CASSAZIONE SENTENZE

Illegittima la notifica della cartella quando è in pendenza di concordato

Tributi – Omesso versamento – Contenzioso – Controllo automatizzato della dichiarazione – Notifica cartella di pagamento – Iscrizione a ruolo – Concordato preventivo – Art. 168, L. fall. – Norma agevolativa – Nullità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13831 del 3 maggio 2022, ha escluso la legittimità della notifica della cartella di pagamento al debitore in pendenza di concordato preventivo, emessa a seguito di liquidazione automatica della dichiarazione ex art. 36-bis DPR 600/73, in ragione dei limiti di cui all’art. 168, comma 1, della legge fallimentare.

Pertanto, la Cassazione ha così sancito l’illegittimità della cartella di pagamento notificata al contribuente che aveva già presentato il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche nell’eventualità in cui la cartella sia stata notificata a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, e, dunque, non sia stata preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento. In ultima analisi e sotto il profilo del diritto sostanziale, ricordano ancora gli Ermellini, con l’apertura di una procedura di concordato preventivo l’Amministrazione finanziaria non perde le proprie prerogative in ordine all’attività di verifica del rapporto giuridico d’imposta.

Ricordiamo brevemente che la disciplina del concordato preventivo, nell’assetto previgente alle modifiche recate dalla legge di bilancio per il 2017, come delineato dalla Corte di Cassazione con le sentenze n. 22931 e n. 22932/2011, consentiva al debitore di proporre il pagamento parziale o dilazionato del debito tributario, sia chiedendo di essere ammesso a un concordato preventivo non contenente la domanda di cui all’articolo 182-ter, comma 1,della L.F., sia accedendo alla procedura della transazione fiscale. Più precisamente, la transazione fiscale costituiva un sub procedimento che il debitore aveva la facoltà di attivare e che, ove inclusa in un concordato preventivo addivenuto a omologazione, assicurava gli effetti del consolidamento del debito tributario e dell’estinzione dei giudizi concernenti i tributi oggetto del concordato.

In particolare, guardando al solo trattamento del credito IVA, la Suprema Corte ne aveva ravvisato la intangibilità, oltre che nell’ambito della transazione fiscale, ove sussisteva un espresso divieto del legislatore, anche con riguardo al concordato non contenente la predetta domanda di transazione, in ragione del carattere di norma sostanziale dell’articolo 182-ter L.F. e della natura di imposta armonizzata dell’IVA.

Ai sensi della precedente formulazione dell’articolo 182-ter della L.F., con riguardo alle ritenute operate e non versate, era ammessa la sola dilazione del debito in sede di transazione fiscale, restando esclusa la falcidia delle somme dovute. La sentenza della Corte di giustizia del 7 aprile 2016 ha tuttavia imposto ai giudici nazionali di riesaminare anche il principio dell’intangibilità dei crediti per ritenute nell’ambito del concordato preventivo.

Ancora con la sentenza n. 1337/2017, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità di falcidia del credito per ritenute nell’ipotesi di concordato non accompagnato da transazione fiscale, sulla base delle medesime argomentazioni esposte dalle sezioni unite con le Sentenze n. 26988 del 2016 e n. 760 del 2017.

La Cassazione oggi ha quindi efficacemente affermato come il divieto espresso dall’art. 168 della legge fallimentare trovi applicazione anche con i crediti erariali sorti prima dell’apertura della procedura concordataria, mentre per altra, come la notifica di una cartella di pagamento, costituisca a tutti gli effetti un’azione esecutiva da parte dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. Inoltre, la Suprema Corte ha altresì evidenziato come la mancata notifica della cartella di pagamento in pendenza della procedura concorsuale non pregiudichi la posizione dell’Amministrazione finanziaria. Innanzitutto, l’art. 33 del D.lgs. 122/1999, nel disciplinare la posizione dei contribuenti sottoposti alla procedura del concordato preventivo, autorizza l’ente creditore a iscrivere a ruolo il credito vantato dall’erario, ma anche il diritto del concessionario della riscossione all’insinuazione di tale credito nella procedura concorsuale.  

Di conseguenza risulterebbe di tutta evidenza che non è necessaria la notifica della cartella di pagamento per partecipare alla procedura concordataria, essendo sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria. In secondo luogo, la pretesa erariale è anche salvaguardata dall’art. 25 del DPR 602/1973, che in deroga alle disposizioni ordinarie in tema di decadenza prevede un’apposita disciplina per la notificazione della cartella di pagamento relativa ai crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese.

In altre parole, il divieto di notificare la cartella di pagamento a seguito del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale, infatti, non trova il suo fondamento nell’esistenza di un accertamento definitivo in ordine alla pretesa erariale, quanto, piuttosto, nel dato formale dell’esistenza del procedimento e nell’inconfigurabilità di pregiudizi per l’Amministrazione finanziaria derivanti dall’operatività di un simile divieto.

La Suprema Corte ha in questo modo riaffermato una diffusa linea d’interpretazione giurisprudenziale (ex multis Cass. Sez. Un. n. 33408/2021) che attesta l’impossibilità di notificare una cartella di pagamento al contribuente dopo la presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, come peraltro recita la sua massima ufficiale: “Ai fini dell’ammissibilità della domanda d’insinuazione proposta dall’agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l’avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dagli art. 29 D.L. n. 78/2010 e art. 30 D.L. n. 78/2010, convertito con L. n. 122/2010, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo”.

In considerazione, poi, dell’assenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione in oggetto, appare opportuno ricordare che a conclusioni opposte, invece, era giunta anche recentemente altra parte della giurisprudenza, ritenendo che l’apertura del concordato non sarebbe ostativa all’accertamento del credito tributario mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella, (v. Cass. n. 2239/2022, n. 9440/2019 e n. 24880/2020).

Al riguardo ricordiamo che nella citata pronunzia n. 9440/2019 veniva prospettata una diversa interpretazione, nella quale si evinceva che i giudici di legittimità affermavano che l’attività accertativa o di controllo formale dell’Amministrazione finanziaria assume funzione strumentale all’esercizio del diritto di credito derivante da un’obbligazione, sorta con il verificarsi del presupposto di fatto cui è ricollegato l’emersione del tributo. E, visto che il presupposto impositivo si era verificato in epoca anteriore all’apertura del concordato preventivo, il credito de quo rivestiva una natura concorsuale, con la conseguente irrilevanza,,ad avviso dei giudici, del suo mancato accertamento al momento dell’apertura del concordato.  La Cassazione ha quindi ritenuto azionabile il credito tributario attraverso l’accertamento, anche in forma di liquidazione automatizzata ex art. 36-bis, DPR 600/1973 e l’iscrizione a ruolo (notificato attraverso la cartella di pagamento), non ritenendo ostativa l’apertura di una procedura di concordato preventivo.

Comunque, la decisione oggi in commento vuole ricordare l’importanza concreta dell’art. 168, comma 1, del RD 267/1942, che stabilisce che dalla data della pubblicazione del ricorso nel Registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.

La disposizione assolve alla duplice funzione di conservare l’integrità del patrimonio dell’imprenditore e dare garanzia al rispetto della par condicio creditorum, quel principio giuridico in virtù del quale i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore salve le cause legittime di prelazione nella prospettiva di un negativo epilogo della procedura concordataria con conseguente declaratoria di fallimento.

Tanto premesso e tornando alla vicenda in esame, una società in fase di concordato preventivo proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, che, in accoglimento dell’appello erariale, aveva respinto il ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento notificata a seguito di controllo formale della dichiarazione, per l’omesso versamento di tributi. La parte contribuente si era rivolta alla Suprema corte proprio per contestare tale considerazione, ritenendo, al contrario, che l’ammissione al concordato ostasse alla successiva notifica della cartella.

Doglianza, questa, giudicata fondata dalla Suprema Corte di Cassazione, alla luce del disposto dell’art. 168 della legge fallimentare, nella formulazione pro tempore vigente, perché: “L’art. 168, I. fall., nella formulazione pro tempore vigente, stabilisce che dalla data della presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo (oggi, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della relativa domanda) e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato proposto diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La disposizione assolve alla duplice funzione di conservare l’integrità del patrimonio dell’imprenditore da possibili azioni intraprese dai creditori concorsuali e di garantire il rispetto della par condicio creditorum, nella prospettiva di un negativo epilogo della procedura concordataria con conseguente dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. 8 luglio 1998, n. 6671, nonché, più recentemente, Cass., ord., 18 maggio 2021, n. 13514). Il divieto in esame trova applicazione, sotto il profilo soggettivo, anche ai crediti dell’erario sorti prima dell’apertura della procedura, per cui anche i crediti dell’agente della riscossione devono essere fatti valere nell’ambito della procedura concordataria, ancorché assistiti da titolo esecutivo (cfr., per tutte, Cass., Sez. Un., 6 settembre 1990, n. 9201). Con particolare riferimento a tali crediti, è stato affermato che la notifica di una cartella di pagamento costituisce un vero e proprio esercizio di azione esecutiva, avuto riguardo alla sua funzione esclusiva di realizzare, anche in executivis, la pretesa erariale, e, in quanto tale, ricade nel divieto di cui all’art. 168, I.fall. (cfr. Cass. 2 ottobre 2008, n. 24427). Più recentemente è stata autorevolmente ribadita l’incompatibilità con l’art. 168, I.fall., della notificazione della cartella, in relazione alla sua funzione di atto corrispondente al precetto di pagamento, e ciò indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sua natura riscossiva e non esecutiva (così, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2021, n. 33408).  Può, in proposito, osservarsi che, ai sensi degli artt. 33, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 122, e 90, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1972, n. 633, a seguito dell’ammissione del contribuente alla procedura di concordato preventivo, l’ente creditore iscrive a ruolo il credito e l’agente della riscossione provvede, sulla base del ruolo, al compimento di ogni attività necessaria ai fini dell’inserimento del credito da esso portato nell’elenco dei crediti della procedura. L’Amministrazione finanziaria può, dunque, partecipare al concorso limitandosi a produrre l’estratto di ruolo, senza alcuna necessità di notificare alla società concordataria la cartella di pagamento, atteso che la domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza della documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore (così, Cass., Sez. Un., 15 marzo 2012, n. 4126). Sotto altro aspetto, si evidenzia che la notifica della cartella di pagamento si presenterebbe priva di alcuna utilità pratica, non potendo assolvere né alla sua funzione propria di atto preordinato all’esecuzione, né rappresentare un atto utile per evitare la decadenza dalla potestà riscossiva, atteso che l’art. 25, comma 1 -bis, d.P.R. n.602 del 1973, stabilisce che per i crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese, non ancora iscritti a ruolo, la notifica della cartella di pagamento debba avvenire solo qualora il concordato non sia andato a buon fine (per l’esattezza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto che revoca l’ammissione al concordato preventivo ovvero ne dichiara la mancata approvazione ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara la risoluzione o l’annullamento del concordato preventivo). Non possono, dunque, condividersi le conclusioni formulate dal pubblico ministero, favorevoli alla notifica della cartella di pagamento al debitore concordatario e argomentate con la sua strumentalità all’esercizio del diritto del debitore di contestare la pretesa dell’Erario previa impugnazione avanti alla competente Commissione tributaria provinciale o, comunque, di tener conto del credito erariale portato dalla cartella nella quantificazione del passivo concordatario e nella definizione dei contenuti del piano di concordato e della proposta che del piano costituisca il portato, nonché all’esercizio da parte dell’Erario delle sue prerogative del creditore concordatario, dalla espressione del voto all’eventuale opposizione all’omologazione. Infatti, quanto alla posizione del debitore concordatario, l’esigenza di assicurare la tutela del suo diritto di difesa è fatta salva dalla previsione generale che riconosce la possibilità di contestazione dei crediti vantati da terzi. Inoltre, i crediti erariali scaturiscono dall’inadempimento degli obblighi tributari, e, quindi, in dipendenza dell’insorgenza dei relativi presupposti, e non già a seguito degli avvisi di accertamento, per cui il debitore concordatario è in possesso degli elementi utili per poter effettuare una valutazione in ordine alla loro esistenza e consistenza e, conseguentemente, di poter calibrare il piano concordatario anche alla luce di tali poste. Per quanto attiene, invece, alla posizione dell’Erario, si rammenta che questi, anche in assenza della previa notifica della cartella di pagamento, può esercitare le prerogative spettanti ai creditori concordatari, ivi incluse quelle attinenti alla manifestazione del voto e alla eventuale opposizione all’omologazione. Le considerazioni che precedono giustificano la tesi della impossibilità di notificare una cartella di pagamento al contribuente dopo la presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo anche nell’eventualità – ricorrente nel caso in esame – in cui la cartella sia stata notificata ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, e, dunque, non sia stata preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento. Infatti, come rilevato in precedenza, il divieto di notificare la cartella di pagamento a seguito del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale non trova il suo fondamento – esclusivo o meno – nell’esistenza di un accertamento definitivo in ordine alla pretesa erariale (che sembra, invece, essere valorizzato da alcune decisioni di questa Corte che hanno ammesso la possibilità di notificare la cartella in una siffatta situazione, tra cui Cass., ord., 6 novembre 2020, n. 24880; Cass., ord., 4 aprile 2019, n. 9440), quanto, piuttosto, nel dato formale dell’esistenza del procedimento e nell’inconfigurabilità di pregiudizi per l’Amministrazione finanziaria derivanti dall’operatività di un siffatto divieto”.

Corte di Cassazione – Sentenza 3 maggio 2022, n. 13831

sul ricorso iscritto al n. 21298/2015 R.G. proposto da:

C.E.R.M.E.C. s.p.a. in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Tomassini e Giuseppe Ferrara, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, via dei Due Macelli, 66  

– ricorrente –

contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrente –

Equitalia Centro s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Maurizio Cimetti e Sante Ricci, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, via delle Quattro Fontane, 61

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 173/1/15, depositata il 29 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8 febbraio 2022, tenutasi nelle forme previste dall’art. 23, comma 8 bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., nella I. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Paolo Catallozzi;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Mauro Vitiello, che ha chiesto il rigetto del ricorso

FATTI DI CAUSA

1. La C.E.R.M.E.C. s.p.a. in concordato preventivo propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 20 gennaio 2015, che, in accoglimento dell’appello erariale, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento notificata, a seguito di controllo formale della dichiarazione, per l’omesso versamento di tributi relativi agli anni 2008 e 2009.

1.1. Il giudice di appello ha ritenuto legittimo l’atto impugnato, evidenziando sia la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione del credito nei ruoli straordinari, sia la correttezza degli importi iscritti.

2. Il ricorso è affidato a cinque motivi di ricorso.

3. Resistono, con separati controricorsi, sia l’Agenzia delle Entrate, sia la Equitalia Centro s.p.a.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, secondo comma, 10 e 19, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 100 e 323 c.p.c. e 2909 c.c., per essersi pronunciata su motivi di appello proposti dall’Agenzia vertenti sull’assenza di vizi propri della cartella di pagamento, in relazione ai quali la medesima era priva di legittimazione ed interesse ad agire, sussistente esclusivamente in capo all’agente della riscossione, il quale, tuttavia, non aveva proposto alcuna impugnazione avvero i capi della sentenza di primo grado che avevano statuito al riguardo.

1.1. Il motivo è infondato.

Con riferimento alla contestata legittimazione dell’Agenzia delle Entrate ad impugnare la sentenza di primo grado, si osserva che la qualità di parte legittimata a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito conclusosi con la decisione impugnata, indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (cfr. Cass. 6 marzo 2017, n. 5520; Cass., ord., 29 luglio 2014, n. 17234; Cass. 14 luglio 2006, n. 16100). Pertanto, la partecipazione dell’Agenzia delle Entrate al giudizio di primo grado le conferisce il potere di proporre impugnazione avverso la relativa sentenza.

1.2. Quanto all’asserito difetto di interesse alla proposizione di tale gravame in capo all’Agenzia medesima, in relazione alle statuizioni della sentenza di primo grado relative alla sussistenza di vizi propri della cartella di pagamento, si evidenzia che l’Agenzia è la titolare del diritto di credito oggetto di contestazione nel giudizio, essendo l’agente della riscossione un (mero) destinatario del pagamento o, più precisamente, con riferimento allo schema dell’art. 1188 c.c., primo comma, c.c. il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento (cfr. Cass. 4 aprile 2018, n. 8295; Cass.15 aprile 2011, n. 8613). In ragione di tale sua qualità, non può, dunque, negarsi il suo interesse all’accertamento del rapporto controverso.

2. Con il secondo motivo la società deduce la violazione dell’art. 168, L. fall. e dei principi generali che regolano la funzione di riscossione, per aver la Commissione regionale ritenuto che l’ammissione della contribuente alla procedura di concordato preventivo non ostasse alla successiva notifica della cartella di pagamento. Con la medesima censura critica la sentenza impugnata per aver ritenuto legittima l’iscrizione a ruolo anche dell’importo rappresentato dall’aggio di riscossione applicato.

2.1. Il motivo è fondato.

L’art. 168, L. fall. nella formulazione pro tempore vigente, stabilisce che dalla data della presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo (oggi, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della relativa domanda) e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato proposto diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.

La disposizione assolve alla duplice funzione di conservare l’integrità del patrimonio dell’imprenditore da possibili azioni intraprese dai creditori concorsuali e di garantire il rispetto della par condicio creditorum, nella prospettiva di un negativo epilogo della procedura concordataria con conseguente dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. 8 luglio 1998, n. 6671, nonché, più recentemente, Cass., ord., 18 maggio 2021, n. 13514).

Il divieto in esame trova applicazione, sotto il profilo soggettivo, anche ai crediti dell’erario sorti prima dell’apertura della procedura, per cui anche i crediti dell’agente della riscossione devono essere fatti valere nell’ambito della procedura concordataria, ancorché assistiti da titolo esecutivo (cfr., per tutte, Cass., Sez. Un., 6 settembre 1990, n. 9201).

2.2. Con particolare riferimento a tali crediti, è stato affermato che la notifica di una cartella di pagamento costituisce un vero e proprio esercizio di azione esecutiva, avuto riguardo alla sua funzione esclusiva di realizzare, anche in executivis, la pretesa erariale, e, in quanto tale, ricade nel divieto di cui all’art. 168, L. fall. (cfr. Cass. 2 ottobre 2008, n. 24427). Più recentemente è stata autorevolmente ribadita l’incompatibilità con l’art. 168, L. fall., della notificazione della cartella, in relazione alla sua funzione di atto corrispondente al precetto di pagamento, e ciò indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sua natura riscossiva e non esecutiva (così, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2021, n. 33408).

2.3. Può, in proposito, osservarsi che, ai sensi degli artt. 33, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 122, e 90, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1972, n. 633, a seguito dell’ammissione del contribuente alla procedura di concordato preventivo, l’ente creditore iscrive a ruolo il credito e l’agente della riscossione provvede, sulla base del ruolo, al compimento di ogni attività necessaria ai fini dell’inserimento del credito da esso portato nell’elenco dei crediti della procedura. L’Amministrazione finanziaria può, dunque, partecipare al concorso limitandosi a produrre l’estratto di ruolo, senza alcuna necessità di notificare alla società concordataria la cartella di pagamento, atteso che la domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza della documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore (così, Cass., Sez. Un., 15 marzo 2012, n. 4126).

2.4. Sotto altro aspetto, si evidenzia che la notifica della cartella di pagamento si presenterebbe priva di alcuna utilità pratica, non potendo assolvere né alla sua funzione propria di atto preordinato all’esecuzione, né rappresentare un atto utile per evitare la decadenza dalla potestà riscossiva, atteso che l’art. 25, comma 1 -bis, d.P.R. n.602 del 1973, stabilisce che per i crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese, non ancora iscritti a ruolo, la notifica della cartella di pagamento debba avvenire solo qualora il concordato non sia andato a buon fine (per l’esattezza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto che revoca l’ammissione al concordato preventivo ovvero ne dichiara la mancata approvazione ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara la risoluzione o l’annullamento del concordato preventivo).

2.5. Non possono, dunque, condividersi le conclusioni formulate dal pubblico ministero, favorevoli alla notifica della cartella di pagamento al debitore concordatario e argomentate con la sua strumentalità all’esercizio del diritto del debitore di contestare la pretesa dell’Erario previa impugnazione avanti alla competente Commissione tributaria provinciale o, comunque, di tener conto del credito erariale portato dalla cartella nella quantificazione del passivo concordatario e nella definizione dei contenuti del piano di concordato e della proposta che del piano costituisca il portato, nonché all’esercizio da parte dell’Erario delle sue prerogative del creditore concordatario, dalla espressione del voto all’eventuale opposizione all’omologazione. Infatti, quanto alla posizione del debitore concordatario, l’esigenza di assicurare la tutela del suo diritto di difesa è fatta salva dalla previsione generale che riconosce la possibilità di contestazione dei crediti vantati da terzi. Inoltre, i crediti erariali scaturiscono dall’inadempimento degli obblighi tributari, e, quindi, in dipendenza dell’insorgenza dei relativi presupposti, e non già a seguito degli avvisi di accertamento, per cui il debitore concordatario è in possesso degli elementi utili per poter effettuare una valutazione in ordine alla loro esistenza e consistenza e, conseguentemente, di poter calibrare il piano concordatario anche alla luce di tali poste. Per quanto attiene, invece, alla posizione dell’Erario, si rammenta che questi, anche in assenza della previa notifica della cartella di pagamento, può esercitare le prerogative spettanti ai creditori concordatari, ivi incluse quelle attinenti alla manifestazione del voto e alla eventuale opposizione all’omologazione.

2.6. Le considerazioni che precedono giustificano la tesi della impossibilità di notificare una cartella di pagamento al contribuente dopo la presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo anche nell’eventualità – ricorrente nel caso in esame – in cui la cartella sia stata notificata ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, e, dunque, non sia stata preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento. Infatti, come rilevato in precedenza, il divieto di notificare la cartella di pagamento a seguito del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale non trova il suo fondamento – esclusivo o meno – nell’esistenza di un accertamento definitivo in ordine alla pretesa erariale (che sembra, invece, essere valorizzato da alcune decisioni di questa Corte che hanno ammesso la possibilità di notificare la cartella in una siffatta situazione, tra cui Cass., ord., 6 novembre 2020, n. 24880; Cass., ord., 4 aprile 2019, n. 9440), quanto, piuttosto, nel dato formale dell’esistenza del procedimento e nell’inconfigurabilità di pregiudizi per l’Amministrazione finanziaria derivanti dall’operatività di un siffatto divieto.

3. All’accoglimento del secondo motivo segue l’assorbimento dei motivi residui, in quanto strettamente dipendenti, aventi ad oggetto la violazione degli artt. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, e 2, secondo comma, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, per aver il giudice di appello ritenuto legittima la notifica della cartella di pagamento benché non preceduta dall’attivazione del contraddittorio preventivo (terzo motivo), dell’art. 6, quinto comma, d.lgs. n. 472 del 1997, per aver la Commissione regionale escluso, con riferimento alle sanzioni irrogate, l’applicazione dell’esimente della forza maggiore, rappresentata dalla critica situazione finanziaria in cui versava (quarto motivo) e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, rappresentati dalla grave situazione economica in cui la società versava già in epoca antecedente ai periodi di imposta in cui erano sorte le obbligazioni tributarie (quinto motivo).

4. La sentenza va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, questa Corte può decidere nel merito, accogliendo l’originario ricorso.

5. In considerazione dell’assenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione oggetto del motivo accolto, appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, 1’8 febbraio 2022

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