Energia elettrica: quando si può chiedere il rimborso all’Erario per le addizionali provinciali
Accise e imposte di fabbricazione – Riscossione –Addizionale provinciale sui consumi di energia elettrica – Art.6, DL n. 511/1988 – Anni 2010-2011 – Contrasto con il diritto dell’Unione – Consumatore finale – Pagamento indebito al fornitore di energia a titolo di rivalsa – Rimborso dell’addizionale – Principio di effettività della tutela giurisdizionale – Azione di indebito oggettivo – Legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario – Prescrizione ordinaria – Sussistenza –Rimborso – Presupposti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21154 del 29 luglio 2024, precisando quali sono i termini per il rimborso delle addizionali provinciali indebitamente versate – in quanto in contrasto con il diritto dell’Unione per la fornitura di energia elettrica da parte del consumatore finale – dirime l’ampio filone di contenzioso per i rimborsi delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica, che compete non alle Province, ma all’Agenzia delle dogane e dei Monopoli e procede ai rimborsi di tali tributi, oltre che a resistere in giudizio nei processi d’impugnazione dei relativi dinieghi. In proposito la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “… in caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, D.L. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir. 2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.
Gli Ermellini sono pertanto intervenuti per illustrare, proprio in considerazione dell’eccessiva difficoltà nell’ottenere il rimborso per il consumatore finale dell’energia elettrica, quali azioni possono essere attivate da questi per ottenere il rimborso delle addizionali provinciali, fornendo importanti chiarimenti sull’azione da svolgere nei confronti del fornitore, anche nel caso in cui se ne fornisca prova dell’insolvenza, statuendo che “… La ripercussione da parte del fornitore di energia, soggetto di imposta, sul consumatore finale di una imposta a titolo di rivalsa, la quale venga successivamente dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione con direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano non costituisce, pertanto, unicamente ragione per procedere con azione per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., n. 25149/2023, cit.; Cass., n. 25149/2022, cit.), bensì costituisce anche titolo per procedere nei confronti dell’ente impositore (ADM) con azione di ripetizione di indebito oggettivo”.
L’addizionale provinciale alle accise sul consumo di energia elettrica era stata istituita a favore dei Comuni e delle Province dall’art. 6 del decreto-legge 511/1988, per finanziare gli enti territoriali. Ai sensi del comma 3 della norma citata, le addizionali erano liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica, ovvero a cura del competente ufficio dell’Agenzia delle dogane (articoli 52 e ss., D.lgs 504/1995, Testo Unico Accise-TUA). Soggetti passivi del tributo erano gli operatori economici cedenti l’energia elettrica ai consumatori finali, in conformità all’art. 53,comma 1, lett. a), TUA che comunque potevano “rivalersi” (art. 56, comma 1, TUA) nei confronti dei consumatori medesimi, che finivano quindi “incisi” dallo stesso.
L’addizionale in oggetto è stata poi abrogata a partire dal 1° gennaio 2012.
Con l’odierna pronunzia la Cassazione viene a rammentare il vigente diritto dell’Unione, dove gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti indebitamente. In proposito si ricorda che il punto di partenza dell’arresto della Corte di Giustizia è la conferma del principio di diritto, costantemente affermato dalla ECJ, secondo cui non può aversi nei rapporti tra privati efficacia “orizzontale” o diretta di una direttiva non attuata (CGUE, C-316/22, punto 27; CGUE, 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C-383/21 e C-384/21, punto 36, CGUE; 22 novembre 2017, Cussens, C-251/16, punto 26; CGUE, 12 dicembre 2013, Portgás, C-425/12, punti 18 e 22).
Questa tesi – l’insussistenza di una efficacia diretta tra privati derivante da una direttiva non attuata – ha costituito il punto di partenza della Corte di Giustizia per affermare che “ … in una situazione come quella di cui ai procedimenti principali, i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità con le disposizioni della direttiva 2008/118 e, di conseguenza, a ottenere il rimborso dell’onere economico supplementare generato da tale imposta che essi hanno dovuto sopportare a causa della scorretta trasposizione di tale direttiva da parte della Repubblica italiana”. (CGUE, C-316/22, cit., punto 36). Normativa questa che :“… viola il principio di effettività, in quanto non permette ad un consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che detto fornitore ha lui stesso indebitamente versato al suddetto Stato membro” (CGUE, C-316/22, cit., punto 37).
In assenza, quindi, di una disciplina armonizzata, spetta all’ordinamento giuridico interno stabilire le precise modalità procedurali.
Nel caso concreto, prosegue la decisione, ha assunto rilevanza l’impossibilità, ovvero l’eccessiva difficoltà, nell’ottenere il rimborso per il consumatore finale. E il principio di effettività esige che il consumatore finale sia in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente nei confronti dello Stato membro interessato.
Da qui l’enunciazione odierna della Suprema Corte: “… il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia a titolo di rivalsa imposte in contrasto con il diritto dell’Unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d.lgs. n. 504/1995”. In precedenza la stessa giurisprudenza aveva riconosciuto che la giurisdizione ordinaria si poteva configurare nel solo caso in cui l’amministrazione riconosca formalmente il diritto al rimborso anche nel quantum, ossia emetta un riconoscimento di debito a cui poi non dia attuazione (Cass. SS. UU., n. 12150/2021; Cass. n. 2847/2024).
In questa prospettiva la condizione del fornitore, soprattutto se in stato di insolvenza, diveniva determinante ai fini di individuare una responsabilità dello Stato ai fini del rimborso delle imposte indebitamente versate, in virtù del richiamato principio di diritto dell’Unione dell’effettività del diritto al rimborso. A tali principi si è poi ispirata la giurisprudenza della Suprema Corte, ove dapprima si è negata, in termini generali, la legittimazione attiva al consumatore finale all’azione di rimborso proposta nei confronti dell’Ufficio e, in particolare, dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli (ADM).
Decisivo è stato il rilievo dell’assenza del rapporto di imposta tra consumatore finale e Agenzia, essendo l’addizionale (al pari dell’accisa) imposta monofase e non plurifase (diversamente da quanto accade per l’IVA), la cui mera facoltatività della rivalsa degrada l’imposta versata dal consumatore al fornitore a mera componente del corrispettivo contrattuale (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25151), ciò a corollario dell’estraneità del consumatore finale al rapporto di imposta (Cass., Sez. V, 24 maggio 2019, n. 14200; Cass., Sez. V, 4 giugno 15199; Cass., Sez. V, 24 luglio 2019, n. 20018).
Da questa restrizione della legittimazione (ordinaria) a far valere l’azione tributaria di rimborso nei confronti di ADM dell’imposta versata al fornitore, discende il dispiegarsi dell’azione di indebito oggettivo da parte del consumatore finale nei confronti del fornitore in caso di cumulo di una imposta indebita al corrispettivo contrattuale del servizio reso dal fornitore stesso.
Nel qual caso, ove per la condizione soggettiva del fornitore non sia possibile ottenere il rimborso da questi o, comunque, il rimborso appaia eccessivamente gravoso, insorge – come correttamente evidenziato dal ricorrente – l’azione diretta del consumatore finale nei confronti di ADM, ove il consumatore dimostri questa condizione soggettiva del fornitore. L’azione nei confronti di ADM è esperibile in alternativa all’azione per risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25149; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980).
L’esperimento di questa azione, proposta nei confronti di ADM, non incide sulla giurisdizione del giudice tributario, ove il consumatore finale si limiti a impugnare il diniego di rimborso, dovendosi tenere conto, ai fini del riparto di giurisdizione, del petitum sostanziale della domanda e del tipo di esercizio del potere giurisdizionale richiesto, a prescindere dalla questione relativa alla configurabilità o meno di un rapporto giuridico diretto tra l’utente e il fisco, che attiene al merito della controversia (Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33687). Si conferma, pertanto, la giurisprudenza di questa, Corte secondo cui “… il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso” (Cass. n. 33099/2022; Cass. n. 31609/2022; Cass. n. 15317/2021; Cass. nn. 27791, 27792/2022; Cass. n. 3233/2020; Cass. n. 901/2020; Cass., n. 33603/2019; Cass, n. 29980, 29981 e nn. 27099, 27100/2019).
Da considerare anche che con l’ordinanza n.19813/2023 gli Ermellini avevano già formulato il seguente e importante principio di diritto, che così recitava: “… il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia a titolo di rivalsa imposte in contrasto con il diritto dell’Unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d. lgs. n. 504/1995”. Da qui l’enunciazione del richiamato principio di diritto.
Tanto premesso e tornando all’odierno dibattimento, la vicenda riguarda una società contribuente, consumatore finale di energia elettrica, che ha impugnato un provvedimento di diniego tacito di rimborso per importi versati a titolo di addizionali provinciali sui consumi di energia elettrica. La domanda di rimborso si basava sul presupposto che il fornitore di energia elettrica aveva originariamente addebitato i relativi importi alla contribuente in via di rivalsa ed era stata successivamente ingiunta dalla contribuente per restituzione delle addizionali indebitamente versate, in quanto in contrasto con il diritto dell’Unione europea. La società contribuente aveva dedotto, inoltre, che il fornitore di energia fosse stato successivamente ammesso alla procedura di concordato preventivo dal Tribunale di Milano, per cui la domanda di rimborso nei confronti del fornitore doveva ritenersi definitivamente infruttuosa. Sulla base di tali presupposti la parte contribuente aveva svolto azione di rimborso direttamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, facendo valere la propria legittimazione straordinaria al rimborso nei confronti della stessa per eccessiva difficoltà ad agire nei confronti del fornitore. La CTP di Milano ha rigettato il ricorso ritenendo tardiva l’istanza, in quanto presentata oltre il termine di cui all’art. 14, comma 2, D.lgs. 504/1995(TUA), non trattandosi di domanda di indebito oggettivo, bensì di ordinaria domanda di rimborso per accise indebitamente versate.
La Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente. La società contribuente ha allora proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, in cui essenzialmente si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, commi 2 e 3 TUA, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto operante, nella specie, il termine di decadenza biennale in luogo del termine di prescrizione ordinario. Considera ancora la parte ricorrente che il termine di decadenza è opponibile al contribuente obbligato al versamento dell’imposta, laddove la società ricorrente, essendo priva di rapporto di imposta con l’Agenzia delle dogane, può esperire unicamente una domanda di indebito oggettivo nei confronti dell’ufficio per impossibilità o eccessiva difficoltà di ottenere il rimborso in sede civile dal soggetto obbligato. L’azione, nella specie, trarrebbe origine dal diritto dell’Unione europeae, in particolare, dal principio di effettività (come ribadito in sede di discussione orale), con conseguente applicazione della prescrizione ordinaria. La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso fondato e ha affermato che “… Secondo il diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti indebitamente dallo Stato membro, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è la conseguenza e il complemento dei diritti conferiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (CGUE, 11 aprile 2024, Gabel Industria Tessile + 1, C-316/22, punto 29; CGUE, 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss, C-94/10, punto 20). 4. Parimenti, in assenza di una disciplina armonizzata in tema di rimborso di imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le precise modalità procedurali secondo le quali debba essere esercitato il diritto di ottenere il rimborso dell’onere economico sopportato dal consumatore finale (CGUE, C-316/22, cit., punto 33; CGUE, 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, punto 37), purché tali modalità rispettino i principi di equivalenza e di effettività (CGUE, 11 aprile 2024, Eventmedia Soluciones, C-173/23, punti 31, 32 e ss.; CGUE, 17 giugno 2004, Recheio – Cash & Carry, C-30/02, punto 17; CGUE, 6 ottobre 2005, MyTravel, C-291/03, punto 17). 5. Al riguardo, rilevanza decisiva ha assunto, nel caso di specie, la questione dell’impossibilità ovvero della eccessiva difficoltà nell’ottenere il rimborso per il consumatore finale dell’energia elettrica immessa in consumo che si sia rivolto ai fornitori interessati dal versamento all’Erario delle addizionali; in questo caso, il principio di effettività esige che il consumatore finale sia in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente nei confronti dello Stato membro interessato (CGUE, C-35/05, cit., punto 41; CGUE, 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, punto 53). In questa prospettiva, la condizione del fornitore (es. stato di insolvenza) diviene decisiva ai fini di individuare una responsabilità dello Stato ai fini del rimborso delle imposte indebitamente versate, in virtù del richiamato principio di diritto dell’Unione dell’effettività del diritto al rimborso. 6. A tali principi si è ispirata la giurisprudenza di questa Corte, ove si è negato, in termini generali, legittimazione attiva al consumatore finale all’azione di rimborso proposta nei confronti dell’Ufficio e, in particolare, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM). Decisivo è stato il rilievo dell’assenza del rapporto di imposta tra consumatore finale e Agenzia delle Dogane, essendo l’addizionale (al pari dell’accisa) imposta monofase e non plurifase (diversamente da quanto accade per l’IVA), la cui mera facoltatività della rivalsa degrada l’imposta versata dal consumatore al fornitore a mera componente del corrispettivo contrattuale (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25151), ciò a corollario dell’estraneità del consumatore finale al rapporto di imposta (Cass., Sez. V, 24 maggio 2019, n. 14200; Cass., Sez. V, 4 giugno 15199; Cass., Sez. V, 24 luglio 2019, n. 20018 e successive). 7. Da questa restrizione della legittimazione (ordinaria) a far valere l’azione tributaria di rimborso nei confronti di ADM dell’imposta versata al fornitore discende il dispiegarsi dell’azione di indebito oggettivo da parte del consumatore finale nei confronti del fornitore in caso di cumulo di una imposta indebita al corrispettivo contrattuale del servizio reso dal fornitore. Nel qual caso, ove per la condizione soggettiva del fornitore non sia possibile ottenere il rimborso dal fornitore o, comunque, il rimborso appaia eccessivamente gravoso, insorge – come correttamente evidenziato dal ricorrente – l’azione diretta del consumatore finale nei confronti di ADM, ove il consumatore dimostri questa condizione soggettiva del fornitore. L’azione nei confronti di ADM è esperibile in alternativa all’azione per risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25149; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980). 8. L’esperimento di questa azione, proposta nei confronti di ADM, non incide sulla giurisdizione del giudice tributario, ove il consumatore finale si limiti ad impugnare il diniego di rimborso, dovendosi tenere conto, ai fini del riparto di giurisdizione, del petitum sostanziale della domanda e del tipo di esercizio del potere giurisdizionale richiesto, a prescindere dalla questione relativa alla configurabilità o meno di un rapporto giuridico diretto tra l’utente e il fisco, che attiene al merito della controversia (Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33687). La giurisdizione ordinaria si configura nel solo caso (residuale) in cui l’amministrazione riconosca formalmente il diritto al rimborso anche nel quantum, ossia emetta un riconoscimento di debito a cui poi non dia attuazione (Cass., Sez. U., 7 luglio 2021, n. 12150; Cass., Sez. III, 30 gennaio 2024, n. 2847). 9. Tuttavia questa azione, fondata sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, è volta a far valere anche in questo caso (attesa l’estraneità del consumatore al rapporto di imposta) l’indebito oggettivo dovuto alla ingiustificata ripercussione sul patrimonio del consumatore finale del versamento di un corrispettivo indebito, avente a oggetto una imposta indebitamente versata al fornitore (l’addizionale provinciale) in quanto in contrasto con il diritto dell’Unione. L’azione nei confronti di ADM anziché del fornitore non muta, difatti, la causa petendi del consumatore finale, che esercita una azione di indebito oggettivo per un corrispettivo maggiorato di un importo corrispondente all’imposta indebitamente versata in via di rivalsa. 10. L’ente impositore (ADM) diviene, pertanto, legittimato passivo di una azione di indebito oggettivo. Ne consegue che l’insorgenza di una legittimazione straordinaria del consumatore finale di energia (sprovvisto della legittimazione ordinaria) nei confronti di ADM, imposta per l’attuazione del principio di effettività, non può mutare la causa petendi dell’azione da questi originariamente proposta e divenuta infruttuosa nei confronti del fornitore, azione alla quale il diritto dell’Unione impone copertura giurisdizionale. 11. Né può ipotizzarsi che l’azione che il consumatore esperisca nei confronti dell’Ufficio (ADM) costituisce azione surrogatoria del fornitore, né tanto meno – come nella discussione prospettato dall’Avvocatura dello Stato – l’azione proposta dal consumatore può integrare i presupposti di una sostituzione processuale del soggetto di imposta (art. 81 cod. proc. civ.) nei confronti di ADM. In disparte l’assenza di una espressa norma di legge che legittimi ex art. 81 cod. proc. civ. il consumatore finale ad agire instar fornitore, i fondamenti della domanda del fornitore (che abbia versato imposte indebitamente) e di quella del consumatore (che abbia versato indebitamente al fornitore una indebita quota di corrispettivo a titolo di rivalsa) sono differenti. Il fornitore, soggetto al rapporto di imposta, può invocare la natura indebita del pagamento a termini dell’art. 14, comma 2, TUA, ovvero l’impossibilità di detrarre l’imposta dalla dichiarazione di consumo, come anche l’essere stato compulsato dal fornitore alla ripetizione della rivalsa (art. 14, comma 4, TUA). Il consumatore finale, estraneo al rapporto di imposta, chiede la ripetizione dal corrispettivo versato di quanto indebitamente versato a titolo di rivalsa al fornitore, attività che non lo investe del rapporto di imposta, restando la rivalsa sul piano civilistico del rapporto contrattuale, nonché costituendo l’imposta versata al fornitore una quota del corrispettivo contrattuale. 12. Deve, pertanto, ritenersi che il consumatore finale agisca a tutela di un diritto proprio, per avere corrisposto una quota indebita di un corrispettivo per un servizio ricevuto dal fornitore, fatto valere nei confronti di un soggetto (ADM), che ha incamerato quella quota di corrispettivo a titolo di imposta e che diviene legittimato passivo dell’azione proposta dal consumatore in forza del principio di effettività. La natura indebita dell’imposta discende dall’avere il consumatore continuato a corrispondere al fornitore quale quota di corrispettivo le addizionali provinciali di cui all’art. 6, comma 2, d.l. 28 novembre 1988, n. 511, nonostante le stesse si ponessero in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, con l’art. 48 dir. 2008/118/CE, che ha imposto agli Stati membri il tempestivo adeguamento delle norme di diritto interno, tardivamente attuate solo con il d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68. 13. Trattandosi, pertanto, di indebito oggettivo, non può applicarsi all’azione del consumatore finale nei confronti di ADM il termine di decadenza biennale di cui all’art. 14, comma 2, TUA, proprio del rapporto di imposta, bensì la prescrizione ordinaria, propria dell’azione di indebito oggettivo. L’applicazione del termine prescrizionale ordinario, ben più ampio del termine di decadenza biennale, deve ritenersi idonea, inoltre, ad attribuire al consumatore una tutela ben più ampia rispetto a quella del soggetto di imposta. Si conferma, pertanto, la giurisprudenza di questa, Corte secondo cui «il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso» (Cass., Sez. V, 9 novembre 2022, n. 33099; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15317; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2019, nn. 27791, 27792; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2020, nn. 22344, 22345; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, nn. 21770, 21772; Cass., Sez. V, 11 febbraio 2020, n. 3233; Cass., Sez. V, 17 gennaio 2020, n. 901; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33603; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980, 29981; Cass., Sez. V, 23 ottobre 2019, nn. 27099, 27100). 14. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: «il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia a titolo di rivalsa imposte in contrasto con il diritto dell’Unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d.lgs. n. 504/1995». La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio di diritto e va cassata. 15. Il secondo motivo è fondato, anche alla luce del recente arresto della Corte di Giustizia nella causa C-316/22 (CGUE, 11 aprile 2024 Gabel Industria Tessile, C-316/22), pronuncia che costituisce importante innovazione nel diritto dell’Unione e che impone una rilettura del perimetro di esplicazione della legittimazione straordinaria del consumatore finale nei confronti di ADM in tema di rimborso di addizionali provinciali di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988, applicate in contrasto con la Direttiva 2008/118/CE. 16. Punto di partenza dell’arresto della Corte di Giustizia è la conferma del principio di diritto, costantemente affermato dalla ECJ, secondo cui non può aversi nei rapporti tra privati efficacia «orizzontale» o diretta di una direttiva non attuata (CGUE, C-316/22, punto 27; CGUE, 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C-383/21 e C-384/21, punto 36, CGUE; 22 novembre 2017, Cussens, C-251/16, punto 26; CGUE, 12 dicembre 2013, Portgás, C-425/12, punti 18 e 22). 17. Questo assunto – l’insussistenza di una efficacia diretta tra privati derivante da una direttiva non attuata – ha costituito il punto di partenza della Corte di Giustizia per affermare che «in una situazione come quella di cui ai procedimenti principali, i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità con le disposizioni della direttiva 2008/118 e, di conseguenza, a ottenere il rimborso dell’onere economico supplementare generato da tale imposta che essi hanno dovuto sopportare a causa della scorretta trasposizione di tale direttiva da parte della Repubblica italiana» (CGUE, C-316/22, cit., punto 36); normativa che «viola il principio di effettività, in quanto non permette ad un consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che detto fornitore ha lui stesso indebitamente versato al suddetto Stato membro» (CGUE, C-316/22, cit., punto 37). 18. L’impossibilità per il consumatore finale di invocare nei confronti del fornitore di energia l’efficacia orizzontale della direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano si colloca, nell’ambito delle condizioni dell’esercizio dell’azione straordinaria del consumatore finale nei confronti di ADM, in una fase logicamente anteriore e pregiudiziale rispetto alla condizione soggettiva del fornitore che non riuscirebbe a rimborsare l’addizionale indebitamente ripercossa sul consumatore a titolo di rivalsa. Difatti, l’azione del consumatore nei confronti del fornitore ha per presupposto che l’azione nei confronti del fornitore sia giuridicamente (in astratto) esperibile, ma risulti in concreto eccessivamente difficoltosa, come nel caso dell’insolvenza del fornitore. Ove, invero, l’azione non sia neanche astrattamente esperibile perché manca il presupposto di diritto per l’azione nei confronti del fornitore (nei termini indicati dalla Corte di Giustizia), cade il presupposto in base al quale doversi accertare l’eccessiva difficoltà dell’esperimento dell’azione nei confronti del fornitore, perché in questo caso l’azione di rimborso nei confronti del fornitore è ipso iure preclusa («i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità»: CGUE, loc. cit.). 19. La ricaduta di questo principio nel caso dell’azione di rimborso di addizionali provinciali è ancora più ampia della tradizionale apertura alla legittimazione straordinaria ai soli casi in cui venga in esame la condizione soggettiva del fornitore. L’impossibilità ad agire nei confronti del fornitore da parte del consumatore discende dalla impossibilità di invocare a fondamento della ripetizione di indebito la mancata o irregolare trasposizione della direttiva nell’ordinamento interno, senza doversi accertare l’eccessiva difficoltà dovuta alla condizione del fornitore. Ne consegue che, indipendentemente dalla condizione soggettiva del fornitore, l’indebita corresponsione di addizionali in via di rivalsa al fornitore costituisce presupposto perché il consumatore finale possa ottenere soddisfazione – nei limiti della prescrizione ordinaria – del proprio diritto a vedersi manlevato dall’Ufficio delle imposte indebitamente corrisposte in applicazione del principio di effettività. 20. La ripercussione da parte del fornitore di energia, soggetto di imposta, sul consumatore finale di una imposta a titolo di rivalsa, la quale venga successivamente dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione con direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano non costituisce, pertanto, unicamente ragione per procedere con azione per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., n. 25149/2023, cit.; Cass., n. 25149/2022, cit.), bensì costituisce anche titolo per procedere nei confronti dell’ente impositore (ADM) con azione di ripetizione di indebito oggettivo. Va, pertanto, enunciato l’ulteriore principio di diritto: «in caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir. 2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.
Corte di Cassazione – Sentenza 29 luglio 2024, n. 21154
sul ricorso iscritto al n. 19813/2023R.G. proposto da:
U. M. S. p.A . ( C.F. 0 7515280159 ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentat a e difes a dall’Avv. NICOLA CRISPINO (C.F. CRSNCL70M04F839Z) e dall’Avv. ROBERTO PERA in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso lo Studio Rödl Partner in Roma, Piazza di Sant’Anastasia,7
– ricorrente –
contro AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. 97210890584), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, n. 1831/02/23depositata in data 30 maggio 2023
Udita la relazione svolta dal Consigliere Filippo D’Aquino nella pubblica udienza del 28 maggio 2024; udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale TOMMASO BASILE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NICOLA CRISPINO per il ricorrente;
udito l’Avv. ANNA COLLABOLLETTA dell’Avvocatura Generale dello Stato per il controricorrente
FATTI DI CAUSA
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, commi 2 e 3 TUA, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto operante nella specie il termine di decadenza biennale in luogo del termine di prescrizione ordinario. Osserva parte ricorrente che il termine di decadenza è opponibile al contribuente obbligato al versamento dell’imposta, laddove la società ricorrente, essendo priva di rapporto di imposta con l’Agenzia delle Dogane, può esperire unicamente una domanda di indebito oggettivo nei confronti dell’Ufficio per impossibilità o eccessiva difficoltà di ottenere il rimborso in sede civile dal soggetto obbligato. L’azione, nella specie, trarrebbe origine dal diritto dell’Unione e, in particolare, dal principio di effettività (come ribadito in sede di discussione orale), con conseguente applicazione della prescrizione ordinaria. Osserva, infine, il ricorrente che l’applicazione del termine biennale di decadenza comporterebbe, anche in termini fattuali, la frustrazione del diritto del consumatore finale.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 1 TUA, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non assolto l’onere di previo esperimento di tutte le azioni offerte dall’ordinamento nei confronti del fornitore di energia elettrica. Deduce parte ricorrente che tale condizione processuale non è imposta dal diritto dell’Unione, che richiede unicamente che l’azione nei confronti del fornitore risulti impossibile o eccessivamente difficile. Sotto questo profilo, il ricorrente osserva che risulterebbe sufficiente avere addotto la prova della insolvenza del fornitore, anche solo provando di avere compulsato il debitore con una formale intimazione stragiudiziale di pagamento.
3. Il primo motivo è fondato.
Secondo il diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti indebitamente dallo Stato membro, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è la conseguenza e il complemento dei diritti conferiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (CGUE, 11 aprile 2024, Gabel Industria Tessile + 1, C-316/22, punto 29; CGUE, 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss, C-94/10, punto 20).
4. Parimenti, in assenza di una disciplina armonizzata in tema di rimborso di imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le precise modalità procedurali secondo le quali debba essere esercitato il diritto di ottenere il rimborso dell’onere economico sopportato dal consumatore finale (CGUE, C-316/22, cit., punto 33; CGUE, 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, punto 37), purché tali modalità rispettino i principi di equivalenza e di effettività (CGUE, 11 aprile 2024, Eventmedia Soluciones, C-173/23, punti 31, 32 e ss.; CGUE, 17 giugno 2004, Recheio – Cash & Carry, C-30/02, punto 17; CGUE, 6 ottobre 2005, MyTravel, C-291/03, punto 17).
5. Al riguardo, rilevanza decisiva ha assunto, nel caso di specie, la questione dell’impossibilità ovvero della eccessiva difficoltà nell’ottenere il rimborso per il consumatore finale dell’energia elettrica immessa in consumo che si sia rivolto ai fornitori interessati dal versamento all’Erario delle addizionali; in questo caso, il principio di effettività esige che il consumatore finale sia in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente nei confronti dello Stato membro interessato (CGUE, C-35/05, cit., punto 41; CGUE, 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, punto 53). In questa prospettiva, la condizione del fornitore (es. stato di insolvenza) diviene decisiva ai fini di individuare una responsabilità dello Stato ai fini del rimborso delle imposte indebitamente versate, in virtù del richiamato principio di diritto dell’Unione dell’effettività del diritto al rimborso.
6. A tali principi si è ispirata la giurisprudenza di questa Corte, ove si è negato, in termini generali, legittimazione attiva al consumatore finale all’azione di rimborso proposta nei confronti dell’Ufficio e, in particolare, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM). Decisivo è stato il rilievo dell’assenza del rapporto di imposta tra consumatore finale e Agenzia delle Dogane, essendo l’addizionale (al pari dell’accisa) imposta monofase e non plurifase (diversamente da quanto accade per l’IVA), la cui mera facoltatività della rivalsa degrada l’imposta versata dal consumatore al fornitore a mera componente del corrispettivo contrattuale (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25151), ciò a corollario dell’estraneità del consumatore finale al rapporto di imposta (Cass., Sez. V, 24 maggio 2019, n. 14200; Cass., Sez. V, 4 giugno 15199; Cass., Sez. V, 24 luglio 2019, n. 20018 e successive).
7. Da questa restrizione della legittimazione (ordinaria) a far valere l’azione tributaria di rimborso nei confronti di ADM dell’imposta versata al fornitore discende il dispiegarsi dell’azione di indebito oggettivo da parte del consumatore finale nei confronti del fornitore in caso di cumulo di una imposta indebita al corrispettivo contrattuale del servizio reso dal fornitore. Nel qual caso, ove per la condizione soggettiva del fornitore non sia possibile ottenere il rimborso dal fornitore o, comunque, il rimborso appaia eccessivamente gravoso, insorge – come correttamente evidenziato dal ricorrente – l’azione diretta del consumatore finale nei confronti di ADM, ove il consumatore dimostri questa condizione soggettiva del fornitore. L’azione nei confronti di ADM è esperibile in alternativa all’azione per risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25149; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980).
8. L’esperimento di questa azione, proposta nei confronti di ADM, non incide sulla giurisdizione del giudice tributario, ove il consumatore finale si limiti ad impugnare il diniego di rimborso, dovendosi tenere conto, ai fini del riparto di giurisdizione, del petitum sostanziale della domanda e del tipo di esercizio del potere giurisdizionale richiesto, a prescindere dalla questione relativa alla configurabilità o meno di un rapporto giuridico diretto tra l’utente e il fisco, che attiene al merito della controversia (Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33687). La giurisdizione ordinaria si configura nel solo caso (residuale) in cui l’amministrazione riconosca formalmente il diritto al rimborso anche nel quantum, ossia emetta un riconoscimento di debito a cui poi non dia attuazione (Cass., Sez. U., 7 luglio 2021, n. 12150; Cass., Sez. III, 30 gennaio 2024, n. 2847).
9. Tuttavia questa azione, fondata sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, è volta a far valere anche in questo caso (attesa l’estraneità del consumatore al rapporto di imposta) l’indebito oggettivo dovuto alla ingiustificata ripercussione sul patrimonio del consumatore finale del versamento di un corrispettivo indebito, avente a oggetto una imposta indebitamente versata al fornitore (l’addizionale provinciale) in quanto in contrasto con il diritto dell’Unione. L’azione nei confronti di ADM anziché del fornitore non muta, difatti, la causa petendi del consumatore finale, che esercita una azione di indebito oggettivo per un corrispettivo maggiorato di un importo corrispondente all’imposta indebitamente versata in via di rivalsa.
10. L’ente impositore (ADM) diviene, pertanto, legittimato passivo di una azione di indebito oggettivo. Ne consegue che l’insorgenza di una legittimazione straordinaria del consumatore finale di energia (sprovvisto della legittimazione ordinaria) nei confronti di ADM, imposta per l’attuazione del principio di effettività, non può mutare la causa petendi dell’azione da questi originariamente proposta e divenuta infruttuosa nei confronti del fornitore, azione alla quale il diritto dell’Unione impone copertura giurisdizionale.
11. Né può ipotizzarsi che l’azione che il consumatore esperisca nei confronti dell’Ufficio (ADM) costituisce azione surrogatoria del fornitore, né tanto meno – come nella discussione prospettato dall’Avvocatura dello Stato – l’azione proposta dal consumatore può integrare i presupposti di una sostituzione processuale del soggetto di imposta (art. 81 cod. proc. civ.) nei confronti di ADM. In disparte l’assenza di una espressa norma di legge che legittimi ex art. 81 cod. proc. civ. il consumatore finale ad agire instar fornitore, i fondamenti della domanda del fornitore (che abbia versato imposte indebitamente) e di quella del consumatore (che abbia versato indebitamente al fornitore una indebita quota di corrispettivo a titolo di rivalsa) sono differenti. Il fornitore, soggetto al rapporto di imposta, può invocare la natura indebita del pagamento a termini dell’art. 14, comma 2, TUA, ovvero l’impossibilità di detrarre l’imposta dalla dichiarazione di consumo, come anche l’essere stato compulsato dal fornitore alla ripetizione della rivalsa (art. 14, comma 4, TUA). Il consumatore finale, estraneo al rapporto di imposta, chiede la ripetizione dal corrispettivo versato di quanto indebitamente versato a titolo di rivalsa al fornitore, attività che non lo investe del rapporto di imposta, restando la rivalsa sul piano civilistico del rapporto contrattuale, nonché costituendo l’imposta versata al fornitore una quota del corrispettivo contrattuale.
12. Deve, pertanto, ritenersi che il consumatore finale agisca a tutela di un diritto proprio, per avere corrisposto una quota indebita di un corrispettivo per un servizio ricevuto dal fornitore, fatto valere nei confronti di un soggetto (ADM), che ha incamerato quella quota di corrispettivo a titolo di imposta e che diviene legittimato passivo dell’azione proposta dal consumatore in forza del principio di effettività. La natura indebita dell’imposta discende dall’avere il consumatore continuato a corrispondere al fornitore quale quota di corrispettivo le addizionali provinciali di cui all’art. 6, comma 2, d.l. 28 novembre 1988, n. 511, nonostante le stesse si ponessero in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, con l’art. 48 dir. 2008/118/CE, che ha imposto agli Stati membri il tempestivo adeguamento delle norme di diritto interno, tardivamente attuate solo con il d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68.
13. Trattandosi, pertanto, di indebito oggettivo, non può applicarsi all’azione del consumatore finale nei confronti di ADM il termine di decadenza biennale di cui all’art. 14, comma 2, TUA, proprio del rapporto di imposta, bensì la prescrizione ordinaria, propria dell’azione di indebito oggettivo. L’applicazione del termine prescrizionale ordinario, ben più ampio del termine di decadenza biennale, deve ritenersi idonea, inoltre, ad attribuire al consumatore una tutela ben più ampia rispetto a quella del soggetto di imposta. Si conferma, pertanto, la giurisprudenza di questa, Corte secondo cui «il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso» (Cass., Sez. V, 9 novembre 2022, n. 33099; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15317; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2019, nn. 27791, 27792; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2020, nn. 22344, 22345; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, nn. 21770, 21772; Cass., Sez. V, 11 febbraio 2020, n. 3233; Cass., Sez. V, 17 gennaio 2020, n. 901; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33603; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980, 29981; Cass., Sez. V, 23 ottobre 2019, nn. 27099, 27100).
14. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: «il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia a titolo di rivalsa imposte in contrasto con il diritto dell’Unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d. lgs. n. 504/1995». La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio di diritto e va cassata.
15. Il secondo motivo è fondato, anche alla luce del recente arresto della Corte di Giustizia nella causa C-316/22 (CGUE, 11 aprile 2024 Gabel Industria Tessile, C-316/22), pronuncia che costituisce importante innovazione nel diritto dell’Unione e che impone una rilettura del perimetro di esplicazione della legittimazione straordinaria del consumatore finale nei confronti di ADM in tema di rimborso di addizionali provinciali di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988, applicate in contrasto con la Direttiva 2008/118/CE.
16. Punto di partenza dell’arresto della Corte di Giustizia è la conferma del principio di diritto, costantemente affermato dalla ECJ, secondo cui non può aversi nei rapporti tra privati efficacia «orizzontale» o diretta di una direttiva non attuata (CGUE, C-316/22, punto 27; CGUE, 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C-383/21 e C-384/21, punto 36, CGUE; 22 novembre 2017, Cussens, C-251/16, punto 26; CGUE, 12 dicembre 2013, Portgás, C-425/12, punti 18 e 22).
17. Questo assunto – l’insussistenza di una efficacia diretta tra privati derivante da una direttiva non attuata – ha costituito il punto di partenza della Corte di Giustizia per affermare che «in una situazione come quella di cui ai procedimenti principali, i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità con le disposizioni della direttiva 2008/118 e, di conseguenza, a ottenere il rimborso dell’onere economico supplementare generato da tale imposta che essi hanno dovuto sopportare a causa della scorretta trasposizione di tale direttiva da parte della Repubblica italiana» (CGUE, C-316/22, cit., punto 36); normativa che «viola il principio di effettività, in quanto non permette ad un consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che detto fornitore ha lui stesso indebitamente versato al suddetto Stato membro» (CGUE, C-316/22, cit., punto 37).
18. L’impossibilità per il consumatore finale di invocare nei confronti del fornitore di energia l’efficacia orizzontale della direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano si colloca, nell’ambito delle condizioni dell’esercizio dell’azione straordinaria del consumatore finale nei confronti di ADM, in una fase logicamente anteriore e pregiudiziale rispetto alla condizione soggettiva del fornitore che non riuscirebbe a rimborsare l’addizionale indebitamente ripercossa sul consumatore a titolo di rivalsa. Difatti, l’azione del consumatore nei confronti del fornitore ha per presupposto che l’azione nei confronti del fornitore sia giuridicamente (in astratto) esperibile, ma risulti in concreto eccessivamente difficoltosa, come nel caso dell’insolvenza del fornitore. Ove, invero, l’azione non sia neanche astrattamente esperibile perché manca il presupposto di diritto per l’azione nei confronti del fornitore (nei termini indicati dalla Corte di Giustizia), cade il presupposto in base al quale doversi accertare l’eccessiva difficoltà dell’esperimento dell’azione nei confronti del fornitore, perché in questo caso l’azione di rimborso nei confronti del fornitore è ipso iure preclusa («i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità»: CGUE, loc. cit.).
19. La ricaduta di questo principio nel caso dell’azione di rimborso di addizionali provinciali è ancora più ampia della tradizionale apertura alla legittimazione straordinaria ai soli casi in cui venga in esame la condizione soggettiva del fornitore. L’impossibilità ad agire nei confronti del fornitore da parte del consumatore discende dalla impossibilità di invocare a fondamento della ripetizione di indebito la mancata o irregolare trasposizione della direttiva nell’ordinamento interno, senza doversi accertare l’eccessiva difficoltà dovuta alla condizione del fornitore. Ne consegue che, indipendentemente dalla condizione soggettiva del fornitore, l’indebita corresponsione di addizionali in via di rivalsa al fornitore costituisce presupposto perché il consumatore finale possa ottenere soddisfazione – nei limiti della prescrizione ordinaria – del proprio diritto a vedersi manlevato dall’Ufficio delle imposte indebitamente corrisposte in applicazione del principio di effettività.
20. La ripercussione da parte del fornitore di energia, soggetto di imposta, sul consumatore finale di una imposta a titolo di rivalsa, la quale venga successivamente dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione con direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano non costituisce, pertanto, unicamente ragione per procedere con azione per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., n. 25149/2023, cit.; Cass., n. 25149/2022, cit.), bensì costituisce anche titolo per procedere nei confronti dell’ente impositore (ADM) con azione di ripetizione di indebito oggettivo.
Va, pertanto, enunciato l’ulteriore principio di diritto: «in caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir. 2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli».
21. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di questo secondo principio di diritto e va cassata con rinvio per nuovo esame, oltre che per la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2024