CASSAZIONE

Frodi carosello: deducibilità negata in sede penale

La Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 26 ottobre 2015, n. 42994, ha stabilito che in merito alle frodi carosello i costi delle fatture soggettivamente false sono indeducibili, nonostante il decreto “Semplificazioni” (Dl 16/2012). Inoltre, il sequestro in sede cautelare finalizzato alla confisca resta intatto anche se superiore al profitto del reato.

annogiudiziario

Gli Ermellini, nel respingere il ricorso del contribuente, hanno ordinato che l’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti integra pienamente la fattispecie di cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 e legittima il sequestro, anche per equivalente, finalizzato alla confisca del prezzo, del prodotto o del profitto del reato. A tal fine, con particolare riguardo all’IVA, il giudice di legittimità, secondo la giurisprudenza della sezione tributaria e della Corte di giustizia, ha messo in evidenza che: “…Questa Corte ha infatti affermato che anche l’inesistenza soggettiva delle operazioni è condotta che può rientrare tra quelle considerate dalla norma incriminatrice sul rilievo che la falsità ben può essere riferita anche all’indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l’operazione, intendendosi per “soggetti diversi da quelli effettivi”, ai sensi del D.Lgs. n. 74/2000, art. 1, lett. a), coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali, come nel caso di nomi di fantasia, o non hanno avuto, come nella specie, alcun rapporto con il contribuente finale (ex multis, in tal senso, Sez. 3, n. 27392 del 27/04/2012, Bosco, Rv. 253055). Sul tema della detraibilità dell’Iva, va chiarito che, nel caso, come quello in esame, di emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione, viene a mancare lo stesso principale presupposto della detrazione dell’Iva, costituita dall’effettuazione di un’operazione, giacché questa (riferendosi il D.P.R. n. 633/1972, art. 19, comma 1, all’imposta relativa alle ‘operazioni effettuate’) deve ritenersi carente anche nel caso in cui i termini soggettivi dell’operazione non coincidano con quelli della fatturazione. Come è stato reiteratamente precisato dalla Sezione tributaria di questa Corte (ex multis, Sez. 5, n. 23626 del 11/11/2011) la previsione del D.P.R. n. 633/1972, art. 21, comma 7 – secondo la quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura – è, con riguardo all’ipotesi considerata, esplicita nel senso di imporre il versamento dell’imposta, ma di precluderne la detrazione.

iva

La disposizione viene, infatti, letta nel senso che il tributo viene ad essere considerato ‘fuori conto’ e la relativa obbligazione, conseguentemente “isolata” dalla massa di operazioni effettuate, ‘estraniata’, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione tra Iva ‘a valle’ ed Iva ‘a monte’, che presiede alla detrazione d’imposta di cui al D.P.R. n. 633/1972, art. 19. E ciò per il rilievo che il versamento dell’Iva ad un soggetto che non sta la genuina controparte, aprendo la strada ad un indebito recupero dell’imposta, è evento dirompente, nell’ambito del complessivo sistema Iva. Il diritto alla detrazione dell’IVA non può infatti prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in particolare della fattura che è considerata documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa”.


CORTE DI CASSAZIONE 
Sentenza 26 ottobre 2015, n. 42994

  1. (…) ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza con la quale il tribunale della libertà di Napoli ha confermato quella del Gip presso il medesimo tribunale che aveva disposto il sequestro preventivo di beni per reati tributari.

Al ricorrente si contesta di avere, con riferimento agli anni 2008, 2009 e 2010 nella qualità di legale rappresentante della (…) S.r.l. indicato nelle rispettive dichiarazioni dei redditi ed Iva elementi passivi fittizi derivanti dall’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.

  1. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite il difensore, solleva due motivi, articolati in più questioni, e qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizioni di attuazione codice di procedura penale nei limiti necessari per la stesura della motivazione.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge sotto il profilo dell’erronea applicazione della legge penale (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura penale), per avere il tribunale cautelare reso una motivazione disallineata rispetto all’impalcatura accusatoria.

Assume il ricorrente che il tribunale della libertà, travisando anche il contenuto della domanda cautelare formulata dal pubblico ministero e lo stesso decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari, ha erroneamente ritenuto che le fatture fossero state emesse per operazioni oggettivamente inesistenti, laddove non si è mai dubitato che le operazioni di compravendita fra le società definite di “secondo filtro” (…) s.r.l. e la (…) s.r.l. fossero vere e reali, che avessero cioè ad oggetto partite vere di merce e che questa merce fosse stata effettivamente consegnata e che la (…) l’avesse realmente pagata… continua per leggere la sentenza completa

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay