Immobili rurali – Esclusi da ICI solo se accatastati in determinate categorie
Tributi comunali e provinciali – Imposta comunale sugli immobili – Fabbricati rurali – Art. 9, D.L. n. 557 del 1993, conv. con L. n. 133 del 1994 – Art. 23, D.L. n. 207 del 2008, co.1-bis, conv. dalla L. n. 14 del 2009 – Interpretazione autentica dell’art. 2, d.Lgs. n. 504 del 1992, co.1, lett. a) – Fabbricati strumentali all’attività agricola o destinati ad abitazione – Esclusione dall’imposta – Immobili delle cooperative agricole – Spettanza – Iscrizione in catasto – Cat. A/6 o D/10 – Sussistenza del fabbricato rurale – Art.7, D.L. n. 70 del 2011 – Istanza del contribuente – Onere – Art. 5, D.L. n.102 del 2013 – Applicabilità fino al quinquennio precedente – Limitazione fino al periodo d’imposta 2006 – Periodi anteriori – Inoltro dell’istanza di variazione catastale – Irrilevanza – Impugnazione delle rendite catastali – Necessità
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13761 del 6 luglio 2016, è intervenuta in merito all’imposizione locale dei fabbricati locali e della loro esclusione, stabilendo che l’autocertificazione sui requisiti di ruralità per i fabbricati strumentali all’attività agricola o destinati ad abitazione non opera per i periodi d’imposta antecedenti al quinto anno anteriore a quello in cui l’art.3, c.14-bis, del D.L. n. 201/2011 ne ammise la presentazione, dovendo il contribuente impugnare la diversa rendita catastale per escluderne la rilevanza ai fini ICI.
Come è ampiamente noto, il criterio di valutazione dei requisiti di ruralità di fabbricati strumentali alle attività agricole si basa sull’accertamento delle condizioni previste dall’art. 9, comma 3-bis del D.L. n. 557/1993, come integrato dall’art. 2 del DPR n. 139/1998, sotto riportati: Art. 9, comma 3-bis D.L. n. 557/1993: “Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali alle attività agricole di cui all’articolo 29 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, (ora art. 32) approvato con DPR 22 Dicembre 1986 n. 917; deve, altresì, riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali all’attività agricola destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli, alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione, nonché ai fabbricati destinati all’agriturismo”. L’art. 9 del citato DL n. 557, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1994, n. 133, ha disposto l’istituzione del catasto dei fabbricati al fine di realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio, con il censimento di tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e la loro iscrizione, mantenendo tale qualificazione nel catasto edilizio urbano.
La rendita attribuita ai fabbricati in argomento deve intendersi come un elemento indicativo della potenzialità reddituale dell’edificio e il reddito dominicale dei terreni è comprensivo anche della redditività delle costruzioni rurali ad esso asservite, le quali assumono un’autonoma rilevanza fiscale unicamente nel caso in cui vengono a mancare i requisiti per il riconoscimento della ruralità. Ciò valeva ai fini dell’ ICI dovuta sulle costruzioni iscritte al catasto dei fabbricati, ma strumentali all’esercizio dell’attività agricola, come ribadito dal Ministero delle Finanze, Dipartimento delle Entrate, nella circolare n. 50/E del 20 marzo 2000. La Corte di Cassazione era già intervenuta per chiarire gli aspetti della ruralità delle costruzioni strumentali all’attività svolta dalle cooperative agricole con la sentenza n. 6884 del 4 marzo 2005, precisando che l’asservimento dell’immobile a un fondo e la riconducibilità a un unico soggetto non era ritenuto necessario, rilevando soltanto la loro destinazione strumentale a una delle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR. Tale orientamento fu confermato subito dopo da quattro sentenze (nn. 13674-75-76 e 77) depositate il 24 giugno dello stesso anno, dove i giudici di legittimità riconoscevano lo stato rurale di questi fabbricati solo in presenza di particolari condizioni, non escludendo però il diritto all’esenzione dall’imposta comunale per le cooperative agricole. Per accertare l’effettiva condizione di strumentalità di questi beni, la Cassazione rimise poi la questione alle Commissioni tributarie regionali.
Il carattere rurale è così riconosciuto (art.9, c.3-bis del DL n.557) alle costruzioni strumentali a una delle attività agricole indicate dall’art. 32 del TUIR (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno, attività agricole annesse). Analogamente è riconosciuto il carattere rurale alle costruzioni strumentali all’attività agricola destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e delle scorte occorrenti per la coltivazione, nonché ai fabbricati destinati all’agriturismo. In questo senso la suprema Corte, con la sentenza n. 13674 e quelle successive, confermando il principio secondo cui i fabbricati strumentali posseduti dalle cooperative agricole possono essere definiti rurali e pertanto esclusi dall’ICI, ha affermato che nel caso di costruzioni strumentali appartenenti a una cooperativa agricola il carattere rurale non è riconosciuto meccanicamente, ma solo successivamente alla verifica del rapporto di strumentalità o attraverso l’effettivo esercizio di quelle attività considerate agricole (art. 32 del Tuir), ovvero delle attività indicate nel secondo periodo del comma 3-bis dell’art. 9, DL 557/93. Pertanto, secondo questo orientamento giurisprudenziale, potevano essere esclusi dall’assoggettamento all’imposta comunale, in quanto definiti rurali, i fabbricati posseduti da cooperative agricole se, da un lato, l’attività svolta dalla cooperativa era da considerarsi agricola e, dall’altro, se i fabbricati possedevano il predetto carattere strumentale.
La Corte ribadiva, inoltre, che doveva riconoscersi la caratteristica di ruralità a tutte le costruzioni strumentali alle attività agricole prescindendo dalla coincidenza della titolarità del terreno e del fabbricato asservito a qualunque titolo, quindi anche quale ente conferitario degli stessi. La Suprema Corte sembrava così giungere alla conclusione che anche i fabbricati delle cooperative agricole, che svolgevano una funzione strumentale all’attività di trasformazione e vendita dei prodotti agricoli conferiti dai soci, ovvero che prestavano servizi ai soci, potevano essere considerati rurali.
Dal tenore di queste sentenze appena citate si avverte l’impegno dei giudici di riconoscere il carattere di ruralità ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole ma, al contempo, emerge anche il limite oggettivo di una norma (l’art. 9 del DL 557/93), la cui formulazione risente di una maggiore attenzione verso le imprese agricole di base e non verso le cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici e lavorazione di prodotti alimentari.
Inoltre i giudici di merito, come hanno in seguito evidenziato con la sentenza n. 18565/2009, in tema di ICI l’immobile iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione di relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9, D.L. n. 557, non è soggetto all’imposta ai sensi del seguente combinato disposto
dall’art. 23, comma 1- bis, D.L. n. 207/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14/2009) e dall’art. 2, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 504/1992.
L’ attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve pertanto essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato al tributo locale. Allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Infine, per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal decreto n. 557, che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di provare la sussistenza dei predetti requisiti.
Questa posizione dei giudici di legittimità, tuttavia – è bene ricordarlo – ha creato dubbi e perplessità da parte delle associazioni degli agricoltori ma anche da parte dei Comuni, i quali in base alla suddetta sentenza avrebbero dovuto recuperare l’ICI per i fabbricati rurali, anche se dotati dei requisiti previsti dall’art. 9 del citato DL perché accatastati in una categoria diversa da A/6 o D/10. Molti fabbricati rurali, infatti, che rispettano i requisiti previsti dall’art. 9 del DL, che nel passato sono stati accatastati, in piena conformità con la legislazione in materia, in una categoria catastale diversa da A/6 o D/10, vista la sentenza n. 18565 del 7 luglio 2009 della Cassazione, avrebbero potuto non essere considerati più rurali ed esenti da ICI neanche per il passato. Il timore reale insisteva nel fatto che questo classamento catastale non avrebbe potuto variare in una delle categorie catastali A/6 o D/10: di conseguenza, l’esenzione ICI per i fabbricati rurali in molti casi non era più applicabile e tale situazione sembrava però in radicale contrasto con la volontà del legislatore. Al riguardo potrebbe tornare utile anche l’interpretazione sull’argomento data dai giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Modena, che con la sentenza n. 248 del 13 novembre 2009 hanno ritenuto che l’assoggettabilità a ICI dei fabbricati rurali deve essere letta alla luce della pronuncia della Cassazione n. 18565/2009; poiché operi l’esenzione ICI per i fabbricati rurali non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione e conservazione o commercializzazione dei prodotti agricoli. Affinché vi sia la sussistenza della ruralità prevista dal citato art. 9, DL n. 557, è necessario che vi sia la presenza di fabbricati iscritti in catasto come rurali (cat. A/6 o D/10) o di fabbricati non ancora iscritti.
Nella sentenza in commento i supremi giudici intervengono finalmente con chiarezza sull’argomento stabilendo che : “… il DL 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, ha stabilito che ‘ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda’. Le richiamate disposizioni che consentivano di pervenire all’esenzione dall’ICI dei fabbricati strumentali all’attività agricola – soppresse a seguito dell’introduzione dell’IMU – da un lato rafforzano l’orientamento esegetico adottato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite in quanto disciplinano le modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione ICI (di talché non sarebbe stata necessaria l’adozione di dette norme se la ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla classificazione catastale), dall’altro consentono di affermare che i fabbricati della contribuente vanno assoggettati all’imposizione per l’anno 2005, a prescindere dall’inoltro della richiesta per il riconoscimento della ruralità a norma del D.L. n. 70 del 2011, dato che l’efficacia retroattiva prevista dalla norma stessa non si estende a tale periodo di imposta”.
Pertanto, concludono gli Ermellini, riconoscendo anche l’esistenza di interpretazioni sulla materia, che: “ … L’orientamento di legittimità così delineato non è scevro da alcuni precedenti di segno contrario (v. Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune altre), secondo i quali l’esenzione dall’ICI dovrebbe venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classamento catastale. Si tratta però di voci, largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover disattendere; segnatamente perché non basate su una revisione critica del problema tale da poter superare quanto già affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 18565 del 21/08/2009”.
CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 13761 del 6 luglio 2016
Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione
- Il Comune di Longiano notificava alla società C.S.C. a r. l., poi incorporata dalla società O.F.S. Cooperativa Agricola un avviso di accertamento relativo ad lei per l’anno 2005 relativamente a due fabbricati di sua proprietà censiti al catasto edilizio urbano alle categorie D/7 e A/2. La società proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Forlì assumendo che i fabbricati erano esenti dall’imposta ICI in quanto adibiti alla manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli forniti dai soci. Il ricorso veniva respinto e la sentenza era appellata dalla società O.F.S. Cooperativa Agricola. La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna accoglieva parzialmente l’appello dichiarando non dovute le sanzioni pecuniarie e confermando nel resto. Rilevava la CTR che, essendo i fabbricati censiti al catasto edilizio urbano alle categorie D/7 e A/2, essi non potevano andare esente da Ici in quanto solo i fabbricati censiti alle categorie A/6 o D/10 potevano essere considerati rurali e beneficiare dell’esenzione.
- Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società O.F.S. Cooperativa Agricola affidato a due motivi. Il Comune di Longiano si è costituito in giudizio depositando controricorso.
- Con il primo motivo la ricorrente deduce la sussistenza dello ius superveniens, costituito dall’art. 7, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater, del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011 n. 122, per effetto del quale è possibile riconoscere anche per il passato il riscontro dei presupposti per l’attribuzione della categoria D/10, con conseguente non imponibilità ai fini Ici dei fabbricato attualmente censiti alle categorie D/7 e A/2.
- Con il secondo motivo deduce, in via subordinata, violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 557 del 1993, all’articolo 23, comma 1 bis del decreto-legge numero 207 del 2008 e all’art. 2, comma 1, lett. a, del decreto legislativo 504 del 1992. Assume la ricorrente che i fabbricati avrebbero dovuto essere ritenuti non imponibili ai fini lei in quanto strumentali all’attività agricola ed a prescindere dalla classificazione catastale ad essi impressa.
- Osserva la Corte che entrambi i motivi debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono le medesime questioni giuridiche. Essi sono infondati.
Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, prevede che “Presupposto dell’imposta dell’ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’ “impresa”. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a) sancisce che “Ai fini dell’ICI: a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano…”; Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, prevede che “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni”. Il D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, ossia quelle da ultimo apportate dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis, conv. in L. 29 novembre 2007, n. 222 prevede che “Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ. e in particolare destinate: …: i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative Nel caso di specie si tratta di fabbricato censito al catasto edilizio urbano alla categoria D/1 di proprietà di una cooperativa di produttori agricoli e nel quale si svolgono attività di “elaborazione” dei prodotti agricoli dei soci.
Questa Corte intende dare continuità all’orientamento espresso nel principio sancito dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 18565 del 21/08/2009 secondo cui “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D. L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.
Le ragioni condivisibilmente espresse dalle Sezioni Unite con la sentenza testé citata si sostanziano nella considerazione del fatto che la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 (Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni) ha la funzione di determinare in quale categoria catastale è classificabile il fabbricato per il che, se l’immobile è classificato come rurale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative e D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole) perché in possesso dei requisiti indicati dalla richiamata norma, esso è automaticamente esente dall’imposizione Ici. Perciò alla classificazione catastale va ricollegata l’imponibilità. Se il fabbricato è già stato classificato come rurale, con attribuzione della relativa categoria, perché in possesso dei requisiti indicati dalla norma di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, è automaticamente escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI ed è precluso ogni accertamento mentre, qualora il fabbricato non sia stato catastalmente classificato come rurale, il proprietario che ritenga sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione. L’accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita categoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell’ICI da parte del contribuente poiché compete all’organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all’esito di azione giudiziale promossa dall’interessato. Per i fabbricati non iscritti in catasto, invece, l’accertamento della ruralità può essere direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell’ICI pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come fabbricato rurale; in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall’imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis.
Successivamente alla pronuncia della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n, 18565 del 21/08/2009 è stato emanato il D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avevano la facoltà, esercitarle entro il 30 settembre 2011, di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall’art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Il successivo D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”. Il decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012 ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133”.
Di poi il D.L. 29.12.2011 n. 216, art. 29, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 24.2.2012 n. 14 ha previsto che “Restano salvi gli effetti delle domande di variazione della categoria catastale presentate ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente previsti dallo stesso comma e comunque entro e non oltre il 30 giugno 2012 in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo”.
Infine il D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, ha stabilito che “ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Le richiamate disposizioni che consentivano di pervenire all’esenzione dall’Ici dei fabbricati strumentali all’attività agricola – soppresse a seguito dell’introduzione dell’IMU – da un lato rafforzano l’orientamento esegetico adottato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite in quanto disciplinano le modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici (di talché non sarebbe stata necessaria l’adozione di dette norme se la ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla classificazione catastale), dall’altro consentono di affermare che i fabbricati della contribuente vanno assoggettati all’imposizione lei per l’anno 2005, a prescindere dall’inoltro della richiesta per il riconoscimento della ruralità a norma del D.L. n. 70 del 2011, dato che l’efficacia retroattiva prevista dalla norma stessa non si estende a tale periodo di imposta.
L’orientamento di legittimità così delineato non è scevro da alcuni precedenti di segno contrario (v. Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune altre), secondo i quali l’esenzione dall’Ici dovrebbe venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classamento catastale.
Si tratta però di voci, largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover disattendere; segnatamente perché non basate su una revisione critica del problema tale da poter superare quanto già affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 18565 del 21/08/2009.
Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese processuali si compensano in considerazione della complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.