CASSAZIONE FISCALITA SENTENZE

Il termine di prescrizione dell’imposta sui rifiuti è cinque anni

Tributi locali – TARSU – Servizio di riscossione dei tributi – Somme iscritte a ruolo – Istanza di annullamento in autotutela per prescrizione – Diniego di sgravio – Atto impugnabile ex art. 19, D.Lgs. n. 546 del 1992 –  Legittimazione passiva del comune e non anche del concessionario

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8719 dell’11 maggio 2020, ha affrontato nuovamente la vexata quaestio relativa alle forme di tutela previste a favore del contribuente che intende far accertare in sede giudiziaria l’inesistenza di un credito vantato dall’Ente impositore, in quanto fondato su un ruolo prescritto, affermando essenzialmente che il processo tributario è strutturato come processo impugnatorio, quindi l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione.

Inoltre, ricordano gli Ermellini, per i tributi locali esiste la vigenza della prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 del codice civile. Preliminarmente giova ricordare che in diritto le nozioni di prescrizione e decadenza si trovano nel codice civile agli artt. 2934 e 2964. La prescrizione, come è noto,  è da intendersi come l’estinzione di un rapporto a seguito dell’inerzia, per un certo periodo di tempo definito dalla legge, del soggetto titolare del diritto. Tale istituto ha ad oggetto tutti i diritti soggettivi con esclusione di quelli indisponibili e del diritto di proprietà nonché di alcuni diritti di azione. Il termine ordinario di prescrizione è di dieci anni (art. 2946 del Codice Civile), ma ci sono anche un termine ventennale (artt. 954, 970, 1014, 1073 del Codice Civile) e un termine di prescrizione breve fissato in cinque anni (artt. 2958 e 2948 del Codice Civile).

Dottrina e giurisprudenza si sono più volte interrogate ed espresse in tema di prescrizione delle cartelle di pagamento giungendo, negli ultimi tempi, a conclusioni univoche incentrate sul riconoscimento della prescrizione breve anche per i debiti erariali.

In linea generale ricordiamo che l’imposta sui rifiuti ha assunto, negli anni, modifiche e cambio di nomi – Tarsu, Tia1, Tia2 e infine, Tari – ma hanno mantenuto la comunanza per la prescrizione che è il termine massimo entro cui l’Amministrazione può esigere dal contribuente il pagamento dell’imposta. La Cassazione si è più volte occupata della prescrizione delle imposte locali fissando il termine in cinque anni, con sentenze che comunque hanno avuto il valore di fissare un principio ormai consolidato, non più messo in discussione, o di sollevare dubbi sui termini di prescrizione dell’imposta sui rifiuti. Tale orientamento è stato convalidato tra il 2010 e il 2011 (Cass. sent. n. 4283/ 2010) e, da allora, mai più messo in discussione, di modo che solo saltuariamente la Corte è ritornata a ribadirlo, specificando anche che il termine di prescrizione si applica anche dopo la notifica della cartella di pagamento.

Occorre però precisare che il termine può essere interrotto tutte le volte in cui l’Amministrazione notifica al contribuente una diffida di pagamento o una cartella esattoriale: quando ciò succede, il decorso del termine si interrompe e inizia a decorrere nuovamente da capo, a partire dal giorno dopo. La richiamata giurisprudenza vede anche la pronunzia. n. 24679/2011, in cui la Suprema Corte ribadisce che, in tema di riscossione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tari), la notifica della cartella di pagamento non è sottoposta ad alcun termine di decadenza ma deve comunque avvenire nel termine di prescrizione di cinque anni.

Questo secondo chiarimento è rilevante perché mette in chiaro che il termine di prescrizione di 5 anni non si applica solo alla richiesta di pagamento da parte del Comune, ma anche alla successiva notifica della cartella esattoriale e che quest’ultima deve quindi arrivare non oltre 5 anni dall’avviso di pagamento recapitato dall’ente locale.

Di recente la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito ancora che l’applicabilità del termine di prescrizione breve ai tributi locali è da intendersi estesa anche al caso di mancata opposizione della cartella di pagamento. La pronuncia in questione è l’Ordinanza n. 20956 del 6 agosto 2019. 

Anche in questo caso, come già affermato in passato, i giudici hanno ricordato che, per i tributi locali, quali Imu, Tari, Iciap, Tosap, la prescrizione per la riscossione è quinquennale. Un anno prima, sempre sullo stesso versante, la sentenza della Cassazione del 2 marzo 2018, n. 4962 aveva ripetuto il medesimo orientamento. Interessante sul tema una precedente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29996 del 20 novembre 2018, che avendo simile thema decidendum, affermava che “… la prescrizione è fissata, anche una volta che la cartella sia divenuta definitiva, dalla legge regolativa del tributo, ad eccezione del caso nel quale il titolo che fonda la cartella sia un titolo giudiziale definitivo”. Pertanto, anche nel caso di cartelle di pagamento non impugnate dal contribuente e divenute definitive, la prescrizione deve riferirsi sempre alla tipologia di tributo ad essa sottostante e, di conseguenza, essere verificata.

Tanto premesso, e tornando alla questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte che riguarda una notifica dell’Agente della riscossione a un condominio milanese per tributi comunali, avvenuta tramite singole cartelle di pagamento, omettendo però di continuare poi l’esecuzione, con la conseguenza che, trascorsi molti anni e in assenza di atti interruttivi, tali crediti risultavano prescritti. Il condominio rilevava l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti vantati dall’Ente comunale, successivamente alla notifica delle cartelle di pagamento, e provvedeva a presentare domanda di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti.

Il Comune aveva rigettato l’istanza sull’assunto che qualsivoglia contestazione in ordine ai crediti vantati con le iscrizioni a ruolo impugnate dovesse essere sollevata esclusivamente nei confronti dell’Agente della riscossione. Avverso il diniego opposto dal Comune, il condominio ha allora proposto ricorso innanzi alla C.T. P.

Il ricorso veniva accolto, ma respinto quello in seconda istanza.

Da qui il ricorso in Cassazione, che il condominio affidava in quattro motivi.

Gli Ermellini hanno riconosciuto le ragioni addotte dai condomini, affermando che: “ …. La CTR è incorsa in un palese equivoco nell’affermare che il condominio, impugnando il diniego di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti, tenta di eludere il termine di decadenza per l’impugnazione delle cartelle di pagamento a suo tempo notificate e non contestate. L’odierno ricorrente, infatti, con l’impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo: al tempo in cui le cartelle furono notificate, infatti, la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata. Il condominio deduce che per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero di tali crediti, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione; e tale deduzione è fondata. La giurisprudenza di queste Corte, da tempo, interpreta estensivamente l’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 e tende a ricomprendere tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario anche il diniego di sgravio, quale atto comunque incidente su rapporti tributari tra amministrazione e contribuente, in grado di incidere negativamente su la posizione giuridica di quest’ultimo (cfr. Cass., n. 285/2010; Cass., n. 16100/2011). Peraltro, essendo strutturato il processo tributario come processo impugnatorio, l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione. Quanto al termine di prescrizione dei crediti per TARSU, questa Corte lo ha fissato in cinque anni, applicando l’art. 2948, comma 1, n. 4 c.c.(Cass., n. 4283/2010; Cass., n. 24679/2011). E’ stato anche affermato che l’art. 2953 c.c., in tema di prescrizione decennale dell’actio iudicati, si applica solo ai crediti portati da sentenze di condanna passate in giudicato, con evidente impossibilità di sua applicazione ai crediti portati da cartelle inoppugnabili, non potendo equipararsi la loro irretrattabilità agli effetti del giudicato, discendenti solo da un provvedimento giurisdizionale contenzioso irrevocabile. Infine, coglie nel segno il condominio quando deduce che, essendo l’atto da esso impugnato un diniego di sgravio dei ruoli, chiesto per l’avvenuta prescrizione dei c:rediti da essi portati (prima ancora che dalle cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli), legittimato passivo dell’azione di annullamento (e di accertamento della prescrizione) è solo l’ente impositore (nella specie, il Comune di Milano). Né potrebbe sostenersi che quest’ultimo si troverebbe in condizioni di minorata difesa, non disponendo della possibilità di produrre eventuali atti interruttivi della prescrizione, che sarebbero nella esclusiva disponibilità dell’agente della riscossione. In disparte, infatti, la considerazione che il rapporto di affidamento esistente tra il Comune e il suo agente della riscossione configura quest’ultimo come una sorta di mandatario senza rappresentanza, al quale l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti da esso formati o detenuti necessari per difendersi in giudizio, il Comune avrebbe comunque potuto chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione, sulla base dell’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, anziché fosse accertata, anche nei suoi confronti, ed anche al fine di stigmatizzare una sua responsabilità in merito, l’inesistenza di atti interruttivi della prescrizione dei crediti affidati al suo recupero. Dall’accoglimento del ricorso discende l’accertamento del compimento della prescrizione con riferimento ai crediti TARSU portati dai quattro ruoli e dalle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione, senza necessità di rinvio alla CTR in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata”.

Corte di Cassazione – Sentenza 11 maggio 2020, n. 8719

sul ricorso iscritto al n. 23289/2016 R.G. proposto da

Condominio “U.” di viale E. Jenner n. 72 di Milano, in persona dell’amministratore quale legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Giuseppe Mensitieri, elettivamente domiciliato in Roma alla via Giuseppe Ferrari n. 11, scala B – int. 4, presso lo studio dell’Avv. Massimo Tirone (pec: massimotirone@ordineavvocatiroma.org );

– ricorrente –

contro Comune di Milano, in persona del Sindaco quale legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti Antonello Mandarano, Ruggero Meroni ed Irma Marinelli, dell’Avvocatura comunale di Milano, e dall’Avv. Giuseppe Lepore del Foro di Roma, ed elett.te dom.to presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla via Polibio n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1280/2016 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sede di Milano, depositata in data 8/3/2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 gennaio 2020 dal dott. Angelo Napolitano;

udite le conclusioni del P.G. dott. Giovanni Giacalone, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

dell’Avv. Giuseppe Mensitieri per il condominio e dell’Avv. Attilio Accettola per delega dell’Avv. Lepore per il Comune di Milano;

Fatto

Nel corso di un accesso presso gli sportelli dell’agente della riscossione “Equitalia Nord s.p.a.”, l’amministratore del condominio “U.” di viale J. (…) di Milano (d’ora in poi, anche solo “il condominio”) venne a conoscenza dell’esistenza di ingenti somme iscritte a ruolo dal Comune di Milano (d’ora in poi anche solo “Comune”) a suo carico a titolo di Tarsu (ruoli nn. 2001/016043, 2002/014541, 2003/013690 e 2005/000540, per complessivi euro 20.758,63, oltre accessori).

Con istanza di annullamento in autotutela, notificato in data 14/2/2013, il condominio chiese al Comune l’annullamento dei predetti ruoli, in quanto i crediti in ciascuno di essi portati erano caduti in prescrizione (quinquennale) successivamente alla notifica delle singole cartelle di pagamento.

Il Comune di Milano, con atto pervenuto al condominio in data 3/4/2013, rigettò l’istanza, motivando il diniego di autotutela sull’assunto che ogni contestazione circa i crediti portati dalle cartelle di pagamento notificate dovesse essere mossa nei confronti dell’agente della riscossione.

Il condominio impugnò il diniego di autotutela dinanzi alla CTP di Milano.

Quest’ultima, nel contraddittorio con il Comune, accolse il ricorso.

Il Comune propose appello dinanzi alla CTR che, nel contraddittorio con il contribuente, riformò la sentenza di primo grado dichiarando inammissibile il ricorso introduttivo del condominio.

In particolare, la CTR statuì che ammettere che il condominio potesse impugnare il diniego di autotutela significherebbe consentire ad esso di contestare le cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione, nonostante che per esse fosse decorso il termine di decadenza di sessanta giorni, ai fini dell’impugnazione.

Inoltre, erroneamente il condominio avrebbe instaurato il contraddittorio nei confronti del Comune, visto che il legittimato passivo era l’agente della riscossione.

Il condominio ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR, sulla base di quattro motivi.

Resiste il Comune di Milano con controricorso.

Alla pubblica udienza dei 22 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’impugnazione del diniego di autotutela opposto dal Comune alla richiesta di sgravio dei ruoli per prescrizione dei crediti avesse, in realtà, ad oggetto le cartelle di pagamento per vizi delle stesse, con conseguente divisata inammissibilità dell’originario ricorso per tardività.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 21, primo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che l’originaria impugnazione del condominio fosse tardiva per aver avuto esso conoscenza degli estratti di ruolo oltre sessanta giorni prima della proposizione del ricorso introduttivo: l’oggetto dell’originario ricorso, ribadisce il condominio, è stato il diniego di autotutela opposto dall’ente locale alla richiesta di sgravio.

3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.”, il condominio si duole che la CTR abbia individuato come legittimato passivo rispetto all’azione da esso esercitata non l’ente impositore che ha emesso il diniego di sgravio in autotutela, ma l’agente della riscossione.

Il condominio ribadisce la legittimazione del Comune, sia per avere esso emesso l’atto impugnato, sia perché con l’azione, formalmente impugnatoria del diniego, l’odierno ricorrente ha in sostanza chiesto l’accertamento giudiziale del compimento della prescrizione dei crediti portati dalle cartelle di pagamento a suo tempo notificate, con la conseguenza che, atteggiandosi la prescrizione come un fatto estintivo del credito sostanziale, la legittimazione passiva rispetto all’azione esercitata si radicava in capo al Comune.

4. Con il quarto motivo, rubricato “Violazione dell’art. 2948, comma 1, n. 4 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.”, il condominio chiede che la Corte, decidendo nel merito, sulla base della sua giurisprudenza che fissa in cinque anni il termine di prescrizione dei crediti per TARSU, accerti l’avvenuto compimento del termine prescrizionale dei crediti portati nelle cartelle di pagamento a suo tempo notificate dall’agente della riscossione.

Alternativamente, nel caso in cui la Corte dovesse riconoscere che, invece, il termine di prescrizione dei crediti per TARSU è quello ordinario di dieci anni, il condominio chiede alla Corte di accertare la prescrizione dei crediti portati dalle cartelle notificate rispettivamente in data 10 dicembre 2001 e 7 agosto 2002.

In subordine, chiede di cassare con rinvio la sentenza impugnata.

5. I motivi, strettamente connessi, possono essere decisi congiuntamente.

Essi sono fondati.

La CTR è incorsa in un palese equivoco nell’affermare che il condominio, impugnando il diniego di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti, tenta di eludere il termine di decadenza per l’impugnazione delle cartelle di pagamento a suo tempo notificate e non contestate.

L’odierno ricorrente, infatti, con l’impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo: al tempo in cui le cartelle furono notificate, infatti, la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata.

Il condominio deduce che per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero di tali crediti, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione; e tale deduzione è fondata.

La giurisprudenza di queste Corte, da tempo, interpreta estensivamente l’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 e tende a ricomprendere tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario anche il diniego di sgravio, quale atto comunque incidente su rapporti tributari tra amministrazione e contribuente, in grado di incidere negativamente su la posizione giuridica di quest’ultimo (cfr. Cass., n. 285/2010; Cass., n. 16100/2011).

Peraltro, essendo strutturato il processo tributario come processo impugnatorio, l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione.

Quanto al termine di prescrizione dei crediti per TARSU, questa Corte lo ha fissato in cinque anni, applicando l’art. 2948, comma 1, n. 4 c.c.(Cass., n. 4283/2010; Cass., n. 24679/2011).

E’ stato anche affermato che l’art. 2953 c.c., in tema di prescrizione decennale dell’actio iudicati, si applica solo ai crediti portati da sentenze di condanna passate in giudicato, con evidente impossibilità di sua applicazione ai crediti portati da cartelle inoppugnabili, non potendo equipararsi la loro irretrattabilità agli effetti del giudicato, discendenti solo da un provvedimento giurisdizionale contenzioso irrevocabile.

Infine, coglie nel segno il condominio quando deduce che, essendo l’atto da esso impugnato un diniego di sgravio dei ruoli, chiesto per l’avvenuta prescrizione dei c:rediti da essi portati (prima ancora che dalle cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli), legittimato passivo dell’azione di annullamento (e di accertamento della prescrizione) è solo l’ente impositore (nella specie, il Comune di Milano).

Né potrebbe sostenersi che quest’ultimo si troverebbe in condizioni di minorata difesa, non disponendo della possibilità di produrre eventuali atti interruttivi della prescrizione, che sarebbero nella esclusiva disponibilità dell’agente della riscossione.

In disparte, infatti, la considerazione che il rapporto di affidamento esistente tra il Comune e il suo agente della riscossione configura quest’ultimo come una sorta di mandatario senza rappresentanza, al quale l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti da esso formati o detenuti necessari per difendersi in giudizio, il Comune avrebbe comunque potuto chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione, sulla base dell’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, anziché fosse accertata, anche nei suoi confronti, ed anche al fine di stigmatizzare una sua responsabilità in merito, l’inesistenza di atti interruttivi della prescrizione dei crediti affidati al suo recupero.

Dall’accoglimento del ricorso discende l’accertamento del compimento della prescrizione con riferimento ai crediti TARSU portati dai quattro ruoli e dalle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione, senza necessità di rinvio alla CTR in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata.

6. Atteso l’andamento del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di appello.

Le spese del presente giudizio, invece, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il diniego di sgravio impugnato in prime cure e dichiara la prescrizione dei crediti TARSU portati nei quattro ruoli e nelle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione.

Compensa le spese del giudizio di appello.

Condanna il Comune di Milano al pagamento, in favore del condominio ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro duemilasettecento per onorari, oltre al contributo unificato, al rimborso delle spese generali, Iva e cpa come per legge. Così deciso, in Roma, il 22 gennaio 2020.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay