CASSAZIONE

Il Giudice non può ordinare a una parte di produrre documentazione dell’appello, quando il deposito è previsto a pena di inammissibilità

Tributi – Giudizio tributario – Procedimento – Ricorso – Termini per ricorrere – Appello – Costituzione appellante – Posta privata – Mancata produzione dell’atto impugnato e della sua notifica – Inammissibilità del ricorso – Esclusione

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 31879 del 27 ottobre 2022,intervenendo sulle ragioni che determinano l’inammissibilità̀ del ricorso introduttivo del giudizio tributario ha affermato il seguente principio di diritto: “… Nel processo tributario è inammissibile il ricorso (o l’ appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, ove il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione, non abbia depositato la ricevuta di spedizione del plico, o l’elenco delle raccomandate recante la data ed il timbro dell’ufficio postale, o l’ avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. In difetto della produzione di tali documenti contestualmente alla costituzione il giudice, se non sussistono i presupposti della rimessione in termini, non può sanare l’inammissibilità ordinandone la successiva esibizione ai sensi dell’art. 22, comma 5, d.lgs. n. 546 del 1992,ed il tempestivo perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso (o dell’appello) può ritenersi provato soltanto se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)”.

L’argomento dell’inammissibilità, che è stato nuovamente posto all’attenzione dei Supremi Giudici, costituisce – come è noto – un vizio dell’intero rapporto processuale che nel codice di procedura civile si prevede espressamente solo per i giudizi di impugnazione. Nel processo tributario, invece, la sanzione dell’inammissibilità è disciplinata espressamente oltre che nei giudizi di impugnazione (D.lgs. 546/1992, artt. 53, 54, 57 e 60 per l’appello, artt. 63 e 65 per il giudizio di cassazione, art. 66, che è norma di rinvio, per la revocazione, e art. 70 per il giudizio di ottemperanza), anche per il giudizio di primo grado (artt. 18, 21, 22, 24, 27 e 28 D.lgs. 546/1992). Più esattamente, sono previste varie ipotesi di inammissibilità riferite al ricorso in primo grado nonché altra ipotesi riferita al deposito del reclamo avverso il provvedimento presidenziale avente a oggetto l’esame preliminare del ricorso (art. 27, cpc).

Per le varie ipotesi di inammissibilità riferite al giudizio tributario di primo grado sarà necessario premettere una breve considerazione. La scelta del legislatore di preferire di sanzionare con l’inammissibilità invece che con la nullità i vizi del ricorso di primo grado, così palesando di ritenere che il vizio del ricorso si riflette sull’intero rapporto processuale e non sul singolo atto, se pure potrebbe essere attribuita alla circostanza che il giudizio tributario ha sempre la natura di giudizio di impugnazione/merito, tuttavia potrebbe non convincere sia perché al processo tributario, in virtù del principio posto dall’art. 1, D.lgs. 546/1992, si applicano le norme del processo civile, sia perché è da escludere che la esplicita previsione dell’inammissibilità di cui al comma 4 dell’art. 18, D.lgs. 546/1992 (“…se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al comma 2”) possa escludere il rimedio delle sanatorie previste dall’art. 156 cpc (raggiungimento dello scopo) e dall’art.164 cpc (costituzione del convenuto o ordine del giudice).

Tanto premesso, è agevole rilevare che le ipotesi di nullità di cui all’art.18 cit. concernono essenzialmente l’indicazione del giudice, delle parti, dell’atto impugnato, dell’oggetto della domanda nonché dei motivi di impugnazione, mentre la mancanza di sottoscrizione del difensore (con indicazione della categoria di appartenenza)  o del ricorrente (in ipotesi di difesa personale ex art.12, D.lgs. cit.) comportano, con le eccezioni di cui si dirà di seguito, l’inesistenza del ricorso con conseguente esclusione di qualsivoglia sanatoria

In conclusione le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato. Ciò anche tenendo presente l’insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità”.

Al riguardo va richiamato l’orientamento univoco della Corte di Cassazione (v. Cass. n. 20612/2016; Cass. n. 26560/2014; Cass. n. 15444/2010), secondo il quale: “…le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l’insegnamento fornito dalla Corte costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (sentenze C. Cost. nn. 189 del 2000 e 520 del 2002).

Con riguardo alla specifica questione oggi in dibattimento, che attiene essenzialmente alla tempestività della notifica di un atto processuale, poi, si è anche sottolineato che “…la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5 dove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”, il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità “quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali” (Cass. n. 26560/2014).

La notifica di un atto processuale si intende perfezionata per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario: la tempestività della notifica esige che la consegna della copia dell’atto per la notifica venga effettuata nel termine perentorio assegnato dalla legge o dal giudice e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante.

Pertanto, in tale eventualità, la data di ricezione dell’atto da parte del destinatario non rileva al fine di escludere la tempestività dell’adempimento, ma soltanto in caso di mancato compimento del procedimento notificatorio, al fine di richiederne la rinnovazione, provvedendovi con sollecita diligenza da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza.

Si tratta, invero, di un obbligo del giudice a fronte delle contestazioni sollevate dalla parte resistente (v. Cass. n. 22770/2006; Cass. n. 11435/2018). E in questa prospettiva la Corte ha poi affermato che “… ove la parte resistente contesti la tempestività del ricorso, è onere del contribuente allegare l’atto impugnato con la prova della data di avvenuta notifica, dalla quale decorre il termine per la proposizione del ricorso, salvo che si tratti di notifica nulla, ipotesi nella quale l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare il momento nel quale il ricorrente ha avuto effettiva conoscenza del predetto atto” (Cass. n. 10209 del 27/04/2018).

Sempre nel processo tributario, il regime della notifica dell’atto processuale è speciale rispetto a quello del rito ordinario ed è prevista anche la cosiddetta “notificazione diretta” che può essere effettuata con due modalità: la spedizione del plico tramite raccomandata o la consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.

Ancor più recentemente si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali, con la sentenza n. 21884/2022, hanno dato conferma che è da ritenersi valida la notifica della sentenza di prime cure effettuata direttamente dal contribuente tramite il servizio postale, all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso. Tale decisione è espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, in virtù del quale occorre ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali; inoltre, si fonda sul carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.

Al riguardo, proprio nella pratica generale del processo tributario, è stato ripetutamente affermato che  “…Nel processo tributario costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte dei destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l’ avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)”. (Cass., SU, n. 13452/2017; conforme, ex plurimis, da ultimo Cass, n. 24726/2022).

Nel caso oggi in esame l’Agenzia delle entrate, che aveva depositato in appello solo l’avviso di ricevimento con data di ricevimento successiva alla scadenza del termine per appellare, si è sentita assegnare un termine per il deposito della ricevuta di spedizione. Con evidente contrarietà del contribuente, che ha impugnato la successiva sentenza della CTR in considerazione del fatto che l’ordinanza dei giudici tributari d’appello, che ha rinviato l’udienza per la produzione dei documenti in questione, non conteneva alcun riferimento alla rimessione in termini, né comunque a un’istanza in tal senso dell’appellante, né all’apprezzamento di ipotetiche condizioni che potessero giustificarla.

La parte contribuente si rivolgeva alla S.C. con unico motivo di ricorso, dove si censurava la sentenza impugnata per  non avere il Giudice a quo dichiarato l’inammissibilità dell’appello in quanto, al momento della propria costituzione nel giudizio di secondo grado, l’Amministrazione finanziaria  aveva prodotto il solo avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente l’atto di appello notificato direttamente a mezzo posta, ma non anche la fotocopia della relativa ricevuta di spedizione della raccomandata

La  Suprema Corte ha accolto le osservazioni della parte contribuente e ha stabilito che “…Nel caso di specie (come l’appellato contribuente aveva dedotto già nelle memorie depositate innanzi la CTR) l’Agenzia appellante , al momento della costituzione nel giudizio di secondo grado, aveva prodotto copia dell’ avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente l’atto di appello, il quale recava come data di ricezione il 23 aprile 2012 (ossia successivamente alla scadenza del termine semestrale per impugnare la sentenza di primo grado, pubblicata il 20 ottobre 2011). Lo stesso avviso di ricevimento non conteneva l’indicazione della data di spedizione asseverata dall’ufficio postale, tantomeno apposta con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. L’appellante Ufficio, inoltre, aveva contestualmente prodotto copia dell’elenco dei pieghi raccomandati e assicurati consegnati retail a Poste italiane, sprovvista tuttavia del timbro datario di ricezione ed accettazione da parte dell’ufficio postale, e quindi comunque inidonea a dare la prova della data di spedizione della notifica a mezzo posta, in difetto dell’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione (cfr. Cass. 19/07/2019, n. 19547). Il ricorso, pertanto, era inammissibile ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546 del 1992. Non vale, ad impedire l’inammissibilità, eccepita dall’appellato e comunque rilevabile d’ufficio, la successiva produzione delle copie della « ricevuta di ritiro corrispondenza» e del predetto «elenco», munite stavolta di timbro datario dell’ ufficio postale, avvenuta dopo l’ordinanza della CTR del 4 novembre 2013, che ha rinviato l’udienza di trattazione dell’appello « affinché l’Agenzia produca, anche in visione, l’originale dell’atto di invio delle raccomandate o nota dell’ufficio postale con la data di trasmissione.».Tale provvedimento è stato adottato dalla CTR a seguito della richiesta dell’appellante di un rinvio «per verificare in Posta la data di partenza della raccomandata contenente l’appello al contribuente», mentre la controparte si era opposta al rinvio (cfr. verbale d’appello del 4 novembre 2013). Va infatti ricordato che, secondo questa Corte, «Nel giudizio tributario, la prova della tempestività della costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante) entro trenta giorni dalla spedizione dell’atto introduttivo a mezzo del servizio postale deve essere fornita contestualmente a detta costituzione, al fine di consentire la verifica officiosa delle condizioni di ammissibilità del procedimento. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto inammissibile il gravame proposto dall’Agenzia delle entrate che aveva depositato la distinta attestante la data di spedizione della raccomandata soltanto all’udienza)» (Cass.11/06/2018, n. 15182). Pertanto, la produzione documentale in questione, avvenuta dopo la costituzione dell’appellante, ed all’esito di un rinvio ad hoc dell’udienza, non ha impedito l’inammissibilità già maturatasi. Tanto meno, poi, era nei poteri della CTR prorogare, di fatto, il relativo termine perentorio – espressamente dettato a pena d’inammissibilità del ricorso dall’art. 22, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546 del 1992- per la produzione(anche) della fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. Invero il comma 5 del predetto art. 22, nel disporre che « Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi.», appare, sotto il profilo letterale, presupporre che, comunque, le produzioni documentali prescritte dai commi precedenti, consentite anche in copia, siano già avvenute, e che siano sorte contestazioni tra le parti, alla cui soluzione sia funzionale la sollecitazione alla produzione degli stessi documenti in originale, per ogni necessaria verifica. E’ peraltro noto a questo Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha in passato affermato che «La chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità̀ del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel quinto comma dell’art. 22 d.lgs. 546/92 (“ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità̀ (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità̀ dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.» (Cass. 17/12/2014, n. 26560, in motivazione, in tema di mancata produzione in giudizio dell’istanza di rimborso, in caso di ricorso del contribuente contro il silenzio-rifiuto; conforme Cass. 12/10/2016, n. 20612, in tema di deposito dell’atto impugnato, la cui mancata produzione determini incertezza in ordine alla tempestività del ricorso). Tuttavia, questi ultimi arresti riguardano fattispecie processuali nelle quali la sanzione dell’inammissibilità non è espressamente comminata dal legislatore, e, nella loro motivazione, fanno leva proprio sulla differenza testuale rispetto al deposito dei documenti (l’originale del ricorso notificato ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale) richiesto invece esplicitamente a pena d’inammissibilità dall’art. 22, primo comma, d.lgs. n. 546 del 1992. Pertanto, i presupposti dell’orientamento in questione non riguardano il caso sub iudice. Infine, deve rilevarsi che per quanto l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153, comma 2, cod. proc. civ., trovi applicazione (alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, in caso di decadenza dai poteri processuali interni al giudizio o a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione) anche nel giudizio tributario (Cass. 21/02/2020, n. 4585, ex plurimis), tuttavia esso presuppone comunque una tempestiva istanza della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza da un’attività processuale per causa ad essa non imputabile, non potendo il giudice, di propria iniziativa, rimettere in termini il contribuente (Cass. 01/03/2019 , n. 6102 ). Nel caso di specie, l’ordinanza della CTR che ha rinviato l’udienza per la produzione dei documenti in questione non contiene alcun riferimento alla rimessione in termini, né comunque ad un’istanza in tal senso dell’appellante, né all’apprezzamento di ipotetiche condizioni che potessero giustificarla. Tanto meno tali elementi si ricavano dall a predetta richiesta di rinvio dell’appellata, dalla sentenza d’appello o dalle difese erariali.  Tanto premesso, va quindi accolto il ricorso e, accertata l’inammissibilità dell’appello erariale, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ., in quanto il processo d’appello non poteva proseguire (Cass.12/04/2019, n. 10322, in tema di inammissibilità dell’appello proposto con atto notificato direttamente a mezzo del servizio postale, ove, nel termine previsto dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, non venga depositato il relativo avviso di ricevimento e la sentenza di appello non abbia rilevato tale radicale vizio processuale). 5. Le spese del merito si compensano e quelle di legittimità seguono la soccombenza”.

Corte di Cassazione – Sentenza 27 ottobre 2022, n. 31879

sul ricorso iscritto al n. 21667/2014 R.G. proposto da:

Z. D., rappresentato e difeso, per procura speciale, dall’Avv. Giampiero Balena, con domicilio in Roma, via Sestio Calvino n. 72, presso lo studio dell’Avv. Alessandro Portoghese;

–ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

 –resistente–

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia – sezione staccata di Foggia, n. 263 / 2 7 / 1 4, depositata il 3/02/2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del14 ottobre 2022 ex art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Michele Cataldi.

Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale ha concluso chiedendo di accogliere il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. D. Z. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a d un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia – sezione staccata di Foggia, di cui all’epigrafe, che ha accolto l’ appello erariale avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva accolto i l ricorso proposto dallo stesso D. Z. contro l’avviso d’accertamento in materia di Irpef di cui all’anno d’imposta 2007, che avevano imputato allo stesso contribuente un maggior reddito da lavoro autonomo.

L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso. E’ stata disposta, con ordinanza del 18 maggio 2022, l’acquisizione del fascicolo del giudizio di merito, con conseguente rinvio a nuovo ruolo. All’esito è stata fissata l’odierna udienza.

DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, il contribuente censura la sentenza impugnata per «violazione e falsa applicazione del comb. disp. degli artt. 53, comma 2, e 22, commi 1 e 2, del d.lgs.. n. 546/1992 (in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c.) per non avere il Giudice a quo dichiarato l’inammissibilità dell’appello».

Assume il ricorrente che l’Amministrazione appellante, al momento della propria costituzione nel giudizio di secondo grado, aveva prodotto il solo avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente l’atto di appello notificato direttamente a mezzo posta, ma non anche la fotocopia della relativa ricevuta di spedizione della raccomandata. Pertanto, sostiene il ricorrente, la CTR avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello, anche in considerazione della circostanza che l’avviso di ricevimento prodotto non recava l’indicazione della data di spedizione della raccomandata in questione.

2. Il motivo è fondato e va accolto, dovendo formularsi il seguente principio, per le ragioni che infra si esporranno: «Nel processo tributario è inammissibile il ricorso (o l’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, ove il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione, non abbia depositato la ricevuta di spedizione del plico, o l’elenco delle raccomandate recante la data ed il timbro dell’ufficio postale, o l’avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. In difetto d ella produzione di tali documenti contestualmente alla costituzione il giudice, se non sussistono i presupposti della rimessione in termini, non può sanare l’inammissibilità ordinandone la successiva esibizione ai sensi dell’art. 22, comma 5, d.lgs. n. 546 del 1992, ed il tempestivo perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso (o dell’appello) può ritenersi provato soltanto se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)».

Così dispone l’art. 22 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546:

«1. Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, l’originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale.

2. L’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente.

3. In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente.

4. Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia.

5. Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi». Come questa Corte ha già chiarito, «Nel processo tributario costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte dei destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario».

Solo in tal caso, infatti, l’ avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)» (Cass., SU, 29/05/2017, n. 13452; conforme, ex plurimis, da ultimo Cass.11/08/2022, n. 24726).

Nel caso di specie (come l’appellato contribuente aveva dedotto già nelle memorie depositate innanzi la CTR) l’Agenzia appellante, al momento della costituzione nel giudizio di secondo grado, aveva prodotto copia dell’avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente l’atto di appello, il quale recava come data di ricezione il 23 aprile 2012 (ossia successivamente alla scadenza del termine semestrale per impugnare la sentenza di primo grado, pubblicata il 20 ottobre 2011). Lo stesso avviso di ricevimento non conteneva l’indicazione della data di spedizione asseverata dall’ufficio postale, tantomeno apposta con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. L’appellante Ufficio, inoltre, aveva contestualmente prodotto copia dell’«elenco dei pieghi raccomandati e assicurati retail consegnati a Poste italiane», sprovvista tuttavia del timbro datario di ricezione ed accettazione da parte dell’ufficio postale, e quindi comunque inidonea a dare la prova della data di spedizione della notifica a mezzo posta, in difetto dell’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione(cfr. Cass. 19/07/2019, n. 19547). Il ricorso, pertanto, era inammissibile ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546 del 1992.

3. Non vale, ad impedire l’inammissibilità, eccepita dall’appellato e comunque rilevabile d’ufficio, la successiva produzione delle copie della « ricevuta di ritiro corrispondenza» e del predetto «elenco», munite stavolta di timbro datario dell’ ufficio postale, avvenuta dopo l’ordinanza della CTR del 4 novembre 2013, che ha rinviato l’udienza di trattazione dell’appello «affinché l’Agenzia produca, anche in visione, l’originale dell’atto di invio delle raccomandate o nota dell’ufficio postale con la data di trasmissione».

Tale provvedimento è stato adottato dalla CTR a seguito della richiesta dell’appellante di un rinvio «per verificare in Posta la data di partenza della raccomandata contenente l’appello al contribuente», mentre la controparte si era opposta al rinvio (cfr. verbale d’appello del 4 novembre 2013).

Va infatti ricordato che, secondo questa Corte, «Nel giudizio tributario, la prova della tempestività della costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante) entro trenta giorni dalla spedizione dell’atto introduttivo a mezzo del servizio postale deve essere fornita contestualmente a detta costituzione, al fine di consentire la verifica officiosa delle condizioni di ammissibilità del procedimento. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto inammissibile il gravame proposto dall’Agenzia delle entrate che aveva depositato la distinta attestante la data di spedizione della raccomandata soltanto all’udienza)» (Cass.11/06/2018, n. 15182). Pertanto, la produzione documentale in questione, avvenuta dopo la costituzione dell’appellante, ed all’esito di un rinvio ad hoc dell’udienza, non ha impedito l’inammissibilità già maturatasi.

Tanto meno, poi, era nei poteri della CTR prorogare, di fatto, il relativo termine perentorio – espressamente dettato a pena d’inammissibilità del ricorso dall’art. 22, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546 del 1992 – per la produzione (anche) della fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. Invero il comma 5 del predetto art. 22, nel disporre che «Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi», appare, sotto il profilo letterale, presupporre che, comunque, le produzioni documentali prescritte dai commi precedenti, consentite anche in copia, siano già avvenute, e che siano sorte contestazioni tra le parti, alla cui soluzione sia funzionale la sollecitazione alla produzione degli stessi documenti in originale, per ogni necessaria verifica.

E’ peraltro noto a questo Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha in passato affermato che «La chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità̀ del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel quinto comma dell’art. 22 D.Lgs. 546/92 (“ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità̀ (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità̀ dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.» (Cass.17/12/2014, n. 26560, in motivazione, in tema di mancata produzione in giudizio dell’istanza di rimborso, in caso di ricorso del contribuente contro il silenzio-rifiuto; conforme Cass. 12/10/2016, n. 20612, in tema di deposito dell’atto impugnato, la cui mancata produzione determini incertezza in ordine alla tempestività del ricorso).

Tuttavia, questi ultimi arresti riguardano fattispecie processuali nelle quali la sanzione dell’inammissibilità non è espressamente comminata dal legislatore, e,nella loro motivazione, fanno leva proprio sulla differenza testuale rispetto al deposito dei documenti (l’originale del ricorso notificato ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale) richiesto invece esplicitamente a pena d’inammissibilità dall’art. 22, primo comma, d.lgs. n. 546 del 1992. Pertanto, i presupposti dell’orientamento in questione non riguardano il caso sub iudice. Infine, deve rilevarsi che per quanto l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153, comma 2, cod. proc. civ., trovi applicazione (alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, in caso di decadenza dai poteri processuali interni al giudizio o a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione) anche nel giudizio tributario (Cass. 21/02/2020, n. 4585, ex plurimis), tuttavia esso presuppone comunque una tempestiva istanza della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza da un’attività processuale per causa ad essa non imputabile, non potendo il giudice, di propria iniziativa, rimettere in termini il contribuente (Cass. 01/03/2019, n. 6102).

Nel caso di specie, l’ordinanza della CTR che ha rinviato l’udienza per la produzione dei documenti in questione non contiene alcun riferimento alla rimessione in termini, né comunque ad un’istanza in tal senso dell’appellante, né all’apprezzamento di ipotetiche condizioni che potessero giustificarla. Tanto meno tali elementi si ricavano dall a predetta richiesta di rinvio dell’appellata, dalla sentenza d’appello o dalle difese erariali.

4. Tanto premesso, va quindi accolto il ricorso e, accertata l’inammissibilità dell’appello erariale, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ. in quanto il processo d’appello non poteva proseguire (Cass.12/04/2019, n. 10322, in tema di inammissibilità dell’appello proposto con atto notificato direttamente a mezzo del servizio postale, ove, nel termine previsto dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, non venga depositato il relativo avviso di ricevimento e la sentenza di appello non abbia rilevato tale radicale vizio processuale).

5. Le spese del merito si compensano e quelle di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 ottobre 2022

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