CASSAZIONE

Il professionista con attività esclusiva in una società di consulenza non è soggetto a IRAP

Tributi – IRAP- Professionista – Autonoma organizzazione – Presupposti – Organizzazione predisposta dalla società – Esercizio dell’attività nell’ambito di società di cui il professionista è socio – Requisito di autonoma organizzazione – Esclusione – Diritto al rimborso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33535 del 1° dicembre 2023, intervenendo nuovamente sui presupposti oggettivi dell’IRAP ha affermato che non sono soggetti all’imposta le prestazioni del professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza, della cui organizzazione e dei cui mezzi si avvale, anche se dotato di poteri di direzione e coordinamento all’interno della società.

La Suprema Corte ha quindi confermato l’attuale interpretazione giurisprudenziale e ribadito che “… nelle fattispecie come quella che qui viene in rilievo non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap, senza che rilevino le tipologie di costi deducibili dalla base imponibile della società, visto che l’individuazione di tali costi è oggetto di scelta discrezionale del legislatore e che il consentire delle deduzioni di costi non significa esentare un soggetto dal pagamento di un’imposta. Né tantomeno ha rilevanza il fatto che, negli anni d’imposta di cui si controverte, il contribuente fosse investito di particolari poteri di direzione e coordinamento all’interno della società di consulenza: l’organizzazione aziendale resta comunque un attributo esclusivamente ascrivibile alla società di consulenza, questa sì, a differenza del socio-professionista, soggetto passivo dell’Irap”.

Non rileva, quindi, che il contribuente fosse investito di particolari poteri di direzione e coordinamento all’interno della società e, quindi, non è il professionista ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, a integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini IRAP.

Non è quindi sufficiente, per l’assoggettamento a IRAP, che il lavoratore/professionista si avvalga di una struttura organizzata, che deve essere infatti “autonoma”, cioè far capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche organizzativi. Pertanto, non sono soggetti a IRAP i proventi che il lavoratore autonomo percepisce come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata.

La linea di demarcazione tra pagamento ed esonero IRAP deve essere collegata non alla qualificazione dell’attività svolta (impresa o lavoro autonomo), ma all’esistenza o meno di una struttura organizzativa.

Un filone di decisioni dei giudici tributari ha ritenuto che nella “attività autonomamente organizzata” vada compresa anche la mera organizzazione del proprio lavoro. Di conseguenza l’autonoma organizzazione ricorre in ogni ipotesi di attività generatrice di redditi di impresa o di lavoro autonomo, essendo un equivalente dell’abitualità e potendosi riscontrare nell’autonomia delle scelte che di per sé caratterizza lo svolgimento di tutte le professioni liberali. Tale tesi è stata fatta propria dall’Agenzia delle Entrate in varie risoluzioni e denominata “auto-organizzazione”.

Il secondo indirizzo giurisprudenziale, invece, ha ritenuto che un’attività sia autonomamente organizzata solo quando è in grado di produrre una ricchezza aggiuntiva rispetto a quella derivante dal lavoro del titolare. Di conseguenza sono esclusi da tassazione IRAP i lavoratori autonomi, quale sia il livello dell’apparato organizzativo utilizzato (quindi anche in presenza di dipendenti e collaboratori), ogniqualvolta quest’ultimo non sia in grado di funzionare da solo o a prescindere dalla persona del professionista, perché la prestazione d’opera intellettuale resta infungibile e insostituibile: dunque, non si può mai parlare di autonomia organizzativa distinta dalla prestazione personale.

Non a caso gli Ermellini, fra le molte pronunzie citate, citano la recente ordinanza n. 18260 del 27 giugno 2023, che aveva fornito un importante chiarimento riguardo all’imposta in questione per i professionisti che dedicano la loro attività esclusivamente a una società di consulenza, dichiarando che il professionista non è soggetto a IRAP poiché è la società stessa a completare il presupposto dell’autonomia organizzativa, necessario ai fini dell’IRAP. Questo significa che il professionista che svolge la sua attività all’interno della struttura della società di consulenza non è considerato autonomo ai fini fiscali, poiché è la società che fornisce l’organizzazione necessaria per l’esercizio dell’attività professionale. Si è voluto quindi sottolineare che attribuire direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società lo ridurrebbe a essere un mero interposto nella prestazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società di consulenza come soggetti di diritto con autonomia decisionale e operativa.

Sono peraltro numerose le pronunce giurisprudenziali che hanno nel tempo adottato l’orientamento maggioritario espresso dalla Corte di Cassazione, citando fra le molte la n. 1911/2022 della Commissione Tributaria Regionale Lombardia, che in una analoga situazione riteneva che la circostanza che il professionista fosse anche socio o azionista della società, della cui struttura organizzata si avvale per l’espletamento della sua attività, impedisce di riferire ad “altrui responsabilità e interesse” una tale struttura: quel che conta è la sostanza della concreta relazione di “responsabilità e interesse” tra il professionista e la struttura organizzativa di cui è formalmente titolare la società.

Appare opportuno evidenziare che, affinché ricorra il presupposto impositivo, è necessario che l’organizzazione sia “autonoma”, in considerazione che l’IRAP è dovuta per l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. La disciplina del tributo, contenuta negli artt. da 1 a 45 del D.lgs. 446/1997, individua come soggetti passivi gli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo, operanti sia in forma individuale che associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni e gli enti pubblici.

La stessa Corte Costituzionale è intervenuta sul punto in questione con la sentenza n.156/2001, con la quale ha stabilito che a fini impositivi la presenza dell’elemento organizzativo è connaturata alla nozione stessa di impresa, delimitando alla sola attività di lavoro autonomo la non applicabilità del tributo qualora non sussistano quegli elementi necessari per delinearne un’autonoma organizzazione. Ricordiamo inoltre che con la legge di bilancio 2022 l’IRAP è stata abolita per i professionisti, le ditte individuali e i lavoratori autonomi, con il conseguente esonero di imprese individuali, società di persone e capitali collegati al settore pesca, ditte individuali e partite IVA personali sottoposte a regime forfetario.

Nel quadro delineato assai controversa è la questione dell’assoggettabilità all’imposta per i liberi professionisti che rientrano tra i soggetti passivi. L’art. 2, comma 1, del citato D.lgs. 446/1997 dispone infatti che “… Presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. Quindi, requisito essenziale ai fini dell’applicazione dell’imposta è la presenza della c.d. autonoma organizzazione. Del resto, l’obiettivo dell’amministrazione finanziaria con la locuzione “attività autonomamente organizzata” è quello di separare il concetto di lavoro autonomo in “professionale” e “occasionale o di collaborazione coordinata continuativa”, prevedendo l’assoggettamento del tributo solo nel primo caso.

Secondo il già citato articolo 2 del decreto n. 446, il presupposto al verificarsi del quale scatta l’onere impositivo è fatto risalire, da un lato a concetti usuali come l’abitualità e il fine di produrre o scambiare beni e prestare servizi, dall’altro a una nozione innovativa come quella dell’autonomia organizzativa. Quest’ultimo requisito ha la funzione di escludere l’applicazione dell’imposta, in primo luogo, per chi svolga un’attività confluente in un’organizzazione altrui, in particolare apportando a un’impresa lavoro (come dipendente o collaboratore) o capitale (come socio o come finanziatore, purché diverso da un’impresa bancaria o finanziaria).

Su questo tema possiamo ricordare anche l’ordinanzan. 10710/2021, con cui la Cassazione ha richiamato il principio affermato dalla stessa Corte secondo il quale l’attività del commercialista non è soggetta a IRAP se manca l’autonoma organizzazione che, di contro, sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile o ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi. La Corte ha inoltre sottolineato che materia non sono da considerarsi indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, che esulano dall’assetto organizzativo della relativa attività. Pertanto, secondo i principi elaborati dalla Corte di Cassazione, deve ritenersi che avvalersi di prestazioni altrui di per sé non giustifica la sussistenza dell’autonoma organizzazione da parte del professionista ed è necessario che il giudice accerti concretamente, caso per caso, la natura e la rilevanza dell’attività svolta da terzi collaboratori.

Tanto premesso e tornando al caso oggi dibattuto, la vicenda ha inizio quando a un contribuente viene negato un rimborso dell’IRAP che era stato richiesto deducendo di svolgere la propria attività professionale a favore di un solo cliente, nello specifico una società di consulenza, della quale egli era socio e prestatore d’opera, nell’ambito della struttura organizzativa dalla stessa messa a disposizione. La CTP intervenuta accertava il diritto al rimborso e la CTR, su appello dell’Agenzia delle entrate, confermava la sentenza di primo grado. Contro la sentenza d’appello, l’Agenzia proponeva ricorso per cassazione sulla base di un unico complesso motivo nel quale, essenzialmente, si censurava la sentenza della CTR nella parte in cui riteneva che il solo fatto che l’elemento organizzativo di persone e capitali fosse formalmente imputabile a una società terza, escludesse la necessità di indagare il rapporto tra il socio, odierno contribuente, e la compagine sociale, allo scopo di verificare la sostanziale imputabilità al contribuente persona fisica l’assetto organizzativo, formalmente imputabile all’ente societario. In altre parole, per l’Agenzia l’organizzazione di cui si avvaleva il professionista gli consentiva di raggiungere gli elevati livelli reddituali emergenti dalle dichiarazioni annuali, sicché il requisito della autonoma organizzazione doveva ascriversi in capo a lui. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza, affermando invece che “… Può dirsi ormai consolidato l’orientamento di questa Corte nel senso che il professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza della cui organizzazione e dei cui mezzi si avvale non è soggetto all’Irap (cfr., anche per i richiami, Cass., n. 17566/2016; Cass., n. 19397/2022; più di recente, Cass. n. 11238/2023; Cass. n. 11284/2023; Cass. n. 11924/2023; Cass. n. 18260/2023; Cass. n. 22266/2023). Peraltro, imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva. Ne consegue che nelle fattispecie come quella che qui viene in rilievo non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap, senza che rilevino le tipologie di costi deducibili dalla base imponibile della società, visto che l’individuazione di tali costi è oggetto di scelta discrezionale del legislatore e che il consentire delle deduzioni di costi non significa esentare un soggetto dal pagamento di un’imposta. Né tantomeno ha rilevanza il fatto che, negli anni d’imposta di cui si controverte, il contribuente fosse investito di particolari poteri di direzione e coordinamento all’interno della società di consulenza: l’organizzazione aziendale resta comunque un attributo esclusivamente ascrivibile alla società di consulenza, questa sì, a differenza del socio-professionista, soggetto passivo dell’Irap. 4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato”.

Corte di Cassazione – Sentenza 1 dicembre 2023, n. 33535

sul ricorso iscritto al n. 887 / 20 2 3 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

–ricorrente –

contro M. C., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, in virtù di procura allegata al controricorso, dagli Avvocati Francesco Salerno e Francesco Mattarelli, con domicilio digitale indicato in controricorso;

 -controricorrente –

avverso la sentenza n. 2266/2022 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sede di Milano, depositata in data 30/5/2022, non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal dott. Angelo Napolitano nella pubblica udienza del27 ottobre 2023; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. Alessandro Pepe, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

uditi l’Avvocato dello Stato Paola De Nuntis per l’Agenzia delle Entrate e gli Avvocati Francesco Mattarelli e Francesco Salerno per il controricorrente;

Fatto

Il contribuente M. C. presentò istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate dell’Irap versata per gli anni 2014, a saldo per euro 13.275, per il 2015, per euro 27.224, per il 2016, per euro 27.224e per il 2017, per euro 26.546. Egli chiese la restituzione dei tributi versati deducendo l’assenza del requisito della “autonoma organizzazione”, presupposto dell’Irap. La C.T.P. di Lecco accertò il diritto al rimborso.

La C.T.R. della Lombardia, su appello dell’Agenzia delle Entrate, confermò la sentenza di primo grado. Contro la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico complesso motivo. Resiste con controricorso il contribuente.

Il Sostituto P.G. ha depositato requisitoria scritta.

 Il contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

1. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “ Violazione/falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997 e Ric. n. 887/2023 dell’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.”, l’Agenzia ricorrente deduce che negli anni d’imposta in esame il C. ha prestato la sua attività professionale a favore della KPMG S.p.A., della quale è anche socio, avvalendosi della struttura organizzativa e gestionale della società, percependo da essa la quasi totalità dei compensi dichiarati e configurando in tal modo il requisito della “autonoma organizzazione”quale presupposto impositivo ai fini Irap, ex art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997. Per l’Agenzia, l’organizzazione di cui si avvale il professionista consente a quest’ultimo di raggiungere gli elevati livelli reddituali emergenti dalle dichiarazioni annuali, sicché il requisito della “autonoma organizzazione” dovrebbe ascriversi in capo a lui. Il contribuente, inoltre, svolgerebbe anche attività gestionale e direzionale nell’ambito della società cui partecipa. Il non assoggettamento ad Irap del contribuente, inoltre, determinerebbe un salto d’imposta, in quanto neanche la società KPMG S.p.A. sarebbe assoggettabile ad Irap, dovendo escludersi dalla base imponibile, tra l’altro, il costo del personale, nel quale non rientrano i compensi corrisposti ai soci .

1.1. Il motivo è infondato.

Può dirsi ormai consolidato l’orientamento di questa Corte nel senso che il professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza della cui organizzazione e dei cui mezzi si avvale non è soggetto all’Irap (cfr., anche per i richiami, Cass., n. 17566/2016; Cass., n. 19397/2022; più di recente, Cass.n. 11238/2023; Cass. n. 11284/2023; Cass. n. 11924/2023; Cass. n. 18260/2023; Cass. n. 22266/2023).

2. Peraltro, imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva.

Ne consegue che nelle fattispecie come quella che qui viene in rilievo non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap, senza che rilevino le tipologie di costi deducibili dalla base imponibile della società, visto che l’individuazione di tali costi è oggetto di scelta discrezionale del legislatore e che il consentire delle deduzioni di costi non significa esentare un soggetto dal pagamento di un’imposta.

3. Né tantomeno ha rilevanza il fatto che, negli anni d’imposta di cui si controverte, il contribuente fosse investito di particolari poteri di direzione e coordinamento all’interno della società di consulenza: l’organizzazione aziendale resta comunque un attributo esclusivamente ascrivibile alla società di consulenza, questa sì, a differenza del socio-professionista, soggetto passivo dell’Irap.

4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.

5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

6. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro settemila per onorari ed euro duecento per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a. come per legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso, in Roma, il 27 ottobre 2023

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