FISCALITA

Energia elettrica, no all’aliquota IVA agevolata per le Onlus che gestiscono Rsa

Una società fa presente di avere stipulato contratti per la fornitura di energia elettrica con alcune Fondazioni iscritte all’Anagrafe delle Onlus che gestiscono residenze sanitarie assistenziali (Rsa) a fronte del pagamento di corrispettivi da parte dei pazienti ospitati, operando in regime di accreditamento e convenzionamento presso la Regione o altri enti locali.

Con l’istanza di interpello presentata all’Agenzia delle Entrate la società istante chiede se sia possibile applicare a tali forniture di energia elettrica l’aliquota agevolata del 10%.

 

Secondo l’istante

Nella soluzione prospettata, secondo la società la fornitura di energia destinata a essere utilizzata da una fondazione iscritta all’anagrafe unica delle Onlus che gestisce una Rsa, in regime di accreditamento e convenzionamento presso la Regione o altri enti locali, percependo anche un corrispettivo dagli utenti a titolo di partecipazione alle spese di gestione, deve essere assoggettata all’aliquota IIVA agevolata del 10%, potendosi considerare “a uso domestico”, in base al n. 103 della tabella A, parte III, allegata al DPR n. 633/1972.

In proposito, a sostegno della tesi sostenuta, la società istante produce una serie di argomentazioni, a partire dal fatto che il citato n. 103 della tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633 fa un generico riferimento alla fornitura di energia elettrica per uso domestico senza specificare altro e, in particolare, senza prevedere alcuna esclusione di tipo soggettivo. Prosegue ricordando che l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 82/E del 1999, ha precisato che l’uso domestico si identifica nei casi in cui l’energia elettrica venga impiegata non solo nelle abitazioni a carattere familiare, ma anche in analoghe strutture a carattere collettivo, come possono essere scuole, asili, caserme, case di riposo, ecc. Con questa precisazione, in base alla quale si ravvisa l’uso domestico da parte degli enti gestori, sempreché questi nell’ambito di tali strutture non svolgano attività a fronte di corrispettivi significativi ai fini IVA, anche se in regime di esenzione, il Fisco ha inteso escludere i soggetti che utilizzano l’energia nella gestione di strutture collettive con evidenti finalità di lucro. Risulta diverso il caso delle Onlus che agiscono in regime di accreditamento e convenzionamento con la Regione e gli enti locali, che perseguono esclusivamente finalità di solidarietà senza fini di lucro, in conformità con quanto previsto dall’art. 10, del D.Lgs. n. 460/1997.

Ciò premesso, la società rappresenta che la Fondazione, in quanto Onlus, svolge la propria attività senza fini di lucro perseguendo esclusivamente finalità di solidarietà sociale, attività che viene svolta in regime di accreditamento e convenzionamento con lo Stato, le Regioni e gli enti locali, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, secondo le previsioni contenute nell’art. 4 del Decreto ministeriale 19/11/2012, n. 200.

La natura solidaristica e mutualistica svolta dalla Fondazione non viene meno per il fatto che per i servizi resi dalla Residenza sanitaria percepisce anche un corrispettivo dagli utenti: la partecipazione alla spesa da parte dell’utente e/o dei familiari rappresenta, infatti, “una semplice forma prevista dalla legge di cofinanziamento dei servizi necessaria a garantire la copertura del servizio nazionale”.

L’istanza vien conclusa sostenendo che l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria del 22% determinerebbe, per la Fondazione, un incremento dei costi di gestione della Rsa in quanto, operando in regime di esenzione IVA ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 633/1972, la Fondazione stessa non recupera l’IVA pagata a monte, il che comporterebbe un inevitabile aumento delle rette che andrebbe a ricadere sugli ospiti.

 

La risoluzione n. 8/E

La risposta dell’Agenzia delle Entrate è fornita con il documento di prassi del 19/1/2017, nel quale si ribadisce che il n. 103) della parte III della tabella A, allegata al DPR n. 633 prevede l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% per i contratti di somministrazione di energia elettrica per uso domestico, nozione che è stata oggetto di numerosi interventi da parte dell’Amministrazione finanziaria attraverso i quali, di fatto, la previsione normativa è stata progressivamente estesa anche a impieghi della fornitura diversi da quelli di natura strettamente familiare.

Nello specifico, la circolare n. 82 del 7/4/1999 ha precisato che l’uso domestico si realizza nei casi in cui l’erogazione di energia elettrica è resa nei confronti di soggetti che, come consumatori finali, la utilizzano nella propria abitazione a carattere familiare o collettivo, come accade per conventi, orfanotrofi, caserme, case di riposo, carceri ecc., senza tuttavia mai utilizzarla “nell’esercizio di imprese o per effettuare prestazioni di servizi, rilevanti ai fini IVA, anche se in regime di esenzione”.

Il riferimento all’uso domestico, in pratica, circoscrive l’agevolazione alle sole ipotesi di impiego dell’energia nella propria abitazione a carattere familiare o in analoghe strutture a carattere collettivo caratterizzate dal requisito della residenzialità per fini propri e, comunque, non per lo svolgimento di attività che prevedono corrispettivi rilevanti ai fini IVA.

Nel caso prospettato, l’Agenzia osserva che le residenze sanitarie assistenziali, così come le case di riposo, soddisfano il requisito della residenzialità poiché, come indicato nell’art. 1 del Dpcm 22/12/1989, vengono definite quali “strutture extraospedaliere finalizzate a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anziane prevalentemente non autosufficienti”. Le RSA, in pratica, si differenziano dalle case di riposo in quanto queste ultime si rivolgono, invece, ad anziani almeno parzialmente autosufficienti.

Riguardo al secondo requisito, ossia lo svolgimento di attività che non prevedono corrispettivi rilevanti ai fini IVA, nella risoluzione 8/E si legge che nel caso di Rsa gestite dalle Onlus, le stesse svolgono “attività decommercializzate ai fini dell’IRES ma rilevanti ai fini dell’IVA, sia pure in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, n. 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633”.

Le Onlus, infatti, ai soli fini dell’IRES fruiscono di un particolare regime di favore, che si concretizza come segue:

– le “attività istituzionali”, svolte per il perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale, non costituiscono esercizio di attività commerciale (art. 150, comma 1, TUIR) anche se svolte, di fatto, mediante un’organizzazione in forma d’impresa;

– le “attività direttamente connesse” alle precedenti non concorrono alla formazione del reddito imponibile (art. 150, comma 2).

Per effetto delle agevolazioni appena esposte, contenute nell’art. 150 del TUIR, le Onlus si qualificano come enti non commerciali e ad esse, per questo motivo, agli effetti dell’IVA si applicano le disposizioni recate dall’art. 4, quarto comma, del DPR n. 633/1972, in base alle quali per gli enti non commerciali “si considerano effettuate nell’esercizio di impresa soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole”.

Ai fini IVA, dunque, le ONLUS in qualità di enti non commerciali, nel caso che svolgano un’attività commerciale devono essere considerate soggetti passivi IVA, “a nulla rilevando le disposizioni del TUIR che agevolano, ai soli fini delle imposte sui redditi, gli enti non commerciali e/o le Onlus stesse”.

Nel caso in questione, quindi, le Onlus che gestiscono residenze sanitarie assistenziali “pongono in essere un’attività decommercializzata ai soli fini dell’IRES ma rilevante ai fini dell’IVA, seppure esente ai sensi dell’art. 10, n. 21, del DPR. n. 633 del 1972”.

Di conseguenza, in linea con l’orientamento espresso nella citata circolare n. 82 del 1999, l’Agenzia delle Entrate ritiene che le stesse non possano fruire dell’aliquota agevolata del 10% sui contratti di somministrazione di energia elettrica prevista per uso domestico ai sensi del n. 103 della parte III della tabella A, allegata al DPR n.633.

A sostegno di tale orientamento, la risoluzione n. 8/E si conclude affermando che, “per completezza”, si considera opportuno evidenziare che “la prassi dell’Amministrazione finanziaria citata rispetta i principi comunitari dell’IVA secondo i quali le disposizioni agevolative, quali quelle che prevedono l’applicazione di un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria, devono necessariamente essere interpretate in modo restrittivo dagli Stati membri”.

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