce un contributo finanziato da un ente di derivazione europea, può essere assimilata alle borse di studio del programma comunitario Erasmus Plus e che, poiché “le stesse fonti istitutive di tali contributi escludono l’applicazione di qualunque onere fiscale”, la borsa possa essere esente dall’IRPEF.
Per quanto riguarda l’integrazione corrisposta dall’università Usa, ritiene che l’importo percepito debba essere dichiarato anche in Italia (fatte salve eventuali compensazioni ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni), come reddito assimilato a lavoro dipendente (arti. 50 del TUIR), al quale conseguirà un credito d’imposta per le imposte versate negli Stati Uniti fino a concorrenza dell’imposta dovuta in Italia.
Le esenzioni “a fattispecie esclusiva”
Ai fini della tassazione IRPEF, in linea generale, le borse di studio percepite da soggetti fiscalmente residenti in Italia sono imponibili ai sensi dell’art. 50, comma 1, lettera c), del TUIR, come redditi assimilati al lavoro dipendente, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.
Al panorama normativo richiamato dall’istante, l’Agenzia aggiunge che, in relazione alle borse di studio erogate nell’ambito del programma Erasmus Plus, l’art. 1, comma 50, della legge di Stabilità 2016, prevede che “Per l’intera durata del programma Erasmus +, alle borse di studio per la mobilità internazionale erogate a favore degli studenti delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, ai sensi del regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, si applicano le esenzioni previste all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170”. In relazione a queste ultime disposizioni, infine, osserva che l’art. 1, comma 3, del DL 105/2003 richiama, ai fini dell’esenzione IRPEF, l’art. 4 della legge 476/1984.
L’Agenzia evidenzia poi, a completamento del quadro normativo, che le disposizioni di esenzione sono “a fattispecie esclusiva” e, in quanto tali, non sono soggette a interpretazione analogica, per cui le borse di studio diverse da quelle sopra citate non sono suscettibili di esenzione: con la risoluzione 109/E del 23 aprile 2009 è stato fornito un elenco esclusivo, che non permette di assimilare a quelle indicate altre borse diverse.
Risponde il MIUR
Considerata la peculiarità del caso di specie, dell’interpello è stato investito il Ministero dell’Università, che ha fatto presente che l’ente che eroga la borsa è un’organizzazione di diritto privato fondata nel 1964 composta da 1.800 membri, fra cui circa 84 vincitori di premio Nobel, fra scienziati e ricercatori attivi nell’area delle scienze biologiche e della biologia molecolare, che vi partecipano a titolo personale.
Questa organizzazione è finanziata dalla EMBC, European Molecular Biology Conference, organizzazione intergovernativa composta da 30 Stati membri, facenti parte prevalentemente dell’Unione europea (l’Italia ne fa parte dal 1969), ma non è un ente di derivazione europea, come afferma l’istante. L’organizzazione ha ricevuto dall’EMBC il compito di realizzare il suo programma generale, che consiste nel promuovere e incoraggiare lo sviluppo della biologia molecolare in Europa e favorire la cooperazione transfrontaliera in questo settore scientifico, mediante, tra l’altro, l’erogazione di borse di studio per lo scambio internazionale. Il Ministero precisa che nello specifico l’organizzazione fornisce fondi all’istituzione ospitante per coprire il costo di un contratto di collaborazione a favore del beneficiario della borsa che includa le tasse, i contributi del datore di lavoro, i contributi del beneficiario e il suo stipendio netto, che deve essere sottoscritto dall’ateneo ospitante con il beneficiario.
Nella nota ministeriale si legge che l’aliquota fiscale dipende dallo Stato dove verrà svolta l’attività di ricerca, che potrebbe assoggettarla a tassazione, e che “Le borse di studio erogate dall’organizzazione non sono direttamente riconducili al singolo contributo nazionale, tantomeno è in vigore una disposizione, o un accordo con gli Stati contributori, volti a esentare fiscalmente sul proprio territorio nazionale dette borse di studio”.
L’art. 50 del TUIR e la Convenzione Italia-Usa
In linea con il parere espresso dal Ministero, l’Agenzia delle entrate ritiene che la borsa di studio in questione non è riconducibile a nessuna delle previsioni agevolative evidenziate e, in particolare, non può essere assimilata a quelle erogate nell’ambito del programma Erasmus Plus, per cui è soggetta al regime di tassazione previsto per il reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lettera c, del TUIR). Presupposto che l’istante risulti residente fiscalmente in Italia, questo reddito deve essere dichiarato nel nostro Paese e al riguardo si evidenzia che in base all’art. 20 della Convenzione tra Italia e Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni, “Un professore o un insegnante che soggiorna temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola od altro istituto d’istruzione riconosciuto, o presso una istituzione medica finanziata principalmente dal Governo e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno, residente dell’altro Stato contraente, è esente, per un periodo non superiore a due anni, da imposizione nel primo Stato contraente per le remunerazioni relative a tali attività di insegnamento o di ricerca”. Ne consegue che il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi da presentare in Italia anche il reddito estero derivante dall’attività di ricerca svolta negli Usa: rispetto, poi, al credito di imposta citato dall’istante per le imposte versate in America fino a concorrenza dell’imposta dovuta in Italia, occorre verificare se le disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni in vigore in Italia limitino o meno la potestà impositiva del nostro Paese.
Riguardo alla retribuzione supplementare versata dall’università, la Convenzione non contiene alcuna limitazione alla potestà impositiva dell’Italia, mentre risulta invece limitata quella degli Usa per le retribuzioni relative ad attività di insegnamento o di ricerca, per cui non potrà tassare gli emolumenti per i primi due anni di soggiorno del beneficiario negli Stati Uniti. Riassumendo: se la retribuzione universitaria aggiuntiva verrà percepita a fronte di un’attività di ricerca, questa sarà tassata esclusivamente in Italia per i primi due anni, e non essendoci alcuna doppia imposizione, in sede di dichiarazione dei redditi non potrà essere riconosciuto al contribuente il diritto alla detrazione per il foreign tax credit.