E’ nulla la notifica dell’atto tributario per irreperibilità relativa, senza l’indicazione delle circostanze che hanno portato alla restituzione al mittente
Tributi – IRPEF – Accertamento – Cartella esattoriale – Avviso di accertamento – Mancata notifica – L. n. 890/1982 – Conoscibilità dell’atto – Nullità – Art.1335 c.c
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14717 del 27 maggio 2024 è intervenuta nuovamente sui difetti delle notificazione degli atti tributari, decretando la nullità dell’avviso di ricevimento della raccomandata
informativa che non contiene la specifica indicazione delle circostanze che hanno portato alla restituzione al mittente. In questo caso, secondo la Suprema Corte, non è possibile determinare la presunzione di conoscibilità dell’atto, necessaria per porre un punto fermo nella problematica dell’effettivo momento di conoscenza di un atto, come peraltro sancito dall’art.1335 c.c., che stabilisce espressamente che la presunzione legale relativa di conoscenza nel momento in cui l’atto giunge all’indirizzo del destinatario, pone a carico di quest’ultimo l’onere di provare l’impossibilità incolpevole di averne avuto notizia.
La pronunzia odierna si pone sulla scia della giurisprudenza vigente, che citando la sentenza n.10012 del 15 aprile 2021, presa a SS.UU. statuiva un importante principio secondo cui “…In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”.
In sostanza, il procedimento di notificazione degli atti tributari, siano essi relativi alla fase dell’accertamento o a quella della riscossione, costituisce un’attività essenziale mediante la quale l’Amministrazione finanziaria rende edotto il contribuente destinatario della pretesa impositiva, mettendolo in grado di adempiere alla pretesa creditoria del Fisco oppure di esercitare il proprio diritto di difesa costituzionalmente garantito. Nel diritto tributario la notificazione è, quindi, quel procedimento per mezzo del quale si porta nella sfera di percepibilità del destinatario una dichiarazione o un documento contenente una dichiarazione, quale può essere un atto di accertamento: in particolare, la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi nel considerare l’atto di accertamento un atto ricettizio, che produce i propri effetti solo quando viene portato a legale conoscenza del contribuente.
Appaiono in modo chiaro almeno due elementi essenziali dell’attività di notificazione degli atti tributari: la necessità di raggiungere una legale conoscenza da parte del destinatario e, come detto, la natura recettizia dell’atto di accertamento. E’ evidente che gli atti tributari si perfezionano esclusivamente se portati a conoscenza del destinatario attraverso la notificazione, che è l’unico strumento idoneo a evitare che l’Amministrazione finanziaria incorra nella decadenza dall’esercizio del potere impositivo e in grado di far scattare il decorso del termine per proporre impugnazione. La seconda, intimamente connessa alla prima, denota il fatto che il legislatore si accontenta che le autorità fiscali garantiscano, con la notifica, un livello di conoscenza legale che non sempre coincide con quella effettiva. In passato l’argomento è stato oggetto di pareri contrastanti, soprattutto sul tema del bilanciamento degli interessi delle parti coinvolte, che sembrerebbero intensificarsi proprio nel momento della notifica, quando si verifichi una temporanea assenza del destinatario e, congiuntamente, l’indisponibilità di soggetti legittimati a ricevere l’atto. Infatti, mentre da una parte non appare coerente vincolare il mittente a lunghe attese facendo coincidere l’esaurimento della procedura di notifica con il momento in cui il destinatario si attivi per avere, materialmente, conoscenza del contenuto della notifica, dall’altra, la questione appariva di particolare complessità, posto che il rischio è quello di considerare notificato un atto che, in realtà, non rientra nella sfera di cognizione del destinatario.
Un primo orientamento interpretativo, invero più datato, proteggeva la prova del perfezionamento della notifica postale, in caso di assenza temporanea del destinatario, solo con la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto con l’attestazione di spedizione della CAD (v. Cass. nn. 2638/2019, 13833/2018, 26945-6242-4043/2017).
Mentre una diversa interpretazione è stata introdotta quando i giudici di legittimità concepirono un diverso orientamento, ritenendo che in simili casi, per dimostrare il corretto completamento della procedura notificatoria fosse necessario, per il notificante, produrre l’avviso di ricevimento in quanto rappresentava l’unico mezzo per verificare l’effettiva ricezione della CAD (v. Cass. nn. 5077/2019, 16601/2019, 6363-21714-23921-25140-26078/2020).
Nel sistema della notificazione postale, nel caso in cui la consegna del plico contenente l’atto sia resa impossibile per la temporanea assenza del destinatario, la comunicazione di avvenuto deposito – afferma la Corte – ha un ruolo infungibile al fine di garantire l’effettiva conoscibilità dell’atto notificando.
Questa soluzione, alla quale la Cassazione è giunta (con la sentenza n. 8895/2022), rappresenta un efficace accordo tra le due differenti posizione soggettive coinvolte, sciogliendo tra l’altro la problematica convivenza di due opposti orientamenti emersi da pronunce della Cassazione stessa.
Secondo le Sezioni unite la sottesa ratio legis è quella fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma , Cost.), di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o, comunque, di quelli previsti dall’art. 1, L. 890/1982 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali). Solo in questi termini può trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento e, peraltro, solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa”, quindi, in ultima analisi, esprimere un ragionevole e fondato giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi, tramite lo stesso, l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario. (cfr., in motivazione, Cass. SS. UU. n. 10012/2021 cit.).
In continuità di tali principi si è poi anche statuito, con la pronunzia n.8895/2022, che “ … in tema di notifica di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, allorché dall’avviso di ricevimento prodotto risulti che l’ufficiale postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto ad immettere l’avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l’atto al mittente, la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l’invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l’ufficio, così determinando la compiuta giacenza; in tali casi, infatti, avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l’ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l’ufficio postale, opera la presunzione di cui all’art. 1335 c.c.”(v. Cass. n.8895/2022). Inoltre il legislatore, soprattutto grazie alle spinte della giurisprudenza costituzionale, è stato persuaso ad alzare sempre di più lo standard del livello di conoscenza dell’atto tributario notificato al contribuente tendendo verso una maggiore effettività, tanto che all’art. 6, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, viene espressamente stabilito che l’Amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. Principio, tuttavia, solo apparentemente granitico, posto che poco dopo subisce un significativo temperamento consistente nel fatto che: “…restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”, le quali ricomprendono, tra le altre, anche quelle processual-civilistiche di cui agli artt. 137 e ss. c.p.c.
È in questo contesto di contemperamento tra l’esigenza di innalzamento della tutela del contribuente e la tutela delle ragioni creditorie dell’Erario, che va inserita la pronuncia con la quale la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26660/2023, ha spiegato che in tema di notifica di un atto impositivo o processuale tramite il servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo o per sua temporanea assenza, o per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, 2° comma, della Costituzione) dell’art. 8 della legge 890/1982, esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa.
Da segnalare, infine, che secondo quanto affermato dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte, è ormai indiscutibile che la notifica sia il momento fondamentale del processo civile, in quanto rappresenta lo strumento per mezzo del quale si portano a conoscenza del destinatario l’esistenza e il contenuto di un certo atto emesso a suo carico. È la legge, infatti, a indicare le modalità con le quali tale procedimento deve essere esperito in attuazione di un complesso bilanciamento tra due interessi contrapposti e confliggenti: da una parte, quello del notificante che ha interesse a esercitare legittimamente il proprio diritto di azione, subordinato al corretto adempimento della procedura notificatoria; dall’altra, il destinatario che, al contrario, affinché possa efficacemente esperire il proprio diritto di difesa, deve conseguire una conoscenza effettiva dell’atto e del suo contenuto.
Tanto premesso e tornando alla vicenda oggi in esame, la controversia ha avuto origine con l’impugnazione, da parte di un contribuente, di quattro atti di pignoramento e due cartelle presupposte, relative alle imposte. La giustizia tributaria adita rigettava l’appello del contribuente. I giudici regionali ritenevano che il processo notificatorio delle due cartelle si fosse perfezionato essendo mera irregolarità formale la circostanza che l’avviso con i quali i plichi erano stati restituiti al mittente non recasse le ragioni per le quali non era stato possibile consegnare le comunicazioni di avvenuto deposito. Avverso tale sentenza la parte contribuente proponeva ricorso per cassazione con unico motivo, in cui essenzialmente si ribatteva la irregolarità delle modalità di notifica e dei potenziali soggetti consegnatari e che ciò comportava la nullità della notificazione delle cartelle, dato che era mancante la prova della correttezza dell’attività notificatoria dell’agente postale.
Gli Ermellini hanno dunque ritenuto valide le asserzioni della parte contribuente, riconoscendo che “… Questa Corte a sezioni unite, con sentenza n.10012 del 15 aprile 2021, ha statuito il principio secondo cui:” In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”. Secondo le Sezioni unite la sottesa ratio legis è quella – profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma , Cost.)- di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dall’art. 1, L. 890/1982 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali). Solo in questi termini può trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento e, peraltro, solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa”, quindi, in ultima analisi, esprimere un – ragionevole e fondato – giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario. (cfr., in motivazione, Cass. Sez. U. n. 10012/2021 cit.). In continuità di tali principi si è, quindi, statuito che “ in tema di notifica di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, allorché dall’avviso di ricevimento prodotto risulti che l’ufficiale postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto ad immettere l’avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l’atto al mittente, la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l’invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l’ufficio, così determinando la compiuta giacenza; in tali casi, infatti, avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l’ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l’ufficio postale, opera la presunzione di cui all’art. 1335 c.c.” (v. Cass. n.8895 del 18 marzo 2022). 1.2 Nel caso in esame, il Giudice di appello, pur enunciando proprio tale precedente giurisprudenziale, non ne ha, poi, fatto corretta applicazione incorrendo nella denunciata violazione di legge. E’, infatti, incontestato, per averlo accertato in fatto lo stesso Giudice di appello che l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa (cd. CAD), rispedita al mittente per mancata consegna, non conteneva, contrariamente a quanto previsto dall’art.23 del regolamento postale, la specifica indicazione delle circostanze di fatto che avevano impedito la consegna al destinatario e, quindi, determinato la restituzione al mittente. Ciò impedisce, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., la formazione della presunzione di conoscenza dell’atto ex art. 1335 cod. civ., e conseguenzialmente la declaratoria di nullità della notificazione delle cartelle oggetto di giudizio. 2. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la decisione della controversia nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso proposto dal contribuente. 3. Le spese dei gradi di merito, atteso il recente formarsi dell’orientamento giurisprudenziale, vanno integralmente compensate tra le parti, mentre quelle del presente giudizio, liquidate come in dispositivo vanno poste a carico solidale delle controricorrenti”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 27 maggio 2024, n. 14717
sul ricorso proposto da:
A.A., rappresentato e difeso per procura in atti dall’Avv. Litterio Deosdedio che ha indicato indirizzo pec.(Omissis)
– ricorrente –
contro Ader-Agenzia delle Entrate-Riscossione, in persona del Presidente pro tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliate in Roma, via dei Portoghesi n.12 presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende.
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4842/22 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 17 giugno 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’otto maggio 2024 dal Consigliere dott.ssa Crucitti Roberta.
Svolgimento del processo
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte di A.A. di quattro atti di pignoramento presso terzi e delle due cartelle presupposte, relative a imposte per l’anno 2006 e per addizionale IRPEF 2015, la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso introduttivo. In particolare, per quello che ancora qui rileva il Giudice di appello riteneva che il 30 Maggio 2024 notificatorio delle due cartelle si fosse perfezionato essendo mera irregolarità formale la circostanza che l’avviso con i quali i plichi erano stati restituiti al mittente non recasse le ragioni per le quali non era stato possibile consegnare le comunicazioni di avvenuto deposito.
Avverso tale sentenza A.A. ha proposto ricorso per cassazione, su unico motivo, cui resistono con unico controricorso l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione.
Comunicata proposta di definizione accelerata ex art.380 bis cod. proc. civ. il ricorrente, a mezzo di difensore munito di nuova procura, ha chiesto la decisione del ricorso che, pertanto, è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale la parte privata ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con unico articolato motivo – rubricato: violazione del principio di preferenzialità delle modalità di notifica e dei potenziali soggetti consegnatari rilevabile dagli artt.137 ss c.p.c. e dall’art.156 c.p.c. in combinato disposto con l’art.26 del D.P.R. 602/73 SS.MM.II e con l’art.60 D.P.R. 600/72 SS.MM.II. e con l’art.23 dell’allegato A alla delibera AG.COM. n. 385713/Cons del 20.06.2013 (regolamento postale) in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. – necessità di individuazione e attestazione dello specifico motivo di mancato recapito della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito dell’atto alla casa comunale (art.23 regolam. Postale) – esigenza di verificabilità ex post dell’effettiva esecuzione dell’attività notificatoria dell’agente postale e della sua correttezza- nullità della notifica in caso di impossibilità di verifica ex post della correttezza dell’attività notificatoria – necessità di prova dell’effettivo accesso presso l’indirizzo di residenza del destinatario e della effettiva esecuzione delle ricerche di un consegnatario-omessa annotazione del concreto motivo del mancato recapito-carenza di prova della correttezza del tentativo di consegna della raccomandata informativa – prevalenza della tutela della conoscibilità dell’atto destinato al contribuente-nullità delle notifiche delle cartelle in oggetto – illegittimità della sentenza impugnata- il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la C.T.R. considerato mera irregolarità formale, e non mancanza di un requisito fondamentale indispensabile per il raggiungimento dello scopo, l’omissione da parte dell’agente postale dell’attestazione del concreto motivo per il quale la raccomandata informativa (cd. CAD) non fosse stata consegnata presso l’indirizzo del destinatario ma fosse stata restituita al mittente.
Secondo la prospettazione difensiva tale omissione comportava la nullità della notificazione delle cartelle siccome mancante la prova della correttezza dell’attività notificatoria dell’agente postale.
1.1 La censura è fondata.
Questa Corte a sezioni unite, con sentenza n.10012 del 15 aprile 2021, ha statuito il principio secondo cui:” In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”.
Secondo le Sezioni unite la sottesa ratio legis è quella – profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma , Cost.)- di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dall’art. 1, L. 890/1982 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali). Solo in questi termini può trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento e, peraltro, solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa”, quindi, in ultima analisi, esprimere un – ragionevole e fondato – giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario. (cfr., in motivazione, Cass. Sez. U. n. 10012/2021 cit.).
In continuità di tali principi si è, quindi, statuito che “ in tema di notifica di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, allorché dall’avviso di ricevimento prodotto risulti che l’ufficiale postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto ad immettere l’avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l’atto al mittente, la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l’invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l’ufficio, così determinando la compiuta giacenza; in tali casi, infatti, avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l’ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l’ufficio postale, opera la presunzione di cui all’art. 1335 c.c.” (v. Cass. n.8895 del 18 marzo 2022).
1.2 Nel caso in esame, il Giudice di appello, pur enunciando proprio tale precedente giurisprudenziale, non ne ha, poi, fatto corretta applicazione incorrendo nella denunciata violazione di legge. E’, infatti, incontestato, per averlo accertato in fatto lo stesso Giudice di appello che l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa (cd. CAD), rispedita al mittente per mancata consegna, non conteneva, contrariamente a quanto previsto dall’art.23 del regolamento postale, la specifica indicazione delle circostanze di fatto che avevano impedito la consegna al destinatario e, quindi, determinato la restituzione al mittente. Ciò impedisce, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., la formazione della presunzione di conoscenza dell’atto ex art. 1335 cod. civ., e conseguenzialmente la declaratoria di nullità della notificazione delle cartelle oggetto di giudizio.
2. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la decisione della controversia nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso proposto dal contribuente. 3. Le spese dei gradi di merito, atteso il recente formarsi dell’orientamento giurisprudenziale, vanno integralmente compensate tra le parti, mentre quelle del presente giudizio, liquidate come in dispositivo vanno poste a carico solidale delle controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dal contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito. Condanna le controricorrenti, in solido, alla refusione in favore del ricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 7.600,00 oltre Euro 200 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15%, Iva e Cpa. Così deciso in Roma, 8 maggio 2024