Gli atti impugnabili nel contenzioso tributario
Tributi – Contenzioso tributario – Iscrizione dell’ipoteca – Preavviso – Art. 77, comma 2-bis, DPR 602/1973 – Impugnabilità – Art 19, D.lgs. 546/1992 – Atti facoltativamente impugnabili – Tutela giurisdizionale
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23528 del 2 settembre 2024 si è nuovamente occupata dell’impugnabilità del preavviso di iscrizione ipotecaria, per riaffermare il principio giurisprudenziale, ampiamente condiviso, nel quale si legge che “… Per giurisprudenza di questa Corte, il preavviso di iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973 è atto autonomamente impugnabile, sebbene non compreso nell’elenco di cui all’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992. … La mancata opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria non produce conseguenze pregiudizievoli definitive per il contribuente, mentre, una volta emesso l’atto tipico impugnabile (l’iscrizione di ipoteca), viene addirittura meno il suo interesse a una decisione relativa all’atto impugnato in via facoltativa”.
In sostanza gli Ermellini, nel ribadire l’attuale orientamento interpretativo hanno affermato che alla facoltà di proporre immediata impugnazione dell’atto non espressamente indicato dall’articolo appena menzionato non è tuttavia affiancata la cristallizzazione della pretesa tributaria, quando l’impugnazione non sia effettuata e la pretesa venga successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’articolo citato, poiché l’impugnazione è, appunto, una facoltà della parte e non un onere e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza.
La natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.lgs. 546/1992, art. 19, non preclude quindi al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria, ma tale facoltà non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa, come più volte affermato dalla stessa Cassazione: “… non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti con i quali l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, dovendo intendersi la tassatività riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle “categorie” a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, nelle quali vanno ricompresi gli atti atipici, o con nomen iuris diversi da quelli indicati, che però producono gli stessi effetti giuridici” ( Cass. Ord. n. 26523/2022).
In definitiva, il principio da cui desumere l’impugnabilità di un atto è ricavabile dall’assioma che un atto che abbia contenuto impositivo, anche se non è assimilabile ad alcuna delle categorie previste dal citato art. 19, non può essere privato di tutela giurisdizionale.
In realtà da tempo la Suprema Corte lo aveva già sostenuto, come stabilito, ad esempio, da due importanti pronunzie delle SS.UU. – n. 16412/2007 e n. 19704/2015 – che in sostanza affermavano che la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria facesse parte del novero degli atti facoltativamente impugnabili, ricordando più volte nel corso degli anni che erano stati identificati gli atti “facoltativamente impugnabili” (v. ex multis Ord. n. 26534/2022), che ritenevano che l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del decreto 546 era “… una mera facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo” (Cass. Ord. n. 26129/2017, Cass. Ord. n. 14675/2016 e Cass. Ord. n. 14045/2017).
Il percorso giurisprudenziale in materia tributaria ha portato il risultato di consentire il ricorso al giudice tributario contro gli atti che, comunque, recano l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che li sorreggono e portano a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza imporgli di attendere che tale pretesa si vesta della forma autoritativa, riconducibile a uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili.
La Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 16412 del 25 luglio 2007, aveva peraltro delineato che “… l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli impugnando cumulativamente l’atto presupposto (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria” ( v. anche Cass. n. 13641/2019, Cass. Ord. n. 31070/2018).
Inoltre, sempre le SS.UU., con la pronunzia n. 19704/2015, nello stabilire la possibilità di impugnare l’estratto di ruolo, ha in sostanza disposto che nel termine “accertamento” può rientrare qualsiasi pretesa del Fisco, differenziando atti facoltativamente impugnabili non elencati nell’art. 19 del D.lgs. 546/1992 e quelli obbligatoriamente impugnabili rientranti nel predetto articolo.
Gli atti facoltativamente impugnabili sono quindi quelli non elencati nel citato articolo 19 dove rientrano, fra i più noti, il preavviso di fermo e, per quello che oggi interessa, proprio la comunicazione preventiva di ipoteca, dove la loro mancata impugnazione non preclude una impugnazione successiva dell’atto proprio perché essi sono atti facoltativamente impugnabili, (v. Cass., Sez. U, n. 10672/2009; Cass., n. 7344/2012; Cass. n. 22497/2017; Cass. n. 23469/2017; Cass. n. 26129/2017; Cass. n. 27601/2018).
Le pronunce richiamate affermano quindi che l’elencazione di tali atti, contenuta nell’art. 19, pur essendo tassativa deve essere interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53, Cost.) e di buon andamento della Pa (art. 97, Cost.), in conseguenza dell’ampliamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 448/2001. Viene così riconosciuto, in capo al contribuente, al momento della ricezione della notizia della pretesa tributaria, l’interesse – ex art. 100 c.p.c. – a richiedere su di essa una pronuncia giudiziale idonea ad acquisire effetti non più modificabili e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale che svolga una funzione di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (Cass. 21/10/2021, n. 30736).
In sintesi oggi gli Ermellini hanno voluto riprendere l’affermato solco giurisprudenziale, in particolare soffermandosi su quanto attestato anche dall’Ordinanza n. 30736/2021, nella qualeil principio da cui desumere l’impugnabilità di un atto si ricava dall’assioma che un atto che abbia contenuto impositivo, anche se non è assimilabile ad alcuna delle categorie previste dall’art. 19. D.lgs. 546/1992, non può essere privato di tutela giurisdizionale.
Una volta ammessa l’impugnazione facoltativa degli atti sopra indicati, resta pur sempre necessaria l’impugnazione dell’atto tipico che sia poi adottato, per evitare il consolidamento della pretesa tributaria, tant’è che una volta emesso tale atto viene meno l’interesse del contribuente a una decisione che riguardi l’atto impugnato in via facoltativa. In effetti, se l’atto tipico viene impugnato, l’unico giudizio che rileva è quello avverso quest’atto, mentre se non viene impugnato il ricorso antecedentemente proposto avverso l’atto facoltativamente impugnabile diviene inutile, stante l’avvenuto consolidamento degli effetti proprio dell’atto tipico.
La qualificazione di un atto tra quelli tipici autonomamente impugnabili, facoltativamente impugnabili, o non impugnabili è, dunque, fondamentale.
Solo i primi devono essere impugnati nel termine di decadenza, pena la loro definitività. Per i secondi, la mancata impugnazione non produce conseguenze pregiudizievoli definitive e l’avvenuta impugnazione diviene addirittura irrilevante, una volta che sia sopravvenuta la notifica dei primi. Per i terzi, poi, l’impugnazione è tout court inammissibile.
Le censure esaminate devono pertanto essere respinte, in applicazione del seguente principio: “il preavviso di iscrizione ipotecaria, previsto dall’art. 77, comma 2 bis, D.P.R. n. 602 del 1973 costituisce un atto suscettibile di essere autonomamente impugnato, ma l’impugnazione costituisce una facoltà e non un onere del destinatario, che può in ogni caso proporre ricorso contro la successiva iscrizione” (Ord. n. 30736/2021).
Tanto premesso e tornando alla vicenda odierna, essa ha inizio quando un contribuente presentava ricorso dinanzi alla giustizia tributaria contro l’iscrizione di ipoteca sulla quota indivisa di sua pertinenza, pari alla metà dell’intero, di alcuni immobili. La CTP ne respingeva il ricorso, peraltro confermato successivamente anche dalla CTR. Da qui il ricorso in Cassazione, nel quale il contribuente sosteneva due motivi, nei quali essenzialmente si censurava l’impugnata sentenza per aver erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente, in quanto asseritamente precluso dalla mancata tempestiva impugnazione del preavviso di iscrizione ipotecaria anteriormente notificatogli dall’agente della riscossione. La Corte ha quindi accolto il ricorso del contribuente, rimarcando la violazione di legge in cui era incorsa la CTR, dichiarando perciò che “ … Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe l’esame della seconda censura. 3.1 Per giurisprudenza di questa Corte, il preavviso di iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973 è atto autonomamente impugnabile, sebbene non compreso nell’elenco di cui all’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992. 3.2 L’impugnazione di tale atto rappresenta, tuttavia, una mera facoltà, e non un onere, per il destinatario, il quale può in ogni caso proporre ricorso avverso la successiva iscrizione di ipoteca; anzi, lo deve fare, nell’osservanza del termine decadenziale all’uopo stabilito dall’art. 21, comma 1, del decreto legislativo citato, se vuole impedire che essa acquisisca il carattere della definitività (cfr. Cass. n. 30736/2021, Cass. n. 26129/2017). 3.3 Ne discende che la mancata opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria non produce conseguenze pregiudizievoli definitive per il contribuente, mentre, una volta emesso l’atto tipico impugnabile (l’iscrizione di ipoteca), viene addirittura meno il suo interesse a una decisione relativa all’atto impugnato in via facoltativa (cfr. Cass. n. 32527/2022, Cass. n. 30736/2021, Cass. n. 7344/2012). 3.4 Dalle su enunciate «regulae iuris», da ribadire in questa sede, si è erroneamente discostata la CTR, la cui decisione incorre, pertanto, nella denunciata violazione di legge. 4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto. 4.1 Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra espressi”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 2 settembre 2024, n. 23528
sul ricorso iscritto al n.22295/2017 R.G. proposto da:
A. L. P., elettivamente domiciliato in Roma alla via Casilina n. 394 presso lo studio dell’avv. Andrea Alcaro, rappresentato e difeso dall’avv. Ernesto Sarno
– ricorrente –
contro AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE (ADER), in persona del Direttore pro tempore , in qualità di successore universale di EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
– resistente –
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 730/49/2017 depositata il 24 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 giugno 202 4 dal Consigliere Danilo CHIECA
FATTI DI CAUSA
Equitalia Nord s.p.a., successivamente incorporata da Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., notificava ad AP l’avvenuta iscrizione di ipoteca sulla quota indivisa di sua pertinenza, pari alla metà dell’intero, di alcuni immobili siti nel Comune di Terrazza Coste (PV), sull’asserito presupposto del mancato pagamento di prodromiche cartelle esattoriali relative anche a tributi erariali.
Il L.P. impugnava l’atto in questione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, la quale respingeva il suo ricorso. La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza n. 730/49/2017 del 24 febbraio 2017 rigettava l’appello della parte privata.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio regionale argomentava che il ricorso proposto dal contribuente risultava inammissibile, non essendo stato impugnato nel termine di legge il preavviso di iscrizione ipotecaria precedentemente notificatogli dall’agente della riscossione.
Avverso tale sentenza il P ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER), nella qualità di successore universale ex lege di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., si è limitata a depositare un mero «atto di costituzione», ai soli della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è. denunciata la violazione degli artt. 19, comma 1, lettera e-bis), e 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 77, comma 2-bis, del D Lgs. n. 546 del 1992 (recte: del D.P.R. n. 602 del 1973 -n.d.r.).
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente, in quanto asseritamente precluso dalla mancata tempestiva impugnazione del preavviso di iscrizione ipotecaria anteriormente notificatogli dall’agente della riscossione.
1.2 Viene, al riguardo, obiettato che fra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario ai sensi dell’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 rientra espressamente l’iscrizione di ipoteca (lettera e-bis]), e non invece il semplice preavviso di iscrizione.
2. Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 140 c.p.c., dell’art. 14, comma 1, della L. n. 890 del 1982 e dell’art. 2697 c.c..
2.1 Si assume che avrebbe errato il collegio di secondo grado nel ritenere validamente eseguita, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la notificazione del preavviso di iscrizione ipotecaria, benché non fosse stata acquisita agli atti la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata informativa prevista dalla norma e del suo ricevimento da parte del destinatario.
Giurisprudenza
3. Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe l’esame della seconda censura. 3.1 Per giurisprudenza di questa Corte, il preavviso di iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973 è atto autonomamente impugnabile, sebbene non compreso nell’elenco di cui all’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
3.2 L’impugnazione di tale atto rappresenta, tuttavia, una mera facoltà, e non un onere, per il destinatario, il quale può in ogni caso proporre ricorso avverso la successiva iscrizione di ipoteca; anzi, lo deve fare, nell’osservanza del termine decadenziale all’uopo stabilito dall’art. 21, comma 1, del decreto legislativo citato, se vuole impedire che essa acquisisca il carattere della definitività (cfr. Cass. n. 30736/2021, Cass. n. 26129/2017).
3.3 Ne discende che la mancata opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria non produce conseguenze pregiudizievoli definitive per il contribuente, mentre, una volta emesso l’atto tipico impugnabile (l’iscrizione di ipoteca), viene addirittura meno il suo interesse a una decisione relativa all’atto impugnato in via facoltativa (cfr. Cass. n. 32527/2022, Cass. n. 30736/2021, Cass. n. 7344/2012).
3.4 Dalle suenunciate «regulae iuris», da ribadire in questa sede, si è erroneamente discostata la CTR, la cui decisione incorre, pertanto, nella denunciata violazione di legge.
4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto.
4.1 Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
4.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità