CASSAZIONE FISCO & WEB

E’legittimo l’accertamento firmato digitalmente e notificato su carta

Tributi – Accertamento – PEC– Firma digitale – Notificazione in forma cartacea tramite posta – Necessità della firma autografa – Esclusione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1150 del 21 gennaio 2021 e con la successiva, n. 1557 del 26 gennaio 2021, affronta e si pronuncia sulla questione della validità dell’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate sotto forma di copia analogica con attestazione di conformità di documento informatico sottoscritto digitalmente.  

Attraverso una precisa e attenta ricostruzione normativa, gli Ermellini nelle due pronunce gemelle – delle quali per sintesi tratteremo solo la prima, la n.1159/2021 – affermano in sostanza la piena validità e efficacia dell’atto, smentendo così le decisioni assunte nei precedenti gradi di giudizio.

I Supremi Giudici sono intervenuti, in particolare, sulla validità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale nel periodo di vigenza dell’art. 2, comma 6, del D.lgs. n. 82 del 2005 (CAD-Codice dell’Amministrazione Digitale), come modificato dal D.lgs. n. 179 del 2016, in vigore dal 14 settembre 2016, dichiarando infine  la piena validità dell’atto di accertamento sottoscritto con la firma digitale invece della firma autografa e notificato in copia cartacea, anziché a mezzo PEC.

Più in dettaglio, ricordiamo che il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è un testo unico che riunisce e organizza le norme riguardanti l’informatizzazione della Pubblica amministrazione nei rapporti con i cittadini e le imprese. Istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è stato successivamente modificato e integrato prima con il decreto legislativo 22 agosto 2016, n. 179 e poi con il decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, per promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale.

Quindi, secondo la Corte la notifica dell’atto impositivo firmato digitalmente può anche avvenire con raccomandata e non necessariamente con PEC: l’attestazione di conformità della copia analogica all’originale formato digitalmente è apposta dallo stesso funzionario che ha redatto l’atto in quanto “munito” della qualifica di pubblico ufficiale.

Al fine di inquadrare più compiutamente il caso oggi in esame occorre considerare che l’atto impugnato era stato emesso il 3 novembre 2016 e notificato in data 15 novembre 2016, quindi l’eccezione di nullità dell’avviso firmato digitalmente si poneva in considerazione delle modifiche che hanno riguardato l’art. 2, comma 6, del D.lgs. 82/2005, il quale nella formulazione vigente ratione temporis prevedeva che “le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

In altre parole i Supremi Giudici, pur riconoscendo che  il successivo comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 del CAD, lett. e), del D.lgs. n. 217 entrato in vigore dal 27 gennaio 2018, sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, accertamento e di applicazione delle sanzioni di natura tributaria”, evidenziano che la pronuncia odierna, che non vuole avere una natura interpretativa retroattiva, rileva tuttavia che nell’ordinamento esiste una distinzione tra la fase prodromica del controllo e quella successiva dell’atto impositivo, ammettendo implicitamente che per il passato le regole CAD non fossero escluse per gli atti impositivi, ma solo per quelli di controllo.

L’argomento determinante per la soluzione della questione odierna converge sull’interpretazione e l’eventuale retroattività della norma del CAD che apre la strada agli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale.

In particolare, il riferimento è alle modifiche apportate all’articolo 2 del D.lgs. n. 2/1982, che al comma 6 esclude espressamente l’applicazione delle procedure digitali limitatamente alle “attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali (…)”, mentre specifica, con il nuovo comma 6-bis, in vigore dal 27 gennaio 2018, che il Cad deve essere applicato “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria”.

Quindi, secondo la disamina oggi offerta dagli Ermellini, non è possibile porre in discussione la legittimità della notifica di una copia analogica conforme a un documento informatico, perché le copie analogiche di un documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, hanno peraltro la stessa efficacia probatoria dell’originale, se la loro conformità è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Osserva inoltre la Cassazione che le limitazioni fissate dal suddetto comma 6, in vigore dal 14 settembre 2016, dunque, non possono riguardare gli avvisi di accertamento che, da tale data, potevano essere legittimamente emessi in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale.

I giudici di piazza Cavour ricordano che in tema di digitalizzazione della Pubblica amministrazione i documenti informatici devono rappresentare la norma generale ed eccezione i documenti cartacei.

I giudici di legittimità mettono peraltro in rilievo che la normativa in tema di digitalizzazione della Pubblica amministrazione impone l’adozione dei documenti informatici, in base al Regolamento europeo Idas, applicabile dal primo luglio 2016, residuando solo come eccezione il mantenimento dei documenti analogici. In linea con il diritto europeo, l’articolo 40 del CAD prevede inoltre che le Pa formino gli originali dei propri documenti con mezzi informatici.

Posto, quindi, che la regola è il ricorso ai documenti informatici, gli atti impositivi, secondo la Cassazione, non rientrano tra gli atti che possono essere emessi in modalità analogica. Tali atti, infatti, non sono emessi “nell’esercizio” delle attività di controllo fiscale (a cui sono riconducibili gli atti adottati in occasione di verifiche ispettive), ma “all’esito” delle attività controllo fiscale.

E anche lo Statuto del contribuente conferma peraltro la distinzione delle due attività. E tale distinzione si ricava anche dalla ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento dall’obbligo del documento digitale. La quale risiede nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente, che potrebbe anche non essere munito di firma digitale.

Infine, ricorda ancora la Cassazione, la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dal primo luglio 2017, risultando così evidente che l’Agenzia era impossibilitata a utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ragion per cui aveva correttamente proceduto alla notifica ordinaria di copia analogica dell’atto informatico.

Riassumendo, possiamo quindi affermare che la modifica apportata all’art. 60 del DPR n. 600 del 1973, ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016, con l’inserimento del comma 6, ha difatti introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento. 

Dobbiamo altresì riconoscere che la situazione posta in essere ha però creato un certo contenzioso con i contribuenti che hanno contestato con diverse eccezioni molti degli atti impositivi prodotti in forma digitale. Alcune critiche hanno riguardato la nullità dell’atto impositivo, eccepita dai contribuenti in relazione alla violazione dell’articolo 2, comma 6, del CAD, che stabiliva, nel testo vigente tra il 14 settembre 2016 e il 26 gennaio 2018, l’inapplicabilità delle proprie disposizioni in relazione all’attività e alle funzioni ispettive e di controllo fiscale (non però per gli atti impositivi).  

Al riguardo la stessa Agenzia, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, ricorda che gli atti impositivi formati digitalmente sono senz’altro ammessi già alla data del 14 settembre 2016. Sulle contestazioni dei contribuenti che eccepivano il vizio relativo alla notificazione dell’atto, perché non eseguita a mezzo PEC, viene rilevato che la possibilità per gli uffici di provvedere, peraltro in via facoltativa, alla notifica degli atti a mezzo PEC è stata introdotta a far data dal 1° luglio 2017.

Tanto premesso e tornando al caso in esame, il contenzioso nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, per maggior reddito di capitale, notificato il 15 novembre 2016 al membro di una società a ristretta base azionaria.

I primi due gradi di giudizio avevano dato ragione al contribuente che contestava, tra l’altro, l’invalidità dell’avviso impugnato, sottoscritto in formato elettronico e non autografo, perché ritenute inapplicabili, in tal caso, le norme del Codice dell’amministrazione digitale e perché l’avviso era stato notificato in copia cartacea anziché tramite PEC. La Commissione tributaria regionale rilevava, tra l’altro, che la combinazione firma digitale e notifica via PEC era stata considerata valida soltanto per gli atti impositivi notificati a partire dal 1° luglio 2017.

L’Agenzia impugna la sentenza in Cassazione con ricorso affidato a due motivi, essenzialmente rilevando che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata introdotta solo a decorrere dal primo luglio 2017, con l’inserimento del comma 7 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità.

I Supremi Giudici, nell’accogliere la tesi dell’avvocatura erariale, hanno aggiunto che:“… La modifica apportata all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici. Il comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 del CAD dall’art. 2, lett. e), del d.lgs. n. 217 del 2017, ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”. Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.  Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue l’accoglimento del secondo motivo, relativo alla legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.  

Ai sensi dell’art. 23 del CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).  Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta. 

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dal primo luglio 2017, a seguito dell’aggiunta del comma 6 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del di. n. 193 del 2016; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156, terzo comma 3, c.p.c., ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018). 

Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità”.

Corte di Cassazione – Sentenza 21 gennaio 2021, n. 1150

sul ricorso iscritto al n. 35888/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C. S., rapp.to e difeso dai dott. Michele Morganti e Raffaele Marangoni, presso cui elett.te domicilia in Prato, alla via Baldinucci n. 41;

– intimato –

avverso la sentenza n. 713/10/19 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, depositata in data 24/4/2019, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2020 dalla dott.ssa Milena d’Orlano;

udito per la ricorrente l’avv. Chiappiniello Giovanni che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giovanni Giacalone che ha concluso per l’accoglimento.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 713/10/19, depositata il 24 aprile 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 456/1/17 della CTP di Livorno, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello, a conferma della decisione di primo grado, concludeva per il rigetto del gravame rilevando:

a)         che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso il 3-11-16 e notificato in data 15-11-16, con cui, a seguito della definitività di altro avviso di accertamento per un maggior reddito di impresa per l’anno 2013 emesso a carico della società C. S. s.r.I., premessa la ristretta base azionaria, si imputava a C.S., socio al 24,5%, un maggior reddito di capitale in proporzione della quota di partecipazione agli utili;

b)         che la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso, articolato su vari motivi formali e di merito, ritenendo fondata l’eccezione preliminare relativa alla carenza di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato che, ritenuta l’inapplicabilità delle formalità di cui al Codice dell’Amministrazione Digitale, come modificato dal d.lgs. n. 179 del 2016, non recava firma autografa bensì digitale e risultava notificato in copia cartacea anziché a mezzo PEC;

c)         che tale decisione era condivisibile, con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto: la firma a stampa ai sensi dell’art. 1, comma 375, della I. n. 311 del 2014 era ammissibile solo per gli accertamenti emessi a seguito di procedure automatizzate; l’apposizione di una firma digitale ad un avviso di accertamento notificato prima del 27-1-2018 era causa di nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione; solo per gli atti notificati a decorrere dall’i¬7-2017 la combinazione firma digitale/notifica a mezzo PEC  consentiva il rispetto della procedura informatica della normativa vigente ratione temporis.

2. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 19 novembre 2019, affidato a due motivi, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c; il contribuente rimaneva intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 2 e 23 del CAD, dell’art. 1, comma 375, della I. n. 311 del 2014, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del suddetto codice, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dall’art. 2, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 179 del 2016, solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento; interpretazione confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2, ad opera dell’art. 2 del d.lgs. n. 217 del 2017, che, mediante l’aggiunta del comma 6 bis, rendeva esplicita tale applicazione. Si rilevava altresì che la copia cartacea notificata al contribuente presentava l’attestazione di conformità prevista dall’art. 23 del CAD. 

2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 dei 1973, dell’art. 23 CAD, degli art. 137, comma 2 e 3, e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata introdotta solo a decorrere dal 1° luglio 2017, con l’inserimento del comma 7 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità e che, in ogni caso, ogni eventuale nullità della notifica doveva ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo, allorché il contribuente era> comunque venuto a conoscenza dell’atto.

3. Il primo motivo è meritevole di accoglimento.

3.1 Questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza dell’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005 (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 179 del 2016, entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera dell’art. 2, lett. d) ed e), del d.lgs. n. 217 del 2017, entrato in vigore dal 27 gennaio 2018.

Dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione.

3.2 Si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa del comma 6, prima parte, dell’art. 2 del CAD, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali”

L’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale.

 Va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrativa, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1° luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi dell’art. 40 del CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal DPCM del 13-11-2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2, comma 6, del CAD, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del d.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 dello stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonché di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni. Anche il d.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

3.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicché l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi.

La modifica apportata all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici.

Il comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 del CAD dall’art. 2, lett. e), del d.lgs. n. 217 del 2017, ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.

4. Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue l’accoglimento del secondo motivo, relativo alla legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

4.1 Ai sensi dell’art. 23 del CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).

Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta.

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’i° luglio 2017, a seguito dell’aggiunta del comma 6 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del di. n. 193 del 2016; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

4.2 Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156, terzo comma 3, c.p.c., ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018)

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione.

Così deciso, in Roma, il 22 ottobre 2020.

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