CASSAZIONE

Immobile in costruzione e benefici prima casa, i lavori devono essere ultimati entro 3 anni

Tributi – Agevolazioni “prima casa” – Acquisto di immobile in costruzione – Termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione – Termine di decadenza imposto all’Amministrazione – Mancato rispetto del termine – Revoca agevolazioni – Avviso di liquidazione – Imposta di registro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5180 del 17 febbraio 2022, tornando a occuparsi di un aspetto peculiare delle agevolazioni ex DPR 131/1986, ha ricordato che non vi sia dubbio che i benefici prima casa debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione, ma a condizione che i lavori di costruzione siano ultimati entro il termine di 3 anni dalla registrazione dell’atto di compravendita.

Il mancato rispetto del termine suddetto comporta la revoca dei benefici.

Le principali altre cause che determinano la decadenza dall’agevolazione riguardano la dichiarazione mendace resa in atto dal contribuente, il mancato trasferimento della residenza nello stesso Comune entro 18 mesi dall’acquisto (v. ex multis Cass. Ord. n. 18939/2021) e, infine l’alienazione dell’abitazione agevolata entro 5 anni dall’acquisto senza procedere, entro un anno dalla vendita, al riacquisto di altra abitazione.

Ricordiamo che il legislatore ha voluto concedere un trattamento fiscale agevolato in sede di rogito per coloro che acquistano la prima casa con la disciplina fiscale contenuta nella Nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/1986 (il Testo unico dell’imposta di registro), nella quale sono indicati presupposti oggettivi e soggettivi necessari per fruire dell’agevolazione.

Questi benefici, è opportuno ricordare, sono stati reintrodotti con alcune varianti dall’art. 2, comma 1, del DL 12/1985, convertito con modificazioni in legge 118/1985, e dalle successive disposizioni di proroga; poi, dall’art. 3 della legge 415/1991 e, da ultimo, dall’art. 1, comma 4, della parte prima della tariffa allegata al DPR 131/1986 e dalla relativa nota n. II-bis, aggiunti dall’art. 16 del DL 155/1993, convertito con modificazioni in legge 243/1993 e più volte riformulati (v. art. 3, comma 131, della legge 549/1995 e art. 7, comma 6, della legge 488/1999).

Sull’argomento la Suprema Corte, con il giudizio n. 1196/2000 espresso a sezioni unite, stabilì inoltre che il termine triennale a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per effettuare i controlli di competenza inizia a decorrere dal momento in cui quest’ultima è nelle condizioni di contestare al contribuente la perdita del trattamento agevolativo. Sulla base dei principi enunciati da tale pronuncia, con la circolare n. 69 del 14 agosto 2002 è stato inoltre precisato che il termine triennale per il controllo ai fini del mantenimento dell’agevolazione prima casa decorre dalla registrazione dell’atto, se il motivo che determina la decadenza può essere accertato dall’ufficio già dalla data di registrazione.

I precedenti giurisprudenziali attinenti allo specifico della vicenda odierna (mancata ultimazione dell’abitazione entro 3 anni dall’acquisto) possono essere ricercati anche nella sentenza Cassazione n. 1196/2000, poiché la decadenza attiene a un evento non contemplato né dalla citata sentenza delle SS.UU. né dalla successiva circolare n. 69/2002, nella quale i Supremi Giudici offrivano una validissima analisi, in quanto affermavano che “ … La norma agevolatrice, attribuendo rilevanza in sede di registrazione alla semplice allegazione del progetto abitativo ed alla sua potenziale attuabilità, non pone scadenze predeterminate per l’attuazione di esso, non trascurando che la concreta utilizzazione dell’immobile ad abitazione dell’acquirente può essere immediatamente successiva al contratto, ma può anche implicare un certo lasso di tempo, da quello minimo occorrente per il trasloco, a quello maggiore che sia richiesto da lavori di restauro o ristrutturazione, a quello ancora più lungo che sia imposto dalla momentanea indisponibilità del bene per effetto di temporanei diritti di godimento ad altri spettanti o di altre analoghe cause. La carenza di scadenze prefissate non comporta però l’indefinita opponibilità del proposito abitativo, che tradirebbe la lettera e la ratio della norma di agevolazione, ed esige il riferimento a parametri di ragionevolezza e buona fede, correlati alle circostanze delle vicende di specie. Ne deriva che la dichiarazione del compratore sul proprio intento di abitare la casa può essere ab origine mendace, in presenza di fatti coevi che mostrino l’insussistenza del progetto abitativo o la sua inattuabilità fin dal momento in cui viene enunciato, come quando sia già in atto una diversa scelta sulla destinazione del bene, ma può essere inizialmente veritiera, per divenire poi mendace a seguito del sopraggiungere di fatti (prevedibili o meno all’epoca del contratto) che evidenzino l’abbandono dell’iniziale proposito, quale lo stabile trasferimento dell’abitazione in un altro immobile o la mancata acquisizione del godimento diretto del bene comprato dopo averlo liberato da persone e cose e dopo aver completato gli opportuni lavori, ovvero che evidenzino l’impossibilità di dare esecuzione al proposito medesimo, per evenienze che definitivamente ne elidano i presupposti (ad esempio, la distruzione dell’immobile o la sua inutilizzabilità a fini abitativi), o che ne dilazionino l’attuabilità oltre l’indicato limite di ragionevolezza (ad esempio, la presenza di diritti di godimento di terzi con scadenza non determinata o comunque eccedente da una logica aspettativa di prossimità)”.

Sulla base di tali principi, dunque, si è affermato in giurisprudenza l’orientamento che riconosce i benefici della prima casa all’acquirente di immobile in corso di costruzione da destinare ad abitazione non di lusso. Considerato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, deve ritenersi applicabile il principio generale secondo il quale, quando la legge non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.

Lo stesso tenore interpretativo è possibile rintracciarlo in un altro significativo arresto degli Ermellini, l’ordinanza n. 28577/2020, nella quale veniva ribadito chiaramente che il termine triennale entro il quale l’Amministrazione finanziaria può revocare il beneficio fiscale inizia a decorrere dopo 3 anni dalla registrazione dell’atto di acquisto.

Prima di esaminare la vicenda specifica occorre quindi sinteticamente riassumere che l’agevolazione in commento, in sede di registrazione dell’atto viene riconosciuta sulla base della semplice richiesta formulata in atto dalla parte acquirente. Successivamente, entro il termine triennale stabilito dall’articolo 76 del TUR, l’Amministrazione finanziaria verifica l’esistenza dei presupposti, oggettivi e soggettivi, che legittimano il mantenimento del beneficio fiscale. Qualora tali presupposti si rivelino carenti, l’ufficio territoriale presso il quale è stato registrato l’atto procederà al recupero delle imposte ordinarie, oltre agli interessi e alla sanzione, secondo le disposizioni di cui alla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima allegata al DPR 131/1986.

Tanto premesso e soffermandoci sulla vicenda in esame, essa prende inizio quando l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di liquidazione di imposta e irrogazione di sanzioni per effetto della revoca delle agevolazioni prima casa in relazione all’acquisto di un immobile in costruzione, in seguito al parziale accatastamento con sdoppiamento in due unità immobiliari, di cui una a uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione. Rivolgendosi alla giustizia tributaria, la parte contribuente otteneva il riconoscimento dell’illegittimità della pretesa tributaria poiché l’immobile era ritenuto come un’unica abitazione e lo sdoppiamento catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura tecnica e non sostanziale. L’Agenzia delle entrate impugnava la decisione presentando un ricorso composto da due motivi, lamentando essenzialmente la mancata ultimazione dei lavori nel termine di 3 anni dalla registrazione dell’atto di compravendita. La Corte di Cassazione ha riformato la decisione dei giudici tributari accogliendo il ricorso dell’Agenzia, affermando che “ … Non vi è dubbio che i cd benefici prima casa debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione, in ragione della ratio sottesa all’art. 1 della Tariffa Parte prima, nota II bis, del d.p.r. n. 131 del 1986, con la quale il legislatore ha inteso promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi «distintivi» già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata. Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto. Questa Corte ha così riconosciuto che può beneficiare delle agevolazioni “prima casa” l’acquirente di immobile «in corso di costruzione» da destinare ad abitazione «non di lusso» (Cass. n. 8748 del 18/06/2002 Rv. 555125 – 01) purché esso, secondo la disciplina ratione temporis applicabile, sia conforme ai criteri di cui al d.m. 2 agosto 1969; criteri richiamati dall’art. 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, sempre nel testo ratione temporis applicabile. Tale ultima disposizione, nel disciplinare l’agevolazione in esame, non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile; termine che, evidentemente, deve farsi coincidere con quello entro il quale l’amministrazione finanziaria deve procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti che danno diritto all’agevolazione ex art 76, comma 2, TUR e che decorre dalla richiesta di registrazione dell’atto. In sostanza, entro il suindicato termine il contribuente deve dare seguito alla volontà espressa nell’atto di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal d.P.R. n. 131 del 1986 e, pertanto, realizzare la finalità dichiarata di destinare ad “prima casa” l’immobile acquistato. Quanto sopra risponde al principio secondo cui, se il legislatore non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso; rispondendo ciò anche all’ulteriore esigenza che tali controlli non siano differiti sine die al momento in cui il contribuente completa i lavori di costruzione dell’immobile. Nella fattispecie la CTR, pur dando atto della mancata ultimazione nel termine triennale sopra indicato dei lavori relativi al fabbricato oggetto di accertamento, non ha da ciò fatto conseguire le dovute statuizioni circa la legittima revoca, in ragione dei principi sopra indicati, dei benefici richiesti dalla contribuente in sede di contratto di compravendita. In particolare, nel suindicato termine la contribuente ha provveduto ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3, riferita ai fabbricati in costruzione o meglio in corso di costruzione e, dunque, avente carattere provvisorio e la cui durata varia da 6 a 12 mesi come previsto dalla circolare 4/T del 2009 dell’Agenzia del Territorio. In ragione di quanto sopra e, dunque, dell’assenza di due distinte ed autonome unità abitative, le quali presuppongono un accatastamento definitivo, l’Amministrazione finanziaria ha correttamente provveduto alla revoca totale dei benefici richiesti. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente”.

Corte di Cassazione – Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5180

sul ricorso iscritto al n. 23634/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: 80224030587), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliata;

– ricorrente –

Contro M. P.;

 – intimata –

avverso la sentenza n. 535/40/13 della Commissione tributaria Regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, depositata il 15.7.2013; udita la relazione della causa svolta nella adunanza pubblica del 19/1/2022 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe;

lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Francesco Salzano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ed annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Alfonso Peluso per la ricorrente. 

Ritenuto in fatto

1. Con avviso di liquidazione di imposta e irrogazione sanzioni l’Agenzia delle entrate revocava le agevolazioni cd “prima casa” richieste da M. P. in sede di acquisto di un immobile con atto registrato il 12.7.2005 serie 1T n. 001216, in quanto il bene al momento del rogito risultava in corso di costruzione e, successivamente, al momento del suo accatastamento definitivo veniva suddiviso in due unità immobiliari di cui una ad uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione.

2. La contribuente impugnava l’avviso sul presupposto che l’immobile era costituito da una casa di abitazione singola come risultante dalla relativa concessione edilizia anche se provvisoriamente suddivisa in due piani uniti da una scala.

3. La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, (CTR), con la sentenza n. 535/40/13, depositata il 15.7.2013, in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva l’originario ricorso proposto dalla contribuente in ragione del fatto che tutto l’immobile costituiva un’unica abitazione e lo “sdoppiamento” catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura “tecnica” e non sostanziale.

4. Nei confronti di tale ultima pronuncia l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. La contribuente non si è costituita.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Tariffa Parte prima, nota II-bis, comma 4, del d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 2697 c.c.

Con tale censura la ricorrente lamenta che la CTR, in violazione delle norme sopra indicate, ha riconosciuto l’agevolazione in esame in presenza di due unità immobiliari assumendo rilievo la circostanza che nell’atto di acquisto il fabbricato in corso di costruzione era censito al catasto del Comune di Ceprano come unico immobile (foglio 32, mappale 549, sub. 2) e, successivamente, a seguito di modifica catastale, l’originaria unità immobiliare era stata soppressa dando luogo a due unità immobiliari distinte, la n. 549, sub 3, composta da 10,5 vani catastali e la n. 549, sub. 4 ancora in corso di costruzione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’omesso esame su fatto decisivo compiuto dalla CTR e, in particolare, la mancata ultimazione dei lavori nel termine di tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita, ossia entro il termine di decadenza imposto all’Amministrazione per i dovuti controlli ex art. 76, comma 2, d.p.r. n. 131 del 1986.

3. Il secondo motivo di ricorso è fondato con conseguente assorbimento del primo.

Risulta dagli atti che con compravendita del 12.7.2005, M. P. acquistava un fabbricato in corso di costruzione contraddistinto al Catasto del Comune di Ceprano al foglio n. 32 particella 549, sub. 2 costituito da piano interrato e da un piano terra in corso di costruzione.

Successivamente la contribuente, in sede di accatastamento, provvedeva al frazionamento del bene in due distinte unità: la prima, corrispondente al piano interrato ad uso abitativo, identificato come subalterno 3 (con attribuzione della Cat. A/2); la seconda, corrispondente al piano terra sovrastante al citato piano interrato, rimasta in corso di costruzione alla scadenza dei tre anni previsti dall’art. 76, comma 2, cit., e identificata come subalterno 4 (con attribuzione della Cat. F/3).

Sempre dal ricorso risulta, poi, che l’avviso di liquidazione si fondava su due concorrenti ragioni che avrebbero giustificato la revoca dei benefici richiesti: la prima, relativa alla costituzione, a seguito di frazionamento, di due unità immobiliari; la seconda, alla mancata conclusione dei lavori relativi all’immobile compravenduto nel termine triennale di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento imposto dall’art. 76, comma 2, TUR.

3.1 Non vi è dubbio che i cd benefici prima casa debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione, in ragione della ratio sottesa all’art. 1 della Tariffa Parte prima, nota II bis, del d.p.r. n. 131 del 1986, con la quale il legislatore ha inteso promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi «distintivi» già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata.

Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto.

Questa Corte ha così riconosciuto che può beneficiare delle agevolazioni “prima casa” l’acquirente di immobile «in corso di costruzione» da destinare ad abitazione «non di lusso» (Cass. n. 8748 del 18/06/2002 Rv. 555125 – 01) purché esso, secondo la disciplina ratione temporis applicabile, sia conforme ai criteri di cui al d.m. 2 agosto 1969; criteri richiamati dall’art. 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, sempre nel testo ratione temporis applicabile.

Tale ultima disposizione, nel disciplinare l’agevolazione in esame, non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile; termine che, evidentemente, deve farsi coincidere con quello entro il quale l’amministrazione finanziaria deve procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti che danno diritto all’agevolazione ex art 76, comma 2, TUR e che decorre dalla richiesta di registrazione dell’atto.

In sostanza, entro il suindicato termine il contribuente deve dare seguito alla volontà espressa nell’atto di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal d.P.R. n. 131 del 1986 e, pertanto, realizzare la finalità dichiarata di destinare ad “prima casa” l’immobile acquistato.

Quanto sopra risponde al principio secondo cui, se il legislatore non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso; rispondendo ciò anche all’ulteriore esigenza che tali controlli non siano differiti sine die al momento in cui il contribuente completa i lavori di costruzione dell’immobile.

Nella fattispecie la CTR, pur dando atto della mancata ultimazione nel termine triennale sopra indicato dei lavori relativi al fabbricato oggetto di accertamento, non ha da ciò fatto conseguire le dovute statuizioni circa la legittima revoca, in ragione dei principi sopra indicati, dei benefici richiesti dalla contribuente in sede di contratto di compravendita. In particolare, nel suindicato termine la contribuente ha provveduto ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3, riferita ai fabbricati in costruzione o meglio in corso di costruzione e, dunque, avente carattere provvisorio e la cui durata varia da 6 a 12 mesi come previsto dalla circolare 4/T del 2009 dell’Agenzia del Territorio. In ragione di quanto sopra e, dunque, dell’assenza di due distinte ed autonome unità abitative, le quali presuppongono un accatastamento definitivo, l’Amministrazione finanziaria ha correttamente provveduto alla revoca totale dei benefici richiesti.

Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

5. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate, stante i diversi pronunciamenti intervenuti, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

6. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, mentre la soccombente va condannata al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito. Così deciso in Roma il 19 gennaio 2022

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