Il dentista con due assistenti non è tenuto a versare l’IRAP
Tributi – IRAP – Autonoma organizzazione – Versamento – Requisiti – Richiesta di rimborso – Art. 1, c. 17, della L. n. 228/2012 – Minimo indispensabile per la professione – Insussistenza per un’autonoma collaborazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 32110 del 20 novembre 2023, ha ribadito che il professionista che ha assunto due dipendenti part-time è esonerato dal pagamento dell’imposta regionale, ritenendo insussistente il presupposto impositivo: e ciò perché tali unità lavorative sommate coprono l’attività di un solo lavoratore a tempo pieno e non si configura, quindi, l’autonoma organizzazione.
In sostanza gli Ermellini hanno ritenuto che la sussistenza del presupposto impositivo IRAP e dell’autonoma organizzazione, come nel caso esaminato, dipende dalla marginalità del lavoro prestato da quest’ultimi. Inoltre, il requisito dell’autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga, come innanzi specificato, di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive
La Suprema Corte, del resto, aveva già avuto modo di precisare che l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusivo, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. (ex multis Sent. n. 1894/2022; 20859/2023). In generale, la Suprema Corte (Cass. n. 3672/2007, Cass. n. 5003/2007, Cass. n. 13570/2007, Cass. n. 8360/2008, Cass. n. 2715/2008) ha nel tempo statuito che il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente è responsabile dell’organizzazione, non è inserito in strutture organizzative riferibili a responsabilità e interessi altrui o impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Inoltre, con riguardo ai medici convenzionati con il SSN, la giurisprudenza di legittimità si è già espressa molte volte, ritenendo insussistente il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione per la sola circostanza che il contribuente, nell’espletamento della propria attività professionale, ricorra a un lavoratore dipendente con funzioni di segretario (Cass. 18 novembre 2020 n. 26197), della collaborazione part-time di un terzo (Cass. 25637/2020), di un cosiddetto assistente di sedia, ossia di un infermiere il quale si limiti a svolgere mansioni di carattere esecutivo, senza accrescere le potenzialità del medico (Cass. n. 22675/2019).
L’accertamento della sussistenza del suddetto requisito spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
Ma se da un lato è scontato che sussiste autonoma organizzazione in presenza dell’impiego coordinato di capitali, beni strumentali, mezzi e risorse, non è altrettanto semplice stabilire qual è la misura dell’impiego di tali fattori che realizza la suddetta organizzazione e, in particolare, se anche un impiego minimo di tali fattori risulti sufficiente ad integrare il presupposto d’imposta.
La questione non ha ancora avuto una soluzione univoca né sotto il profilo legislativo, né sotto quello giurisprudenziale. Com’è noto, un primo tentativo di soluzione è stato proposto dalla legge 11 marzo 2014, n. 23 (delega fiscale), che ha chiesto al Governo l’emanazione di un decreto diretto a stabilire in modo univoco “la definizione di autonoma organizzazione, anche mediante la definizione di criteri oggettivi, adeguandola ai più consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale, ai fini della non assoggettabilità dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori all’imposta regionale sulle attività produttive” (art. 11, secondo comma). Tuttavia, il legislatore non ha proposto alcuna soluzione all’annosa questione, né tantomeno ha risolto l’ulteriore problematica relativa alla sussistenza di autonoma organizzazione ove il contribuente si avvalga si in modo non occasionale di lavoro altrui, ma tale apporto “non superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
C’ è anche da
sottolineare che l’indecisione normativa ha reso essenziale l’intervento
della Corte di Cassazione, che tuttavia ha adottato negli anni
soluzioni non sempre univoche e che, di fatto, hanno aumentato le
incertezze, soprattutto in riferimento profilo personalistico della autonoma
organizzazione (in particolare sull’apporto di lavoro di dipendenti), sul quale
la giurisprudenza ha di recente adottato una posizione più favorevole al
contribuente. In sostanza, parte della giurisprudenza (v. Sent. n. 3676/2007),
allineandosi alle tesi da sempre affermate dall’Amministrazione finanziaria, ha
chiarito che la sola presenza di un solo dipendente part-time o addetto a
mansioni generiche determinerebbe automaticamente l’assoggettamento
all’imposta, senza che abbia alcun rilievo il tipo di attività svolta dal
lavoratore. Secondo tale interpretazione, l’autonoma organizzazione
sussisterebbe sempre in presenza dell’impiego di un dipendente, posto che
l’utilizzo di un bene o di una persona rende più agevole lo svolgimento di
qualsivoglia attività, anche quando esso non incide minimamente sulla reale
capacità produttiva del contribuente.
Tale orientamento, tuttavia, è stato di recente disatteso dalla pronuncia
delle Sezioni Unite che ha chiarito che, ai fini della sussistenza del
presupposto passivo all’imposta in esame, non rileva la presenza o meno del
dipendente, bensì l’attitudine del lavoro svolto da quest’ultimo a potenziare
l’attività produttiva.(v. Sent. n. 9451/2016).
Le Sezioni Unite, infatti, statuivano: “… Queste Sezioni unite, con riguardo al requisito dell’autonoma organizzazione nel presupposto dell’IRAP, condividono i principi e, più complessivamente, l’impianto ricostruttivo fornito allora con la sentenza capofila dell’orientamento maturato nel 2007 nella sezione tributaria, della quale si è dato conto supra, e tuttavia ritengono che essi meritino, più che una rivalutazione, delle precisazioni concernenti il fattore lavoro. Se fra “gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità necessarie”, accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi “personali” di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica (professionalità espressa nella) “attività diretta allo scambio di beni o di servizi”, di cui fa discorso l’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l’arte, corre, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure “di confine” individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte. E’ infatti in tali casi che può parlarsi, per usare l’espressione del giudice delle leggi, di “valore aggiunto” o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di “quel qualcosa in più”. Diversa incidenza assume perciò l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico. Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione”.
Tale orientamento è stato inoltre confermato dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26262/2016, depositata il 19 dicembre 2019, che richiamando il principio sancito dalle Sezioni Unite ha ribadito l’inapplicabilità del tributo regionale per carenza dell’autonoma organizzazione laddove, per lo svolgimento della sua attività, il lavoratore autonomo utilizzi modesti beni strumentali che non eccedano il minimo indispensabile per l’esercizio della propria attività o si avvalga di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria o mansioni meramente esecutive.
Tanto premesso e tornando alla questione odierna, una contribuente impugnava il provvedimento di silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate alla propria istanza di rimborso IRAP per difetto del requisito dell’autonoma organizzazione, svolgendo essa attività di libero professionista con alle proprie dipendenze due assistenti part-time.
La CTP respingeva il ricorso, e la CTR accoglieva, invece, l’appello.
L’Agenzia, presentando il ricorso in Cassazione riteneva essenzialmente negativo il parere dei giudici tributari di secondo grado, che avevano affermato la marginalità del lavoro di due dipendenti part-time del professionista contribuente, affermando così l’insussistenza di un’autonoma collaborazione. La Suprema Corte ha respinto la tesi della parte pubblica, affermando invece che “…. Nel merito, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusivo, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse. b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, ed in particolare di collaboratori non occasionali che non superino il numero di uno che esplichi mansioni di segreteria o meramente esecutive (Cass. Sez. U. n.9451/2016). Costituisce onere del contribuente che chiede il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (v. Cass., 16/2/2007, n. 3678). Orbene, nel caso il giudice dell’appello ha accertato, tra l’altro, che gli assistenti di poltrona erano due, ed ha altresì accertato che trattasi di soggetti assolutamente non in grado di surrogarsi al professionista (segretaria e assistente alla poltrona). Nello specifico va sottolineato come sia insegnamento di questa Corte che in materia di IRAP del medico convenzionato, il requisito della autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass. sez. un. n. 9451 del 2016). Nella specie, la CTR ha osservato che pur se i dipendenti erano due, essi erano stati assunti part time, e va subito chiarito come questa Corte abbia già affermato in diverse pronunce la tendenziale equivalenza di due unità lavorative part time a una sola unità lavorativa a tempo pieno (Cass. Ord. n. 383/17, 11060/17, 23466/2017), procedendo poi alla qualificazione dell’attività come non autonomamente organizzata anche alla luce degli altri fattori (spese solo per fornitura di apparecchi e materiale ortodontico per € 11 mila circa, beni strumentali per € 57 mila, di cui 30 mila per autoveicolo). Alla luce di quanto precede, e ritenendo che l’accertamento di fatto non è più rivedibile in sede di legittimità, mentre i principi espressi da questa Corte non risultano violati dalla CTR come emerge in particolare dall’equiparazione di due lavoratori part time a uno a tempo pieno e dalla non decisività ai fini di un’autonoma organizzazione di diversi fattori cert-amente non atti a sostituire la prestazione professionale della contribuente, il motivo dev’essere respinto. 5. Risulta altresì infondato il secondo motivo, dal momento che il controllo del vizio motivazionale è ormai limitato all’assenza od apparenza di motivazione, rilevabili a mente dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Orbene nella specie la CTR non si è affatto sottratta all’obbligo di motivazione, e tantomeno si individuano contraddizioni irriducibili, essendo gli elementi raccolti e fondanti !”accertamento di fatto che ha portato i secondi giudici a ritenere l’assenza di un’autonoma organizzazione, aldilà della loro condivisibilità – peraltro ritenuta in base a quanto precede – del tutto coerenti fra loro, fermo restando che solo un’irriducibile contraddittorietà con le conclusioni avrebbe giustificato un sindacato della motivazione. 3. Il ricorso merita dunque rigetto, e le spese gravano sulla ricorrente”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 20 novembre 2023, n. 32110
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore , legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
-ricorrente –
contro E. L., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco A. Maimone come da procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Cimarosa n.18 presso lo studio dell’Avv. Rosanna Conz;
-controricorrente –
avverso la sentenza n.757/2021, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, pubblicata il 30 settembre 2021;
udita la relazione svolta dal Consigliere Alberto Crivelli;
Fatti di causa
1. La contribuente impugnava il provvedimento di silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia alla propria istanza di rimborso IRAP per difetto del requisito dell’autonoma organizzazione, svolgendo essa attività di libero professionista (dentista) con alle proprie dipendenze due assistenti part-time. La CTP respingeva il ricorso, e la CTR, adita in sede di gravame, accoglieva invece l’appello.
2. Ricorre in cassazione l’Ente impositore affidandosi a due motivi. La contribuente si difende a mezzo di controricorso.
Ragioni della decisione
1. L’Agenzia denuncia col primo mezzo violazione degli artt. 2, d.lgs. n. 446/1997, 115 e 116, cod. proc. civ. e 2697, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., assumendo l’errore dei giudici d’appello nell’aver affermato la marginalità del lavoro di due dipendenti part time del professionista (dentista) contribuente, affermando così l’insussistenza di un’autonoma collaborazione in capo allo stesso, anche in ragione della modestia dei beni strumentali (€ 57 mila di cui 30 mila per un autoveicolo), e spese per materiale odontotecnico per € 11.821,00.
2. Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli artt. 111, Cast., 132, cod. proc. civ., e 118, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., assumendosi l’irriducibile contraddittorietà della motivazione.
3. Anzitutto non appare fondata l’eccezione di inammissibilità per “difetto di autosufficienza” del ricorso, dal momento che nello stesso sono ricostruiti i fatti processuali e ancor prima la pretesa della contribuente, indicate le questioni in diritto devolute alla Corte, sviluppate nei singoli motivi, così come sono riportati i passi salienti della decisione impugnata, nelle parti criticate specificamente appunto nel corpo dei due motivi.
4. Nel merito, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusivo, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse· b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, ed in particolare di collaboratori non occasionali che non superino il numero di uno che esplichi mansioni di segreteria o meramente esecutive (Cass. Sez. U. n.9451/2016).
Costituisce onere del contribuente che chiede il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (v. Cass., 16/2/2007, n. 3678). Orbene, nel caso il giudice dell’appello ha accertato, tra l’altro, che gli assistenti di poltrona erano due, ed ha altresì accertato che trattasi di soggetti assolutamente non in grado di surrogarsi al professionista (segretaria e assistente alla poltrona).
Nello specifico va sottolineato come sia insegnamento di questa Corte che in materia di IRAP del medico convenzionato, il requisito della autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass. sez. un. n. 9451 del 2016).
Nella specie, la CTR ha osservato che pur se i dipendenti erano due, essi erano stati assunti part time, e va subito chiarito come questa Corte abbia già affermato in diverse pronunce la tendenziale equivalenza di due unità lavorative part time a una sola unità lavorativa a tempo pieno (Cass. Ord. n. 383/17, 11060/17, 23466/2017), procedendo poi alla qualificazione dell’attività come non autonomamente organizzata anche alla luce degli altri fattori (spese solo per fornitura di apparecchi e materiale ortodontico per € 11 mila circa, beni strumentali per € 57 mila, di cui 30 mila per autoveicolo).
Alla luce di quanto precede, e ritenendo che l’accertamento di fatto non è più rivedibile in sede di legittimità, mentre i principi espressi da questa Corte non risultano violati dalla CTR come emerge in particolare dall’equiparazione di due lavoratori part time a uno a tempo pieno e dalla non decisività ai fini di un’autonoma organizzazione di diversi fattori cert-amente non atti a sostituire la prestazione professionale della contribuente, il motivo dev’essere respinto.
5. Risulta altresì infondato il secondo motivo, dal momento che il controllo del vizio motivazionale è ormai limitato all’assenza od apparenza di motivazione, rilevabili a mente dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Orbene nella specie la CTR non si è affatto sottratta all’obbligo di motivazione, e tantomeno si individuano contraddizioni irriducibili, essendo gli elementi raccolti e fondanti !”accertamento di fatto che ha portato i secondi giudici a ritenere l’assenza di un’autonoma organizzazione, aldilà della loro condivisibilità – peraltro ritenuta in base a quanto precede – del tutto coerenti fra loro, fermo restando che solo un’irriducibile contraddittorietà con le conclusioni avrebbe giustificato un sindacato della motivazione.
6. Il ricorso merita dunque rigetto, e le spese gravano sulla ricorrente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n.1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che determina per il giudizio di legittimità in € 1.200,00 oltre rimborso forfettario nel 15 % dell’onorario, Iva e Cpa, se dovute, ed oltre esborsi per € 200,00.
Così deciso in Roma, l’undici ottobre 2023