CASSAZIONE

I contributi consortili di bonifica sono tributi locali e si prescrivono in 5 anni

Tributi locali – Contributi consortili fissi -Natura tributaria – Riscossione – Avvisi di pagamento – Notifica -Legittimità costituzionale- Termine di prescrizione quinquennale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25681 del 22 settembre 2021 è tornata a occuparsi dei contributi in favore dei consorzi di bonifica, ribadendo il principio secondo il quale tali contributi sono tributi locali che si strutturano come obbligazioni periodiche, con connotati di autonomia nell’ambito di una causa debendi di tipo continuativo e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, codice civile. In sostanza l’utente, se è tenuto al loro pagamento in relazione al prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi, deve sapere che i termini di prescrizione di questo debito tributario si prescrivono in 5 anni.

Del resto, anche il recentissimo arresto della Suprema Corte, la Sentenza n. 17122 del 16 giugno 2021 stabiliva he: “Essi (i contributi consortili), quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’articolo 2948, n. 4, c.c. (cfr. Sentenze n. 4283/2010 e n. 26013/2014)”. Volendo meglio definire la natura dei consorzi di bonifica, essi hanno origine con un provvedimento del lontano 1933, emesso con l’intento di portare a termine la bonifica dei terreni malsani del centro-nord Italia, dando loro poteri di tassazione nei confronti dei proprietari terrieri raggiunti dal servizio di bonifica: all’epoca, però, le esigenze erano effettive e le terre su cui operare erano relativamente poche, per cui l’attribuzione di tale privilegio in favore dei consorzi aveva un fondamento. 

Oggi, invece, i terreni non sono più quelli di un tempo e potrebbero forse anche non necessitare di continuare a essere bonificati. Ciò nonostante, e in contrasto con l’iniziale finalità, è stato nel tempo esteso l’elenco dei territori che renderebbero indispensabili le opere di bonifica, estendendole sino a occupare quasi i tre quarti dell’Italia. Da qui il proliferare anche degli stessi consorzi, delle relative tasse e del fardello contenzioso, tanto da giustificare l’intervento della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 188/2018 dichiarò illegittimo imporre al proprietario del terreno il contributo di bonifica a prescindere dal beneficio ricevuto.

Successivamente, una vasta giurisprudenza conferma che in tema di contributi consortili per il mantenimento di opere di bonifica grava sul contribuente, il cui fondo sia stato inserito in un piano di classifica del quale non sia contestata la legittimità e che impugni la cartella esattoriale affermando l’insussistenza del dovere retributivo, l’onere di provare l’inadempimento delle indicazioni contenute in tal piano e, segnatamente, l’inesecuzione delle opere di manutenzione da queste previste. Infatti, il vantaggio diretto e immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell’obbligo di contribuzione ai sensi dell’art. 860 c.c. e dell’art. 10, R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile. Per ulteriore chiarezza s’intende piano di classifica quello strumento essenziale per calcolare l’entità del contributo ricadente sulle proprietà degli immobili che traggono beneficio dall’attività di bonifica, individuando i benefici derivanti agli immobili (v. CTR Lazio, Sent. n. 1106/2017). Inoltre, la cartella di pagamento mediante la quale il consorzio, in materia di bonifica, ottiene la riscossione dei contributi, si presenta come un atto di natura impositiva, purché contenga al proprio interno tutti gli elementi fondamentali per consentire al soggetto contribuente di effettuare il controllo sulla correttezza dell’imposizione stessa.

Al riguardo la legge finanziaria per l’anno 2007, n. 296/2006, all’art. 1, comma 161, ha esplicitamente stabilito che “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o parziali o dei ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica o d’ufficio devono essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Alla TARSU, e più in generale ai tributi locali, si applica quindi il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., trattandosi evidentemente di prestazioni periodiche.  L’orientamento della Suprema Corte sul punto si è poi consolidato a partire dalla sentenza n. 4283 del 23 febbraio 2010, con cui i tributi locali sono stati ricondotti alla sfera delle “prestazioni periodiche” e, come tali, sono stati assoggettati alla prescrizione quinquennale a norma dell’art. 2948, comma 4, cod. civ.  

Confermando questa posizione, anche la giurisprudenza delle Commissioni tributarie ha recentemente ritenuto che il termine prescrizionale quinquennale per i tributi consortili  che hanno natura di tributi locali e, pertanto, il termine di prescrizione, inizia a decorrere dal primo gennaio dell’anno successivo a quello dell’annualità tributaria e, cioè, da quando il diritto può essere fatto valere dall’Amministrazione locale, con la logica conseguenza che la semplice spedizione dell’avviso di pagamento-ingiunzione entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della debenza non è idoneo a interrompere la prescrizione del diritto di credito ove la raccomandata giunga al destinatario successivamente a tale data. (CTP Lecce, Sentenza n.  465/2021).

Al riguardo si fa nota, inoltre, dell’intesa Stato-Regioni del 18 settembre 2008, che ha previsto che le spese del consorzio sono a carico dei consorziati “i cui immobili traggono beneficio dalle azioni dei Consorzi”.

Va comunque annotata una diversa interpretazione, come quella della CTP di Cosenza del 14 dicembre 2005, nella quale si sosteneva la prescrizione decennale dei contributi consortili, affermando che “… La giurisprudenza ha precisato che il criterio informatore della disposizione di cui all’art.2948 n. 4, cc è la periodicità della prestazione, in relazione ad una causa debendi continuativa, e la possibilità della ripetizione separata di ciò che è pagabile periodicamente. Più precisamente tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, che, cioè, si riferisce a obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, rientra nel disposto dell’art.2948 n.4. Opera invece la prescrizione ordinaria decennale riguardo alle obbligazioni unitarie suscettibili di esecuzione sia istantanea che differita o ripartita, in cui, cioè, è, o può essere prevista una pluralità di termini successivi per l’adempimento di una prestazione che, però, è eseguibile uno actu (Cass. 9295/93). Da tutto quanto appena detto sembrerebbe che i contributi consortili siano soggetti alla prescrizione quinquennale, trattandosi di tributi da pagare ad anno o in termini più brevi; una più attenta analisi della questione induce, però, a conclusioni diverse: per i contributi consortili, infatti, l’elemento temporale non si riferisce all’esecuzione del pagamento, bensì al presupposto, rectius alla base di determinazione, dello stesso; ci troviamo cioè di fronte a tributi che per ogni annualità sono autonomi ed indipendenti”.

Tanto premesso e tornando al caso in esame, la vertenza aveva inizio quando un contribuente riceveva cartella esattoriale notificata nei suoi riguardi dalla concessionaria per la riscossione dei tributi e relativa al pagamento di contributi dovuti al locale consorzio per gli anni di imposta 2010-2015.  La Commissione tributaria regionale della Basilicata accoglieva l’appello del consorzio di bonifica. Di qui il ricorso del contribuente per cassazione, nel quale si doleva della violazione e falsa applicazione dell’art. 2948, comma primo, n. 4, cod. civ., cioè sulla mancata prescrizione quinquennale. Gli Ermellini, nel dare ragione alla parte contribuente e sulla scia di una costante giurisprudenza, hanno affermato che “… Questa Corte ha già avuto modo di affermare che «La TARSU, la TOSAP ed i contributi di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia nell’ambito di una causa debendi di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essi, quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4» (Cass., Sez. 5, 23/02/2010, n. 4283).

E’ stato infatti argomentato che «in tutti i casi considerati, l’utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che in tanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato; né è necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, né il corrispettivo potrebbe dall’utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, né nell’entità, né nella durata. Nessun rilievo può darsi alla osservazione che l’importo dei pagamenti annuali ed infrannuali possa variare nel tempo, in quanto tali variazioni non dipendono da nuova negoziazione del rapporto, che rimane stabile, ma da variazioni del costo dei servizi prestati, il cui addebito da parte degli enti impostori discende da considerazioni di politica fiscale ed economica rapportata alla generalità degli utenti del servizio ed indipendenti dalla volontà del singolo contribuente” (Cass. n. 4283 del 2010, cit., in motivazione). Va dunque confermato il principio di diritto secondo il quale «I contributi consortili di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia, nell’ambito di una “causa debendi” di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essi, quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4 cod. civ.» (Cass., Sez. 5, 10/12/2014, n.26013). Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo, che applicherà il predetto principio compiendo ogni necessario accertamento in fatto ed esaminerà le questioni rimaste assorbite dalla decisione cassata”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 22settembre 2021, n. 25681

sul ricorso 6911-2020 proposto da:

A. A., anche quale titolare dell’omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI SANSOVINO 6, presso lo studio dell’avvocato DAVIS EROS CUTUGNO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE GULLO;

– ricorrente –

contro CONSORZIO DI BONIFICA DI BRANDANO E METAPONTO, in persona del Commissario Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CLAUDIO CIRIGLIANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 311/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della BASILICATA, depositata l’11/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

Rilevato che

1. A. A. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza n. 311/1/2019, depositata 1’11 luglio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Basilicata ha accolto l’appello del Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Matera, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro la cartella esattoriale notificata nei suoi riguardi dalla concessionaria per la riscossione dei tributi e relativa al pagamento di contributi dovuti al consorzio stesso, riferiti a terreni ricadenti in agro del Comune di Miglionico, per gli anni di imposta 2010-2015.

Il Consorzio si è costituito con controricorso.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione è rimasta intimata.

Il ricorrente ha depositato memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.

Considerato che

Con l’unico motivo il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948, comma primo, n. 4, cod. civ.

Assume infatti il ricorrente che il giudice a quo, nell’accogliere il relativo motivo di appello del Consorzio, avrebbe erroneamente reputato che, con riguardo ai contributi consortili fissi, trovasse applicazione l’ordinario termine di prescrizione decennale e non, invece, il più breve termine di cui all’art. 2948 comma primo n. 4 cod. civ.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “La TARSU, la TOSAP ed i contributi di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia nell’ambito di una causa debendi di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essi, quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4” (Cass., Sez. 5, 23/02/2010, n. 4283).

E’ stato infatti argomentato che “ in tutti i casi considerati, l’utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che in tanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato; né è necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, né il corrispettivo potrebbe dall’utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, né nell’entità, né nella durata. Nessun rilievo può darsi alla osservazione che l’importo dei pagamenti annuali ed infrannuali possa variare nel tempo, in quanto tali variazioni non dipendono da nuova negoziazione del rapporto, che rimane stabile, ma da variazioni del costo dei servizi prestati, il cui addebito da parte degli enti impostori discende da considerazioni di politica fiscale ed economica rapportata alla generalità degli utenti del servizio ed indipendenti dalla volontà del singolo contribuente” (Cass. n. 4283 del 2010, cit., in motivazione).

Va dunque confermato il principio di diritto secondo il quale «I contributi consortili di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia, nell’ambito di una “causa debendi ” di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essi, quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4 cod. civ.» (Cass., Sez. 5, 10/12/2014, n.26013).

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo, che applicherà il predetto principio compiendo ogni necessario accertamento in fatto ed esaminerà le questioni rimaste assorbite dalla decisione cassata.

P. Q. M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 aprile.

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