Il “nuovo” contributo a fondo: le novità
Nell’articolo di presentazione del nuovo decreto “Imprese, lavoro, giovani e salute” (sostegni bis), approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 maggio, abbiamo raggruppato gran parte delle misure introdotte, tra le
quali risalta, in termini di stanziamenti e di sostegno alle imprese piegate dalla pandemia, il “nuovo” contributo a fondo perduto, le cui differenze rispetto al precedente provvedimento saranno oggetto di approfondimento in queste pagine.
I destinatari sono tutti i soggetti che hanno la partita IVA attiva alla data di entrata in vigore del decreto: il sostegno è riconosciuto a tutti i soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione e che producono reddito agrario, titolari di partita IVA residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, mentre non spetta, tra gli altri, alle partite IVA non attive alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Diverse (e significative) le novità introdotte, a cominciare dalle varie tipologie di contributo a fondo perduto e dalle oltre 350.000 partite IVA escluse dal primo decreto a causa dei requisiti fissati, che ora avranno accesso al sostegno.
In automatico
Ovvero, la reiterazione dei metodi di calcolo previsti dal primo decreto.
Quanti hanno ricevuto il primo contributo a fondo perduto – previsto dal Dl 41/2021 – riceveranno in automatico lo stesso importo, senza dover eseguire alcun adempimento né presentare alcuna domanda.
La somma sarà accreditata dall’Agenzia delle entrate con le stesse modalità scelte dal contribuente nella prima tornata, quindi direttamente sullo stesso conto corrente bancario o postale indicato nella precedente domanda, oppure come credito d’imposta per chi ha optato per questa alternativa.
A domanda
Anche per favorire la partecipazione dei 350.000 soggetti rimasti tagliati fuori, è prevista la possibilità di chiedere il nuovo contributo in base alle perdite di fatturato, non dell’intero anno 2020 per il 2019, ma relativamente al periodo 1° aprile 2020–31 marzo 2021, a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi di tale periodo sia inferiore di almeno il 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020. Per calcolare correttamente gli importi in questione occorre fare riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.
Per fruire del sostegno il contribuente dovrà presentare una domanda (le modalità saranno stabilite dall’Agenzia delle entrate).
Per chi ha già ricevuto il contributo in automatico, che viene erogato in ogni caso, se dal ricalcolo ci sarà il diritto a un importo più elevato, riceverà la differenza secondo le modalità scelte (sul conto corrente o come credito d’imposta); per quanti, invece, il risultato sarà minore della somma già ricevuta, non ci sarà alcuna decurtazione.
In ogni caso, il contributo non potrà eccedere la soglia di 150.000 euro.
Il calcolo sul calo degli utili
Una ulteriore modalità di erogazione è quella parametrata sul peggioramento degli utili (e non sulla perdita di fatturato), sul quale incidono anche i costi.
Anche in questo caso, chi ha già ricevuto il contributo e ne ha diritto in base ai calcoli, riceverà un conguaglio; l’importo sarà fruito per intero, invece, dalle imprese che non hanno ricevuto nulla.
I tempi saranno evidentemente più lunghi, visto che si dovranno attendere i bilanci definitivi, quindi i risultati economici d’esercizio relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 – sui quali fare il calcolo rispetto a quelli dell’anno precedente – e i decreti attuativi del Ministero dell’economia per stabilire, tra l’altro, i criteri di calcolo (il calo minimo necessario) e le aliquote per i conteggi.
Modalità e termini per la presentazione delle domande saranno definite da un provvedimento delle Entrate.