CASSAZIONE FISCALITA

ICI e terreni edificabili direttamente coltivati

Tributi – ICI – Terreni edificabili direttamente coltivati – Esonero spettante ai coltivatori diretti o imprenditori a titolo principale – D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18302 dell’8 luglio 2019 ha fornito un ulteriore chiarimento in tema di tassazione ICI delle aree fabbricabili ma direttamente coltivate, affermando che lo svolgimento di un’attività agricola è oggettivamente incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell’area e ha carattere oggettivo anche a favore di  eventuali altri imprenditori agricoli IAP. Ricordiamo a latere che con la definizione IAP s’intende l’Imprenditore Agricolo Professionale, cioè colui il quale, in possesso di adeguate conoscenze e competenze professionali (stabilite dall’art. 5 del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 7 maggio 1999), dedichi alle attività agricole (così come definite dall´articolo 2135 del Codice Civile), direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle stesse almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro di imprenditore agricolo. Sulla base delle richiamate disposizioni, l’imprenditore agricolo è colui che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame o all’esercizio di attività connesse alle precedenti. Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento del bestiame si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Sul tema dell’ICI terreni edificabili va notata la non univocità della giurisprudenza, in quanto nel tempo si sono succedute innumerevoli sentenze sulla base di un contrasto giurisprudenziale che può essere così riepilogato.  

Un primo orientamento ritiene che ai fini dell’imposta sui terreni edificabili sia sufficiente che il terreno sia inserito nel Piano regolatore comunale generale e qualificato come edificabile: tale tesi fonda il proprio assunto sulla potenziale edificabilità del terreno. Su tutte vale, ex multis, la  sentenza della Corte di Cassazione n. 1675 del 24 agosto 2004, nella quale veniva esplicitato che ai fini ICI l’edificabilità non deve necessariamente discendere da piani regolatori già attuabili o particolareggiati, essendo sufficiente che tale caratteristica risulti da un Piano regolatore generale, anche se indubbiamente l’assenza di un piano attuativo dello strumento generale attenua la potenzialità edificatoria, influenzandone la base imponibile, secondo i criteri stabiliti dall’art. 5, n. 5, del D.lgs. 504/1992, istitutivo dell’ICI.

Un secondo orientamento si basa prevalente sulla tesi secondo la quale, ai fini dell’applicazione dell’ICI terreni edificabili, bisogna considerare l’effettiva edificabilità del terreno; non è dunque ritenuto sufficiente che per il presupposto dell’imposta il terreno sia inserito e qualificato nel Piano regolatore comunale come area fabbricabile.

Al riguardo si fa riferimento alla sentenza della Suprema Corte n. 21644 del 16 novembre 2004, nella quale appare significativo il seguente passaggio: “Si comprende così perché la legge istitutiva dell’ICI distingue tra utilizzabilità a scopo edificatorio prevista negli strumenti urbanistici generali o quelli attuativi, aggiungendo il requisito della possibilità effettiva di edificazione con riferimento alla legge 359/92. E’ evidente che il Legislatore ha voluto sottoporre ad imposta, con base imponibile diversa, quelle aree immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio, con possibilità legale ed effettiva di rilascio di concessione edilizia al momento dell’imposizione fiscale, distinguendo tra zone urbanizzate, per le quali, è consentito il rilascio di concessione edilizia in base al P.R.G., ancora prima dell’approvazione dei piani attuativi, e quelle che, non trovandosi in tale situazione anche se comprese nei P.R.G., devono attendere i piani particolareggiati o i piani di lottizzazione per potere ottenere tale concessione. E’ chiaro che il Legislatore ha inteso riservare un diverso trattamento fiscale, con la previsione di una base imponibile sul valore reale, per quelle aree la cui utilizzazione a scopo edificatorio è attuale e non rinviata alla adozione e successiva approvazione regionale degli strumenti urbanistici attuativi e, quindi, per quei terreni per i quali il rilascio della concessione edilizia è previsto da provvedimenti definitivi e non in fieri. Se non avesse inteso dire quanto sopra esposto, il Legislatore avrebbe potuto limitarsi a definire l’area fabbricabile quella ‘compresa nel PRG’ oppure quella ‘destinata all’edificazione’, senza riferimento agli strumenti urbanistici ‘attuativi’ o alle ‘possibilità effettive di edificare’ richiamando, inoltre, i criteri contenuti nella legge 359/92 (possibilità legali ed effettive di edificazione)”.

Un successivo tentativo di risolvere tale contrasto sulla materia è stato fatto dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 25506 del 28 settembre 2006, nella quale si dichiarava che un terreno va tassato come edificabile ai fini ICI quando è qualificato così dallo strumento urbanistico comunale, indipendentemente dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia.

Ma neanche tale pronuncia è servita a porre fine al contrasto normativo e, a ben considerare le ultime pronunce sul tema,  può sembrare legittimo affermare che l’orientamento maggioritario della Cassazione è quello di considerare edificabili i terreni così valutati dal Piano regolatore, facendo salva però, ai fini dell’imposta in questione, l’esigenza di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’immobile in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell’imposizione (ex multis, Cass. n. 24308 del 29/11/2016; Cass. n. 12377 del 15/06/2016).

Anche nella più recente  sentenza n. 24122 del 13 ottobre 2017 gli Ermellini hanno ricordato che va effettuata una ricognizione del valore venale del terreno.

Dunque per le Sezioni Unite, in un’imposta periodica come l’ICI che ha come presupposto d’imposta il possesso di un immobile in un determinato anno, il prelievo fiscale di un terreno edificabile che non ha ancora ultimato tutta la procedura di approvazione per diventare effettivamente tale non può essere paragonato a un terreno edificabile già “perfetto” e che ha ultimato tutto l’iter procedimentale di approvazione.

Tanto ciò premesso, e tornando al caso in dibattimento, la CTR della Campania rigettava parzialmente l’appello proposto da alcuni imprenditori agricoli nei confronti del Comune di residenza avverso la sentenza di primo grado della CTP la quale aveva rigettato il loro ricorso avverso l’avviso di accertamento che aveva liquidato la maggiore imposta comunale sulle aree considerate fabbricabili sul presupposto che le agevolazioni invocate ai sensi degli articoli 2 e 9 della legge 504/92 non potessero essere applicate in quanto le stesse si riferivano ai terreni agricoli e non a quelli edificatori.

Avverso la pronuncia della CTR i contribuenti hanno proposto ricorso per Cassazione.

I Supremi Giudici, accogliendo uno dei motivi addotti, hanno respinto le argomentazioni della parte comunale affermando che “La CTR non ha correttamente applicato la norma di legge che attiene all’esonero dall’ICI spettante ai coltivatori diretti o imprenditori a titolo principale, sui terreni edificabili direttamente coltivati.  La deroga è sancita dalla seconda parte del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b). La disposizione dell’art. 2 lett. b) attiene invero alla natura oggettiva del fondo, che deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, in quanto ricorrano tre condizioni: a) il possesso dei terreni da parte di coltivatori diretti o di Imprenditori agricoli a titolo principale; b) la diretta conduzione dei medesimi da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro- silvo – pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione. Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia, per ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Lo sfruttamento edilizio è infatti incompatibile con la permanente destinazione a scopi agricoli sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri. Nel caso di specie la CTR avrebbe dovuto accertare se l’immobile in oggetto fosse interamente posseduto e condotto, esercitandovi pacificamente attività agricola, da un soggetto che ne è comproprietario e che possiede i requisiti di cui al comma 1 dell’art. 9 del d.lgs. n. 504/92 in quanto l’agevolazione fiscale, essendo correlata a un requisito,- lo svolgimento di attività agricola che è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell’area, ha carattere oggettivo anche a favore degli altri comproprietari (Cass. 13737/2018). A tanto provvederà il giudice di rinvio. Il ricorso va dunque accolto in relazione al secondo motivo, con assorbimento del terzo motivo con il quale si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c. per non avere la CTR pronunciato sulla domanda delle parti private diretta al riconoscimento della qualificazione agricola dei terreni ai fini ICI, siccome posseduti e condotti direttamente da un soggetto IAP”.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay