DIRITTO EUROPA

Europa e pensione complementare: obiettivi, regole e attuazione

La Direttiva mira a promuovere, per l’appunto, la mobilità dei lavoratori riducendo gli ostacoli creati da alcune regole relative ai regimi pensionistici complementari collegati a un rapporto di lavoro; dal momento che la disponibilità di una pensione complementare assume sempre maggiore importanza in molti Stati membri come mezzo per garantire il tenore di vita delle persone anziane, le condizioni di acquisizione e salvaguardia dei diritti alla pensione devono essere migliorate in modo da ridurre gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori tra Stati membri: “Occorre tutelare in maniera adeguata l’introduzione di nuovi regimi, la sostenibilità di quelli esistenti e le aspettative e i diritti degli attuali iscritti ai regimi pensionistici. La presente direttiva dovrebbe inoltre prendere in considerazione in maniera particolare il ruolo delle parti sociali nella progettazione e nell’attuazione dei regimi pensionistici complementari”.

La protezione sociale dei lavoratori riguardo alle pensioni è garantita dai regimi obbligatori di sicurezza sociale, integrati dai regimi pensionistici complementari connessi a un contratto di lavoro, che negli Stati membri assumono un peso sempre più rilevante. Ovviamente, non si rimette in discussione il diritto degli Stati membri a organizzare i propri regimi pensionistici: gli Stati membri conservano la piena responsabilità di organizzare i regimi in questione e, nel recepire la Direttiva nella normativa nazionale, non sono tenuti a introdurre una legislazione che disponga l’istituzione di regimi pensionistici complementari. La Direttiva non prevede il trasferimento dei diritti pensionistici maturati: tuttavia, per facilitare la mobilità dei lavoratori tra i Paesi membri, questi dovrebbero adoperarsi al massimo per migliorare la trasferibilità dei diritti pensionistici maturati, in particolare nel momento in cui vengono istituiti nuovi regimi pensionistici complementari.

La Direttiva, che si prefigge di agevolare ulteriormente la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari degli iscritti a tali regimi di pensione complementare, non si applica ai piani pensionistici individuali diversi da quelli basati su un rapporto di lavoro e non si applica, inoltre, all’acquisizione e alla salvaguardia dei diritti pensionistici complementari per i lavoratori che si spostano all’interno di un solo Stato membro: i Paesi membri possono valutare la possibilità di esercitare le loro competenze nazionali per estendere le norme applicabili ai sensi della Direttiva 2014/50/UE agli iscritti che cambiano lavoro all’interno di un solo Stato membro.

Il decreto attuativo

Uno degli ultimi atti del Governo Gentiloni è stato l’approvazione, in esame preliminare, del D.lgs. attuativo della Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari (il termine ultimo per il recepimento, fissato dall’art. 8, è il 21/5/2018).

Il decreto si prefigge di adottare misure idonee a garantire la completa salvaguardia dei diritti pensionistici maturati nel regime pensionistico complementare da parte dei lavoratori che operano in mobilità tra Stati membri dell’Unione con l’adeguamento alla normativa europea del periodo minimo di acquisizione dei diritti pensionistici complementari. Viene inoltre confermata l’esclusione nel nostro ordinamento dalla decadenza dei diritti pensionistici complementari, così che l’iscritto che perde i requisiti di partecipazione al fondo può richiedere il riscatto della sua intera posizione individuale o il trasferimento a un altro fondo pensione.

La Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) è chiamata a garantire che gli iscritti attivi e i loro eredi possano ottenere informazioni: a) sulle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro sui loro diritti pensionistici complementari; b) sul valore dei loro diritti pensionistici in sospeso o sulla valutazione dei diritti pensionistici in sospeso effettuata, al massimo, nei 12 mesi precedenti la data della richiesta o, ancora, sulle condizioni che regolano il trattamento dei diritti pensionistici in sospeso.

La Direttiva 2017/50/UE

La Direttiva, che abbiamo detto stabilisce norme volte a facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori tra Stati membri riducendo gli ostacoli creati da alcune regole relative ai regimi pensionistici complementari collegati a un rapporto di lavoro, si applica ai regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CE) n. 883/2004, e unicamente ai periodi di occupazione successivi al suo recepimento.

Non si applica alle prestazioni di invalidità e/o ai superstiti collegate ai regimi pensionistici complementari e nei seguenti casi:

  1. a) regimi pensionistici complementari che, alla data di entrata in vigore della Direttiva, non accettano più nuovi iscritti attivi e restano chiusi ai nuovi iscritti;
  2. b) regimi pensionistici complementari che sono oggetto di misure che comportano l’intervento di organi amministrativi istituiti dalla legislazione nazionale o di organi giurisdizionali, volte a mantenere o a ripristinare la loro situazione finanziaria, comprese le procedure di liquidazione. Questa deroga non si protrae oltre il termine di tale intervento;
  3. c) fondi di garanzia in caso di insolvenza, fondi di compensazione e fondi di riserva pensionistici nazionali;
  4. d) pagamento una tantum versato da un datore di lavoro a un dipendente al termine del rapporto di lavoro che non è connesso a un ente pensionistico.

Le condizioni di acquisizione dei diritti

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché:

  1. a) se è applicato un periodo di acquisizione o un periodo di attesa (o entrambi), il periodo totale combinato non superi in alcun caso i 3 anni per i lavoratori in uscita;
  2. b) se è prevista un’età minima per l’acquisizione dei diritti a pensione, questa non sia superiore a 21 anni per i lavoratori in uscita;
  3. c) se un lavoratore in uscita non ha ancora maturato diritti pensionistici nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro, il regime pensionistico complementare rimborsi i contributi versati dal lavoratore in uscita o versati per conto del lavoratore in uscita conformemente alle disposizioni normative nazionali o agli accordi o ai contratti collettivi o, nel caso in cui il rischio d’investimento sia sostenuto dal lavoratore in uscita, la somma dei contributi versati o il valore degli investimenti risultanti dal versamento di tali contributi.

I Paesi membri hanno la facoltà di autorizzare le parti sociali a stabilire disposizioni diverse, tramite contratti collettivi, a meno che tali disposizioni non forniscano una protezione meno favorevole e non creino ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori.

 

 

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