DIGITALE

Il lavoro del futuro è digitale

All’inizio c’era il Web”: così potrebbe cominciare, tra qualche anno, un probabile ipertesto che spieghi ai più giovani come cambiò la società, il modo di comunicare e quello di commerciare, alla fine del ventesimo secolo,

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quando parlare di commercio elettronico poteva far pensare a un argomento futuribile, di là da venire nel tempo, quasi una proiezione che aveva del fantascientifico anche se le notizie, provenienti esclusivamente dagli Stati Uniti, descrivevano scenari ricchi di applicazioni pratiche in settori della società assolutamente insospettabili.

Argomento futuribile? Alla luce dello sbalorditivo incremento fatto registrare quasi quotidianamente da Internet, dal commercio elettronico e dall’impressionante trend di sviluppo raggiunto in tempi così brevi, si può parlare di “cattivi profeti”.

Ma come aggregare tutte le componenti? E dove allocarle? Il collante è stato indubbiamente Internet, che solo pochi anni fa era ancora qualcosa di proiettato nel futuro, un futuro però saldamente ancorato nel quotidiano che si evolveva continuamente, con una velocità sempre maggiore. Come Internet ha stravolto le regole della comunicazione e dei rapporti interpersonali, e quindi sociali, così gli aspetti operativi e gestionali delle imprese, incluse quelle medie e piccole, sono stati investiti con la stessa intensità dal cambiamento innescato da una nuova cultura d’impresa, che impone di pensare e di agire su dimensione globale.

In poco tempo si sono realizzati importanti mutamenti: dal settembre del 1999 la diffusione degli accessi gratuiti alla rete ha fatto crescere le utenze in modo esponenziale, mentre i portali e le comunità virtuali hanno creato un altro modo di vivere la rete: non più navigazione libera, ma punti di riferimento, piazze virtuali dove potersi incontrare, fare acquisti online e trovare risorse utili. I siti Internet sono stati costruiti da un punto di vista logico, grafico e di comunicazione, sempre di più con un occhio al livello massimo della tecnologia disponibile: Internet via satellite, web-tv, la maggiore velocità di connessione, collegamenti wi-fi e cellulari di ultima generazione hanno cambiato rapidamente il web.

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E’ difficile individuare nella storia delle civiltà un analogo fermento legato a un momento di cambiamento radicale come questo, se non riferendosi a quelli conseguenti alla scoperta dell’America, alla nascita del negozio borghese o all’utilizzo del motore a combustione interna.

Solo – e appena – quindici anni fa, alla fine di marzo del 2000, si teneva a Lisbona il vertice dei leader dei quindici (allora) Stati dell’Unione europea: l’attenzione era stata monopolizzata dall’evoluzione del fenomeno new economy e dalla programmazione di riforme portanti, quali la maggiore diffusione dei mezzi telematici e informatici al fine di diffondere Internet e il commercio elettronico nella società europea. Le riforme strutturali previste erano accompagnate dalla speranza che potessero creare, nel medio periodo, alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro in settori importanti e strategici.

Ma non bastava solo investire in tecnologie: per eliminare il solco culturale bisognava partire dalla formazione scolastica e professionale, perché tra i fattori critici di successo assumono sempre grande rilievo le risorse umane, che devono saper gestire con profitto le informazioni complesse. Diventava quindi assoluto il bisogno di nuovi processi formativi, che partissero appunto dalla scuola, snodo primario per la diffusione tra i giovani dell’uso del computer. E’ per questa ragione che occorreva, innanzitutto, addestrare i professori. Qualcuno sosteneva, parlando di Internet, che bisognava mandare a scuola i docenti, che dovevano essere messi nelle condizioni di insegnare ai ragazzi utilizzando Internet.

Al seminario Aspen sul “lavoro del futuro”, tenutosi di recente a Milano, è emerso il ritardo dell’Italia dovuto alle scarse competenze digitali – e non solo, perché anche la Germania è coinvolta – che affonda le radici proprio in quegli anni, quando si è andato formando questo ritardo culturale che, di fatto, non ha permesso di comprendere prima e di avvalersi poi, delle potenzialità della telematica e delle sue applicazioni economiche. Solo alla fine degli anni Ottanta alcune società private hanno cominciato ad offrire servizi di connettività, e nel decennio successivo si è avuto il boom di Internet, con un consistente ritardo rispetto al Nord America e gli altri Paesi europei.

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Le cause sono imputabili essenzialmente all’assenza di un’educazione all’uso dei mezzi informatici e alla conseguente esiguità del parco Pc installato e a disposizione degli Italiani. Eppure, l’incontro fra informatica e telecomunicazioni – avvenuto sulla base di una comune piattaforma digitale – stava definendo i contorni di un modo completamente nuovo di gestire il flusso dell’informazione e delle relazioni, di cui Internet costituiva la punta più avanzata. In particolare, dal 1994 la rete ha cominciato a suscitare l’interesse dei media, che hanno trattato l’argomento con sempre maggiore frequenza e hanno creato una vera e propria moda, sull’onda della quale sono nati una robusta stampa specializzata (di carta e non), una convegnistica e pubblicistica ad hoc e numerosi provider che, con la loro offerta, hanno stimolato notevolmente la domanda degli utenti.

La diffusione di Internet nell’utenza italiana, con particolare riguardo alla suddivisione in business (commerciale e professionale) e consumer (individuale e residenziale) ha seguito un percorso diverso rispetto ad altre nazioni europee. Mentre in paesi come la Gran Bretagna o la Germania l’espansione di Internet è avvenuta dapprima nell’utenza business e solo poi nell’ambito dell’utenza consumer, in Italia è avvenuto il contrario. E il confronto con l’America del Nord e l’Europa continentale, se ci vede ancora in affanno e in grave ritardo nelle dimensioni economiche, sorprende positivamente per l’acutezza della ricerca nel campo giuridico e per la normativa adottata nel campo della privacy e della firma elettronica.

Il seminario di Aspen

E l’impatto sul mondo del lavoro da parte dell’informatica, dei suoi strumenti e delle relative applicazioni non può che essere proporzionale al ruolo che oggi tutto ciò ricopre nella vita quotidiana: ruolo che l’Amministratore delegato di Microsoft Italia, Carlo Purassanta, definisce una vera e propria rivoluzione, capace di cambiare i contenuti e le stesse fattezze del lavoro rispetto a come, fino a oggi, siamo stati abituati a intenderle e riconoscerle.

Entro i prossimi dieci anni la popolazione mondiale possiederà 20 miliardi di dispositivi fra pc, tablet, netbook e smartphone, mentre gli oggetti connessi (Internet of Things) saranno 200 miliardi, dieci volte di più, con un aumento e una diffusione di prodotti e contenuti senza pari: con nuove professioni che oggi sono ai primordi.

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Il sociologo Domenico De Masi, nel corso del seminario di Aspen sul lavoro del futuro, ha affermato che stiamo costruendo la “prima società che nasce senza un modello”, contraddistinta da un progressivo invecchiamento della popolazione – nel 2020 ci saranno 910 milioni di persone con più di 65 anni – e una scarsità di conoscenze e capacità nei giovani che stanno per concludere gli studi universitari.

Secondo la stima di un rapporto della Commissione europea solo nel Vecchio Continente, nei prossimi cinque anni, ci saranno 800.000 posti di lavoro vacanti per scarse competenze digitali.

E se il ritardo del nostro Paese può non essere una notizia, lo è che in Germania – rivela uno studio di Boston Consulting – mancheranno 120.000 professionisti in grado di svolgere le mansioni richieste dalla nuova società basata sul trionfo dell’information technology.

Per quanto riguarda l’Italia e il sistema universitario nel suo complesso il Presidente di Anitec (settore di Confindustria delle aziende hi-tech), Cristiano Radaelli, parla di urgenza e si chiede “Perché non immaginare, ad esempio, corsi di laurea sui Big Data?”.

E non si tratta di un ipotetico futuro, molto prossimo, peraltro, nel quale robot e macchine evolute sostituiranno le persone se, come dichiara l’economista Marco Fortis, “Non ci troviamo di fronte a una disoccupazione tecnologica derivante dal trionfo dei processi di automazione industriale. Ci troviamo invece dinanzi alla necessità di far salire di gamma le competenze collettive”. A sostegno della sua tesi Fortis porta l’esempio della pesante crisi economica degli ultimi anni, “che ha ulteriormente terziarizzato la società” distruggendo intere filiere produttive come l’edilizia, ad esempio, dove solo in Italia in sette anni si sono persi 300.000 posti di lavoro: “Stanno decollando i servizi legati alla persona e quelli professionali”, sostiene Fortis, che chiama in causa le corresponsabilità dovute alle carenze dello Stato sociale e le mancanze della scuola.

Eccellenze in digitale

Ovvero, quando il made in Italy giganteggia sul web.

Si tratta del progetto “Made in Italy: Eccellenze in digitale”, realizzato da Unioncamere insieme a Google e 64 Camere di Commercio, che ora viene esteso con nuovi digitalizzatori pronti a diffondere le competenze digitali tra le imprese italiane.

Commentando l’iniziativa Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, afferma che “Anche quest’anno Google, Unioncamere e le Camere di Commercio rinnovano l’impegno a favore dei giovani e dell’innovazione del Paese con il progetto Eccellenze in Digitale. I risultati raggiunti nelle precedenti iniziative in termini di concrete opportunità di lavoro per i giovani borsisti e di diffusione della cultura digitale per tante nostre piccole e medie imprese ci fanno ora sembrare anche più raggiungibile l’obiettivo di portare sul web tutte le eccellenze che fanno grande e unico il made in Italy”.

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Sui siti eccellenzeindigitale.it e tagliacarne.it sono disponibili i bandi per l’assegnazione di 128 nuove borse di studio per giovani laureandi, neolaureati e diplomati: avranno la possibilità di seguire un percorso di formazione digitale e di lavorare per 9 mesi con le imprese del territorio in cui opereranno, con l’obiettivo di favorirne la digitalizzazione e aiutandole a promuovere i prodotti di eccellenza del made in Italy.

Fabio Vaccarono, Managing Director di Google in Italia, sostiene che “Il digitale è una straordinaria opportunità per la crescita e la creazione di occupazione nel nostro Paese. Il progetto sviluppato con Unioncamere è l’esempio concreto di come le piccole e medie imprese italiane possono sfruttare le opportunità offerte dal web per diventare più competitive, crescere sui mercati internazionali e promuovere ulteriormente la cultura del made in Italy nel mondo. Diverse migliaia di imprese hanno già fruito degli strumenti di formazione online presenti sul sito di eccellenze in digitale per trasformare il proprio business e le borse di studio annunciate oggi costituiscono un importante traguardo, perché ci consentono di potenziare ed estendere il progetto di digitalizzazione delle Pmi a nuovi territori in tutta Italia”.

I vincitori delle borse di studio prenderanno il posto dei ragazzi che li hanno preceduti in questi mesi, nel corso dei quali quali hanno coinvolto oltre 20.000 aziende ad avviare una propria strategia digitale, supportando con attività dedicate oltre 1.500 imprese. L’aspetto positivo è che molti di questi ex borsisti continueranno a lavorare anche nei prossimi mesi, poiché diverse Camere di Commercio hanno deciso di continuare a utilizzare le loro competenze per favorire la digitalizzazione delle Pmi italiane attraverso specifiche iniziative di formazione e assistenza.

Tra i nuovi di quest’anno e quelli che proseguiranno le attività già avviate lo scorso anno, dunque, i digitalizzatori coinvolti saranno complessivamente più di 150 e potranno contare anche sul supporto dell’Istituto Tagliacarne e di Si.Camera (società del sistema camerale per l’erogazione di servizi di consulenza e assistenza tecnica).

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