SENTENZE

Illegittimità dell’aggio di Equitalia

Commissione Tributaria Provinciale di Torino, Ordinanza n. 152 del 18/12/2012 – Corte Costituzionale, Sentenza n. 480 del 30/12/1993 – Corte Costituzionale, Sentenza n. 147 del 26/05/2015

Ancora un giudizio delle Commissioni tributarie che riporta in primo piano l’illegittimità dell’aggio di Equitalia. Dopo le recenti pronunce delle Ctp di Latina, Roma e Torino, che hanno determinato gli interventi della Consulta, per presunta incostituzionalità, questa volta la CTR di Milano, con la sentenza n. 5454/29/15, ha riproposto la questione, con motivazioni argomentate, se l’aggio contenuto all’interno della cartella esattoriale possa configurarsi come aiuto di stato nei confronti di un impresa italiana e, come tale, in contrasto con le norme comunitarie. La Commissione Regionale come logica conseguenza, ha nuovamente definito incostituzionale l’aggio applicato da Equitalia S.p.A. in quanto contrario all’art. 53 della Costituzione. A parere dei Giudici milanesi le ragioni di tale contrasto con la carta costituzionale sarebbero legate soprattutto alla sproporzione tra l’attività effettivamente eseguita per il recupero del credito e il compenso preteso per tale attività. Ma non basta. La norma prevista dall’art. 17, comma 3, lett. a), del D. Lgs. n. 112/1999, si pone altresì in contrasto con il dettato Costituzionale in quanto la misura dell’aggio viene definita in maniera standard e non proporzionata all’effettiva attività di recupero svolta da parte di Equitalia S.p.A. La CTR di Milano in questa vicenda che nel recente passato è stata più volte e a lungo dibattuta, ha quindi evidenziato, come nell’applicazione dell’aggio, sia evidente la specifica violazione dell’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), da ultimo modificato dall’articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, su G.U. n. 185 dell’8-8-2008. Ricordiamo che per aiuti di Stato nella terminologia usata in passato dalla Comunità europea, oggi Unione europea,  si intendono tutti i finanziamenti a favore di imprese o produzioni, sia provenienti direttamente dallo Stato, inteso in senso ampio (amministrazioni centrali, regionali, locali, ecc), sia da altri soggetti quali le imprese pubbliche, intese come quelle imprese nei confronti delle quali i poteri pubblici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che le disciplina. Nello specifico il richiamato articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Trattato FUE) ex articolo 87, già articolo 92, precisa i presupposti che devono essere presenti affinché l’intervento costituisca un aiuto di Stato nel senso comunitario del termine. Le quattro condizioni richieste riguardano l’origine statale dell’aiuto (aiuto concesso dallo Stato ovvero mediante risorse statali); l’esistenza di un vantaggio a favore di talune imprese o produzioni;l’esistenza di un impatto sulla concorrenza e l’idoneità ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri. Gli interventi che presentano queste quattro caratteristiche sono qualificabili aiuti di Stato, indipendentemente dalla loro forma (es. sovvenzione, prestito a tasso agevolato, garanzia contro un corrispettivo non di mercato, vendita di beni, locazione di immobili o acquisizione di servizi a condizioni preferenziali per le imprese, riduzioni fiscali, partecipazioni al capitale di imprese a condizioni che non sarebbero accettate da un buon investitore privato operante in normali condizioni di mercato). Con questa interpretazione dei giudici meneghini, Equitalia S.p.A. deve essere considerata a tutti gli effetti come una “impresa”. Da ciò ne scaturisce che la richiesta dell’aggio all’interno della cartella esattoriale potrebbe così ben presentarsi come aiuto di stato nei confronti di un impresa italiana e, come tale, contrario alle norme comunitarie. Proprio le severe norme sugli aiuti di Stato prevedono che ai giudici nazionali possano essere sottoposte controversie nelle quali essi siano tenuti ad interpretare e a applicare la nozione di aiuto di cui al cennato articolo 107, paragrafo 1, TFUE, al fine di valutare se un provvedimento statale, adottato senza seguire il procedimento di controllo preventivo di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, rientri o meno in questa fattispecie. Interpretazione interessante anche in considerazione che la Corte Costituzionale e la Corte europea non avevano mai deciso in questo senso. Ora la Commissione Tributaria di Milano ha preso una iniziativa concreta con questa sentenza indiscutibilmente interlocutoria, che potrebbe avere esiti importanti e al momento non completamente prevedibili. Non è ancora possibile stimare le possibilità di come questa iniziativa possa superare una nuova e auspicabile  interpretazione costituzionale , ma è anche probabile che nessuno sfondo sia impraticabile e che si possa ragionevolmente attendere la presentazione di migliaia di domande di annullamento delle cartelle esattoriali, con la relativa richiesta di risarcimento. Rimborsi ai quali potrebbe essere obbligata anche l’Agenzia delle Entrate che ha il compito di controllare l’operato di Equitalia.

 

L’aggio: definizione e riferimenti normativi

L’aggio, nella definizione classica, integra il tributo iscritto a ruolo ed è una misura finanziaria che va ad aggiungersi al totale delle somme che il contribuente è tenuto a pagare. Fino al 30 settembre 2006 la riscossione era affidata in concessione a privati prevalentemente banche, in numero di quasi 40. Con il DL 4 luglio 2006, numero 223 il Governo ha autorizzato Riscossione S.p.A. ad utilizzare i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate. Il Gruppo Equitalia si compone delle società Equitalia S.p.A. (capogruppo), delle società da essa controllare e di altri tre agenti della riscossione presenti su tutto il territorio nazionale (Sicilia esclusa, la cui società si chiama Riscossioni Sicilia S.p.A.) (fino al 1º settembre 2012 chiamata SERIT Sicilia S.p.A.).

L’aggio di Equitalia non è altro che un ulteriore onere che il contribuente si trova a pagare nell’ambito della cartella esattoriale, slegato però dal pagamento dell’imposta dovuta, delle sanzioni e degli interessi. In sostanza si tratta di una remunerazione per il servizio di recupero crediti che viene svolto da Equitalia.  L’aggio è sempre stato contestato per due ordini di motivi, spesso perché risulta sproporzionato rispetto all’importo complessivo che il contribuente deve allo Stato e perché trattandosi di una maggiorazione che viene calcolata su base proporzionale, l’entità del prelievo pesa maggiormente sulle cartelle di importo minore. Infine perché non vi è alcun legame tra l’importo dell’aggio e la capacità contributiva del soggetto passivo della cartella.

I riferimenti normativi si basano essenzialmente sull’art. 17, D.Lgs. 112/1999, dove l’aggio è determinato in misura percentuale delle somme iscritte a ruolo e dei relativi interessi di mora; sulla Legge n. 2 del 28/01 /2009, dove l’attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio a carico del debitore pari all’8% (9% per i ruoli emessi fino al 31 dicembre 2012) delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora; e, infine, sul DL n. 201/2011 l’aggio è sostituito da un rimborso all’Agente della riscossione dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato.

Inoltre, la stessa misura dell’aggio varia in base ai termini del pagamento: è pari al 4,65% delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella, e all’8% delle somme iscritte a ruolo più gli interessi di mora per pagamenti oltre 60 giorni dalla notifica.

Risulta così la base di calcolo: somme iscritte a ruolo + interesse di mora + sanzioni + ulteriori somme aggiuntive, con la sola esclusione delle spese di notifica (art. 17, comma 1 D.Lgs 112/1999).

La storia dell’aggio è peraltro sufficientemente nota. Esclusa dalla Riforma tributaria del 1971 fu stabilita l’incorporazione degli aggi della riscossione nelle aliquote stabilite per i singoli tributi. In base alle valutazioni della Commissione per lo studio della riforma l’aggio, come onere finanziario posto a carico del contribuente dovrebbe essere sempre incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione: invece questa imposizione è stata reintrodotta a partire dal 1999 come concorso a parte della riscossione. La Corte costituzionale ha escluso l’incostituzionalità perché la norma riguarda l’aspetto della riscossione. La Corte ha limitato la questione “all’opportuno ed effettivo ancoraggio della remunerazione del costo del servizio”. Dopo la sentenza della Corte si sono succedute una serie di ordinanze che si rifanno grosso modo alla medesima censura. Ultima è l’ordinanza della Commissione di Cagliari 29 maggio 2014 (in Gazzetta Ufficiale, 1/4/2015, I Serie Ufficiale), che censura l’art. 17 del D.Lgs. 212/1999. Secondo la Commissione di Cagliari l’attuale aggravio è integralmente a carico del contribuente, prescinde totalmente da qualsiasi forma di inadempimento perché gli aggi risultano dovuti anche se il pagamento avviene nei termini, vale a dire in assenza di qualsiasi violazione da parte del debitore, essendo sufficiente la semplice notifica della cartella. Non si giustifica pertanto l’aggravio della somma iscritta a ruolo. Ne consegue che in assenza di procedure esecutive la funzione dell’agente della riscossione è unicamente quella di mero esecutore di quanto determinato dall’ente impositore. L’addebito dell’aggio è relativo ad attività non ancora svolte dall’agente della riscossione. L’aggio ha perso la sua connotazione di una remunerazione assumendo la valenza di sanzione impropria. Un aggio parametrato alle sole somme iscritte a ruolo mal si concilia con la funzione remunerativa. L’aggio supera il costo della riscossione. C’è, dunque, violazione degli articoli 53 e 97 della Costituzione. La Commissione di Cagliari si richiama alle ordinanze di Milano, Treviso e Reggio Emilia. L’aggio viene in teoria corrisposto agli enti di riscossione per bilanciare il rischio che il contribuente non assolvi e, in caso di inadempimento, a tutela di quando si procede esecutivamente (pignoramenti, ipoteche, sequestri, fermi, fallimenti, ecc.).

Infine, dopo qualche richiesta di revisione, la commissione che la società incaricata della riscossione riceve su ogni cartella esattoriale incassata è stata recentemente ridotta dall’8 al 6% del valore del debito con la decisione presa in seno al Consiglio dei Ministri n. 79 del 4/9/2015.

FOTO DI REPERTORIOFoto LaPressecronacaLa scure di Equitalia su Luca LaurentiNella Foto La sede di Equitalia

Le novità principali che riguardano Equitalia sono:

  • l’eliminazione della norma che prevedeva, in caso di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, il pagamento degli interessi sugli interessi, ovvero l’anatocismo e gli interessi sulle sanzioni; elevato da 5 a 7 giorni il ritardo che rientra nel “lieve inadempimento” e che non porta quindi alla decadenza dal beneficio della rateizzazione;
  • ampliato l’utilizzo della posta elettronica certificata nelle procedure di notifica delle cartelle al posto della raccomandata;
  • confermate le norme, in caso di definizione concordata dell’accertamento, per il pagamento in 4 anni, con un minimo di 8 rate e un massimo di 16.

Ma la norma più interessante riguarda l’aggio, che con il decreto cambia il nome in “oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione” e non può essere superiore al 6% del riscosso.  In realtà anche nel passato, quando non esisteva Equitalia, gli Enti di Riscossione dovevano anticipare allo Stato parte di quello che sarebbero andati a riscuotere in futuro, pertanto l’aggio aveva il significato di “remunerare questo rischio d’impresa”. Ma oggi Equitalia non ha l’obbligo di anticipare le somme al Fisco, perciò è diventato un importo che si aggiunge in più alla cartella esattoriale: a intascare questa somma non è però l’erario pubblico, ma Equitalia, a titolo di compenso per la propria attività di riscossione. Inoltre, a pagare questo corrispettivo non è lo Stato, vero beneficiario del servizio, ma il debitore, ossia il cittadino. Il contribuente, in pratica, deve obbligatoriamente versare, oltre alle imposte, sanzioni e interessi, una percentuale a Equitalia per il suo intervento di “recupero crediti”.

 

L’aggio e l’interpretazione della Consulta

E’ da premettere che per quanto riguarda le decisioni adottate dalla Corte costituzionale, esse possono avere la forma dell’ordinanza o della sentenza. La Corte costituzionale adotta una sentenza quando giudica in via definitiva, mentre utilizza un’ordinanza per tutti gli altri provvedimenti di sua competenza (L. n. 87/1953). Le sentenze possono essere, oltre che di inammissibilità, di accoglimento o di rigetto: in particolare, con quelle di accoglimento la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione o della norma impugnata, mentre con quelle di rigetto dichiara infondate le questioni sottoposte. Le sentenze di accoglimento hanno efficacia erga omnes e producono effetti retroattivi assimilabili a quelli dell’annullamento, mentre le sentenze di rigetto, pur con qualche contrasto dottrinario, hanno efficacia soltanto inter partes, producendo effetti giuridici vincolanti soltanto per il giudizio a quo. Va segnalato che la Corte costituzionale, nel corso degli anni, ha sviluppato un’ampia serie di tipologie di sentenze (manipolative, additive, additive di principio, di incostituzionalità sopravvenuta, di indirizzo e monito ecc.), superando la tradizionale dicotomia tra sentenze di accoglimento e sentenze di rigetto: tra queste nuove tipologie spiccano per importanza le c.d. sentenze interpretative, siano esse di accoglimento o di rigetto, le quali presuppongono la distinzione teorica tra disposizione e norma.

L’aggio applicato da Equitalia era stato riconosciuto incostituzionale dalla Corte costituzionale nel 1993, ma le somme aggiuntive sono però rimaste nel calcolo delle cartelle esattoriali. La percentuale di Equitalia è finita più volte sotto i riflettori e la questione, mai sopita, venne nuovamente riproposta con l’ordinanza 29 gennaio 2013, n. 41, dalla CTP di Latina che dispose la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia delle Comunità europee al fine di ottenere una pronuncia, interpretativa del diritto comunitario, in merito alla compatibilità del compenso nella misura del 9%, stabilito dall’art. 17 del D.Lgs. n. 112/1999, anteriormente alle modifiche introdotte dal DL n. 201/2011. Siffatta ordinanza giunge, peraltro, dopo che già altre Commissioni tributarie provinciali (Torino, Ordinanza n. 152/2012 appresso riportata – e Roma, Ordinanza n. 40/2013) erano intervenute in materia di aggio evidenziandone le sue criticità. In particolare, i giudici di merito con le succitate ordinanze hanno sollevato l’eccezione di incostituzionalità di tale compenso, in quanto la sua commisurazione sarebbe lesiva del principio di ragionevolezza insito nell’art. 3 della Costituzione nonché del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione richiamato dall’art. 97 della Costituzione. Ancor prima di tali ordinanze, peraltro, la Commissione Provinciale di Treviso con sentenza n. 84 del 25/9/2012 ha avuto modo di statuire che l’aggio di riscossione deve considerarsi illegittimo laddove l’agente della riscossione non provi l’effettiva attività svolta al fine del recupero delle imposte. Con l’ordinanza n. 41/2013, invece, la CTP di Latina vuole in particolar modo conoscere se l’aggio possa essere considerato un vero e proprio aiuto di stato in quanto, se ritenuto tale, contrasterebbe con il diritto comunitario e con quanto previsto dall’art. 107 del T.F.E.U.

L’ordinanza della Corte costituzionale n. 147/2015 (in allegato) respingendo le interpretazioni sollevate sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 , da parte della dalla CTR di Torino con ordinanza del 18 dicembre 2012 e dalla CTP di Latina con ordinanza del 29 gennaio 2013, ha statuito che entrambe le questioni sollevate siano carenti nella parte in cui si vuole dimostrare la sproporzione tra il costo effettivo per il servizio di recupero crediti e l’onere economico per il contribuente. Nella vicenda che ha portato la Corte a intervenire va ricordato anche l’allarme lanciato da Equitalia sui costi da sostenere per un’eventuale sentenza di sfavorevole, che si ripercuoterebbero sull’intero bilancio dello Stato. Tale intervento non esime però la responsabilità del MEF anche sul profilo di offrire una difesa adeguata tramite l’Avvocatura di Stato, che può usare tutti gli argomenti per sostenere la costituzionalità sia sotto il profilo della capacità contributiva (art. 53) che del rispetto dell’equilibrio di bilancio.

La Corte ha così ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale sull’aggio di Equitalia. La decisione ha esaminato i dubbi sollevati dalla Commissione tributaria provinciale di Torino e dalla Commissione tributaria provinciale di Latina, che contestavano il criterio di calcolo dell’aggio e l’eccessività dell’onere posto a carico del debitore rispetto al costo effettivo del servizio, nonché l’assenza di una connessione tra aggio e capacità contributiva.

Sommariamente per la Corte costituzionale, però, le due ordinanze di rimessione sono carenti sia nella descrizione della concreta fattispecie cui si riferiscono, sia nella motivazione in punto di rilevanza. Da qui la declaratoria di inammissibilità. Nello specifico i giudici della Consulta con l’ordinanza n. 147 del 9 luglio 2015 hanno dichiarato l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sull’aggio esattoriale sollevate con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione dalla CTP di Torino e dalla CTP di Latina. In particolare, la CTP di Torino (Ordinanza del 18 dicembre 2012) ha sostenuto la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 17, D.Lgs. n. 112/1999, reputando che il criterio di calcolo dell’aggio ivi disciplinato comporterebbe la violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo del canone della ragionevolezza, in quanto risulta sganciato dal costo del servizio svolto dall’agente di riscossione e include, nella base di calcolo, anche gli interessi dovuti all’ente impositore titolare del credito di imposta.

Quanto alla CTP di Latina (Ordinanza del 29 gennaio 2013), la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale viene fondata sulle seguenti argomentazioni:

  • il contrasto dell’art. 17 con il principio dieguaglianza ex art. 3 Cost. emergerebbe per differenza di trattamento tra il cittadino in grado di pagare “immediatamente” (e cioè entro il termine per la presentazione del ricorso), essendo, in tal caso, l’aggio dovuto dal contribuente pari al 4,65% delle somme iscritte a ruolo, e quello privo dei mezzi sufficienti per effettuare tale pagamento entro tale termine, il quale è tenuto a versare l’aggio interamente nella misura del 9%;
  • altro profilo di violazione del citato parametro costituzionale deriverebbe dalla fissazione di undiverso compenso a parità dei servizi offerti dall’agente di riscossione, peraltro in assenza della fissazione di un importo massimo prestabilito dello stesso;
  • irragionevole risulterebbe l’applicazione dell’aggio di riscossione anche sugli interessi di mora, sulla base della considerazione che l’agente della riscossione, in relazione agli importi non pagati tempestivamente dal contribuente, non ha anticipato alcuna somma all’erario.

La Corte costituzionale ha in questo modo escluso l’incostituzionalità perché la norma riguarda l’aspetto della riscossione. La Corte ha limitato la questione «all’opportuno ed effettivo ancoraggio della remunerazione del costo del servizio». Nell’ordinanza della Consulta si legge che: “… ciascuna delle ordinanze di rimessione è carente sia nella descrizione della concreta fattispecie cui si riferisce, sia nella motivazione in punto di rilevanza. Viene quindi meno la necessaria verifica circa l’influenza della questione di legittimità sulle decisioni richieste ai rimettenti”.

CTR DI TORINO – N. 152 Ordinanza (Atto di promovimento) 18/12/2012

SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE N. 480 – ANNO 1993

ORDINANZA CORTE COSTITUZIONALE N. 147 – ANNO 2015

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