Fondi di previdenza complementare e prestazioni erogate in forma periodica: tassazione dell’imponibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31917 del 10 dicembre 2018 ha affrontato il tema della deducibilità ai fini IRPEF dei contributi versati al fondo aziendale di previdenza complementare dei dipendenti bancari, per ricordare che l’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include anche i contributi versati dal dipendente, attesa la loro natura facoltativa, essendo fiscalmente esenti – a norma dell’art. 48, TUIR vigente ratione temporis – soltanto i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè “in ottemperanza a disposizioni di legge”.
Le forme pensionistiche complementari sono certamente forme di previdenza finalizzate a erogare una pensione aggiuntiva a quella concessa dagli Istituti di previdenza obbligatoria, e per attirare l’attenzione verso tale settore il legislatore è intervenuto più volte disegnando, anzitutto, il “sistema” della previdenza complementare (con il Decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993, successivamente modificato e integrato).
In un secondo tempo, sono stati fissati nuovi principi e regole.
L’ultima riforma (attuata con il Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), in vigore dal primo gennaio 2007, ha interessato le forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio: il fine è sempre quello di garantire la conservazione di un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento.
Nel caso dibattuto un contribuente, dipendente di una banca, aveva chiesto il rimborso IRPEF (negato dal Fisco) sull’assunto della mancata applicazione della detrazione dall’imponibile del 4% dei contributi versati al fondo aziendale di previdenza complementare, prevista dall’art. 17, comma 2, del TUIR nella formulazione allora vigente.
A questo si opponeva l’Agenzia delle Entrate, che deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 2, e 48, comma 2 lett. a), (ora 19 e 51) TUIR (DPR 917/1986), censurando la precedente sentenza per avere il giudice d’appello ritenuto che quella operata dalla banca, in sede di liquidazione del fondo pensione integrativo al dipendente, era una ritenuta eccedente rispetto a quanto previsto dalla normativa all’epoca vigente.
I Giudici del Palazzaccio hanno però accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, seguendo la linea interpretativa delle precedenti pronunce della Cassazione (n. 11156/2010 e n. 23030/2014), affermando che: “… Va premesso che la determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 51 comma 2 lett. a) TUIR, vigente ratione temporis, prevede che “Non concorrono a formare il reddito i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”. Invero, in tema di IRPEF, la base imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari non è imposta dalla legge, ma ha natura facoltativa, in base ad accordi contrattuali col datore di lavoro. Pertanto i contributi versati dal dipendente, attesane la richiamata natura facoltativa, e posta la riferibilità dell’esenzione fiscale di cui all’art. 51, comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 917 del 1986 ai soli contributi previdenziali obbligatori, concorrono a formare il reddito tassabile (Cass. n. 124 del 04/01/2018), essendone esclusi solo quelli versati «in ottemperanza a disposizioni di legge» (Cass. 11156 del 2010, n. 23030 del 2014, n. 124 e 2201 del 2018). La citata giurisprudenza, ancorché riferita all’abrogato art. 48 TUIR, è applicabile alla fattispecie, regolata dall’art. 51 TUIR, che costituisce una semplice rimunerazione della precedente disposizione. 3. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 47 comma 1 lett. h) bis e art. 48 comma 7 bis TUIR ex art. 360 n. 3 c.p.c.. La censura, ammissibile nonostante l’erronea indicazione degli estremi della norma violata (cfr. Cass. n. 12690 del 23/05/2018), è fondata. Il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 7 bis, nel testo risultante dalla L. n. 335 del 1995 (art. 11, comma 8), disponeva: “le prestazioni periodiche indicate all’art. 47, comma 1, lett. h) bis costituiscono reddito per l’87,5 per cento dell’ammontare corrisposto”. A decorrere dal 1/1/2001, ai sensi del D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10, comma 1, lett. f) e art. 19 -”per le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 47, comma 1, lett. h-bis) erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato art. 48. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 41, comma 1, lett. g-quinquies), se determinabili; “.. Analoga disposizione è contenuta nel TUIR, art. 52, comma 1, lett. d) (così rinumerato l’art. 48 bis dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, art. 1) che, nella forma in vigore, dal 1/1/2004 e fino al 31/12/2006, disponeva: “d) per le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 50, comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato art. 51. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 44, comma 1, lett. g-quinquies), se determinabili”. Ne consegue che le prestazioni pensionistiche di cui alla all’art. 47 cit., comma 1, lett. h- bis) erogate in forma periodica, per il periodo in oggetto, sono tassabili non già solo sull’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto, sebbene sull’intero (cfr. Cass. 11156/2010; n. 240/2015)”.
CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 10 dicembre 2018, n. 31917
Sul ricorso 9449-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. 06363391001, in persona del « Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro D.C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENATO CESARINI 97, presso lo studio dell’avvocato DANIELA ETNA, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSALBA PADRONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6169/13/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 18/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA LA TORRE.
Ritenuto che
L’Agenzia delle Entrate impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello erariale proposto contro l’annullamento del diniego di rimborso dell’IRPEF anno 2007, che il contribuente, dipendente della Banca Commerciale Italiana, aveva richiesto, sull’assunto della mancata applicazione della detrazione dall’imponibile lordo del quattro per cento dei contributi versati al fondo aziendale di previdenza complementare, prevista dall’art. 17, comma 2, TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986), nella formulazione vigente ratione temporis.
E.D.C. resiste con controricorso e deposita memoria.
Considerato che
- Il primo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 2, e 48, comma 2 lett. a), (ora 19 e 51) TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986), censura la sentenza impugnata per avere il giudice d’appello ritenuto che quella operata dalla banca in sede di liquidazione del fondo pensione integrativo al dipendente era una ritenuta eccedente rispetto a quanto previsto dalla normativa all’epoca vigente, è fondato e va accolto.
- Va premesso che la determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 51 comma 2 lett. a) TUIR, vigente ratione temporis, prevede che “Non concorrono a formare il reddito i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”. Invero, in tema di IRPEF, la base imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari non è imposta dalla legge, ma ha natura facoltativa, in base ad accordi contrattuali col datore di lavoro.
Pertanto i contributi versati dal dipendente, attesane la richiamata natura facoltativa, e posta la riferibilità dell’esenzione fiscale di cui all’art. 51, comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 917 del 1986 ai soli contributi previdenziali obbligatori, concorrono a formare il reddito tassabile (Cass. n. 124 del 04/01/2018), essendone esclusi solo quelli versati «in ottemperanza a disposizioni di legge» (Cass. 11156 del 2010, n. 23030 del 2014, n. 124 e 2201 del 2018).
La citata giurisprudenza, ancorché riferita all’abrogato art. 48 TUIR, è applicabile alla fattispecie, regolata dall’art. 51 TUIR, che costituisce una semplice rimunerazione della precedente disposizione.
- Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 47 comma 1 lett. h) bis e art. 48 comma 7 bis TUIR ex art. 360 n. 3 c.p.c..
La censura, ammissibile nonostante l’erronea indicazione degli estremi della norma violata (cfr. Cass. n. 12690 del 23/05/2018), è fondata.
Il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 7 bis, nel testo risultante dalla L. n. 335 del 1995 (art. 11, comma 8), disponeva: “le prestazioni periodiche indicate all’art. 47, comma 1, lett. h) bis costituiscono reddito per l’87,5 per cento dell’ammontare corrisposto”.
A decorrere dal 1/1/2001, ai sensi del D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10, comma 1, lett. f) e art. 19 -”per le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 47, comma 1, lett. h-bis) erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato art. 48. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 41, comma 1, lett. g-quinquies), se determinabili; “.. Analoga disposizione è contenuta nel TUIR, art. 52, comma 1, lett. d) (così rinumerato l’art. 48 bis dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, art. 1) che, nella forma in vigore, dal 1/1/2004 e fino al 31/12/2006, disponeva: “d) per le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 50, comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato art. 51. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 44, comma 1, lett. g-quinquies), se determinabili”. Ne consegue che le prestazioni pensionistiche di cui alla all’art. 47 cit., comma 1, lett. h- bis) erogate in forma periodica, per il periodo in oggetto, sono tassabili non già solo sull’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto, sebbene sull’intero (cfr. Cass. 11156/2010; n. 240/2015).
Già dal 1° gennaio 2001 è stato infatti abrogato il riferimento all’imponibile sino al 87,5% con detrazione del 12,50% sulle prestazioni erogate dal Fondo pensioni, per cui ha errato la CTR a ritenere applicabile alla fattispecie in esame – relativa a ritenute operate nell’anno 2006 – una disciplina non più in vigore.
- La sentenza va conseguentemente cassata, non avendo la C.T.R. applicato i suindicati principi; non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384, comma 2, c.p.c.), col rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
- Le spese del giudizio vanno interamente compensate, in ragione del consolidarsi della giurisprudenza in periodo successivo alla proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa integralmente le spese del giudizio.