Detrazione Ici solo sulla dimora abituale del nucleo familiare
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 15444 del 21 giugno 2017, seguendo l’attuale definizione giurisprudenziale, ha riaffermato un chiaro principio di diritto riguardante gli avvisi di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per ICI.
I Supremi Giudici hanno dunque ricordato che ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ICI ridotta, prevista per le abitazioni principali di cui all’art. 8 D.Lgs. 504/1992, un’unità immobiliare può essere riconosciuta come abitazione principale solo se costituisce la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche del suoi familiari.
Ricordiamo in proposito che per abitazione principale, si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel Catasto dei fabbricati come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente (articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011, convertito dalla legge 214/2011).
Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano anche per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, ad un solo immobile.
Le agevolazioni si applicano ad una sola abitazione principale per ogni nucleo familiare
La S.C. ha voluto così anche rammentare che non può sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi prevista dall’art. 8 D.Lgs. 504/1992, modificata ex art. 1, comma 173, lett. B) della l. n. 296/2006 – in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari.
Il fatto che l’unità immobiliare sia destinata a dimora abituale deve essere documentato dal contribuente, per superare la presunzione relativa posta dal succitato art. 8, comma 2, D.Lgs. 504/1992. Quindi, sempre ai fini Ici la detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principale riguarda solo per l’immobile di effettiva dimora abituale del nucleo familiare a prescindere dalla residenza anagrafica dei coniugi.
Per evitare possibili confusioni interpretative ricordiamo le differenze fra i concetti di prima casa e quello di abitazione principale.
La “prima casa” è un concetto che riguarda per la maggior parte la tassazione in caso d’acquisto di un immobile che potrà essere fiscalmente tassato con l’agevolazione Prima casa solo se tale immobile è residenziale e non di lusso, se l’acquirente deve essere una persona fisica e al momento dell’acquisto non possiede altro immobile abitativo nello stesso comune o su tutto il territorio nazionale, acquistati con l’agevolazione “prima casa”. Infine bisogna avere la residenza oppure lavorare nel comune ove si acquista oppure portare la residenza nell’immobile che si acquista entro 12 mesi dal rogito pena la decadenza delle agevolazioni.
Quindi la “prima casa” non è necessariamente il primo immobile che viene acquistato, ma potrebbe anche essere il secondo o successivo, infatti la legge ci chiede di avere la residenza nel comune ove si acquista e non specificatamente nell’immobile, pertanto possiamo intuire che la prima casa può non coincidere con l’abitazione di residenza e cioè quella che, come vedremo nel punto successivo viene definita abitazione principale.
L’abitazione Principale è, invece, un concetto legato al luogo ove si ha la residenza e la “dimora abituale”, mentre le principali agevolazioni legate all’Abitazione Principale riguardano la rendita catastale non è imponibile IRPEF, la detrazione degli interessi passivi del mutuo stipulato per l’acquisto, nonché agevolazioni sulI’IMU, tasse locali e sui contratti relativi alle utenze .
In conclusione la giurisprudenza ci dice che i benefici legati all’abitazione principale non sono goduti sull’immobile acquistato come prima casa se non c’è la residenza, mentre possono essere goduti sull’immobile acquistato anche senza l’agevolazione prima casa, ma nel quale abbiamo la residenza e vi dimoriamo abitualmente.
Anche una precedente Sentenza, la n. 14389 del 15 giugno 2010, emessa sempre dalla Corte di Cassazione, peraltro ben citata anche nell’attuale sentenza in commento, veniva affermato il principio dell’unicità dell’abitazione principale a livello familiare, indipendentemente dalla sua ubicazione.
In altri termini, la Corte di Cassazione stabiliva già nella cennata pronunzia che il contribuente che viveva abitualmente in un immobile non aveva diritto all’esenzione ICI prevista per l’abitazione principale, se il resto della famiglia viveva in un altro immobile.
Analogamente in materia di IMU deve essere ritenuta abitazione principale soltanto se nella stessa “dimorano abitualmente” sia il contribuente che i suoi familiari.
Tornando al caso in esame, un contribuente riceveva degli avvisi di liquidazione e irrogazione di sanzioni per Ici per diversi periodi di imposta nei quali si negava la detrazione applicata per l’abitazione principale in quanto il coniuge, residente in altro comune, beneficiava della medesima detrazione poiché non può sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi – prevista dalla norma di cui sopra, modificata ex art. 1, comma 173, lett. B) della l. n. 296/2006 – in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari.
In definitiva, sottolinea la S.C., l’unità immobiliare destinata a dimora abituale deve essere comprovato con fatti dallo stesso contribuente, se si vuole superare la presunzione relativa posta dal succitato art. 8, comma 2, D.Lgs. 504/1992.
Gli Ermellini, nel rigettare il ricorso del contribuente, hanno voluto affermare che:”… E appena, infine, il caso di rilevare come il ricorso e la consequenziale memoria depositata in atti dal ricorrente – la quale ultima mostra di non avere colto il senso del richiamo al precedente citato Cass. n. 14389/2010 nella proposta del relatore depositata in atti ai fini della fissazione dell’adunanza in camera di consiglio – che si muovono nel perimetro delle denunciate, insussistenti, alla stregua di quanto sopra osservato, ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non abbiano in alcun modo censurato, nei limiti in cui ciò risultava ancora possibile, secondo l’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, laddove esso ha escluso che l’immobile sito in Casal Velino alla Via Napoli n. 93 costituisse dimora abituale non solo dell’odierno ricorrente, ma anche della moglie L. C..
Il ricorso va dunque rigettato per manifesta infondatezza.
CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 21 giugno 2017, n. 15444
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue;
La CTR della Campania – sezione staccata di Salerno – con sentenze nn. 5425, 5426, 5427, 5428, 5429, tutte depositate il 5 giugno 2015, non notificate, accolse gli appelli proposti nei confronti del sig. A. G. dal Comune di Casal Velino, avverse le sentenze della CTP di Salerno, che avevano accolto i ricorsi proposti dal contribuente avverso gli avvisi di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per ICI per gli anni 2007 — 2011.
Avverso le suddette pronunce della CTR il contribuente ha proposto unico ricorso cumulativo per cassazione affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria.
L’intimato Comune non ha svolto difese.
Va preliminarmente dato atto dell’ammissibilità dell’unico ricorso cumulativo proposto avverso le anzidette sentenze rese in un unico contesto dalla CTR della Campania — sezione staccata di Salerno, aventi tutte identica motivazione e dispositivo, dipendendo i distinti rapporti giuridici d’imposta tutti dalla risoluzione dell’identica questione di diritto comune a tutte le cause (cfr. Cass. sez. un. 16 febbraio 2009, n. 3692 e, tra le successive conformi, Cass. sez. 5, 7 maggio 2010, n. 11186; Cass. sez. 5, 30 giugno 2010, n. 15582; Cass. sez. 5, 3 aprile 2013, n. 8075).
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo che il Comune non avrebbe provato i presupposti di fatto sui quali aveva fondato la propria maggiore pretesa impositiva.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando che, ove anche fosse comprovata la circostanza che negli anni oggetto di accertamento la sig.ra L. C., moglie del ricorrente, avesse la propria residenza anagrafica in Salerno e godesse in relazione all’immobile ivi posseduto dell’agevolazione ai fini ICI di cui all’art. 8 succitato, essa risulterebbe irrilevante ai fini della decisione, dovendo intendersi la residenza familiare come espressione di un dato fattuale.
Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., esponendo che in realtà proprio il precedente di questa Corte invocato dall’ente impositore a sostegno della propria pretesa, con riferimento alla specifica situazione del nucleo familiare del ricorrente, avrebbe dovuto indurre la CTR a riconoscere il diritto a godere dell’agevolazione tributaria in questione.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.
Essi si basano sul comune presupposto che l’onere probatorio di dimostrare che l’immobile sito nel Comune di Casal Velino, luogo di residenza anagrafica del ricorrente, non costituisse dimora abituale anche della famiglia, spettasse all’ente impositore.
Ciò si scontra, peraltro, con l’affermazione, riportata da ciascuna delle sentenze impugnate, secondo cui allo stesso ricorso del contribuente era allegata copia del certificato di residenza in Casal Velino del ricorrente e quello di residenza in Salerno della moglie del ricorrente sig.ra L. C..
A ciò consegue che deve ritenersi pacifica, in fatto, la sussistenza, per gli anni d’imposta in questione, di due differenti situazioni quanto alla residenza anagrafica di ciascuno dei componenti il menzionato nucleo familiare (che sarebbe costituito dai soli marito e moglie, essendo pacificamente i figli, come riferito dallo stesso ricorrente, dimoranti in Bolzano).
A fronte di tale situazione, avuto riguardo alla modifica normativa apportata all’art. 8 del d. lgs. n. 504/1992 ad opera dell’art. 1, comma 173, lett. b) della 1. n. 296/2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007 (primo anno delle annualità d’imposta oggetto di accertamento nella fattispecie in esame) per quanto qui rileva, perché possa farsi luogo alla detrazione d’imposta occorre che l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale del soggetto passivo «intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica», precisando ancora l’ultimo periodo dell’art. 8 del citato decreto n. 504/1992 che «per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente […] e i suoi familiari dimorano abitualmente».
Il principio espresso da questa Corte con la richiamata, nella proposta del relatore, sentenza Cass. sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14389, secondo cui in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del d. lgs. n. 504/1992, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari, rapportato alla fattispecie in esame, va dunque inteso, a fronte di presunzione difforme derivante dalle risultanze anagrafiche dei due componenti il nucleo familiare, nel senso che l’essere l’unità immobiliare sita in Casal Velino destinata a dimora abituale (art. 43, comma 2, c.c.) comune di marito e moglie doveva essere comprovato dal contribuente, per superare la presunzione relativa posta dal succitato art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992.
E appena, infine, il caso di rilevare come il ricorso e la consequenziale memoria depositata in atti dal ricorrente – la quale ultima mostra di non avere colto il senso del richiamo al precedente citato Cass. n. 14389/2010 nella proposta del relatore depositata in atti ai fini della fissazione dell’adunanza in camera di consiglio – che si muovono nel perimetro delle denunciate, insussistenti, alla stregua di quanto sopra osservato, ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non abbiano in alcun modo censurato, nei limiti in cui ciò risultava ancora possibile, secondo l’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, laddove esso ha escluso che l’immobile sito in Casal Velino alla Via Napoli n. 93 costituisse dimora abituale non solo dell’odierno ricorrente, ma anche della moglie L. C..
Il ricorso va dunque rigettato per manifesta infondatezza.
Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo svolto difese il Comune intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.