Evasione e voluntary, parte lo scambio di informazioni
La “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure) è lo strumento messo a disposizione dei contribuenti dal Fisco per regolarizzare la propria posizione, ammettendo in pratica di aver illecitamente trasferito all’estero dei capitali finanziari o patrimoniali senza che venissero dichiarati. Proprio al fine di favorirne e incentivarne il rientro, la misura introdotta dall’art. 1 della legge 186/2014 prevede riduzioni fino alla metà delle sanzioni, a fronte dell’intero versamento di imposte e interessi, oltre all’esclusione della punibilità per diverse tipologie di reati (tra i quali l’omessa e infedele dichiarazione.
Dopo la prima edizione, che regolarizzava le violazioni compiute fino al 30 settembre 2014, ne è stata varata una seconda (DL 193/2016) tramite la quale si potranno inviare per via telematica, entro il 31 luglio 2017, le richieste di accesso alla procedura volta a far emergere le violazioni compiute fino al 30 settembre 2016. La nuova procedura è attiva dallo scorso 7 febbraio, grazie alla emanazione delle specifiche tecniche e delle nuove istruzioni di compilazione per la domanda da presentare telematicamente attraverso Entratel o Fisconline e solo con i nuovi modelli, contenute nel provvedimento dell’Agenzia Entrate del 3 febbraio, presente nella sezione dedicata del sito dell’Agenzia.
A partire dal 7 febbraio, dunque, i professionisti abilitati possono trasmettere le domande di adesione alla procedura di collaborazione volontaria: lo stesso dicasi anche per quanti hanno già aderito inviando il vecchio modello, che dovranno ritrasmettere la domanda barrando la casella “istanza trasmessa in precedenza”.
La “verosimile pertinenza”
Nell’intervento al videoforum di Italia Oggi il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha parlato della collaborazione volontaria in termini di gettito e anche alla luce delle conseguenze dello scambio automatico di informazioni utili per la lotta all’evasione, che sarà operativo nell’anno in corso. I soggetti interessati sono quelli componenti la platea di contribuenti – un numero rilevante – che non hanno ritenuto utile, né conveniente, accedere alla voluntary disclosure.
La Orlandi ha illustrato il notevole successo della prima edizione della voluntary in termini di superamento delle previsioni di incasso, anche grazie all’approfondita attività di accertamento svolta su ciascuna pratica da circa 4.000 funzionari dell’Agenzia. Ma oltre ai dati riferiti al gettito, la misura del 2016 è servita a fornire un ricco e prezioso database che, oltre a tornare di certo utile per la versione del 2017, permetterà “di approfondire e affinare gli strumenti a disposizione degli uffici in chiave antievasione”.
L’Agenzia delle Entrate, con il Dipartimento delle Politiche fiscali del Mef e la Guardia di Finanza, fa parte della task force internazionale che, grazie alla collaborazione con le autorità fiscali di tutto il mondo, permetterà di accedere a un patrimonio comune di dati per elaborare analisi e strategie da utilizzare nella lotta all’evasione fiscale.
Dal primo gennaio è in funzione l’accordo sullo scambio automatico di informazioni fiscali, concluso con l’Unione Europea e una trentina di altri Paesi dalla Svizzera, che permetterà di condividere nomi, cognomi e Paesi d’origine di chi ha depositato nelle banche elvetiche patrimoni che ammontano, secondo le stime, a circa 2.000 miliardi di euro. Dal primo gennaio 2017, quindi, fine del segreto bancario tutelato da una legge introdotta nel lontano 1934: banche e società finanziarie, d’ora in poi, trasmettono i dati dei propri clienti residenti all’estero all’Agenzia federale delle Entrate di Berna che, a sua volta, li comunica ai Paesi con i quali ha sottoscritto l’accordo fiscale. Un evento da molti definito “epocale”. In partenza anche le richieste di scambio di informazioni da inviare alle Autorità fiscali di un altro dei paradisi fiscali (ex, ormai), il Lussemburgo.
Le richieste sono impostate secondo il della “verosimile pertinenza”, che esige l’esistenza di una ragionevole possibilità che le informazioni richieste siano rilevanti per le attività di controllo fiscale dell’Amministrazione richiedente e che esclude la possibilità che possano essere considerate richieste “speculative di informazioni prive di un nesso apparente con una indagine o un accertamento in corso” – Garufi e Garbarino, Fiscalità e Commercio internazionale n.1/2013 – (le cosiddette fishing expeditions) e respinte.